Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21098 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21098 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9052-2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, domicilia;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME ed NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso lo studio legale del predetto ultimo difensore;
– controricorrente –
Oggetto: Dogane-Dazi antidumping-
avverso la sentenza n. 1415/05/2018 della RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale della LIGURIA, depositata in data 29 ottobre 2018; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/03/2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
L’Amministrazione doganale:
sulla scorta della segnalazione degli organi esecutivi della RAGIONE_SOCIALE per la lotta antifrode (OLAF) di cui al Reg. (CEE), 23 maggio 1999, n. 1073, non ancora culminata in un rapporto finale, da cui emergeva che la RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2011 aveva importato prodotti (viti e bulloni) realizzati a Taiwan e non nelle Filippine, come invece dichiarato negli atti di importazione, con conseguente inapplicabilità del dazio preferenziale applicato alle merci provenienti dalle Filippine;
rilevata la violazione da parte della RAGIONE_SOCIALE del Reg. (CE) n. 771/2005, istitutivo del dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di taluni elementi di acciaio inossidabile e di loro parti originari di alcuni paesi asiatici, tra i quali Taiwan, ed il Reg. (CE) n. 1890/2005 (come modificato dal reg. n. 768/2009), istitutivo del dazio antidumping definitivo;
provvedeva alla revisione su base documentale RAGIONE_SOCIALE bollette doganali relative ai beni importati presso il porto di Genova nell’anno 2010, e, quindi, ad emettere nei confronti dell’importatrice RAGIONE_SOCIALE e dello spedizioniere doganale RAGIONE_SOCIALE l’avviso di rettifica dell’accertamento n. 28979, nonché nei confronti della sola società importatrice l’atto di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni n. 28981.
A seguito dell’ impugnazione di detti atti da parte della sola RAGIONE_SOCIALE, la CTP di Genova con sentenza n. 809/05/2014 respingeva il ricorso.
La CTR della RAGIONE_SOCIALE con la sentenza in epigrafe indicata accoglieva l’appello proposto dalla società e annullava gli atti impositivi impugnati.
I giudici di appello, rigettate le eccezioni della società contribuente formulate con riferimento alle modalità di notifica degli atti impositivi e al contraddittorio endoprocedimentale, nel merito ritenevano che, nonostante la segnalazione OLAF, non ancora culminata in rapporto finale al momento dell’accertamento dei dazi, la società contribuente aveva provato, esibendo documentazione contabile e doganale, che nella specie non vi fu mero trasbordo di beni da un Paese all’altro ma la merce importata da Taiwan era semilavorata (acciaio) ed aveva subito nelle Filippine la trasformazione in prodotto finito (viti).
Avverso tale statuizione l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato ad otto motivi, cui l’intimata replica con controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi, chiedendo altresì la riunione del presente giudizio a quello iscritto al n. 2446/2016 R.G. di questa Corte.
La società controricorrente con atto del 3 marzo 2023 avanzava istanza di sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 1, comma 197, della legge n. 197 del 2023 contestualmente manifestando l’intenzione di avvalersi della definizione agevolata RAGIONE_SOCIALE controversie di cui alla predetta legge.
Questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 20338 del 2023, adottata a seguito di altra ordinanza interlocutoria, n. 7381 del 2023, emessa ai sensi dell’art. 384, terzo comma, cod. proc. civ., disponeva la sospensione del processo.
Con istanza del 10 ottobre 2023 la ricorrente, dando atto di non aver aderito alla definizione agevolata RAGIONE_SOCIALE controversie di cui alla legge n. 197 del 2022, ha chiesto fissarsi l’udienza di discussione della causa.
Considerato che:
Va preliminarmente rigettata la richiesta di riunione al giudizio iscritto al n. 2446/2016 R.G. di questa Corte, in quanto definito con ordinanza n. 12385 del 2021.
