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Cuneo Fiscale: la differenza tra appalto e concessione

Una società di mobilità, partecipata da un ente comunale, si è vista negare la riduzione del cuneo fiscale. L’Agenzia Fiscale sosteneva operasse in regime di concessione, escluso dal beneficio. La Corte di Cassazione ha cassato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che per negare l’agevolazione non basta la qualifica formale, ma è necessario accertare l’effettivo trasferimento del rischio d’impresa dal soggetto pubblico a quello privato, elemento che distingue la concessione dall’appalto. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cuneo Fiscale: la Differenza Cruciale tra Appalto e Concessione secondo la Cassazione

L’applicazione delle agevolazioni sul cuneo fiscale rappresenta un tema di grande interesse per le imprese che collaborano con la pubblica amministrazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale per stabilire chi ha diritto a tali benefici, focalizzandosi sulla distinzione sostanziale tra appalto pubblico e concessione di servizi. La decisione chiarisce che non è sufficiente la forma del rapporto, ma è determinante l’effettivo trasferimento del rischio d’impresa.

I Fatti del Caso

Una società per azioni, interamente partecipata da un Comune e attiva nel settore della mobilità e gestione parcheggi, ha ricevuto un avviso di accertamento dall’Agenzia Fiscale. L’amministrazione finanziaria contestava l’indebita fruizione di deduzioni ai fini Irap e Ires per l’anno 2014, relative alla riduzione del cuneo fiscale. Secondo l’Ufficio, la società non aveva diritto al beneficio poiché operava in regime di “concessione e a tariffa” in settori (trasporti e infrastrutture) specificamente esclusi dalla normativa di favore.

La società ha impugnato l’atto, sostenendo che il proprio rapporto con l’ente comunale fosse configurabile come un appalto di servizi e non come una concessione. Tuttavia, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno respinto i ricorsi, confermando la tesi dell’Agenzia Fiscale e basando la decisione sulla natura di public utility della società e sul suo oggetto sociale.

La Questione Giuridica: quando si applica l’esclusione dal cuneo fiscale?

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’articolo 11 del D.Lgs. 446/1997. Questa norma esclude dalla riduzione del cuneo fiscale le imprese che operano “in concessione e a tariffa” in determinati settori strategici. La Cassazione è stata chiamata a chiarire i criteri per distinguere una concessione da un appalto, dato che solo la prima condizione preclude l’accesso al beneficio.

Il punto dirimente, secondo la giurisprudenza consolidata, è il trasferimento del rischio operativo. In un contratto di appalto, il corrispettivo è versato dall’amministrazione pubblica, che si assume il rischio economico dell’operazione. In una concessione, invece, la remunerazione del privato deriva dal diritto di sfruttare economicamente il servizio, addebitando tariffe agli utenti finali. In questo secondo scenario, il rischio che i ricavi non coprano i costi di gestione e gli investimenti (il cosiddetto rischio d’impresa) viene trasferito interamente sul concessionario.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, accogliendo i motivi del ricorso, ha cassato la sentenza impugnata. I giudici hanno sottolineato che la Corte territoriale ha errato nel fermarsi a una valutazione astratta e formale, basata sull’oggetto sociale della società. Al contrario, avrebbe dovuto condurre un’analisi concreta e sostanziale del rapporto contrattuale tra la società e il Comune.

Secondo la Cassazione, per determinare se un rapporto sia qualificabile come concessione, è indispensabile verificare se vi sia stato un effettivo trasferimento del rischio operativo in capo all’impresa. L’esclusione dal beneficio fiscale mira infatti a evitare una “sovracompensazione”, poiché si presume che nella determinazione della tariffa di una concessione si sia già tenuto conto dell’onere fiscale. Se tale rischio non viene trasferito, il rapporto, a prescindere dal nome, si configura come un appalto e l’impresa ha diritto all’agevolazione sul cuneo fiscale.

I giudici di legittimità hanno quindi affermato che il giudice di merito deve esaminare nel dettaglio le previsioni dell’atto negoziale che disciplina il rapporto per accertare a chi spetti il rischio della gestione. Il solo fatto che una società sia “in house” o operi in un settore specifico non è, di per sé, sufficiente a escluderla dal beneficio.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La decisione della Corte di Cassazione rafforza un principio di sostanza sulla forma. Le imprese, incluse quelle a partecipazione pubblica, che forniscono servizi agli enti locali non sono automaticamente escluse dalla riduzione del cuneo fiscale. La qualifica di “concessionario” ai fini fiscali dipende da un’analisi fattuale del contratto e, in particolare, dall’allocazione del rischio d’impresa. La sentenza ha quindi rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che dovrà riesaminare la vicenda attenendosi a questo fondamentale criterio, verificando nel concreto se la società ricorrente sopportasse o meno il rischio economico della propria attività.

Una società che lavora per un ente pubblico ha sempre diritto alla riduzione del cuneo fiscale?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il diritto alla riduzione dipende dalla natura del rapporto. È escluso se l’impresa opera in forza di una “concessione” in cui si assume il rischio operativo e la sua remunerazione deriva da una “tariffa” pagata dagli utenti.

Qual è la differenza fondamentale tra appalto e concessione ai fini della riduzione del cuneo fiscale?
La differenza risiede nel trasferimento del rischio d’impresa. Nell’appalto, il corrispettivo è pagato dall’ente pubblico e il rischio resta in capo a quest’ultimo. Nella concessione, il corrispettivo deriva dalla gestione del servizio a tariffa e il rischio di non recuperare i costi è trasferito all’impresa privata.

Essere una società “in house” di un Comune esclude automaticamente dal beneficio del cuneo fiscale?
No. La sentenza specifica che anche per le società “in house” è necessario verificare la natura del rapporto (appalto o concessione) analizzando il concreto trasferimento del rischio, non essendo l’esclusione automatica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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