Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20920 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20920 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8785/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
COMUNE DE L’AQUILA, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del l’Abruzzo, sede L’AQUILA n. 716/2019 depositata il 30/07/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 29/09/2017, l’amministrazione comunale ha notificato al contribuente, odierno ricorrente, un doppio avviso di accertamento
per tributi relativi al canone di installazione di mezzi pubblicitari (CIMP) relativi all’anno d’imposta 2012, in quanto ne era stato omesso il pagamento.
Il contribuente ha proposto ricorso avverso tale provvedimento, innanzi alla Commissione tributaria provinciale de L’Aquila, la quale ha emesso la sentenza n. 553/2018 di rigetto del ricorso proposto dal contribuente, ritenendo che gli avvisi non fossero t ardivi e che, dunque, l’amministrazione diversamente da quanto sostenuto dal contribuente -non fosse incorsa in prescrizione.
Tale decisione è stata impugnata dal contribuente innanzi alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, la quale, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto l’appello sulla base della considerazione che gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.
Avverso la suddetta sentenza di gravame parte contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 2948, n. 4 c.c. e dell’art. 2935 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non avere la sentenza impugnata rilevato che, alla data della notifica degli avvisi di accertamento (29.09.2017), era decorso il termine quinquennale di prescrizione per l’esazione del tributo richiesto con gli avvisi n° 114-2017 e 142/2017 CIMP per l’annualità 2012. Ad avviso del ricorrente l’obbligazione tributaria doveva essere adempiuta entro il 31/03/2012, poiché gli avvisi di accertamento indicavano come data di scadenza per il pagamento il 31/03/2012, e quindi la prescrizione quinquennale era decorsa dal 31/03/2017, mentre la notificazione era avvenuta solo in data 29/09/2017.
1.1. Il Comune ha replicato che, per applicare l’art. 2948 n. 4 c.c., occorre un provvedimento con efficacia duratura oltre l’anno e che abbia generato pagamenti rateali o infrannuali. Il fatto che il tributo si riferisca all’anno 2012 non sarebbe di per sé sufficiente a dimostrarne la periodicità.
1.2. Deve farsi riferimento all’art. 20 del d.lgs. n. 472 del 1997 che, in tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, distingue tra il termine di decadenza per la notifica dell’atto di contestazione e il termine di prescrizione del diritto alla riscossione. In questo contesto, il Comune sostiene che, una volta che l’atto di contestazione (l’avviso di accertamento) è divenuto definitivo per mancata impugnazione, rileva solo il termine di prescrizione per la riscossione, e non il termine di decadenza per la notifica.
1.3. La tesi di parte ricorrente non può essere accolta.
1.4. Il ricorrente accomuna infatti l’imposta in questione, attribuendole natura di imposta locale, ad ogni altro tributo periodico di matrice locale, derivandone l’applicazione della prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 2948 n. 4 c.c.
1.5. Viceversa, a ncorché sia riferibile agli enti locali, l’imposta sulla pubblicità si differenzia dai tributi periodici in senso proprio, atteso che -a differenza della imposta sugli immobili o ad essi correlate -non presenta un carattere di permanenza e, dunque, di periodicità. È difatti soggetto a rapida variazione, in ragione della sua natura, potendo far venire meno i presupposti.
1.6. Ciò chiarito, deve rilevarsi che la formulazione dell’invocato art. 20 del d.lgs. n. 472 del 1997 applicabile rationae temporis era la seguente: ‘ 1. L’atto di contestazione di cui all’articolo 16, ovvero l’atto di irrogazione, devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi. Entro gli stessi termini devono essere resi esecutivi i ruoli nei
quali sono iscritte le sanzioni irrogate ai sensi dell’articolo 17, c. 3. 2. Se la notificazione è stata eseguita nei termini previsti dal comma 1 ad almeno uno degli autori dell’infrazione o dei soggetti obbligati in solido il termine è prorogato di un anno.
Il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni. L’impugnazione del provvedimento di irrogazione interrompe la prescrizione, che non corre fino alla definizione del procedimento ‘ .
1.7. Il successivo articolo 1, commi 161, della legge n. 296 del 27/12/2006 disponeva che: ‘ 161. Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato.
Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni ‘ .
1.8. -Nella fattispecie viene in considerazione l’attività di accertamento del tributo, non l’ attività di riscossione; la prima è sottoposta a decadenza, la seconda a prescrizione.
Il CIMP ha natura tributaria e costituisce una variante dell’imposta sulla pubblicità (v. Corte Cost., 8 maggio 2009, n. 141: per la pubblicità assoggettata a canone, si applica un sistema di controllo, accertamento e sanzioni amministrative degli abusi sostanzialmente corrispondente a quello previsto per la pubblicità
assoggettata ad imposta; v. Cass. Sez. U., 7 maggio 2010, n. 11090; Cass. Sez. U., 3 novembre 2009, n. 23195; Cass. Sez. U., 16 aprile 2009, n. 8994).
E la Corte, con riferimento al CIMP, ha già ritenuto applicabili, sia pur per diversi profili di regolazione, la l. n. 296 del 2006, art. 1, commi 162 e 164 (Cass., 18 novembre 2021, n. 35336; Cass., 16 novembre 2021, n. 34623).
Quindi, la disciplina applicabile alla fattispecie prevede un termine di decadenza – sia delle imposte che delle sanzioni – quale regola generale, termine individuabile nel 31 dicembre del quinto anno successivo.
1.9. Ciò è quanto avvenuto nella fattispecie, atteso che si tratta di tributo da corrispondere nell’anno 2012 e la notifica è incontestato essere avvenuta anteriormente al 31 dicembre del 2017.
1.10. Ne consegue che la notifica, nel caso di specie, è avvenuta nei termini di legge e, dunque, l’amministrazione non era incorsa in decadenza.
Il ricorso deve conseguentemente essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 26/03/2025.