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Dazi doganali royalties: onere della prova e rimborso

Una società ha richiesto il rimborso dei dazi doganali pagati sulle royalties, sostenendo che non fossero una ‘condizione della vendita’. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che in un’azione di rimborso l’onere della prova spetta al contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare, per ogni singola operazione di importazione, l’insussistenza dei presupposti per la daziabilità delle royalties. La Corte ha inoltre chiarito che una precedente sentenza favorevole, relativa a diverse operazioni, non costituisce un precedente vincolante (giudicato esterno).

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Dazi Doganali Royalties: la Cassazione chiarisce l’Onere della Prova

La questione della daziabilità delle royalties pagate per l’utilizzo di marchi su merci importate è un tema complesso e cruciale per molte aziende. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 32887 del 2024, ha fornito chiarimenti fondamentali sul tema dei dazi doganali royalties, con particolare riferimento a chi spetta l’onere della prova in caso di richiesta di rimborso. La decisione sottolinea la necessità di una documentazione rigorosa e puntuale da parte dell’importatore, delineando i confini dell’onere probatorio a suo carico.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Rimborso dei Dazi

Una società importatrice aveva versato all’Agenzia delle Dogane i dazi relativi a diverse operazioni di importazione, includendo nel valore imponibile anche le royalties corrisposte a società terze titolari dei marchi apposti sui prodotti. Successivamente, ritenendo tale inclusione non dovuta, l’azienda ha presentato un’istanza di rimborso, sostenendo che il pagamento delle royalties non costituisse una ‘condizione della vendita’ delle merci importate. Di fronte al silenzio-rifiuto dell’Amministrazione, la società ha avviato un contenzioso tributario. La Commissione Tributaria Regionale, riformando la decisione di primo grado, ha dato ragione all’Agenzia delle Dogane, e il caso è così giunto dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Onere della Prova e i Dazi Doganali su Royalties

Il cuore della pronuncia della Suprema Corte risiede nella definizione dell’onere della prova. I giudici hanno affermato un principio consolidato: quando un contribuente agisce per la restituzione di un’imposta che ritiene non dovuta (azione di ripetizione di indebito), è egli stesso a dover dimostrare i fatti costitutivi del suo diritto al rimborso.

Nel contesto dei dazi doganali royalties, questo si traduce nell’obbligo per l’importatore di allegare e provare l’insussistenza delle condizioni che rendono le royalties daziabili. Non è l’Agenzia delle Dogane a dover provare che le royalties sono una ‘condizione della vendita’, ma è l’azienda a dover dimostrare il contrario. La Corte ha specificato che l’azienda avrebbe dovuto:

1. Allegare dettagliatamente le singole operazioni di importazione oggetto della richiesta di rimborso.
2. Fornire, per ciascuna di esse, elementi idonei a dimostrare che il pagamento delle royalties non era legato alla vendita delle merci importate.

Nel caso specifico, la società si era limitata a invocare una precedente sentenza favorevole della stessa Cassazione, senza però fornire prove concrete e specifiche per le operazioni oggetto del nuovo contenzioso.

Il Principio del Giudicato Esterno e la sua Inapplicabilità

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte è stato quello del cosiddetto ‘giudicato esterno’. La società ricorrente aveva basato gran parte della sua difesa su una precedente sentenza del 2020 (la n. 10687) che, in un caso analogo, le aveva dato ragione. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che una sentenza precedente non può essere automaticamente applicata a un nuovo caso se non vi è perfetta identità tra le due cause.

Il giudicato si forma solo quando vi è identità di parti, di petitum (l’oggetto della domanda) e di causa petendi (le ragioni della domanda). Nel diritto doganale, ogni dichiarazione e ogni operazione di importazione costituisce un fatto a sé stante. Pertanto, una sentenza che ha deciso sulla daziabilità delle royalties per importazioni avvenute in un certo periodo non può vincolare il giudice chiamato a decidere su importazioni diverse, effettuate in un altro periodo. La mera somiglianza delle questioni giuridiche non è sufficiente a creare un vincolo per il giudice.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha rigettato il ricorso della società basandosi su un ragionamento lineare e rigoroso. Innanzitutto, ha ribadito che l’azione di rimborso inverte i ruoli tipici del rapporto tributario: il contribuente diventa creditore e, come tale, deve provare il fondamento della sua pretesa. L’onere di dimostrare l’assenza dei presupposti per l’imposizione dei dazi doganali royalties grava interamente su di lui.

In secondo luogo, i giudici hanno ritenuto inammissibile il motivo di ricorso che lamentava l’omesso esame di fatti decisivi, poiché la società non aveva indicato fatti storici precisi e controversi trascurati dai giudici di merito, ma si era limitata a proporre una diversa valutazione delle prove e a insistere sull’autorità di un precedente non vincolante. La Corte ha sottolineato che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito per riesaminare i fatti.

Infine, è stato precisato che le nuove norme sull’onere della prova nel processo tributario (art. 7, comma 5-bis, D.Lgs. 546/1992) non erano applicabili al caso di specie, poiché entrate in vigore successivamente all’instaurazione del giudizio e non aventi efficacia retroattiva.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Aziende Importatrici

La sentenza n. 32887/2024 offre importanti indicazioni operative per le aziende che operano nel commercio internazionale. La principale conclusione è che la gestione delle royalties deve essere supportata da una documentazione contrattuale e contabile estremamente precisa e dettagliata. Per contestare la daziabilità delle royalties, non è sufficiente affermare genericamente che esse non rappresentano una ‘condizione della vendita’. È necessario essere in grado di dimostrarlo in modo analitico per ogni singola operazione di importazione, evidenziando la totale autonomia tra il contratto di licenza e il contratto di compravendita dei beni. Affidarsi a precedenti giurisprudenziali favorevoli, senza fornire prove specifiche per il caso concreto, si rivela una strategia processuale inefficace.

A chi spetta l’onere della prova in una richiesta di rimborso per dazi doganali su royalties?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova spetta interamente al contribuente che richiede il rimborso. È la società importatrice che deve dimostrare l’insussistenza delle condizioni che rendono le royalties daziabili, e non l’Agenzia delle Dogane a dover provare il contrario.

Una precedente sentenza favorevole sulla daziabilità delle royalties può essere usata in un nuovo giudizio?
No, una precedente sentenza favorevole non è automaticamente vincolante (non costituisce ‘giudicato esterno’) se il nuovo giudizio riguarda operazioni doganali diverse. Ogni operazione di importazione rappresenta un fatto a sé, e quindi l’oggetto della domanda (petitum) è differente, impedendo l’applicazione vincolante del precedente.

Cosa deve dimostrare un’azienda per ottenere il rimborso dei dazi doganali pagati sulle royalties?
L’azienda deve allegare in modo dettagliato le singole operazioni di importazione per cui chiede il rimborso e fornire, per ciascuna di esse, elementi di prova idonei a dimostrare l’assenza dei presupposti per la daziabilità. In particolare, deve provare che il pagamento delle royalties non era una ‘condizione della vendita’ delle merci importate, ovvero che l’acquisto dei beni non era subordinato al pagamento dei diritti di licenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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