Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29250 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29250 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 05/11/2025
TARI Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13293/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (80017980634), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentato e difeso dall’avv ocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. ;
-intimata – avverso la sentenza n. 1437/2023, depositata il 27 febbraio 2023, e notificata il 3 maggio 2023, della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 18 settembre 2025, dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1. -Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, sulla base di un solo motivo, ricorre per la cassazione della sentenza n. 1437/2023, depositata il 27 febbraio 2023, e notificata il 3 maggio 2023, con la quale la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania ha rigettato l’appello proposto dalla stessa parte, odierna ricorrente, così confermando il decisum di prime cure recante l’accoglimento dell’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dall’Ente impositore per il recupero a tassazione della TARI dovuta dalla contribuente per l’ anno 2014.
1.1 -Il giudice del gravame ha condiviso le conclusioni cui era pervenuta la pronuncia (allora) impugnata quanto alla maturata decadenza dal potere impositivo (l. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161) rilevando, nello specifico, che « come risulta a pag. 2 dell’avviso di accertamento e specificamente dedotto dall’appellata nella propria comparsa di costituzione, l’ufficio ha rilevato il carente versamento contestato proprio dalla dichiarazione del contribuente per il 2014. Se ne desume che: la dichiarazione era stata presentata; conseguentemente il termine di decadenza previsto dalla citata norma era quello del 31/12/2019, peraltro antecedente alla normativa emergenziale e, quindi, al di fuori della citata sospensione.».
RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva e il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della l. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 161, deducendo, in sintesi, che illegittimamente il giudice del gravame aveva escluso la tempestività della notifica dell’avviso di accertamento considerato che: – «l’omessa e l’infedele denuncia TARI soggiacciono alla medesima disciplina»; nella fattispecie, il termine di decadenza di cui all’art. 1 , comma 161,
cit., veniva a maturazione il 31 dicembre 2020 in quanto la dichiarazione andava presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo alla data di inizio del possesso o della detenzione dei locali e delle aree assoggettabili al tributo (l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 684 e 685; art. 33 Regolamento comunale della TARI); – detto termine doveva ritenersi prorogato di 85 giorni in ragione della sospensione dei termini disposta (ai sensi del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, art. 67, conv. in l. 24 aprile 2020, n. 27) per il periodo dall’8 marzo al 31 maggio 2020, con conseguente tempestività della notifica eseguita il 24 febbraio 2021.
-Il motivo -che pur prospetta profili di inammissibilità -è destituito di fondamento.
2.1 -Come anticipato, il giudice del gravame ha specificamente rilevato che dallo stesso atto impositivo poteva desumersi che la contribuente aveva presentato la prescritta dichiarazione; e questo accertamento risulta, quindi, contestato (solo) a riguardo di una (supposta) identità di règime tra dichiarazione omessa e dichiarazione infedele.
2.2 -La l. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 161, dispone, quindi, nei seguenti termini: «Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma
degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni.».
Sia pur con riferimento ad altri tributi -ma secondo coordinate ricostruttive riferibili al disposto normativo appena ripercorso, -la Corte ha avuto modo di rilevare che:
qualora l’originaria denunzia sia stata incompleta, infedele oppure omessa, l’obbligo di formularla si rinnova annualmente, in quanto ad ogni anno solare corrisponde un’obbligazione tributaria, con la conseguenza che l’inottemperanza a tale obbligo, sanzionata dal d.lgs. n. 507 del 1993, art. 76, comporta l’applicazione della sanzione anche per gli anni successivi al primo (v. Cass., 8 ottobre 2019, n. 25063; Cass., 7 agosto 2009, n. 18122; Cass., 7 agosto 2008, n. 21337);
l’omessa indicazione, nella dichiarazione (come nella denunzia di variazione) di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 10, comma 4, anche di un solo cespite immobiliare, soggetto ad autonoma imposizione, costituisce omessa dichiarazione (o denunzia) dello stesso cespite ed è punibile, ai sensi del citato D.Lgs., art. 14, comma 1, a titolo di “omessa presentazione della dichiarazione o denuncia” e non, ai sensi del comma 2 della stessa norma, quale “dichiarazione o denuncia … infedeli”, non essendo la dichiarazione ICI diretta a determinare il complessivo coacervo patrimoniale, unitariamente considerato a fini di una unica soggezione ad imposizione fiscale ed essendo equiparata, a livello sanzionatorio, la fattispecie di “omessa denunzia” a quella di “omessa dichiarazione” delle sopravvenute “modificazioni dei dati ed elementi dichiarati” (v. Cass., 22 ottobre 2010, n. 21686; Cass., 10 agosto 2010, n. 18503; Cass., 16 gennaio 2009, n. 932).
2.3 -Gli arresti dianzi esposti, come anticipato, possono senz’altro ricondursi alla disciplina dei termini posti dall’art. 1, comma 161, cit., rimanendo evidente -secondo la lettera e la stessa ratio della disciplina
che distingue gli accertamenti di ufficio dalle rettifiche delle dichiarazioni infedeli -che l’obbligo di dichiarazione, non assolto per una data annualità, continua a gravare sul contribuente per la successiva annualità cui, pertanto, va raccordato nel tempo il dies a quo del termine di decadenza quinquennale che, come anticipato, nella fattispecie si correla alla l. n. 296 del 2006, art. 1, comma 161, ed alla disciplina della dichiarazione posta dalla l. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, commi 684 e 685 (e in conformità, si assume, risulta disposto analogo termine dal regolamento comunale della TARI).
2.4 -Non è, pertanto, condivisibile l’assunto secondo il quale il dies a quo del termine di decadenza sia lo stesso tanto per la dichiarazione infedele quanto per la dichiarazione che debba considerarsi omessa (in quanto non comprensiva di area o superficie autonomamente tassabile e non dichiarata).
Nell’un caso l’infedeltà si correla, in senso proprio, al dato oggetto di dichiarazione (che, nella fattispecie, sembrerebbe porsi con riferimento alla superficie dichiarata, secondo lo stesso tenore del prodotto avviso di accertamento) mentre nell’altro l’infedeltà si sostanzia dell’omessa dichiarazione del bene suscettibile di autonoma imposizione (bene che, in quanto non dichiarato, va ripreso a tassazione nel più ampio termine posto in relazione al non assolto obbligo dichiarativo).
2.5 -L’articolazione del motivo di ricorso non consente, pertanto, di superare lo specifico accertamento in fatto svolto dal giudice del gravame, accertamento che, come già rilevato, ha desunto dall’atto impositivo l’avvenuta presentazione di una dichiara zione.
– Le spese del giudizio di legittimità non vanno regolate tra le parti, in difetto di attività difensiva della parte rimasta intimata, e nei confronti del ricorrente sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari
a quello previsto per il proposto ricorso, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso proposto, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 settembre 2025.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME