Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13973 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 13973 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
Irrogazione sanzioni IRPEF 2009
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11406/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Milano, INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA n. 4663/28/2015, depositata in data 30 ottobre 2015.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 3 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Dato atto che il Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO, nella persona del AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito l’AVV_NOTAIO per delega dell’AVV_NOTAIO per il ricorrente che ha chiesto il rigetto del ricorso nonché l’AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
In data 14 febbraio 2013, NOME COGNOME riceveva notifica di un provvedimento di irrogazione sanzioni ai fini IRPEF, n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo all’anno d’imposta 2009. L’RAGIONE_SOCIALE Milano I rilevava la mancata compilazione del quadro RW con riferimento a disponibilità finanziarie presso la HSBC Private Bank di Ginevra e, conseguentemente, l’omessa dichiarazione di redditi pari a € 806.144,00 per l’anno 2009. Precedentemente a tutto ciò, la suddetta contribuente aveva ricevuto notifica di altro provvedimento di irrogazione sanzioni ai fini IRPEF, n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo agli anni d’imposta 2004, 2005, 2006, 2007 e 2008, per mezzo del quale si rilevava la mancata compilazione del quadro RW anche per quegli anni. La contribuente, quindi, procedeva, ex art. 16, comma 3, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, dapprima alla definizione agevolata della sanzione irrogata di € 144.904,88 per gli anni dal 2004 al 2008, versando la somma di un terzo della stessa, pari a € 48.301,63, e, in data 15 aprile 2013, alla definizione agevolata della sanzione di € 6.247,12 per l’anno 2009, corrispondendo la somma di un terzo della stessa, pari a € 2.082,37.
Avverso il provvedimento di irrogazione sanzioni per l’anno 2009 la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Milano, dolendosi del fatto che in una pagina del suddetto provvedimento veniva indicato l’importo a titolo di sanzione in € 61.114,80, diversamente da quello di € 6.247,12 riportato in precedente pagina RAGIONE_SOCIALE stesso atto e definito in misura agevolata dalla contribuente; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la
conferma della sanzione dovuta nella misura di € 6.247,12, non più definibile in via agevolata dalla contribuente.
La C.t.p., con sentenza n. 5864/12/2014, accoglieva il ricorso della contribuente, confermando la sanzione irrogata nella misura di € 6.247,12 e la sua avvenuta definizione in via agevolata.
Contro tale decisione proponeva appello l’RAGIONE_SOCIALE dinanzi la C.t.r. della Lombardia; secondo l’Ufficio la somma di € 61.114,80, indicata nel provvedimento impugnato che irrogava la sanzione unica di € 151.152,00 riferita alle violazioni per gli anni 2004 -2009, non poteva considerarsi errata in quanto tale era l’importo che la contribuente doveva versare per definire l’anno 2009, importo ottenuto sottraendo al terzo del totale del cumulo materiale dovuto per definire complessivamente gli anni dal 2004 al 2009, pari a € 109.416,43, la somma di € 48.301,63 relativa alla definizione agevolata per gli anni dal 2004 al 2008. Si costituiva anche la contribuente, chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 4663/28/2015, depositata in data 30 ottobre 2015, la C.t.r. adita accoglieva il gravame dell’Ufficio, dichiarando dovuta, dato il pagamento di € 2.082,37 da parte della contribuente, l’ulteriore somma di € 59.031,63.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella pubblica udienza del 3 aprile 2024 per la quale la contribuente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Circa la nullità della sentenza impugnata per violazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ. e 57 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546» la contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata ,
la RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato dovuta l’ulteriore somma di € 59.031,63, così pronunciandosi extra petita rispetto a quella richiesta dall’ufficio in sede di costituzione, pari a € 6.247,12, in considerazione, poi, del fatto che la variazione quantitativa della sanzione ( petitum ) non dipendente da normativa sopravvenuta o da un evento, parimenti sopravvenuto, collegato a quello iniziale, costituiva domanda nuova improponibile in sede di gravame.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Circa l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione degli artt. 12 e 16, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997 e 3 Cost.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha dichiarato che la somma per addivenire alla definizione agevolata per l’anno 2009 ammontava a € 61.114,80, nonostante la sanzione irrogata per l’anno in oggetto fosse pari a € 6.247,12; sanzione, poi, definita dalla contribuente mediante il pagamento di un terzo della stessa, pari a € 2.082,37.