Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24234 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 24234 Anno 2024
Presidente: PAOLITTO LIBERATO
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
SENTENZA
sul ricorso 20839/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del Sindaco p.t. NOME AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO (C.F.: CODICE_FISCALE) del Poro RAGIONE_SOCIALE ed elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO, presso lo studio d ell’ AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Tivoli INDIRIZZO), alla INDIRIZZO (C.F. e P.IVA: P_IVA), in persona
Avviso accertamento ICI -Attività estrattiva -Cumulo giuridico sanzioni
d ell’ amministratore e legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, nato a RAGIONE_SOCIALE l’DATA_NASCITA e residente in Palombara Sabina (RO), al INDIRIZZO (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO del Foro di Tivoli (C.F.: CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliata presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO del Foro RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in RAGIONE_SOCIALE alla INDIRIZZO, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso;
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata –
-avverso la sentenza n. 6200/2019 emessa dalla CTR Lazio in data 07/11/2019 e non notificata;
udite le conclusioni orali rassegnate dal AVV_NOTAIO, che ha concluso per l ‘accoglimento del ricorso ;
uditi il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, e il difensore della resistente, AVV_NOTAIO.
Ritenuto in fatto
RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso alla CTP di RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento per Ici 2010 relativa ad alcuni immobili siti nel Comune di Guidonia Montecelio.
La CTP rigettava il ricorso, ritenendo che, essendo l’attività estrattiva svolta nei terreni riconducibile a quella di tipo industriale, l’avviso di accertamento era legittimo, non potendo costituire motivo di esenzione dall’imposta la dedotta temporane ità della coltivazione della cava e la precarietà dei fabbricati.
Sull’impugnazione della contribuente, la CTR Lazio, in parziale accoglimento del gravame, determinava il valore degli immobili ai fini Ici in quello corrispondente al valore edificabile diminuito del 30% e stabiliva per le sanzioni il cumulo giuridico. A tal fine affermava che non era possibile riconoscere lo stesso valore economico ad un immobile edificabile contenuto
e
nel piano regolatore attuato ed approvato e ad un altro destinato, come nel caso di specie, ad attività estrattiva di travertino e che, nelle ipotesi di continuazione, andava applicato alle sanzioni il cumulo giuridico, anziché quello materiale.
Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Guidonia Montecelio sulla base di quattro motivi. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso. La RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
In prossimità dell’adunanza camerale entrambe le parti costituite hanno depositato memorie illustrative.
Con ordinanza interlocutoria del 13.1.2023 il Collegio ha rinviato la causa a nuovo ruolo, ai fini della sua trattazione in pubblica udienza, evidenziando che il quarto motivo del ricorso (avente ad oggetto l’applicabilità o meno dell’istituto del cumulo g iuridico alle sanzioni irrogabili nel caso di omesso versamento ai fini Ici avente ad oggetto il solo anno 2010, pur riferendosi ad una pluralità di immobili) non presentava evidenza decisoria.
In prossimità della pubblica udienza entrambe le parti hanno depositato nuove memoria illustrative.
Considerato in diritto
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 5 d.lgs. n. 504/1992, 59, n. 1, lett. g). d.lgs. n. 446/1997, 115 e 116 cod. proc. civ., e 2697, 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per aver la CTR erroneamente, a suo dire, rideterminato l’imposta dovuta non tenendo conto della correttezza dei valori delle aree fabbricabili contenuti nella delibera del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 23/2007, mai modificati dall’ente imposito re, ed in assenza di una prova contraria offerta dalla contribuente in ordine alla erroneità dei detti valori.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per aver la CTR ridotto il valore di mercato delle aree accerta te e, conseguentemente, l’imposta richiesta
con l’atto impugnato, in difetto di una specifica censura all’uopo mossa dal contribuente.
Con il terzo motivo il ricorrente si duole della nullità della sentenza impugnata violazione degli artt. 36 e 59 d.lgs. n. 546/1992 e 112 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per aver la CTR ridotto il valore dei terreni tassati in misura del 30% in difetto di adeguata motivazione.
