Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4612 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4612 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’AVV_NOTAIO generale dello Stato ;
– ricorrente
–
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, difesa dall’AVV_NOTAIO, per procura in calce al ricorso;
controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, n. 2717/19 depositata l’otto maggio 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME.
Si dà atto che il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RILEVATO CHE
L’RAGIONE_SOCIALE notificava avviso conseguente all’accertamento di maggior IRAP non avendo riconosciuto alla contribuente i benefici di cui all’art. 11, d.lgs. n. 446/1997 (cd. ‘cuneo fiscale’), trattandosi di impresa operante in concessione e a tariffa. La
tributi
contribuente impugnava il provvedimento e la CTP rigettava il ricorso, mentre la CTR, adìta in sede d’appello, accoglieva il gravame. Ricorre quindi in cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con un unico motivo, mentre la contribuente resiste a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo si deduce violazione dell’art. 11, d.lgs. n. 446/1997, 112 e 113, cod. proc. civ., e 17, 18 e 19, d.lgs. n. 422/1997.
Afferma infatti l’RAGIONE_SOCIALE come, contrariamente a quanto stabilito dalla CTR, il rapporto intercorrente fra la contribuente ed il comune di Roma dev’essere qualificato come concessione di pubblico servizio, e che lo stesso si caratterizza per la remunerazione a tariffa, al di là della nominale indicazione contrattuale, in quanto proprio alla luce RAGIONE_SOCIALE disposizioni contrattuali, la RAGIONE_SOCIALE anziché gestire direttamente i ricavi da traffico, vendeva ad RAGIONE_SOCIALE dietro corrispettivo i ‘costi -km’, assumendosi così il rischio economico e finanziario connesso alla gestione. La mancanza di titolarità della tariffa era così solo apparente, poiché i costi-km non sarebbero altro che la rappresentazione speculare dei ricavi da tariffa attribuiti sotto l’aspetto formale all’RAGIONE_SOCIALE, ma sostanzialmente alla contribuente.
Va anzitutto premesso come sia stato chiarito (Cass. n. 32633/2019, cit.; in senso conforme, in motivazione, Cass. 11/08/2020, 16889; 14/10/2020, n. 22156; 22/10/2021, n. 29504; 15/09/2021, n. 24977; 22/12/2021, n. 41282) che la misura agevolativa in argomento non si applica alle imprese che svolgono attività «regolamentata» (cc.dd. «public utilities»), ossia operano in situazione di ‘mercato protetto’. Il che si verifica allorché la gestione avviene sulla base di una concessione traslativa (con la quale l’ente pubblico conferisce ad un soggetto privato diritti o potestà inerenti un’attività economica in origine riservata alla pubblica amministrazione), ricevendone (sotto il profilo
economico) un corrispettivo costituito da una tariffa, ossia un prezzo fissato o regolamentato dalla stessa pubblica amministrazione, da intendersi in senso proprio come corrisposto direttamente dall’utenza. Tariffa che però, per escludere il beneficio, deve assicurare l’equilibrio economico -finanziario dell’investimento e consenta in tale ambito di scontare il costo derivante dall’imposizione IRAP.
In effetti entro tali limiti la Commissione europea (dec. 12/09/2007 C(2007) 4133, def.) ha riconosciuto la legittimità dell’esclusione del beneficio fiscale, nei confronti RAGIONE_SOCIALE public utilities, prendendo atto che: (§ 33.) «le autorità italiane hanno giustificato l’esclusione sostenendo che essa ha lo scopo di evitare la potenziale sovracompensazione generata dalla misura in quanto l’attuale livello RAGIONE_SOCIALE tariffe è stato determinato tenendo conto dell’onere Irap prima della riforma, ossia senza le deduzioni dalla base imponibile introdotte dalla misura’.
Da quanto precede emerge che invece, nell’ipotesi in cui la tariffa non sia remunerativa, cioè non consenta di assicurare l’equilibrio economicofinanziario, l’esclusione non può operare. Così come, a maggior ragione, l’esclusione non può operare laddove il rapporto non sia regolato dal regime concessorio, bensì da un mero appalto di servizi.
Infatti, se il servizio è gestito in regime d’appalto , ciò esclude di per sé il rischio di sovra-compensazione, poiché il servizio viene gestito sulla base di un corrispettivo concordato, e a quel punto l’esercizio corrisponde ad una logica meramente imprenditoriale.
Tornando dunque al regime concessorio, l’esclusione dal beneficio RAGIONE_SOCIALE imprese operanti un pubblico servizio, solo limitando la stessa all’ipotesi di tariffa remuneratoria, non si determinerà un vantaggio o uno svantaggio selettivo, ed essa sarà quindi conforme alla normativa europea, cioè il beneficio riconosciuto non costituirà un
indebito aiuto di stato, secondo la decisione della Commissione europea, sopra riportata.
In definitiva, come affermato anche da ultimo da questa Corte, ‘la necessità d’intendere il criterio normativo della «tariffa» come «tariffa remuneratoria», ossia capace di generare un profitto, è coerente con la ratio giustificatrice del c.d. cuneo fiscale, mentre consentire indiscriminatamente, a tutte le imprese operanti nel settore dei pubblici servizi, di fruire RAGIONE_SOCIALE deduzioni Irap darebbe luogo a un utile insperato, genererebbe cioè in talune situazioni quella sovra-compensazione (secondo la terminologia dell’Amministrazione finanziaria) capace di frustrare l’obiettivo perseguito dall’autorità di regolamentazione con la fissazione RAGIONE_SOCIALE tariffe’ (Cass. 25/02/2022, n. 6332). In particolare, la sovra -compensazione si avrebbe ove la tariffa fosse remunerativa, ossia capace di generare un profitto (in tal senso Cass. 12/12/2019, n. 32633).
In altri termini, ove la tariffa (fissata dalla pubblica amministrazione e non dipendente dal mercato) fosse remuneratoria e compensativa del servizio prestato, anche in punto di onere IRAP, aggiungere ad essa anche la riduzione del cuneo fiscale darebbe luogo proprio a una sovra-compensazione.
Sempre sotto il profilo economico, ai fini del riconoscimento del beneficio in assenza del requisito della remuneratività della tariffa, non potrebbe neppur tenersi conto di ulteriori corrispettivi (di natura latamente tariffaria, in quanto fissati dalle pubbliche amministrazioni, e non posti a carico dell’utenza) determinati genericamente in misura tale da assicurare l’equilibrio economico -finanziario dell’investimento e della connessa gestione del pubblico servizio, posto che sul punto l’art. 11, d.lgs. n. 446/1997 esclude il beneficio esclusivamente per imprese che operino sulla base di una tariffa remunerativa che tenga conto del costo fiscale derivante dall’IRAP.
Invero, una tale estensione del concetto di tariffa non appare in linea con l’interpretazione della norma che riferisce la predeterminazione tariffaria, tale da escludere il suddetto vantaggio fiscale, solo in relazione ai settori espressamente indicati, nei quali la tariffa sconta specificamente il costo fiscale IRAP. Ed i sistemi di determinazione del corrispettivo di natura tariffaria presi in esame dall’art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2, 3, 4 sono solo quelli che si rivelino sensibili alle variazioni dell’IRAP, nel senso che al variare del costo fiscale IRAP si verifichi in termini relativamente automatici una variazione della tariffa stessa. Dunque, solo accedendo all’interpretazione rigorosa della nozione qui rilevante di tariffa, può ritenersi che l’esclusione dal suddetto vantaggio fiscale possa qualificarsi come neutrale e non selettiva, perché solo in tali casi lo scomputo del costo fiscale IRAP avviene già in sede di predeterminazione tariffaria.
Pertanto non ogni corrispettivo che abbia alla base una predeterminazione tariffaria «in misura tale da assicurare l’equilibrio economico -finanziario dell’investimento e della connessa gestione, nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione medesima» (Circ. Ag. RAGIONE_SOCIALE 61/E del 2007) giustifica l’esclusione dal vantaggio fiscale, ma solo quella che tenga conto specificamente del costo fiscale IRAP e che alle variazioni di tale costo ingeneri un’automatica variazione tariffaria.
Traendo le fila dei principi sopra richiamati, può concludersi nel senso che nel caso di esercizio di servizi di pubblico trasporto, il beneficio di cui alla l. 27 dicembre 2006, n. 296 (c.d. cuneo fiscale), può essere riconosciuto alle relative imprese o quando le stesse svolgono tale attività in virtù di un contratto di appalto, ovvero, allorché invece la stessa sia svolta in virtù di un rapporto concessorio da parte dell’ente pubblico, nella sola ipotesi in cui la remunerazione del servizio sia rappresentata da una tariffa da corrispondersi da parte dell’utenza e non prevista come tale da
garantire l’equilibrio economico -finanziario, in particolare tale da tener conto del costo fiscale IRAP, e che alle variazioni di tale costo ingeneri un’automatica variazione tariffaria, senza che rilevino ulteriori corrispettivi (di natura latamente tariffaria, in quanto fissati dalle pubbliche amministrazioni, e non posti a carico dell’utenza).
(Cass. 12000/2023).
2.1. Avendo presenti i principi sopra espressi e fatti propri in varie circostanze da questa Corte, il motivo risulta infondato.
Invero nella specie si è in presenza di un contratto d’appalto.
In proposito non vale l’eccezione di inammissibilità proposta dalla contribuente, che ritiene la qualificazione operata dalla CTR non più sottoponibile al giudizio di legittimità, attenendo l’interpretazione del contratto a un accertamento di mero fatto, involgendo la verifica della volontà negoziale RAGIONE_SOCIALE parti.
Sul punto
la qualificazione giuridica, con le relative conseguenze effettuali, rientra nello scrutinio di legittimità affidato a questa Corte, a differenza della mera interpretazione della volontà dei contraenti (‘A differenza dell’attività di interpretazione del contratto, che è diretta alla ricerca della comune volontà dei contraenti e integra un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, l’attività di qualificazione giuridica è finalizzata a individuare la disciplina applicabile alla fattispecie e, affidandosi al metodo della sussunzione, è suscettibile di verifica in sede di legittimità non solo per ciò che attiene alla descrizione del modello tipico di riferimento, ma anche per quanto riguarda la rilevanza qualificante attribuita agli elementi di fatto accertati e le implicazioni effettuali conseguenti’.
(Cass. 04/06/2021, n. 15603).
2.2. Orbene, dal punto di vista formale non sempre risulta agevole la distinzione fra le concessioni traslative di pubblici servizi,
che trasferisce ad un soggetto privato l’esercizio di pubbliche funzioni, fino al punto di costituire un organo indiretto della P.A. producendo, nei confronti dei terzi, gli stessi effetti che determinerebbe l’azione amministrativa diretta della P.A. medesima (Cass. 14/06/2016, n. 12260), riservandosi l’amministrazione titolare poteri di controllo tecnico ed economico e di un immanente potere sostitutivo; e l’affidamento di un servizio in appalto, in cui non solo il potere sostitutivo è azionabile solo in presenza di inadempienze da parte dell’appaltatore, ma soprattutto in tal caso il servizio appaltato resta interamente assoggettato all’amministrazione conferente, per cui l’appaltatore si limita a ricevere un corrispettivo pattuito.
Dal punto di vista negoziale, tali strutturali differenze si concretizzano nel primo caso attraverso la concessione, unitamente al servizio, anche dell’eventuale remunerazione tipica dello stesso da parte dell’utenza, quindi nel caso del trasporto pubblico locale, tramite il trasferimento al concessionario anche della potestà tariffaria, incluso la riscossione e l’accertamento, pur sotto i poteri di controllo amministrativo che si sono indicati (inclusa la relativa determinazione od approvazione della tariffa gravante sull’utenza); nel secondo caso nella previsione negoziale di un corrispettivo d’appalto a carico dell’amministrazione ed in favore dell’appaltatore, laddove eventuali tariffe a carico dell’utenza restano in capo all’amministrazione conferente.
Nel caso che ricorre, con delibera della Giunta capitolina, in data 14 aprile 2010 si deliberò ‘di prendere atto dell’esito della gara e dell’aggiudicazione definitiva dell’appalto del servizio della rete periferica TPL nel comune di Roma, per circa 28 milioni di vetturechilometro/annuo e per un periodo di durata contrattuale di otto anni, effettuata da RAGIONE_SOCIALE a favore della società RAGIONE_SOCIALE per un importo di € 738.960.825,00 oltre iva al 10 %’. Da ciò derivava poi la stipula del contratto di ‘affidamento del servizio di
gestione della rete periferica…’ del 7 ottobre 2010, avviato in via d’urgenza fin dal 12 maggio precedente.
Di là dalle modalità di conferimento, essendo noto che le forme dell’evidenza pubblica vengono utilizzate tanto per il conferimento di concessioni traslative quanto per quello di affidamento di servizi in appalto, appare evidente come nella specie il tratto caratterizzante sia costituito dalla previsione di un corrispettivo omnicomprensivo in favore dell’appaltatore ed a carico dell’amministrazione, alla quale ultima resta in appannaggio la vendita dei titoli di viaggio, effettuata attraverso la rete di vendita RAGIONE_SOCIALE.
Il corrispettivo, pur ovviamente determinato sulla base dei corrispettivi chilometrici unitari, al netto peraltro del ribasso d’asta, è dunque predeterminato a fronte di una produzione complessiva di circa 28 milioni di vetture-chilometro.
2.3. Né un servizio pubblico può essere esclusivamente oggetto di concessione anziché di appalto: l’organizzazione dei servizi di trasporto pubblico locale è infatti disciplinata dagli artt. 18 e 19, d. lgs. n. 422/1997, ed in proposito questa Corte ha stabilito che tale organizzazione è del tutto estranea alla nozione di concessione traslativa come sopra delineata (Cass. 17/09/2019, n. 29648), sicché anzi, di norma il rapporto fra esercente privato del trasporto pubblico locale è conferente è proprio quello dell’appalto.
Proprio le indicate caratteristiche del rapporto che vincolava il comune di Roma con la contribuente, rende ben evidente la differenza della fattispecie con altre, qualificate invece come concessione, quale quella oggetto della richiamata sentenza del Consiglio di Stato n. 1863 del 2014 (fattispecie in cui infatti si trattava di un servizio pubblico locale che prevede va ‘ una prestazione a carico dell’utente (il costo del biglietto), con assunzione a carico del concessionario del rischio economico relativo alla gestione del servizio (costo del carburante,
manutenzione ordinaria e straordinaria, responsabilità all’uso e custodia dei mezzi, responsabilità non connesse all’assicurazione), che ha come destinatari una platea indifferenziati di utenti (si tratta di un servizio diretto al pubblico, senza alcuna limitazione). Inoltre il rapporto tra l’amministrazione e l’erogatore del servizio prevede la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari (devono essere rispettati i percorsi, le fermate egli orari, nonché il prezzo del biglietto) e la possibilità per il medesimo gestore di effettuare scelte sulla organizzazione del servizio (quanto alla gestione del personale e dei mezzi) ‘ .
In definitiva, il rapporto deve inquadrarsi come contratto d’appalto a tutti gli effetti, per cui -conformemente a quanto si è premesso, la contribuente non rientrava tra i casi di esenzione dall’agevolazione prevista.
Il ricorso dev’essere dunque respinto, con aggravio di spese in capo all’amministrazione soccombente.
Nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti RAGIONE_SOCIALE Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass.n.1778 del 29/01/2016).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che liquida in € 10.000,00 oltre rimborso forfettario nel 15 % del compenso, i.v.a. e c.p.a. se dovute, ed oltre € 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2023
Il Presidente
NOME COGNOME