Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25571 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25571 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1078/2016 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona del commissario straordinario, elettivamente domiciliata in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentata e difesa
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA n. 2476/2015 depositata l’8 giugno 2015
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale dell’11 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE I RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE notificava alla RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria un
avviso di accertamento relativo all’anno 2006 con il quale recuperava a tassazione le ritenute da questa dichiarate e non versate in veste di sostituto d’imposta, per un importo complessivo di 88.083,68 euro, irrogandole, altresì, le sanzioni amministrative previste dagli artt. 1, comma 1, e 2, comma 4, del D. Lgs. n. 471 del 1997 per le ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione con imposta dovuta e di mancata indicazione dei percipienti; tanto sul presupposto che la dichiarazione fiscale inerente a quel periodo d’imposta dovesse considerarsi omessa, ai sensi dell’art. 2, comma 7, secondo periodo, del D.P.R. n. 322 del 1998, per essere stata presentata dal commissario straordinario soltanto il 15 luglio 2011. Con separato atto di contestazione lo stesso Ufficio applicava alla predetta società la sanzione di cui all’art. 13, comma 1, del citato decreto legislativo, nella misura del 30% RAGIONE_SOCIALE ritenute non versate. La RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria impugnava entrambi gli atti proponendo separati ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, la quale, riuniti i procedimenti, riteneva legittima la ripresa a tassazione di un minor imponibile di 20.414,26 euro, corrispondente all’ammontare RAGIONE_SOCIALE ritenute non versate successivamente all’8 marzo 2006, data di ammissione della società alla procedura concorsuale dell’amministrazione straordinaria, con l’aggiunta degli accessori, quantificati in 6.124,28 euro.
La decisione veniva poi confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che con sentenza n. 2476/2015 dell’8 giugno 2015 respingeva l’appello dell’Amministrazione Finanziaria.
A fondamento della decisione assunta il collegio regionale rilevava che: – gravavano sulla società «in RAGIONE_SOCIALE» gli adempimenti fiscali afferenti il periodo anteriore alla data di apertura della procedura concorsuale (8 marzo 2006); – conseguentemente, i debiti tributari sorti entro il mese di febbraio di quell’anno, ammontanti a complessivi 66.027 euro, dovevano essere «richiesti con atto
separato per formare massa passiva, nel rispetto della par condicio creditorum» ; – le sanzioni amministrative concernenti il periodo in discorso «avrebbero potuto essere legittimamente irrogate soltanto qualora l’ente creditore avesse dimostrato che i versamenti del mese di febbraio 2006 fossero stati a conoscenza del commissario straordinario» .
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
La RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo la controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
«In limine litis» , va osservato che il ricorso per cassazione proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, contrariamente a quanto eccepito dalla controricorrente RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria, soddisfa pienamente i requisiti di specificità e autosufficienza di cui all’art. 366, comma 1, nn. 4) e 6) c.p.c., in quanto consente di individuare agevolmente i punti dell’impugnata sentenza sottoposti a censura e le ragioni per le quali viene chiesta la cassazione di quella pronuncia; nel contempo, in esso è riassunta nei suoi termini essenziali la vicenda processuale e risultano trascritte le parti del provvedimento investite da critiche.
1.1 Sempre in via pregiudiziale deve essere disattesa l’eccezione di giudicato interno sollevata dalla medesima controricorrente.
1.2 Giova, in proposito, rammentare che il giudicato interno si determina su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto-norma-effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’àmbito della controversia.
1.3 Ne discende che la censura motivata anche in ordine ad uno
solo di tali elementi riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame.
Con specifico riferimento al giudizio di cassazione, questa Corte può, quindi, ritenere fondata o infondata una doglianza anche sulla base di argomenti diversi da quelli prospettati dalle parti, poichè l’esercizio del potere di qualificazione giuridica dei fatti accertati nel giudizio di merito, come esposti nel ricorso e nella sentenza gravata, incontra l’unico limite rappresentato dalla doverosa osservanza del principio fissato dall’art. 112 c.p.c..