Il primo ed il terzo motivo, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono fondati, con conseguente assorbimento del secondo.
Occorre fare riferimento al principio consolidato (cfr., di recente, Sez. 5, Ordinanza n. 7987 del 2019), da cui questo Collegio non intende discostarsi, in forza del quale: ” In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 11 quaterdecies, comma sedicesimo, del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e dell’art. 36, comma secondo, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma primo, lettera b), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo “ius aedificandi” o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi
dell’art. 59, comma primo, lettera f), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio .” (Cass. s.u. n. 25560 del 2006; Cass. n. 20137 del 2012).
A sua volta, Cass. n. 14409 del 09/06/2017 ha stabilito che: ” In tema di ICI, ove l’area sia adibita ad attività estrattiva secondo il regolamento urbanistico e suscettibile, in conformità allo stesso, di edificazione, ancorché limitata alla realizzazione di fabbricati strumentali, la base imponibile deve essere determinata avendo riguardo al valore venale “. Si è, in particolare, condivisibilmente osservato, in motivazione, che: ” l’area di cui si tratta, seppure è adibita ad attività estrattiva secondo lo strumento urbanistico, il che induce ad escludere la sua natura agricola ai fini della determinazione della base imponibile, è altresì suscettibile di edificazione, ancorché limitata alla realizzazione di fabbricati strumentali, così come indicato dalla ricorrente nel ricorso. Ciò fa sì che il terreno debba essere qualificato come edificabile ai fini dell’Ici e che la base imponibile debba essere determinata sulla base del valore venale “. Non vi sono ragioni per discostarsi da tale indirizzo, volto ad escludere che terreni urbanisticamente destinati allo svolgimento di attività industriale quale quella in esame possano considerarsi – ai fini del tributo in oggetto – agricoli. Senza tralasciare che, da un lato, per quanto nelle zone D/3 sia possibile realizzare solo edifici adibiti alle lavorazioni strettamente connesse alle attività estrattive, la coltivazione mineraria ha, di regola, una durata pluridecennale, con la conseguenza che i detti edifici sono senz’altro privi dei connotati di precarietà e temporane ità, e, dall’altro, le attività estrattive, ricomprendendo altresì interventi di rilevante trasformazione del territorio, integrano senz’altro attività di natura industriale.
L’art. 1 del d.lgs. n. 504 del 1992 sopra riportato, del resto, nella sua portata applicativa prende in considerazione la potenzialità edificatoria. In
questo senso, infatti, si è pronunciata la S.C. in tema di terreni con vincolo di destinazione, affermando che esso non esclude il carattere edificabile del bene, ma incide solamente sulla determinazione del valore venale del bene (Cass. n. 23814 del 2016). Non ha rilevanza, pertanto, ai fini dell’applicazione dell’imposta che il bene sia stato, in concreto, destinato a cava e ad attività di estrazione, ma la sua potenzialità edificatoria.
NOME la CTR avrebbe potuto applicare un coefficiente riduttivo del valore degli immobili non contemplato nella delibera n. 23/2007 del RAGIONE_SOCIALE.
Ciò in applicazione del principio, ormai consolidato (cfr. Cass. n. 16702 del 27 luglio 2007; conformi Cass. n. 9216 del 2007, n. 24504 del 2009; n. 15555 del 2010; n. 1661 del 2013; n. 5068 del 2015; n. 15312 del 2018), secondo cui ” In tema di imposta comunale sugli immobili (I.C.I.), poiché l’art. 59, primo comma, lett. g), del d.lgs. n. 446 del 1997 riconosce al consiglio comunale la facoltà di “determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del comune qualora l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato”, i regolamenti comunali adottati in proposito, ai sensi dell’art. 52 del medesimo d.lgs., pur non avendo natura imperativa, sono assimilabili agli studi di settore, nel senso che si tratta di fonti di presunzioni dedotte da dati di comune esperienza idonei a costituire supporti razionali offerti dall’amministrazione al giudice, ed utilizzabili, quali indici di valutazione, anche retroattivamente, analogamente al c.d. redditometro. ‘. Attraverso tali fonti di presunzioni il Comune già aveva preso in considerazione il differente valore delle aree estrattive in esame (euro 54,75 al mq) rispetto a quelle residenziali (euro 256,50 al mq).
