Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32636 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 32636 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12833/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA 2/20 COGNOME, elettivamente domiciliato in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA LOMBARDIA n. 5073/2022 depositata il 16/12/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal Consigliere COGNOME
Udita la P.G., in persona del Sost. P.G. NOME COGNOME che ha concluso come in atti.
Udita l’Avvocatura Generale dello Stato, per l’Agenzia, che ha concluso come in atti.
Udito il legale della controricorrente che ha concluso come in atti.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 25077/2019, la Corte di Cassazione, a seguito di ricorso proposto dall’Agenzia delle Dogane, ha cassato la sentenza n. 5598/2014, emessa dalla CTR, rinviando per l’ulteriore esame nel merito innanzi al medesimo giudice regionale, in diversa composizione. La sentenza cassata aveva confermato la sentenza della CTP di Varese n. 161/1/2012, depositata il 6 dicembre 2012, che aveva annullato un avviso di rettifica dell’accertamento con contestuale irrogazione di sanzione amministrativa e un avviso di accertamento suppletivo e di rettifica con contestuale irrogazione di sanzione amministrativa. Detti atti erano stati notificati alla RAGIONE_SOCIALE in funzione della rettifica dei valori, dichiarati in dogana, delle merci importate da fabbricanti extracomunitari sulla base di contratti di licenza in virtù dei quali la RAGIONE_SOCIALE, ora in Amministrazione Straordinaria, operava come licenziataria. Secondo la prospettazione dell’Agenzia il valore avrebbe dovuto tenere conto anche dell’entità delle royalties , pagate dalla licenziataria alle società licenzianti, non potendo, d’altronde, trovare applicazione il metodo c.d. ‘first sale price’, indebitamente adoperato al fine di abbassare il prezzo della merce fatturata e
sottoposta ai dazi doganali. L’accertamento operato dall’Agenzia si collegava a un PVC del 3 giugno 2011. L’Agenzia, nel riassumere il giudizio in esito alla sua cassazione con rinvio, ha concluso per la riforma della sentenza della CTP di Pavia. La Corte di Giustizia Tributaria di II° Grado della Lombardia ha accolto parzialmente sia l’appello principale dell’Agenzia, sia quello incidentale della contribuente. L’Agenzia delle Dogane affida ora il proprio ricorso per cassazione a tre motivi. Resiste la Preca Brummel in A.S. con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si assume la violazione e falsa applicazione dell’art.147 del Reg. CEE 2454/1993, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte di Giustizia Tributaria di II° grado trascurato di pronunciarsi nuovamente sulla richiesta di disapplicazione della regola del ‘ first sale price ‘, posto che, essendo stato oggetto di valutazione da parte della Suprema Corte solo l’aspetto di legittimità formale della precedente statuizione su tale punto, si rivela ‘ errata la reiezione della domanda dell’Ufficio, senza che vi sia stata una effettiva riconsiderazione dell’istruttoria ‘. Con il secondo motivo si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., in relazione all’art 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte regionale, quale giudice del rinvio, disposto l’applicazione del cumulo giuridico nel quantificare la sanzione e, in tal guisa, ‘ disatteso quanto statuito dalla Corte di cassazione, nell’ordinanza n. 25077/19 ‘.
Con il terzo motivo si lamenta, in relazione all’art 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 198, par.1, DAC in base al quale ‘ qualora ogni dichiarazione in dogana comporti più articoli le indicazioni relative a ciascun articolo sono considerate costituire una dichiarazione separata ‘, avendo la Corte di Giustizia
Tributaria di II° grado, ‘ erroneamente applicato al metodo di calcolo della sanzione il cumulo giuridico’.
Il primo motivo è inammissibile.
