Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15798 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15798 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16997/2022 R.G. proposto da: COMUNE DI COGNOME, elettivamente domiciliato in Francavilla al mare INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. L’AQUILA n. 173/2022 depositata il 10/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Teramo l’avviso di accertamento n.320 del 13/12/2019 emesso dal Comune di Roseto degli Abruzzi, relativo all’omesso versamento T.A.R.I. per l’anno 2013, per una maggiore superficie utilizzata della concessione demaniale marittima di mq. 445, rispetto a quella dichiarata. A fondamento dell’impugnazione parte contribuente deduceva: – la decadenza dal potere di accertamento e la violazione del principio del ne bis in idem , state il giudicato di cui alla sentenza della C.T.P. di Teramo n. 303/2019 in data 05/11/2019; -l’illegittimità dell’avviso di accertamento in quanto emesso in violazione dell’art. 1, comma 161, della legge 296/2006; l’illegittimità dell’atto impositivo in quanto emesso in violazione dell’art. 14 del d.l. 6.12.2011 n. 201 e del relativo regolamento comunale vigente nell’anno 2013.
Con sentenza n. 95/2021 pronunciata il 3.5.2021, la Commissione di primo grado, accoglieva il primo motivo di ricorso. In particolare, il giudice di primo grado evidenziava che in precedenza il Comune di Roseto aveva emesso altro avviso di accertamento che era stato, tuttavia, annullato dalla Commissione tributaria provinciale di Teramo con sentenza n. 303 del 2019 passata in giudicato. Pertanto, essendo intervenuta decisione definitiva in ordine ad avviso di accertamento inerente lo stesso tributo ed il medesimo periodo d’imposta di quello di cui all’avviso impugnato, il ricorso doveva essere accolto. Precisava che l’autorità del giudicato spiegava i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche su
ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda.
A seguito dell’appello proposto dall’ente impositore la C.T.R. dell’Abbruzzo, con la sentenza n. 173/2022 notificata in data 7/5/2022, nell’osservare che correttamente il Comune di Roseto aveva provveduto ad emettere un nuovo avviso di accertamento non essendovi alcuna preclusione di giudicato, rilevava che, tuttavia, poiché l’anno di riferimento era il 2013, il Comune avrebbe dovuto procedere alla notifica del nuovo avviso di accertamento entro il 31 dicembre 2018.
Contro detta sentenza propone ricorso per cassazione fondato, su un unico motivo illustrato con successiva memoria, il Comune di Roseto degli Abruzzi.
La società RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso e successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo il Comune ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 5, c.p.c. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, comma 161, della l. 296/2006 e 64, comma 1, del d.lgs. n. 507/1993, per non aver la C.T.R. considerato che l’espressione ‘entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione’, contenuta nell’art. 1, comma 161, menzionato, riguarda, sempre e comunque, l’anno successivo a quello relativo alla imposta da pagare, sicchè, a prescindere dal momento in cui nell’anno di riferimento ha inizio l’occupazione, la denuncia deve essere presentata entro il 20 gennaio dell’anno successivo.
Il motivo è infondato.