Non è, da ultimo, corrispondente al vero quanto dedotto dalla contribuente nel controricorso, secondo cui la CTR avrebbe riconosciuto una riduzione, nella misura del 30%, dell’imposta dovuta con riferimento al valore dei fabbricati oggetto di accertamento, e non dell’area su sui essi insistono, se solo si considera che la CTR ha ritenuto di applicare la percentuale del 30%
‘in diminuzione al valore del terreno edificabile secondo il piano regolatore attuato e approvato’ (cfr. pag. 4 della sentenza qui impugnata).
La CTR non si è attenuta agli enunciati principi, avendo di contro adottato una decisione apodittica (abbattimento del 30% del valore edificabile) senza operare alcuna valutazione specifica.
Il ricorso si rivela, dunque, fondato, atteso che la rideterminazione del valore delle aree con la riduzione del 30% di quello stimato dal Comune negli atti impositivi è stata effettuata senza l’indicazione, da parte dell’impugnata pronuncia, di alcun conc reto parametro di riferimento, laddove la CTR, tenuto conto della natura d’impugnazionemerito del processo tributario, avrebbe dovuto formulare un proprio giudizio estimatorio sulla base degli elementi provati e, comunque, incontroversi (cfr. Cass., Sez. 5, 23 dicembre 2000, n. 16171; conf. Cass., Sez. 6 -5, Ordinanza n. 21695 del 19/09/2017).
Va, da ultimo, rilevato che, se la deliberazione, adottata ai sensi del d.lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. n), recava specifica articolazione delle diverse destinazioni delle aree -e, dunque, prendeva in specifica considerazione le aree a destinazione estrattiva -, il giudice del gravame avrebbe dovuto compiutamente specificare le ragioni in forza delle quali aveva rideterminato il valore venale dell’area in contestazione, ragione che non avrebbe potuto identificarsi sulla diversa destinazione di un’area già presa in considerazione dalla delibera (dalla quale consegue una presunzione iuris tantum che il contribuente avrebbe dovuto superare con specifica prova contraria).
5. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 13 d.lgs. n. 471/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per aver la CTR disposto la rideterminazione delle sanzioni richieste con l’atto impugnato applicando l’istituto del cumulo giuridico in violazione dell’art. 13 citato, che espressamente prevede un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento.
5.1. Il motivo è fondato.
In tema di cumulo giuridico delle sanzioni tributarie, la Corte, anche di recente (Cass., 12 febbraio 2024, n. 3885), ha avuto modo di statuire che: -l’istituto della continuazione, delineato dal d.lgs. n. 472 del 1997, art. 12, comma 5, trova senz’altro applicazione alle sanzioni tributarie previste per i tributi locali (d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 473, art. 16; in tema di ICI v. Cass., 30 dicembre 2015, n. 26077; Cass., 2 marzo 2012, n. 3265; Cass., 17 luglio 2008, n. 19650; in tema di TARSU v. Cass., 18 maggio 2019, n. 13486; Cass., 21 dicembre 2011, n. 27970; Cass., 9 giugno 2010, n. 13869; Cass., 19 maggio 2010, n. 12268; Cass., 11 febbraio 2005, n. 2821; v. altresì, con riferimento all’omessa denuncia ex d.lgs. n. 504 del 1992, art. 10, comma 1, Cass., 30 giugno 2021, n. 18447; Cass., 19 gennaio 2021, n. 728; Cass., 29 marzo 2019, n. 8829; Cass., 16 settembre 2016, n. 18230; Cass., 17 luglio 2008, n. 19650);
-la continuazione -il cui riconoscimento è collegato all’oggettivo perpetrarsi dell’illecito tributario in periodi d’imposta diversi si arresta in caso di cd. interruzione che si realizza, ex art. 12, comma 6, d.lgs. n. 472 del 1997, per effetto della contestazione della violazione che fissa il punto di arresto per il riconoscimento del beneficio, senza che rilevi la sua definitività e inoppugnabilità o la sua mancata impugnazione; pertanto, ciò che si pone a monte dell’atto, se della stessa indole, dev e essere unito ai fini della determinazione della sanzione, mentre ciò che invece si pone a valle, resta escluso dal cumulo giuridico, salvo riconoscersi, ove plurime siano le violazioni anche da questo lato, una autonoma e rinnovata applicazione del medesimo istituto di favore (Cass., 9 giugno 2021, n. 16017; v altresì, in tema di ICI, Cass., 16 giugno 2020, n. 11612; Cass., 7 luglio 2010, n. 16051);
e, in particolare, si è rimarcato che, allorché le sanzioni per le diverse annualità siano state irrogate con avvisi notificati contemporaneamente al contribuente, la continuazione si applica per tutte le violazioni antecedenti a tale contestazione, oper ando l’interruzione solo per quelle successive (Cass., 7 luglio 2010, n. 16051, cit.);
con riferimento, poi, alla riformulazione del d.lgs. n. 472 del 1997, art.