Nè può costituire impedimento alla funzione nomofilattica assegnata al giudice di legittimità la circostanza che una determinata questione involgente l’esegesi di norme di diritto non sia stata specificamente contestata, poichè il principio di non contestazione opera sul piano probatorio e riguarda il fatto storico, non già la sua qualificazione giuridica (cfr. Cass. n. 12346/2021).
1.4 Alla stregua dei ricordati princìpi di diritto, deve ritenersi che il ricorso per cassazione proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, essendo volto a censurare la gravata decisione d’appello nella parte in cui ha statuito che gli adempimenti fiscali inerenti al periodo anteriore all’apertura della procedura concorsuale facevano capo alla società RAGIONE_SOCIALE» , abbia impedito la formazione del giudicato interno anche sulle argomentazioni svolte dalla Commissione regionale a sostegno del «decisum» .
1.5 Dalla lettura dell’atto si evince, inoltre, come l’Amministrazione Finanziaria abbia pure contestato l’esistenza del preteso credito d’imposta relativo all’anno 2005 dichiarato dalla RAGIONE_SOCIALE nel modello NUMERO_DOCUMENTO, sottolineando la mancanza di un’espressa pronuncia sul punto da parte della CTR lombarda.
Sgombrato il campo dalle eccezioni pregiudiziali, può ora
procedersi alla disamina dell’u nico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., con il quale sono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 5 del D.P.R. n. 322 del 1998.
2.1 Con esso, come anticipato nel sottoparagrafo 1.4, si contesta l’impugnata sentenza laddove afferma che gli adempimenti fiscali riguardanti il periodo anteriore all’apertura della procedura concorsuale gravavano unicamente sulla società «in RAGIONE_SOCIALE» , sì da non poter costituire oggetto di accertamento tributario, con connesso trattamento sanzionatorio, nei confronti della sopravvenuta amministrazione straordinaria.
2.2 Si deduce, al riguardo, che, ai sensi dell’art. 5, comma 4, del D.P.R. n. 322 del 1998, nei casi di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, le dichiarazioni dei redditi sono presentate dal curatore o dal commissario liquidatore e che, in base al comma 5 del medesimo articolo, resta fermo, anche durante il periodo di liquidazione, l’obbligo di presentare le dichiarazioni dei sostituti d’imposta.
2.3 Viene soggiunto che, alla luce del disposto dell’art. 2, comma 7, secondo periodo, del citato decreto presidenziale, la dichiarazione ultratardiva presentata dalla RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria con riferimento all’anno d’imposta 2006 andava considerata omessa, ma costituiva, comunque, titolo per la riscossione RAGIONE_SOCIALE ritenute in essa indicate dal sostituto d’imposta.
Il motivo è fondato, alla luce della costante, e qui condivisa, giurisprudenza di questa Corte, la quale, sulla materia in trattazione, ha avuto modo di chiarire che:
i crediti tributari non si sottraggono ai princìpi generali stabiliti dall’ art. 52, commi 1 e 2, della L.F. (applicabile ratione temporis , ma sostanzialmente riprodotto dall’art. 151, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 14 del 2019, cd. codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – CCII), in base ai quali il fallimento apre il concorso
sui crediti del fallito e ogni credito deve essere accertato nelle forme previste dagli artt. 93 e ss. della stessa legge;
sono crediti tributari concorsuali quelli i cui presupposti impositivi si siano verificati prima della dichiarazione di fallimento (cfr. Cass. n. 18002/2016, Cass. n. 5392/2016, Cass. n. 25689/2015, Cass. Sez. Un. n. 9201/1990 ), avendo l’atto di accertamento (eventualmente successivo) natura meramente dichiarativa;
-ove si voglia procedere all’insinuazione di un credito tributario di natura concorsuale al passivo fallimentare, il relativo avviso di accertamento deve essere notificato, oltre che al fallito, anche al curatore, al fine di consentire l’eventuale impugnazione dell’atto nelle sedi competenti (cfr. Cass. n. 18002/2016, Cass. n. 25689/2015);
-la conseguenza della mancata notificazione dell’atto impositivo al curatore è l’inopponibilità del credito alla procedura concorsuale;