Venendo, quindi, al merito del ricorso, con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la difesa erariale censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2697 cod. civ. per avere la CTR erroneamente ritenut o che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva fornito soltanto «plurimi indizi» della possibile elusione del dazio antidumping stante la incompletezza della investigazione dell’OLAF al momento dell’accertamento dei dazi, omettendo così di produrre «adeguate prove» che nella specie si trattava di mero trasbordo di beni, senza alcuna lavorazione nelle Filippine.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la difesa erariale deduce l’omesso esame da parte della CTR del rapporto finale dell’OLAF prodotto in allegato 2 alle controdeduzioni depositate in appello.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la difesa erariale deduce la violazione dell’art. 10, comma 1, del Reg. n. 1073 del 1999, nonché degli artt. 2700 e 2712 cod. civ. per avere la CTR errato nel negare dignità di prova agli atti anteriori al report finale dell’OLAF.
Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., viene censurata la sentenza impugnata per apparenza motivazionale, in violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., là dove la CTR ritiene non convincenti gli elementi d i prova emergenti dagli atti investigativi dell’OLAF senza spiegarne la ragione.
Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., viene dedotta la «violazione Reg. n.
1890/05 CE 3 e 230/13CE, art reg 2913/92, 39 e all 1 reg 2454/93 CE» per avere la CTR erroneamente ritenuto che «il dazio imposto sugli accessori provenienti dalle Filippine, indipendentemente dall’origine degli stessi, è stato introdotto con il reg. CE 20 5/2013 del 7 marzo 2013, la cui applicazione retroagisce alle sole operazioni registrate a far data dal 15 giugno 2012. Mentre le importazioni oggetto di accertamento sono anteriori al data del 15 giugno 2012, ragione per cui non potevano essere soggette a registrazione ai sensi del regolamento generale antidumping».
Con il sesto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la difesa erariale deduce l’omesso esame da parte della CTR del «processo verbale previo all’accertamento e i relativi allegati, comprobanti l’identità qualitativa e quantitativa RAGIONE_SOCIALE merci nei due passaggi Taiwan/Filippine e Filippine/Italia, con assenza di qualsiasi lavorazione nelle Filippine».
Con il settimo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la difesa erariale deduce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per avere la CTR omesso di pronunciare sulla «mera natura elusiva e sulla assenza di trasformazione del/nel transito nelle Filippine» della merce importata dalla società contribuente.
Con l’ottavo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la difesa erariale censura la statuizione impugnata per motivazione apparente, in violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, per non essere stati esplicitati nella sentenza impugnata le ragioni di fatto e di diritto poste a base della statuizione sfavorevole all’amministrazione doganale.
Ragioni di ordine logico impongono il preliminare e congiunto esame del quarto e dell’ottavo motivo, incentrati
entrambi sulla nullità della sentenza impugnata perché corredata da motivazione apparente.
10.1. I motivi sono entrambi infondati.
10.2. E’ noto che si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ” minimo costituzionale ” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le altre: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; v. anche Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017).
10.3. Orbene, come riferito nella parte relativa alla ricostruzione dei fatti di causa, la CTR ha accolto l’appello della società contribuente ed annullato gli atti impositivi sostenendo che nonostante la segnalazione OLAF, non ancora culminata in rapporto final e al momento dell’accertamento dei dazi, la società contribuente aveva provato, esibendo documentazione contabile e doganale, che nella specie non vi fu mero trasbordo di beni da un Paese all’altro ma la merce importata da Taiwan era semilavorata (acciaio) ed aveva subito nelle Filippine la trasformazione in prodotto finito (viti) e ciò trovava conferma nell’apposizione della sigla ‘W’ (‘Worked’, ovvero ‘lavorato’) riportato sui certificati RAGIONE_SOCIALE.
10.4. Pertanto, la sentenza impugnata non incorre nella grave forma di vizio dedotto, avendo i giudici di appello esplicitato, ancorché in maniera succinta, l’iter logico-giuridico alla base della propria statuizione, oltre che gli elementi probatori rilevanti ed oggetto di valutazione.