12, c. 5 , la Corte ha rilevato che l’istituto della continuazione è stato configurato «in termini di autonomia precettiva rispetto alle altre previsioni di favore» e, nello specifico, incentrato sulla nozione di «violazioni della stessa indole», così risultando previsto -rispetto alla disciplina delle altre fattispecie di cumulo giuridico per concorso formale o materiale nonché per cd. progressione nell’illecito (di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 12, cit.) – «nel caso di violazioni commesse in diversi periodi di tempo, un elemento incidente su di un trattamento di favore sul piano dell’applicazione delle diverse sanzioni in modo distinto e diverso da quelle già configurate nei commi precedenti», laddove detta nozione deve essere desunta dalla disciplina della recidiva (d.lgs. n. 472, cit., art. 7, comma 3) alla cui stregua «Sono considerate della stessa indole le violazioni delle stesse disposizioni e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono e dei motivi che le determinano o per le modalità dell’azione, presentato profili di sostanziale identità.» (Cass., 17 novembre 2021, n. 34868);
-la condivisibile considerazione secondo la quale, ai fini dell’applicazione dell’art. 12, comma 5, d.l.gs. n. 472 del 1997, rileva la sussistenza di violazioni della stessa indole, e non già che le singole violazioni siano legate da un nesso di progressione, dà conto della fondatezza del principio di diritto enunciato dalla Corte con riferimento alla sanzione per omesso versamento, alla cui stregua, in ipotesi di più violazioni per omesso o insufficiente versamento dell’imposta relativa ad uno stesso immo bile, conseguenti a identici accertamenti per più annualità successive, si è ritenuto applicabile il regime della continuazione attenuata di cui all’art. 12, comma 5, cit. (così Cass., 8 aprile 2022, n. 11432; v., altresì, Cass., 18 luglio 2022, n. 22477; Cass., 14 luglio 2010, n. 16526; Cass., 2 luglio 2009, n. 15554);
-la contraria opinione, difatti, si fonda (proprio) sull’identificazione del regime della continuazione, disciplinato dall’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 472 del 1997, con quello che concerne le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione de ll’imponibile o sulla liquidazione del tributo (cd.
progressione; v. Cass., 22 marzo 2019, n. 8148; Cass., 20 gennaio 2017, n. 1540).
5.2. A fronte di un orientamento che aveva prevalso fino a qualche anno fa (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 21570 del 26/10/2016), secondo cui ‘ In tema di sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie, si applica un’unica sanzione ridotta in luogo della somma delle sanzioni previste per i singoli illeciti in caso di omesso versamento, alle prescritte scadenze, degli acconti e dei saldi delle imposte dovute, atteso che l’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 identifica l’entità della sanzione, ma non incide sull’operatività della nuova disciplina della continuazione (o della progressione), di cui all’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, che ha reso obbligatorio il cumulo giuridico ed ha escluso la necessità che le violazioni siano riconducibili alla “medesima risoluzione”, allo stesso periodo d’imposta ed allo stesso tributo. ‘, vi è un indirizzo di segno contrario (Sez. 5, Sentenza n. 1540 del 20/01/2017; Sez. 5, Ordinanza n. 8148 del 22/03/2019), a mente del quale ‘ Le violazioni tributarie che si esauriscono nel tardivo od omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione fiscale non sono soggette all’istituto della continuazione disciplinato dall’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, perché questo concerne le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione dell’imponibile o sulla liquidazione del tributo, mentre il ritardo o l’omissione del pagamento è una violazione che attiene all’imposta già liquidata, per la quale l’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 dispone un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento ‘.
