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Decadenza accertamento elusione: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, in tema di decadenza accertamento elusione, ha chiarito che il termine per l’accertamento di un’operazione elusiva con effetti pluriennali decorre dall’anno in cui si manifesta il vantaggio fiscale e non dall’anno in cui l’atto è stato compiuto. Nel caso specifico, pur accogliendo in astratto questo principio a favore del Fisco, la Corte ha rigettato il ricorso perché la valutazione sulla non abusività della fusione contestata, operata dal giudice di merito, costituiva un insindacabile accertamento di fatto.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Decadenza accertamento elusione: quando decorre il termine?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata su un tema cruciale del diritto tributario: la decadenza accertamento elusione. La pronuncia chiarisce un aspetto fondamentale per le operazioni societarie con effetti fiscali pluriennali, stabilendo che il termine per l’azione accertatrice del Fisco non decorre dal momento in cui l’operazione è stata posta in essere, ma dall’anno d’imposta in cui il contribuente ha effettivamente beneficiato del vantaggio fiscale contestato. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa: una fusione nel mirino del Fisco

Il caso riguardava una società holding del settore alimentare che aveva ricevuto un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2010. Le contestazioni dell’Amministrazione Finanziaria erano due.

La prima, e più rilevante, concerneva un’operazione di fusione per incorporazione avvenuta nel 2002. A seguito di tale operazione, era emerso un disavanzo da fusione che la società aveva imputato a dei marchi noti. Successivamente, il valore di questi marchi era stato ammortizzato, generando un costo deducibile che aveva ridotto il carico fiscale per diversi anni, incluso il 2010. Secondo il Fisco, l’intera operazione era elusiva, in quanto finalizzata unicamente a creare un vantaggio fiscale indebito.

La seconda contestazione riguardava la deducibilità di costi sostenuti per un contratto con una società terza per l’utilizzo di ricette ideate da un noto testimonial, ritenuti non inerenti all’attività d’impresa.

I giudici di primo e secondo grado avevano dato ragione alla società contribuente. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva ritenuto che il potere di accertamento del Fisco sulla fusione fosse ormai decaduto, calcolando il termine quinquennale dalla data dell’operazione (2002) e non dall’anno della deduzione (2010).

La decisione della Cassazione e la questione della decadenza accertamento elusione

L’Amministrazione Finanziaria ha impugnato la decisione della CTR dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il ricorso su tre motivi. La Suprema Corte ha analizzato nel dettaglio ciascun punto, fornendo chiarimenti essenziali.

Il Termine di Decadenza per l’Accertamento

Sul primo motivo, relativo alla decadenza accertamento elusione, la Cassazione ha dato ragione all’Amministrazione Finanziaria, definendo il motivo “fondato”. La Corte ha ribaltato l’interpretazione della CTR, richiamando un principio consolidato, espresso anche dalle Sezioni Unite (sentenza n. 8500/2021).

Secondo la Cassazione, quando si contesta non l’errato calcolo di una singola rata di ammortamento, ma il presupposto stesso che ha generato il costo pluriennale (in questo caso, l’operazione di fusione ritenuta elusiva), la decadenza va calcolata con riferimento alla dichiarazione in cui il singolo rateo è stato dedotto. Pertanto, per la deduzione operata nel 2010, il termine per l’accertamento non era scaduto, essendo l’avviso stato notificato nel 2015. L’atto elusivo del 2002 è il “fatto generatore”, ma l’indebito risparmio si concretizza in ogni anno in cui la deduzione viene utilizzata.

La Valutazione sull’Abuso del Diritto

Nonostante la fondatezza del primo motivo, la Corte ha rigettato il ricorso nel suo complesso. Il terzo motivo dell’Agenzia contestava la valutazione della CTR, secondo cui la fusione era una legittima scelta imprenditoriale e non un’operazione abusiva.

Su questo punto, la Cassazione ha specificato che la valutazione sulla prevalenza delle finalità elusive rispetto al vantaggio economico conseguito è un accertamento di fatto, di competenza esclusiva del giudice di merito. Poiché la CTR aveva motivato la sua decisione ritenendo che l’operazione avesse valide ragioni economiche, la Suprema Corte non poteva riesaminare tale valutazione. Il ricorso del Fisco, su questo punto, mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Di conseguenza, pur essendo l’accertamento tempestivo, la contestazione sull’abuso del diritto è stata respinta nel merito.

Il Principio di Inerenza dei Costi

Anche il secondo motivo, relativo ai costi per le ricette del testimonial, è stato respinto. La Corte ha ribadito che il principio di inerenza attiene a un giudizio di carattere qualitativo (il costo è collegato all’attività d’impresa?) e non quantitativo o utilitaristico. Una volta stabilito che il costo è inerente, la sua congruità può essere un indizio di altre problematiche, ma non ne inficia l’inerenza stessa. Anche in questo caso, la valutazione della CTR è stata ritenuta corretta e insindacabile.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una netta distinzione tra questioni di diritto e accertamenti di fatto. La determinazione del corretto dies a quo per la decadenza accertamento elusione è una questione di diritto, e su questa la Corte ha corretto l’errore del giudice di merito, stabilendo un principio chiaro e applicabile a tutti i casi di costi pluriennali derivanti da presunte operazioni elusive. Tuttavia, la valutazione sulla sostanza economica di un’operazione, ovvero se le ragioni extrafiscali siano prevalenti rispetto al mero risparmio d’imposta, è un’analisi che spetta ai giudici di primo e secondo grado. Se tale analisi è logicamente motivata, non può essere messa in discussione in Cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è un monito per i contribuenti: il Fisco ha il potere di contestare gli effetti di un’operazione elusiva per ogni anno d’imposta in cui se ne trae vantaggio, anche a distanza di molti anni dall’atto originario. La seconda, tuttavia, riafferma un baluardo a tutela del contribuente: se un’operazione societaria, pur generando un legittimo risparmio fiscale, è supportata da solide e dimostrabili ragioni economiche e organizzative, non può essere considerata abusiva. La prova di tali ragioni diventa quindi l’elemento cruciale per difendersi da contestazioni di elusione fiscale.

Da quando decorre il termine di decadenza per accertare un’operazione elusiva che produce effetti su più anni?
Il termine di decadenza per la rettifica decorre dalla dichiarazione relativa a ciascun periodo d’imposta in cui il vantaggio fiscale indebito (ad esempio, una quota di ammortamento) viene effettivamente fruito, e non dalla dichiarazione dell’anno in cui è stato posto in essere l’atto elusivo originario.

Un’operazione che genera un risparmio fiscale è sempre considerata elusione?
No. Si ha elusione o abuso del diritto solo quando l’operazione è priva di sostanza economica e ha come scopo predominante e assorbente quello di ottenere un vantaggio fiscale indebito. Se esistono valide e non marginali ragioni economiche diverse dal semplice risparmio d’imposta, l’operazione è considerata legittima.

Il Fisco può contestare la deducibilità di un costo perché lo ritiene troppo alto (non congruo)?
La deducibilità di un costo dipende dal principio di inerenza, che è un giudizio qualitativo sulla sua correlazione con l’attività d’impresa. Secondo la Corte, la non congruità o l’antieconomicità di un costo non ne inficiano di per sé l’inerenza, ma possono essere, al più, indici probatori che il Fisco può usare per dimostrare la carenza di tale requisito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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