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Cuneo fiscale e appalto: il beneficio è garantito

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4612/2024, ha stabilito che un’impresa di trasporto pubblico locale ha diritto al beneficio fiscale del ‘cuneo fiscale’ sull’IRAP quando opera in regime di appalto di servizi e non di concessione. Il caso riguardava il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro una società di trasporti a cui era stato negato il beneficio. La Corte ha respinto il ricorso, chiarendo che la natura del rapporto è di appalto quando l’impresa riceve un corrispettivo fisso dall’ente pubblico (basato, ad esempio, sui km percorsi) e non si assume il rischio economico legato alla vendita dei biglietti, che resta in capo all’amministrazione. In tale scenario, non sussiste il rischio di ‘sovra-compensazione’ che giustificherebbe l’esclusione dal beneficio, la quale si applica solo in caso di tariffa remuneratoria tipica delle concessioni.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cuneo fiscale: spetta alle imprese di trasporto in appalto

L’applicazione del cosiddetto cuneo fiscale in materia di IRAP rappresenta un tema di costante dibattito tra Fisco e contribuenti. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire un punto cruciale: le imprese che gestiscono servizi di trasporto pubblico locale in regime di appalto hanno diritto al beneficio fiscale, a differenza di quelle che operano in concessione con tariffa remuneratoria. Questa decisione si basa su una netta distinzione tra le due forme di gestione del servizio pubblico e le loro implicazioni economiche e fiscali.

I Fatti del Caso

Una società che gestiva parte della rete di trasporto pubblico locale in una grande città italiana si è vista notificare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’amministrazione finanziaria contestava il diritto della società a beneficiare delle deduzioni IRAP previste dalla normativa sul cuneo fiscale. Secondo l’Agenzia, l’impresa, operando in un settore a tariffa e in regime di concessione, non rientrava tra i soggetti ammessi all’agevolazione.

La Commissione Tributaria di primo grado aveva dato ragione all’Agenzia, ma la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello della società. Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il rapporto tra l’ente pubblico e la società dovesse essere qualificato come concessione di pubblico servizio, con una remunerazione a tariffa che escludeva a priori il beneficio fiscale.

La distinzione tra appalto e concessione ai fini del cuneo fiscale

Il cuore della questione, come analizzato dalla Suprema Corte, risiede nella corretta qualificazione giuridica del rapporto contrattuale. La normativa esclude dal beneficio del cuneo fiscale le imprese che operano in ‘mercato protetto’, come le ‘public utilities’, la cui remunerazione avviene tramite una tariffa. Tale esclusione ha lo scopo di evitare una ‘sovra-compensazione’, ovvero un profitto ingiustificato che si verificherebbe se l’impresa, la cui tariffa è già calcolata per coprire tutti i costi (inclusa l’IRAP), ricevesse anche un’ulteriore agevolazione fiscale.

Tuttavia, la Corte precisa che questa logica si applica solo quando si è in presenza di una vera e propria concessione traslativa. In questo schema, l’ente pubblico trasferisce al privato non solo la gestione del servizio ma anche il rischio economico ad essa connesso, inclusa la riscossione delle tariffe direttamente dall’utenza.

Nel caso di specie, il rapporto era ben diverso. La società di trasporti non incassava i biglietti e non si assumeva il rischio commerciale. Al contrario, riceveva dall’amministrazione un corrispettivo omnicomprensivo, predeterminato sulla base dei chilometri percorsi. La vendita dei titoli di viaggio era gestita da un’altra entità per conto dell’ente pubblico. Questa struttura, secondo la Cassazione, è tipica del contratto d’appalto di servizi, non della concessione.

La decisione della Cassazione e le motivazioni del cuneo fiscale

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza d’appello. I giudici hanno stabilito che, essendo il rapporto qualificabile come appalto, l’impresa non riceveva una ‘tariffa remuneratoria’ dall’utenza, ma un corrispettivo dall’amministrazione. In un contratto di appalto, l’operatore economico agisce secondo una logica puramente imprenditoriale, e il corrispettivo pattuito non ha la natura di una tariffa che già sconta gli oneri fiscali. Di conseguenza, non sussiste il rischio di sovra-compensazione che la legge intende evitare. L’esclusione dal beneficio fiscale è giustificata solo quando la tariffa è strutturata per garantire l’equilibrio economico-finanziario dell’operatore, tenendo conto specificamente del costo IRAP e variando automaticamente al variare di quest’ultimo. Poiché nel contratto di appalto tale meccanismo è assente, l’impresa ha pieno diritto di accedere alle deduzioni previste per la riduzione del cuneo fiscale.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: la qualificazione formale del contratto non è sufficiente; è necessario analizzare la sostanza del rapporto economico e la distribuzione dei rischi tra le parti. Per le imprese di trasporto pubblico, questa decisione significa che il diritto al beneficio fiscale sull’IRAP dipende criticamente dalla struttura del loro contratto con l’ente pubblico. Se l’impresa è remunerata con un corrispettivo fisso e non sopporta il rischio legato ai ricavi da traffico, opera in regime di appalto e può legittimamente applicare le deduzioni per il cuneo fiscale. Questa pronuncia offre maggiore certezza giuridica e delinea un confine chiaro per l’applicazione di un’importante agevolazione fiscale.

A quali condizioni un’impresa di trasporto pubblico ha diritto al beneficio del cuneo fiscale sull’IRAP?
Un’impresa di trasporto pubblico ha diritto al beneficio quando opera in virtù di un contratto di appalto di servizi. In questo caso, riceve un corrispettivo fisso dall’ente pubblico e non si assume il rischio economico legato ai ricavi dalla vendita dei biglietti, che resta in capo all’amministrazione.

Qual è la differenza fondamentale tra un appalto di servizi e una concessione secondo la Corte?
La differenza risiede nella ripartizione del rischio economico. In un appalto, l’impresa riceve un corrispettivo pattuito e il rischio resta in capo all’ente pubblico committente. In una concessione, il concessionario si assume il rischio operativo e finanziario della gestione, remunerandosi direttamente attraverso le tariffe pagate dagli utenti.

Perché il beneficio del cuneo fiscale è escluso in caso di ‘tariffa remuneratoria’?
L’esclusione serve a prevenire una ‘sovra-compensazione’. Una tariffa è definita ‘remuneratoria’ quando il suo importo è già calcolato per coprire tutti i costi dell’operatore, inclusi gli oneri fiscali come l’IRAP, e garantirgli un profitto. Concedere un ulteriore beneficio fiscale su un costo già coperto dalla tariffa genererebbe un vantaggio economico ingiustificato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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