In questo contesto, meritano di essere segnalate altresì Cass., Sez. 5, Sentenza n. 18230 del 16/09/2016 (‘ In tema d’ICI, l’omessa denuncia dell’immobile deve essere sanzionata per tutte le annualità per cui si protrae in quanto, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992, a ciascuno degli anni solari corrisponde un’autonoma obbligazione che rimane inadempiuta non solo per il versamento dell’imposta ma anche per l’adempimento dichiarativo, fermo restando che, trattandosi di violazioni
della stessa indole commesse in periodi d’imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo, secondo l’istituto della continuazione ex art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 472 del 1997 ‘) , Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 18447 del 30/06/2021 (‘ In tema di ICI, l’omessa presentazione della dichiarazione per più periodi, fino al regolare adempimento, oltre a comportare l’applicabilità delle sanzioni per ciascuna annualità, non osta all’applicazione del regime della continuazione previsto dall’art. 12, comma 5, d.lgs. n. 472 del 1997, venendo in rilievo condotte che, traducendosi nel reiterato ostacolo alla determinazione dell’imponibile ed alla liquidazione dell’imposta con riferimento allo stesso tributo, sono tra loro oggettivamente e strettamente collegate .’) e Cass., Sez. 5, Sentenza n. 3265 del 02/03/2012.
In particolare, quest’ultima (cui si è uniformata Cass., Sez. 5, Sentenza n. 26077 del 30/12/2015) ha statuito che <>.
5.3. In tema di cumulo di sanzioni, trova applicazione l’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997 (come sostituito dall’art. 2, comma 1, lett. e), del d.lgs. n. 203 del 5 giugno 1998, e successivamente modificato dall’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 99 del 30 marzo 2000); ai sensi di tale norma, il principio del cumulo materiale, che prevede la sommatoria di tante sanzioni quante sono le violazioni, risulta derogato a favore del contribuente dal cd. cumulo giuridico, che consente l’applicazione di una sola sanzione maggiorata, nei casi di: 1) concorso formale (art. 12, comma 1), che si ha quando un soggetto con una sola azione viola più norme anche relative a tributi diversi; 2) concorso materiale (art. 12, comma 1), ove la medesima disposizione sia violata, anche con più azioni, diverse volte; 3) progressione (art. 12, comma 2), che si ha quando, anche in tempi diversi, vengono commesse più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano
«la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo»; 4) continuazione (art. 12, comma 5), per il caso in cui violazioni «della stessa indole vengono commesse in periodi d’imposta diversi». 5) rilevanza delle stesse violazioni ai fini di più tributi (l’art. 12, comma 3).
In particolare, la disposizione citata afferma che: “è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni, anche relative a tributi diversi (comma 1, prima parte); soggiace alla stessa sanzione “chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell’imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo” (comma 2); si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo “quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi” (comma 5).
La stessa norma ha riformulato la disciplina generale dell’istituto della continuazione nell’illecito tributario, confermando ed ampliando il principio del cumulo giuridico delle sanzioni, che è stato reso obbligatorio e non più facoltativo (come invece disponeva l’art. 8, della I. n. 4 del 1929), e disciplinando specificamente l’ipotesi delle violazioni riguardanti periodi di imposta diversi, stabilendo, per questa particolare fattispecie, regole di maggior rigore, fermo restando, tuttavia, l’obbligo di procedere al cumulo giuridico delle sanzioni. La nuova nozione di continuazione di cui all’art. 12 cit. ha determinato un superamento delle previgenti nel senso dell’obbligatorietà (in quanto la concessione del beneficio non è facoltativa per gli uffici); dell’irrilevanza dell’elemento psicologico (non essendo richiesta una “medesima risoluzione”) e dell’elemento temporale (non essendo limitata allo stesso periodo di imposta); dell’ampliamento oggettivo (applicandosi alla generalità dei tributi ed anche tra violazioni non riguardanti lo stesso tributo).