Da quanto appena detto in ordine al contenuto della sentenza impugnata, discende l’inammissibilità del primo e terzo motivo di ricorso.
11.1. Invero, anche ove si volesse ammettere che la CTR abbia errato nell’attribuire valenza meramente indiziaria alle risultanze RAGIONE_SOCIALE investigazioni dell’OLAF (questione dedotta col secondo motivo) e negato dignità di prova agli atti anteriori al report finale dell’OLAF (questione dedotta col terzo motivo), l’aver ritenuto che la società contribuente aveva fornito prova contraria idonea a superare quegli accertamenti, priva la ricorrente di interesse all’accoglimento del motivo in esame che, peraltro, nem meno censura l’effettiva ratio decidendi della statuizione impugnata fondata, appunto, sulla prevalenza della prova contraria fornita dalla società importatrice rispetto a quelle (ancorché ritenute indiziarie) fornite dall’ufficio.
Tale ultimo rilievo rende palesemente infondato il sesto motivo di ricorso con cui la difesa erariale ha dedotto l’omesso esame da parte della CTR del «processo verbale previo all’accertamento e i relativi allegati, comprobanti l’identità qualitativa e quantitativa RAGIONE_SOCIALE merci nei due passaggi Taiwan/Filippine e Filippine/Italia, con assenza di qualsiasi lavorazione nelle Filippine».
12.1. Al riguardo pare opportuno ricordare il principio giurisprudenziale in base al quale «Il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni RAGIONE_SOCIALE parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua
decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto» (Cass. n. 29730 del 2020).
13. Infondato è il secondo motivo di ricorso giacché da nessuna parte della sentenza impugnata può dedursi che la CTR abbia omesso l’esame del rapporto finale dell’OLAF prodotto in grado di appello. Invero, dall’affermazione contenuta in sentenza in cui si sostiene che « l’utilizzo da parte della Dogana RAGIONE_SOCIALE risultanze della missione OLAF (disconoscimento del marchio W origine ‘Filippine preferenziale’) appare non convincere appieno », e dal rilievo che la società contribuente aveva comunque fornito prova contraria idonea a far superare quelle risultanti dagli accertamenti svolti dall’OLAF, rende evidente che i giudici di appello abbiano considerato tutte le prove presenti agli atti processuali, non potendosi desumere il contrario dall’affermazione che « l’investigazione non era completata », perché questa è fatta con specifico riferimento « al momento dell’accertamento dei dazi » e non a quello successivo della redazione del report OLAF finale.
13.1. Da quanto detto in ordine all’apprezzamento fatto in sentenza della prova fornita dalla società contribuente discende anche l’infondatezza del settimo motivo con cui la difesa erariale lamenta l’omessa pronuncia della CTR sulla « mera natura elusiva e sulla assenza di trasformazione del/nel transito nelle Filippine » della merce importata dalla società contribuente.
14. Il rigetto dei motivi di ricorso esaminati, da cui discende la conferma della statuizione impugnata, rende del tutto superfluo l’esame del quinto motivo di ricorso, con cui viene dedotta una violazione di legge in materia di norme antidumping, nonché dei due motivi di ricorso incidentale con cui la controricorrente censura
la statuizione di rigetto RAGIONE_SOCIALE eccezioni formulate con riferimento alle modalità di notifica degli atti impositivi (primo motivo di ricorso incidentale, proposto per errata e falsa applicazione degli artt. 40 TULD e 221 C.D.C.) e al contraddittorio endoprocedimentale (secondo motivo, proposto per violazione dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000), che vanno pertanto ritenuti assorbiti.
15. Le spese processuali seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il primo, secondo, terzo, quarto, sesto, settimo ed ottavo motivo del ricorso principale, assorbiti il quinto ed i motivi di ricorso incidentale. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.800,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma in data 27 marzo 2024