La Corte di Giustizia Tributaria di II° Grado si è già pronunciata sull’applicabilità dell’agevolazione del c.d. ‘ first sale price ‘. La ricorrente non adombra una reale difformità da un precetto normativo, ma ambisce ad una rivisitazione nel merito di una questione già ampiamente sedimentata e definitiva. Il sindacato a suo tempo espresso dal giudice d’appello è stato ritenuto scevro da profili di censurabilità da questa Corte nella sentenza di cassazione con rinvio n. 25077 del 2019, nella quale testualmente si legge: ‘ Il prezzo di vendita anteriore pertinente costituisce un beneficio diretto a favorire le importazioni nel territorio dell’ Unione Europea; di conseguenza la condizione cui esso è subordinato è unicamente quella che la destinazione delle merci fosse chiara fin dalla vendita anteriore, che proprio per la ricorrenza di questa condizione viene denominata «pertinente». La prova di tale qualità della merce, a carico di chi invoca il beneficio, deve essere «adeguata». Si tratta di un concetto generale, che deve essere valutato di volta in volta. Soccorre però nella valutazione il documento Taxud dell’ 8 ottobre 2003, che ha precisato che la prova può essere data con qualsiasi mezzo, che le dogane sono tenute ad accettare a meno che non sia messa in discussione l’autenticità del documento o delle informazioni in esso contenute. Nel caso in esame la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto adeguata la prova fornita dalle fatture acquisite agli atti, con riferimento sia all’anteriorità della vendita che alle caratteristiche delle merci, conformi alle specifiche CE e contraddistinte da loghi e marchi che ne rivelavano la destinazione fino dall’origine al mercato italiano. Le circostanze di fatto valorizzate dall’ Agenzia delle Dogane per sostenere l’inadeguatezza della prova (contestualità delle vendite e trasporto delle merci a cura di un intermediario) sono state valutate dal
giudice del merito, ma ritenute prive del significato dimostrativo che l’Agenzia attribuisce loro. Né quest’ultima ha contestato l’autenticità dei documenti e del loro contenuto. L’ interpretazione del concetto di «adeguatezza» della prova data dal giudice dell’appello non appare pertanto né irragionevole né scollegata dalla normativa unionale ‘.
In tal senso, viene in apice in parte qua un giudicato interno, di talché la pretesa dell’Agenzia di una rinnovata ‘ istruttoria ‘ traligna all’evidenza il recinto normativo del vizio di violazione di legge ex art. 360, n. 3, c.p.c., per volgere ad un nuovo, inammissibile giudizio di fatto.
Il secondo motivo non coglie nel segno e va disatteso.
Non consta, invero, violazione dell’art. 384 c.p.c., sol che si consideri che la Corte di Cassazione non è risultata investita, tampoco si è specificamente occupata, della questione del regime della continuazione e della sua incidenza sul piano dell’irrogazione delle sanzioni e del relativo computo.
Il terzo motivo è, invece, fondato e va accolto.
Questa Corte ha condivisibilmente puntualizzato che ‘ non può riconoscersi il cumulo giuridico delle sanzioni, previsto dall’art. 12, primo comma, del decreto legislativo n. 472 del 1997, perché, per la predetta previsione di legge, quello che rileva è la commissione di molteplici violazioni formali, ovvero violazioni che, oltre a non incidere sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo, non pregiudicano l’attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria; nemmeno, per quanto rilevato sopra, è possibile ricondurre la fattispecie in esame alla previsione dell’art. 12, comma 2, del decreto legislativo n. 472 del 1997, mancando il vincolo della progressione tra violazioni sostanziali, ovvero l’unicità finalistica della condotta per l’intrinseco ed oggettivo legame tra le varie violazioni commesse, idonee, in via progressiva, continua e collegata, ad incidere sulla determinazione
dell’imponibile o sul tributo; né, infine, è applicabile 7 l’art. 12, comma 5, del decreto legislativo n 472 del 1997, che presuppone che le violazioni siano state commesse in periodi di imposta diversi, nozione questa estranea alla materia doganale, integrando, invece, la fattispecie in esame autonome violazioni di natura sostanziale, commesse con distinte dichiarazioni doganali, nel corso di plurimi anni ‘ (Cass. n. 2703 del 2024).
In ultima analisi, va accolto il terzo motivo di ricorso, disattesi i primi due motivi. La sentenza d’appello va cassata e la causa rinviata per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di II° Grado della Lombardia.
P.Q.M.
Respinge i primi due motivi di ricorso; accoglie il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di II° Grado della Lombardia.
Così deciso in Roma il 24 settembre 2024.