2.1. Com’è noto, l’art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (c.d. “legge finanziaria 2007”) prevede che: «Gli enti locali,
relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati». Inoltre, in forza dell’art. 1, comma 171, della legge 27 dicembre 2006 n.296, il regime introdotto dal precedente comma 161 non opera solo per i rapporti d’imposta sorti successivamente alla data di entrata in vigore della medesima legge, ma anche per quelli che, a tale data, risultano ancora pendenti. Ai tributi dovuti per annualità precedenti al 2007, per i quali, alla data del 1° gennaio 2007, non è ancora intervenuta la decadenza in base alla disciplina previgente, si applica, dunque, il nuovo termine decadenziale (Cass., Sez. 5, 29 novembre 2016, n. 24187; Cass., Sez. 5, 23 giugno 2017, n. 15702; Cass., Sez. 5, 29 ottobre 2021, n. 30966). Con tale disposizione, il legislatore ha sostituito i termini stabiliti dagli artt. 10 e 11 del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 e, più in generale, ha provveduto ad unificare per i tributi comunali e provinciali la disciplina relativa all’attività di accertamento, dettando disposizioni comuni sulla notifica degli atti di accertamento e di riscossione, sulla nomina dei messi notificatori e l’esercizio delle relative funzioni, sui requisiti essenziali degli atti di accertamento e, per quello che qui interessa, individuando i termini, a pena di decadenza, per la notifica degli atti di accertamento e del primo atto di riscossione. In particolare, la norma sopra indicata subordina alla notifica di atto di accertamento, sia l’attività di rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli, o, anche, dei parziali o ritardati versamenti, sia l’attività svolta d’ufficio, in caso di omesse dichiarazioni o omessi versamenti. Tutti gli avvisi
di accertamento devono essere notificati al contribuente in un unico termine, previsto a pena di decadenza, «entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati». Questa Sezione ha di recente chiarito che, in tema di Tarsu, il tenore letterale della disposizione sull’obbligo di denuncia contenuta nell’art. 70, comma 1, d.lgs. n. 507 del 1993, secondo cui la denuncia dei locali ed aree tassabili va presentata al Comune entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, impone di differenziare la detenzione o occupazione dei locali che sia in corso fin dall’inizio del periodo di imposta e, comunque, prima del 20 gennaio, dal caso in cui tale situazione si sia verificata in epoca successiva: nel primo caso, il termine di decadenza di cui all’art. 1, comma 161, l. n. 296 del 2006 decorre dall’anno corrente, nel secondo caso dal 20 gennaio dell’anno successivo (Cass., Sez. 5, 21 giugno 2016, n. 12795; Cass., Sez. 5, 3 novembre 2016, n. 22224; Cass., Sez. 5, 1 febbraio 2019, n. 3058; Cass., Sez. 6-5, 29 aprile 2020, n. 8275; Cass., Sez. 5, 11 dicembre 2020, n. 28255; Cass., Sez. 5, 23 giugno 2021, n. 17874; Cass., Sez. 5, 24 giugno 2021, n. 18070; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19531 del 17/06/2022). Questa Corte ha posto in rilievo, al riguardo, il chiaro dettato normativo, che fa riferimento al «20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione», e non anche al 20 gennaio «dell’anno» successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione, ed ha rimarcato che, laddove il legislatore avesse inteso postergare il momento dichiarativo «all’anno successivo», l’avrebbe espressamente previsto, così come è avvenuto, ad esempio, con l’art. 10, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, il quale, in tema di ICI, dispone che «i soggetti passivi devono dichiarare gli immobili posseduti nel territorio dello Stato, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui il possesso ha avuto
inizio», cioè l’anno successivo a quello oggetto di imposizione (Cass., Sez. 5, 3 novembre 2016, n. 22224).
Condividendone le argomentazioni, il Collegio ritiene di dover dare continuità a quest’orientamento, che è nettamente prevalente nella più recente giurisprudenza di legittimità. Per cui si deve disattendere l’orientamento ormai minoritario di questa Corte, secondo il quale l’espressione «entro il 20 gennaio successivo all’inizio dell’occupazione o detenzione» riguarda, sempre e comunque, l’anno successivo a quello relativo alla tassa da pagare, con il corollario che, a prescindere dal momento in cui, nell’anno di riferimento, ha inizio l’occupazione (o detenzione), la denuncia deve essere presentata entro il 20 gennaio dell’anno successivo, iniziando a decorrere da tale data, per l’ente impositore, il termine di decadenza previsto dall’art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Cass., Sez. 5^, 30 ottobre 2018, n. 27578; Cass., Sez. 6^-5, 2 luglio 2018, n. 17219). Nel caso in esame è incontroverso che la società resistente è titolare da molti anni della concessione demaniale marittima; lo stesso ente pubblico, in atti, ha ammesso che l’accertamento trae origine da verifiche operate a fronte di una occupazione che si protraeva da anni e non è iniziata nel corso dell’anno 2013, con la conseguenza che il quinquennio rilevante, ai fini della decadenza, andava a maturare al 31 dicembre 2018, a fronte di un avviso di accertamento emesso il 13 dicembre 2019. Per cui è evidente che l’avviso di accertamento è stato notificato dall’ente impositore al contribuente ben oltre la perenzione del termine previsto dall’art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006 n. 296., come correttamente ritenuto dai giudici di appello
2.2. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non
merita, dunque, di essere accolto.
Sussistono i presupposti di legge, in ragione dalla circostanza che la giurisprudenza di questa Corte sulla interpretazione della norma
suddetta si è consolidata solo nel 2022, per compensare integralmente le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
dichiara compensate le spese di lite;
visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione