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Cuneo fiscale: appalto vs concessione, la Cassazione

Una società si è vista negare la deduzione dei costi del personale ai fini IRAP (il cosiddetto “cuneo fiscale”) perché il suo servizio di gestione rifiuti per i Comuni era stato qualificato come “concessione”. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che si trattava di un “appalto”, poiché la società era remunerata direttamente dagli enti pubblici e non assumeva il rischio operativo legato all’utenza. Di conseguenza, il beneficio del cuneo fiscale è stato riconosciuto. La Corte ha anche confermato la legittimità della svalutazione dei crediti ceduti “pro solvendo”.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Cuneo Fiscale: quando il servizio pubblico è Appalto e non Concessione

La distinzione tra contratto di appalto e concessione di servizi è un tema cruciale per le imprese che operano con la Pubblica Amministrazione, specialmente per le implicazioni fiscali che ne derivano. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto luce su questo argomento, chiarendo quando un’azienda ha diritto al beneficio del cuneo fiscale ai fini IRAP. Questo beneficio, che consente la deduzione dei costi del lavoro, è infatti escluso per le imprese che operano in regime di concessione e a tariffa. La decisione analizza in dettaglio la natura del rapporto contrattuale, il trasferimento del rischio e le modalità di remunerazione.

I Fatti del Caso: La Controversia Fiscale

Una società operante nel settore del trasporto di rifiuti solidi urbani per conto di diversi Comuni si è vista recapitare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’Ufficio contestava due punti principali relativi all’anno d’imposta 2012:

1. Ai fini IRAP: L’indebita deduzione del costo del lavoro dipendente dalla base imponibile. Secondo l’Agenzia, l’attività svolta dalla società era da considerarsi una “concessione” di servizio pubblico, il che la escludeva dal beneficio del cuneo fiscale.
2. Ai fini IRES: L’indeducibilità di una quota di ammortamento al fondo svalutazione crediti, relativa a crediti ceduti pro solvendo.

Mentre la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione alla società, la Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la decisione, accogliendo l’appello dell’Agenzia sulla questione IRAP.

Appalto vs. Concessione: La Chiave per il Cuneo Fiscale

Il cuore della controversia risiede nella qualificazione giuridica del rapporto tra la società e i Comuni. La normativa tributaria (art. 11, d.lgs. 446/1997) esclude dal beneficio della deduzione del costo del lavoro le “imprese operanti in concessione e a tariffa”. È quindi fondamentale capire la differenza tra appalto e concessione.

Contratto di Appalto: L’impresa (appaltatore) svolge un servizio per la Pubblica Amministrazione (committente) e viene remunerata con un corrispettivo economico diretto da quest’ultima. Il rischio operativo e gestionale rimane sostanzialmente in capo all’ente pubblico.
Contratto di Concessione: L’impresa (concessionario) non riceve un corrispettivo diretto dall’ente, ma la sua remunerazione consiste nel diritto di sfruttare economicamente il servizio (ad esempio, riscuotendo una tariffa dagli utenti). In questo caso, il rischio operativo viene trasferito al concessionario.

La CTR aveva erroneamente qualificato il rapporto come concessione, ritenendo che il pagamento ricevuto dai Comuni, derivante a sua volta dalla raccolta della tassa sui rifiuti (TARSU) presso i cittadini, costituisse una forma di remunerazione a tariffa.

L’analisi della Corte sul cuneo fiscale e la natura del contratto

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, ribaltando la sentenza di secondo grado. Gli Ermellini hanno chiarito che, affinché si possa parlare di concessione, devono coesistere due elementi: la gestione del servizio e l’assunzione del rischio operativo da parte del privato. Nel caso di specie, la società veniva pagata direttamente dai Comuni sulla base di un contratto, indipendentemente da quanto i Comuni riuscissero a riscuotere dai cittadini. Il rischio della mancata riscossione della tariffa gravava sull’ente locale, non sulla società.

Il rapporto, pertanto, è stato correttamente qualificato come appalto di servizi. Di conseguenza, non essendo soddisfatto il presupposto della “concessione”, la società aveva pieno diritto alla deduzione del costo del lavoro dalla base imponibile IRAP, ovvero al beneficio del cuneo fiscale.

La questione secondaria: la svalutazione dei crediti pro solvendo

La Corte ha anche respinto il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate relativo alla deducibilità degli accantonamenti per rischi su crediti. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: anche quando un credito viene ceduto pro solvendo, il rischio di inadempimento del debitore finale rimane in capo al cedente. Poiché il rischio persiste, è legittimo per il cedente effettuare accantonamenti a un fondo rischi e dedurli fiscalmente, come previsto dall’art. 106 del TUIR.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati sia a livello nazionale che comunitario. La distinzione tra appalto e concessione si fonda sul criterio del trasferimento del rischio operativo. Se l’impresa è remunerata con un corrispettivo pattuito con la stazione appaltante e non dipende dai proventi degli utenti finali, il contratto è un appalto. La qualificazione come concessione richiede invece che l’impresa assuma il rischio legato alla gestione del servizio, rifacendosi economicamente sull’utenza. Poiché nel caso esaminato il rischio gravava sui Comuni, la società aveva diritto all’applicazione del cuneo fiscale. Per quanto riguarda i crediti, la permanenza del rischio in capo al cedente in una cessione pro solvendo giustifica pienamente la deducibilità degli accantonamenti.

Conclusioni

Questa sentenza offre un importante chiarimento per tutte le aziende che forniscono servizi agli enti pubblici. La qualificazione formale di un contratto non è sufficiente a determinarne il regime fiscale; è necessario analizzare la sostanza del rapporto, in particolare chi assume il rischio operativo. Le imprese remunerate direttamente dalla Pubblica Amministrazione, senza dipendere economicamente dall’utenza finale, possono legittimamente beneficiare delle deduzioni IRAP previste per il costo del lavoro, rafforzando così la propria competitività e stabilità finanziaria.

Quando un’impresa che lavora per un ente pubblico ha diritto al beneficio del “cuneo fiscale” sull’IRAP?
Un’impresa ha diritto al beneficio del cuneo fiscale (deducibilità del costo del lavoro) quando il suo rapporto con l’ente pubblico è qualificabile come un contratto di appalto e non come una concessione. Ciò avviene quando l’impresa è remunerata direttamente dall’ente e non assume il rischio operativo legato alla gestione del servizio verso gli utenti.

Qual è la differenza fondamentale tra un contratto di appalto e una concessione di servizi pubblici?
La differenza fondamentale risiede nel trasferimento del rischio operativo. In un appalto, il rischio rimane in capo alla Pubblica Amministrazione e l’impresa riceve un corrispettivo fisso. In una concessione, il rischio viene trasferito all’impresa, la cui remunerazione dipende dal diritto di sfruttare economicamente il servizio, ad esempio tramite tariffe pagate dagli utenti.

È possibile dedurre la svalutazione di un credito anche se è stato ceduto “pro solvendo”?
Sì, è possibile. La Corte di Cassazione ha confermato che, nella cessione di un credito “pro solvendo”, il cedente garantisce per l’adempimento del debitore. Poiché il rischio di insolvenza rimane a suo carico, è legittimo che effettui accantonamenti a un fondo svalutazione crediti e li deduca dal reddito d’impresa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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