Si è dunque in presenza di una pluralità di regole correttive la cui applicazione risente, a sua volta, della natura dei singoli tributi, dando luogo
a conseguenze diverse che non si pongono in contrasto tra loro perché riferite a fattispecie riduttive ed impositive differenti.
5.4. Nella fattispecie in esame la contribuente, con il ricorso introduttivo del giudizio, ha invocato, quanto alle sanzioni, l’istituto della continuazione avuto riguardo agli avvisi di accertamento per le annualità 2009 (avviso annullato con ordinanza di questa Corte n. 2321/2023), 2010 (avviso oggetto del presente giudizio) e 2011 (avviso confermato con ordinanza di questa Corte n. 2318/2023) che asserisce esserle stati notificati contestualmente, con riferimento ad una pluralità di immobili.
Le violazioni cui sono state applicate le sanzioni sono l’omessa presentazione della dichiarazione ICI e l’omesso versamento dell’imposta. Sul tema, questa Sezione ha già affermato in termini inequivoci (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11473 del 2022) che <>.
Orbene, alla luce dell’evoluzione normativa in precedenza esposta, ritiene il Collegio che anche nella fattispecie in esame, connotata, a differenza di quella finora presa in considerazione, da infrazioni concernenti, oltre che plurime annualità, una plura lità di immobili, trovi applicazione l’indirizzo su richiamato.
Né, in senso contrario, può invocarsi il principio secondo cui <<Le violazioni tributarie che si esauriscono nel tardivo od omesso versamento dell'imposta risultante dalla dichiarazione fiscale non sono soggette all'istituto della continuazione disciplinato dall'art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, perché questo concerne le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione dell'imponibile o sulla liquidazione del tributo, mentre il ritardo o l'omissione del pagamento è una violazione che attiene all'imposta già liquidata, per la quale l'art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 dispone un
trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento (v. Cass. n. 10357 del 2015 in tema di imposta di bollo; Cass. n. 1540 del 2017 e Cass. n. 8148 del 2019). Tale principio si ispira alla considerazione che la sfera applicativa della progressione tributaria, di cui all'art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, è limitata alle violazioni potenzialmente incidenti su «la determinazione dell'imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo» mentre, in caso di pagamenti omessi o tardivi che riguardano imposte già compiutamente liquidate si è in presenza di ipotesi di ben maggiore gravità, in quanto causative di un sicuro deficit di cassa, che giustificano l'inapplicabilità della continuazione e l'autonomia quoad poenam di ciascun tardivo od omesso versamento d'imposta, per il quale la legge, derogando alla generale applicazione degli istituti di favor rei di cui sopra, commina una distinta sanzione proporzionale, nella misura del trenta per cento di «ogni importo non versato» (art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997).
Tuttavia, nel caso di specie non si è al cospetto di omessi versamenti rispetto ad imposte già determinate da versare alla scadenza, configurabile, ad esempio, nell'ipotesi in cui si sia in presenza di un tardivo od omesso versamento dell'imposta risultante dalla dichiarazione fiscale.
5.5. Avuto riguardo al quarto motivo, va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: <>.
6. In accoglimento del primo, del terzo e del quarto motivo del ricorso, la sentenza impugnata va, pertanto, cassata, con conseguente rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, cui va demandata altresì la verifica (necessaria ai fini della mancata interruzione della continuazione) in ordine alla contestualità degli avvisi di accertamento Ici relativi alle annualità 2009, 2010 e 2011.
P.Q.M.
accoglie il primo, il terzo ed il quarto motivo, dichiara assorbito il restante, cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in differente composizione.
Cosi deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio della V Sezione civile della