-regole del tutto analoghe valgono anche per l’amministrazione straordinaria, la cui disciplina dell’accertamento del passivo è interamente modellata su quella del fallimento, come si ricava dal richiamo operato dall’art. 53, comma 1, del D. Lgs. n. 270 del 1999 («Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria RAGIONE_SOCIALE grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell’art. 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274») agli artt. 93 e ss. della L.F.;
-il surrichiamato principio generale sancito dall’art. 52, comma 2, della L.F. e dall’analogo art. 151, comma 2, CCII -secondo il quale, a sèguito della dichiarazione di fallimento, ogni credito deve essere accertato nelle forme di cui agli artt. 93 e ss. della detta leggesubisce, tuttavia, un’importante eccezione allorquando entrano in gioco i criteri relativi al riparto della giurisdizione; nel senso che, qualora un credito sia sottoposto, nella determinazione dell’ an e del quantum , alla giurisdizione di un giudice speciale (per quanto qui interessa, a quella RAGIONE_SOCIALE Commissioni Tributarie, oggi Corti di Giustizia Tributaria), la cognizione del giudice fallimentare in sede
di accertamento del passivo è limitata alla verifica: (a)della concorsualità del credito; (b)dell’idoneità della documentazione prodotta a comprovarne l’esistenza; (c)della collocazione, privilegiata o chirografaria, del credito insinuato;
-di contro, il giudice delegato resta vincolato all’accertamento compiuto dal giudice munito di giurisdizione per quanto attiene: (a)all’ an e al quantum del credito; (b)all’eventuale maturazione dei termini di prescrizione (cfr. Cass. n. 21483/2015) o, a maggior ragione, di decadenza della pretesa impositiva;
-la circostanza che il commissario straordinario di un’impresa in crisi non possa procedere al pagamento dei crediti maturati anteriormente all’apertura della procedura concorsuale, se non previa insinuazione e ammissione degli stessi al passivo, non toglie, da un lato, che la debenza del tributo vada accertata dall’Amministrazione Finanziaria prima di procedere alla detta insinuazione, anche in epoca successiva alla dichiarazione di insolvenza; dall’altro, che la giurisdizione in ordine all’ an e al quantum del credito appartenga al giudice tributario, salva la devoluzione al giudice delegato della cognizione esclusiva sulle questioni riguardanti l’effettiva concorsualità e la collocazione del credito così accertato.
3.1 Si è, inoltre, posto in risalto che, qualora il contribuente sia stato dichiarato fallito, l’avvenuta irrogazione della sanzione per il mancato pagamento di un debito tributario sorto in epoca anteriore all’apertura del fallimento rende priva di rilevanza qualsiasi considerazione attinente all’elemento soggettivo della violazione e all’impossibilità per il curatore di effettuare il pagamento a favore di singoli creditori in lesione della «par condicio creditorum» , dal momento che la sanzione trova il suo presupposto in una violazione commessa quando l’imprenditore era ancora «in RAGIONE_SOCIALE» , fermo restando che la soddisfazione del relativo credito deve aver luogo in ossequio alle regole del concorso (cfr. Cass. n. 21078/2011; in
senso sostanzialmente conforme Cass. n. 8215/1987, Cass. n. 1375/1987, nonché, più di recente, Cass. n. 4300/2022).
3.2 Non si è, poi, mancato di precisare che, laddove il termine di versamento del tributo sia decorso alla data della dichiarazione di fallimento o, nel caso dell’amministrazione straordinaria, a quella del decreto di ammissione alla procedura, dalla quale decorrono gli effetti della dichiarazione di insolvenza-, il curatore fallimentare o il commissario straordinario non può eccepire la propria impossibilità di soddisfare i singoli creditori in ragione dell’asserita necessità di rispettare le regole del concorso, sicchè le sanzioni devono ritenersi legittimamente irrogate e vanno senz’altro ammesse al passivo, con il solo limite che andranno pagate in moneta concorsuale.
3.3 Allorquando, invece, il termine predetto non sia decorso a tale data, non può imputarsi né all’imprenditore né alla procedura alcuna colpevole inadempienza ai sensi dell’art. 5 del D. Lgs. n. 472 del 1997, sia pure sotto il semplice profilo della coscienza e volontà del fatto (cfr. Cass. n. 4300/2022).
