Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16212 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16212 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11847/2023 R.G., proposto
DA
il Comune di Serrapetrona (MC), in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO, con studio in Castel di Lama (AP), e dall’AVV_NOTAIO, con studio in Ascoli Piceno, ove elettivamente domiciliato (indirizzi p.e.c.: EMAIL e EMAIL ), e comunque presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente giudizio;
RICORRENTE
CONTRO
l” RAGIONE_SOCIALE , con sede in Roma, in persona del procuratore speciale COGNOME NOME, in virtù di procura conferita a mezzo di rogito redatto dal AVV_NOTAIO da Roma il 17 marzo 2022, rep. n. 65104, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO , entrambi con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta procura in allegato al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
ICI IMU ACCERTAMENTO DECORRENZA ACCATASTAMENTO
Rep.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche il 13 dicembre 2022, n. 1341/01/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15 maggio 2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
il Comune di Serrapetrona (MC) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche il 13 dicembre 2022, n. 1341/01/2022, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per l’omesso versamento dell’ ICI relativa agli anni 2006 e 2007, in relazione ad una centrale idroelettrica, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti dell ” RAGIONE_SOCIALE ‘ avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Macerata il 2 maggio 2017, n. 211/02/2017, con compensazione delle spese giudiziali;
il giudice di appello ha confermato la decisione di primo grado -che aveva accolto il ricorso originario – sul presupposto che l’ente impositore fosse decaduto dall’esercizio del potere di accertamento al momento della notifica dell’atto impositivo, essendo ormai decorso il termine quinquennale dell’art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
l” RAGIONE_SOCIALE ‘ ha resistito con controricorso; 4. il ricorrente ha depositato memoria illustrativa;
CONSIDERATO CHE:
il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia violazione de ll’ art. 1, comma 336 e 337, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, i n relazione all’art. 360, primo comma,
n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la deroga introdotta dall’art . 1, commi 336 e 337, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, riguarderebbe esclusivamente l’effetto fiscale delle nuove rendite catastali, vale a dire la decorrenza dell’obbligazione tributaria, e non la retroattività del potere di accertamento dell’ ente impositore, aggiungendo quindi, come corollario, che la disposizione summenzionata non avrebbe inciso sulla disciplina del termine decadenziale della potestà di accertamento, il quale rimarrebbe regolato da ll’art. 1 , comma 161, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, là dove « non si vede la ragione per cui -nell’ambito del particolare procedimento disciplinato dall’art. 1 commi 336 e 337 L. n° 311/2004 – si debba attribuire effetto alle rendite catastali a decorrere dal 1º gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, se poi gli effetti fiscali delle rettifiche non possano più essere oggetto di accertamento da parte dell’Ente i mpositore »;
il motivo è infondato.
2.1 come è noto, in base all’art. 5, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, la base imponibile dell’ICI è rappresentata dal valore degli immobili, che, per i fabbricati iscritti in catasto, è determinato mediante l’applicazione all’ammontare delle rendite catastali in vigore all ‘1 gennaio dell’anno in corso dei moltiplicatori indicati dall’art. 52 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131;
2.2 ora, l’art. 1, commi 336 e 337, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ha stabilito che: « 336. I Comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni
edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle Finanze 19 aprile 1994, n. 701. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della 9 Corte di Cassazione – copia non ufficiale denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli Uffici Provinciali dell’RAGIONE_SOCIALE del Territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli Uffici Provinciali dell’RAGIONE_SOCIALE Territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, alla iscrizione in catasto dell’immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita (…). 337. Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del Comune di cui al comma 336 producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal Comune, ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal 1° gennaio dell’anno di notifica della richiesta del Comune »;
2.3 secondo la prospettazione del ricorrente, « l’ iter che ha condotto all’emissione dell’avviso impugnato e dunque alla pronuncia impugnata (…) è stato il seguente:
con nota n° 7459 del 30/12/2011 il Comune di Serrapetrona invitava la RAGIONE_SOCIALE a regolarizzare la posizione catastale della centrale idroelettrica insistente sul territorio comunale;
2) la società tuttavia provvedeva solo con notevole ritardo; 3) comunque, sulla base dei dati catastali così rettificati, il Comune procedeva al recupero delle imposte maturate a decorrere dall’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione -da parte dell’RAGIONE_SOCIALE – della denuncia catastale indicata nella relativa richiesta notificata dal Comune (nota di cui al punto ‘1’);
4) procedeva così all’emissione dell’avviso di accertamento n° 1324/2014, prot. n° 6935/2014 notificato ad RAGIONE_SOCIALE in data 30/12/2014 per ICI anni 2006 -2007;
5) L’RAGIONE_SOCIALE impugnava l’atto con un unico motivo di doglianza, contestando l’avviso in quanto, a suo dire, quando notificato, si era già verificata la decadenza dal potere accertativo per le annualità 2006 e 2007, invocando a tal fine l ‘art. 1 comma 161 L. n° 296/2006 »;
2.4 tanto premesso, si è posta la questione se la variazione in maius della rendita debba considerarsi operante – ai fini del calcolo dell’ICI – soltanto dall’anno successivo alla data di decorrenza dell’aggiornamento catastale ovvero dall’anno successivo alla data di rilevamento del disallineamento tra il classamento catastale e la situazione di fatto;
2.5 secondo l’orientamento di questa Corte, l’art. 1, comma 337, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è assolutamente chiaro nel far retroagire gli effetti fiscali delle rendite catastali attribuite con le modalità di cui al precedente comma, con due diverse alternative decorrenze: la prima, dal l’1 gennaio dell’anno successivo alla data a cui, nella richiesta inviata al proprietario dell’immobile, il Comune riferisce la mancata presentazione della denuncia catastale; la seconda, al l’ 1 gennaio dell’anno di notifica della predetta richiesta che non contenga alcuna indicazione sulla data cui riferire la mancata
presentazione della denuncia catastale (in termini: Cass., Sez. 6^-5, 14 febbraio 2019, n. 4349; Cass., Sez. 6^-5, 18 luglio 2019, n. 19430; Cass., Sez. 5^, 4 dicembre 2020, n. 27807; Cass., Sez. 6^-5, 18 maggio 2021, n. 13496; Cass., Sez. 5^, 11 luglio 2022, n. 21811; Cass., Sez. 5^, 24 novembre 2022, n. 34705; Cass., Sez. 5^, 12 ottobre 2023, nn. 28458 e 28469);
2.6 né si deve confondere la data di aggiornamento del classamento catastale, che coincide con il giorno di inserimento in catasto della nuova identificazione dell’immobile e consiste nell’adeguamento del classamento catastale alla situazione di fatto, con la data di rilevazione della discrasia tra classamento catastale e situazione di fatto, che coincide con il giorno di mancata presentazione della denuncia di variazione catastale e costituisce il dies a quo per la risalenza ex tunc degli effetti fiscali;
2.7 neppure si può invocare, a sostegno della testi prospettata dall’ente impositore, l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in tema di ICI, l’art. 74, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, nel prevedere che, a decorrere dall’1 gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, va interpretato nel senso dell’impossibilità giuridica di utilizzare una rendita prima della sua notifica al fine di individuare la base imponibile dell’ICI, ma non esclude affatto l’utilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, a fini impositivi anche per annualità d’imposta “sospese”, ovverosia suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 31 ottobre 2017, n. 25943 e 25944; Cass., Sez. 5^, 28 marzo 2018, n. 7652; Cass., Sez. 5^, 16 maggio 2019, n. 13137;
Cass., Sez. 6^-5, 24 settembre 2020, n. 20126; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2021, n. 16679; Cass., Sez. 5^, 22 marzo 2022, nn. 9189 e 9190; Cass., Sez. 5^, 2 marzo 2023, n. 6360; Cass., Sez. 5^, 1 marzo 2024, n. 5553), giacché esso attiene alla diversa ipotesi in cui la variazione catastale sia ascrivibile ad un’iniziativa spontanea del contribuente, la quale non è riconducibile, per l’evidente eterogeneità, alla previsione dell’art. 1, commi 336 e 337, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ove la variazione catastale è indotta da una precisa sollecitazione dell’ente impositore in conseguenza della constatazione della difformità del classamento catastale rispetto a sopravvenuti mutamenti della situazione effettiva, la cui epoca di risalenza -proprio in considerazione della pregiudizievolezza per il contribuente -deve essere specificamente indicata ai fini della decorrenza retroattiva.
2.8 ad ogni modo, in assenza di espresse indicazioni dell’art. 1, comma 337, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, la decorrenza retroattiva delle rendite catastali, in relazione alla determinazione dei tributi parametrati sulle relative variazioni, come per l’ICI, incontra il limite della decadenza quinquennale indicata dall’art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, a tenore del quale: « Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno
successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati (…) »;
2.9 per cui, si deve escludere che l’art. 1, comma 337, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, possa aver differito sine die la decorrenza del termine di decadenza per l’accertamento dell’ICI, in relazione all’operatività della nuova rendita, incidendo sulla portata dell’art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Cass., Sez. 5^, 4 dicembre 2020, n. 27807; Cass., Sez. 6^-5, 18 maggio 2021, n. 13496; Cass., Sez. 5^, 11 luglio 2022, n. 21811; Cass., Sez. 15 settembre 2023, n. 26680);
2.10 nel caso di specie, risulta dagli atti che l’ente impositore aveva invitato nell’anno 2011 la contribuente a regolarizzare la posizione catastale delle centrali idroelettriche insistenti sul proprio territorio e la contribuente aveva provveduto solo nel 2014 a comunicare la variazione catastale a seguito di procedura DOCFA; a fronte di ciò l’ente impositore aveva emanato l’avviso di accertamento il 30 dicembre 2014 per le annualità di imposta dal l’anno 2006 al l’anno 2013, pur essendo ormai decaduto dal potere di accertamento in relazione all’ICI relativa agli anni 2006 e 2007;
2.11 ne discende che la sentenza impugnata si è uniformata ai principi enunciati, avendo -sia pur sinteticamente -motivato che: « La sentenza va confermata. Sul punto si è espressa la Suprema Corte con ordinanza n.21811/2022. ‘Si evince da ciò -afferma testualmente la Suprema Corte -che la deroga in esame riguarda esclusivamente l’effetto fiscale delle nuove rendite catastali, vale a dire la decorrenza dell’obbligazione tributaria, e non la retroattività del potere di accertamento dell’ente impositore’. ‘Corollario di tale coordinamento normativo -conclude la Corte -è che la disposizione
summenzionata non ha inciso sulla disciplina del termine decadenziale dell’azione accertatrice, che rimane regolata dall’art.1, comma 161, del D.L.vo n. 296/2006’. Non vi sono ragioni per discostarsi dalla decisione della Suprema Corte. L’azione del Comune circostanza non contestata -è stata promossa oltre i 5 anni stabiliti dall’art.1, comma 161, del D.L.vo n.296/2006 »;
in conclusione, valut andosi l’infondatezza del motivo dedotto, alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere rigettato;
le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
ai sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, che liquida nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 2.500,00 per compensi, oltre a rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto dell’obbligo, a carico del ricorrente, di pagare l’ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 15 maggio