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Circa la nullità della sentenza appellata per violazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ. per omessa motivazione in relazione alla deAVV_NOTAIOa valida definizione della sanzione irrogata per l’anno 2009» la contribuente lamenta l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha omesso di spiegare perché la somma per definire, ai sensi della normativa vigente, la sanzione irrogata con riferimento al 2009, pari a € 6.247,12, ammonterebbe a € 61.114,80.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Circa l’illegittimità della sentenza impugnata per omesso esame, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., del fatto controverso e decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti consistente nella valida definizione della sanzione irrogata per l’anno 2009 tramite il versamento in data 15
aprile 2013 della somma di € 2.082,37, pari a un terzo della sanzione irrogata» la contribuente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha mancato di valutare il fatto controverso del pagamento dell’importo di un terzo, pari a € 2.082,37, della sanzione irrogata per l’anno 2009, pari a € 6.247,12, ai fini della definizione agevolata della stessa, fatto da cui dipendevano l’ an e il quantum della pretesa oggetto di giudizio.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: «Circa l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 3 Cost.» la contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la RAGIONE_SOCIALE.t.r. ha consentito una disparità di trattamento per situazioni identiche: essa ha censurato il comportamento della contribuente che aveva proceduto alla definizione della sanzione complessivamente irrogata con riferimento alle violazioni per gli anni dal 2004 al 2009, pari a € 151.151,00, mediante il pagamento dell’importo di € 50.384,00, nonostante quest’ultimo corrispondesse alla medesima somma versata dalla cointestataria del conto estero, NOME COGNOME, per definire l’uguale sanzione di € 151.151,00 ad essa irrogata per le stesse violazioni.
I primi quattro motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente in considerazione della connessione oggettiva afferendo tutti all’importo stabilito a titolo di sanzioni, sono infondati.
2.1. Anche dall’avviso di contestazione datato 4 febbraio 2013, debitamente allegato al ricorso, si evince che, con una motivazione sintetica ma esaustiva, la C.t.r. ha aderito alla tesi dell’amministrazione finanziaria che ha dimostrato, in relazione agli anni dal 2004 al 2009, di aver applicato la sanzione unica risultante dal cumulo giuridico relativo alle violazioni della stessa indole, commesse dalla contribuente nei predetti periodi di imposta la cui definizione agevolata era pari ad € 61.114,80.
Quindi, l’Ufficio aveva determinato in € 151.151,00 l’importo complessivo della sanzione applicabile per le violazioni commesse con riferimento agli anni 2004 -2009 secondo le regole del cumulo guridico; pertanto, atteso che l’art. 16, comma terzo, del D.Lgs. n. 472/1997 prevede che il trasgressore possa definire la controversia con il pagamento di un importo pari a un terzo della sanzione, ma che tale importo non possa, comunque, essere inferiore a un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, e poichè, nel caso di specie, un terzo dei minimi edittali corrispondeva all’importo di € 109.416,43, l’Ufficio aveva irrogato alla contribuente la sanzione, per l’appunto, di € 109,416,43, dalla quale, poi, aveva detratto l’importo di € 48.301,63 versato in precedenza dalla ricorrente per la definizione agevolata della sanzione irrogata relativamente alle violazioni poste in essere nel periodo 2004 -2008, pari a € 144.903,88.
Tali importi non sono stati contestati dalla ricorrente, la quale, in effetti, non ha contestato nemmeno il potere dell’ufficio di rideterminare la sanzione per l’intero periodo 2004 -2009, applicando il cumulo giuridico, dopo che l’aveva determinata per gli anni d’imposta dal 2004 al 2008.
Il quinto motivo, infine, è inammissibile.
In base all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata; ciò comporta l’esatta individuazione del capo di pronuncia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le deAVV_NOTAIOe violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza non riguardante il decisum della sentenza gravata. (Cass. 21/07/2020, n. 15517). Infatti, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può
considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un «non motivo», è espressamente sanzionata con l’inammissibilità (Cass. 20/10/2016, n. 21296).
3.1. Nel caso di specie, la ricorrente ha omesso di riportare l’intero atto di contestazione notificato alla sig.ra NOME COGNOME per le medesime violazioni e riferita al medesimo anno di imposta 2009, pari, invece, ad € 22.677,19. Sul punto, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa, condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 cod. proc. civ. (Cass. 14/05/2018, n. 11603).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma all’esito della pubblica udienza del 3 aprile