3.4 Invero, prima della dichiarazione dello stato di insolvenza il termine per effettuare il versamento da parte del contribuente «in RAGIONE_SOCIALE» non è ancora scaduto; dopo detta dichiarazione, diventando applicabili le regole del concorso, il pagamento non può più essere validamente eseguito dagli organi della procedura (cfr. Cass. n. 26728/2023, Cass. n. 27283/2023).
3.5 Tanto premesso in diritto, va notato che, secondo quanto acclarato dalla CTR lombarda con l’impugnata sentenza: (a)la RAGIONE_SOCIALE era stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria in data 8 marzo 2006; (b)i debiti tributari sorti entro il mese di febbraio di quell’anno ammontavano a complessivi 66.027 euro.
3.6 A fronte di questi accertamenti in fatto, il collegio regionale ha affermato che «nell’anno in cui si verific (ò) la procedura ( recte : l’apertura della procedura -n.d.r.) , gli adempimenti (era) no posti a
carico di due soggetti diversi, il primo periodo alla società, il secondo periodo a carico della procedura stessa» , con la conseguenza che «i debiti riferiti al periodo febbraio 2006, pari a € 66.027,00, d (ov) ev (a) no essere richiesti con atto separato per formare massa passiva, avendo natura concorsuale, nel rispetto della par condicio creditorum» .
3.7 Ha, altresì, soggiunto che «le sanzioni pecuniarie per il periodo ante procedura avrebbero potuto essere legittimamente irrogate soltanto qualora l’ente creditore avesse dimostrato che i versamenti del mese di febbraio 2006 fossero stati a conoscenza del commissario straordinario» .
3.8 Le surriportate enunciazioni si pongono in contrasto con le «regulae iuris» innanzi richiamate, in virtù RAGIONE_SOCIALE quali: (A)prima di procedere all’insinuazione al passivo della procedura concorsuale, l’Amministrazione Finanziaria deve accertare il proprio credito, anche in epoca successiva alla dichiarazione di insolvenza del debitore; in tal caso, spetta al giudice tributario la giurisdizione sulle controversie relative all’ an e al quantum della pretesa vantata dall’Amministrazione; (B)agli effetti sanzionatori, ove il termine per il pagamento del tributo sia decorso anteriormente alla data di apertura della procedura di amministrazione straordinaria, il commissario ad essa preposto non può rifiutarsi di soddisfare i singoli creditori adducendo la necessità di rispettare le regole del concorso; laddove, invece, detto termine non sia ancora spirato a quella data, nessun inadempimento colpevole è imputabile al contribuente o agli organi della procedura.
3.9 In particolare, in merito alla questione di cui alla lettera (B) che precede, la CTR si è astenuta dal compiere gli accertamenti fattuali necessari ai fini della corretta sussunzione del caso concreto nella pertinente previsione normativa, erroneamente attribuendo rilievo all’elemento soggettivo della conoscenza da parte del commissario straordinario dei «versamenti del mese di febbraio 2006» .
3.10 Deve, infine, constatarsi che, con riguardo al preteso credito d’imposta di 55.010 euro fatto valere dalla RAGIONE_SOCIALE in a.s. per l’anno 2005, la Commissione regionale si è genericamente limitata ad osservare che lo stesso «era da imputarsi esclusivamente al periodo ante apertura della procedura concorsuale» , senza chiarire se fosse da considerare legittimo il suo disconoscimento da parte dell’Ufficio, il quale -come si apprende dalla stessa sentenza impugnata- aveva evidenziato che tale preteso credito non risultava dal NUMERO_DOCUMENTO 770NUMERO_DOCUMENTO, mai presentato dalla prefata società, e non era, in ogni caso, sorretto da idonea documentazione.
3.11 Anche sul punto dovranno essere, all’occorrenza, condotti i necessari approfondimenti nel prosieguo del giudizio.
Per le ragioni illustrate, va disposta, ai sensi dell’art. 384, comma 2, prima parte, c.p.c., la cassazione della gravata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi e a quant’altro statuito con la presente decisione.
4.1 Al medesimo giudice viene pure rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, a norma dell’art. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione