Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28391 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28391 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11128/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_SOCIALE (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. FRIULI VENEZIA GIULIA n. 14/2021 depositata il 01/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La contribuente società RAGIONE_SOCIALE è piccola-media impresa che ha acquistato nel 2010, senza esserne tenuta per legge, un impianto fotovoltaico in agro friulano, fruendo della tariffa incentivante di cui al d.m. MISE 19 febbraio 2007 (c.d. II Conto energia). Solo con d.m. MISE 5 luglio 2012 si è chiarito che tale beneficio potesse essere cumulato con la detassazione di cui all’art. 6, commi 13-19, della l. n. 388/2000, donde la contribuente optava per la dichiarazione integrativa alla denuncia dei redditi per esporre il proprio credito di imposta, in alternativa alla pur possibile istanza di rimborso.
L’RAGIONE_SOCIALE avviava verifica sulla contribuente, segnatamente sulla variazione in diminuzione esposta per l’anno 2010 ed annualità successive, interessata dal riporto RAGIONE_SOCIALE perdite collegate sempre alla fruizione della suddetta detassazione, notificando questionario in data 16 novembre 2015, cui il contribuente ha dato risposta.
Sortiva ripresa a tassazione per l’anno di imposta 2010 e ulteriori riprese che traevano la propria origine dal solo riporto della perdita disconosciuta con l’avviso di accertamento del 2010.
Gli atti impositivi venivano avversati in primo grado, dove il collegio procedeva alla riunione, stante l’evidente collegamento RAGIONE_SOCIALE controversie, esitando in rigetto, salvo che per le sanzioni.
Entrambe le parti impugnavano per i capi di rispettiva soccombenza, ma gli appelli erano rigettati, con conferma della sentenza di primo grado.
Avverso questa pronuncia propone ricorso la contribuente società RAGIONE_SOCIALE, agitando due motivi di doglianza, cui replica
l’RAGIONE_SOCIALE, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, spiegando tempestivo controricorso e interponendo altresì ricorso incidentale in ordine all’affrancamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
In prossimità dell’adunanza, la parte contribuente ha depositato memoria ad ulteriore illustrazione RAGIONE_SOCIALE proprie ragioni.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di ricorso principale.
1.1. Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 1 del codice di procedura civile, per difetto di giurisdizione del giudice tributario e censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile per violazione degli articoli 3, comma 12 e 13, nonché articolo 11, terzo comma, d.lgs. n. 387/2003, nonché degli articoli 62 e 64 del d.lgs. n. 300/1999 e art. 11 d.m. MISE 19 febbraio 2007.
Nel concreto si contesta che l’RAGIONE_SOCIALE abbia competenza a valutare la compatibilità ed il cumulo dei benefici della tariffa incentivante, che non riveste qualifica fiscale, con la detassazione di cui alla l. n. 388/2000, pacificamente fiscale. Da un tanto, si oppone la carenza di giurisdizione del giudice tributario.
1.2. Con il secondo motivo si prospetta censura ex art. 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile per violazione dell’art. 2, comma 157, l. n. 244/2007 e art. 26, terzo comma, del d.lgs. n. 28/2011, nonché degli articoli 9 d.m. MISE 19 febbraio 2007 e 19 d.m. MISE 5 luglio 2012, nonché dell’art. 1362 del codice civile.
Nella sostanza si critica la sentenza d’appello dove conclude dal termine detassazione che la cumulabilità dei benefici sarebbe da considerare in termini di variazione in diminuzione e non risparmio di imposta.
Viene proposto unico motivo di ricorso incidentale.
2.1. Con l’unico motivo di ricorso incidentale si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura
civile per violazione degli articoli 5 e 6 del d.lgs. n. 472/1997, dell’art. 8 d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 10 l. n. 212/2000.
Nel concreto si oppone la non sussistenza dei presupposti per l’affrancamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni in ragione RAGIONE_SOCIALE difficoltà applicative della normativa tributaria.
Il primo motivo di ricorso principale non può essere accolto.
3.1. Ed infatti, è già stato affermato che in tema di agevolazioni fiscali di cui alla l. n. 388 del 2000, in relazione ad investimenti destinati a prevenire, ridurre o riparare danni ambientali determinati dall’attività svolta dal contribuente, tutta l’attività di controllo circa la spettanza dell’agevolazione spetta, in virtù dell’art. 62 del d.lgs. n. 300 del 1999, all’RAGIONE_SOCIALE, quale titolare di tutte le funzioni e dei poteri strumentali all’adempimento RAGIONE_SOCIALE obbligazioni tributarie verso l’erario, mentre sono attribuiti al RAGIONE_SOCIALE solo compiti di raccolta di dati statistici, attraverso il censimento degli investimenti stessi (cfr. Cass. V, n. 37152/2022).
3.2. Per converso è stato ritenuto che rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a., ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. o), d.lgs. n. 104 del 2010, l’impugnazione proposta dal responsabile di un impianto fotovoltaico contro il provvedimento dell’RAGIONE_SOCIALE Entrate del 6 marzo 2020 con cui, in attuazione dell’art. 36, comma 3, d.l. n. 124 del 2019, conv., con modif., dalla l. n. 157 del 2019, sono stati indicati le modalità di presentazione e il contenuto essenziale della comunicazione mediante la quale gli operatori economici che abbiano cumulato la deduzione fiscale ex art. 6, commi 13 ss., l. n. 388 del 2000, e gli incentivi previsti dai decreti ministeriali del 2011 possono, avvalendosi della speciale facoltà introdotta proprio dal citato art. 36, assoggettare alle imposte dirette l’importo dedotto dalle rispettive basi imponibili. Infatti, tale provvedimento si configura come atto tipicamente amministrativo, generale, meramente ricognitivo e attuativo del disposto di legge, non contenente una pretesa tributaria sostanziale e non rientrante
nell’elenco riportato nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992. (Nella specie, parte ricorrente aveva agito chiedendo l’annullamento del provvedimento in esame nonché l’accertamento del proprio diritto a cumulare le tariffe e la menzionata deduzione fiscale) (cfr. Cass. S.U. n. 25479/2021).
3.3. Nel caso che occupa, si è di fronte ad atto di accertamento che integra la qualificazione di atto impositivo tributario, dotato di efficacia autoritativa, capace di incidere unilateralmente sulle situazioni giuridiche soggettive dei contribuenti, la cui cognizione è devoluta alla giurisdizione del giudice speciale tributario.
Il primo motivo non può quindi essere accolto.
Neppure il secondo motivo può essere accolto.
4.1. Si censura la sentenza impugnata perché non ha riconosciuto che il limite di cumulabilità del 20% debba essere riferito al risparmio di imposta sul sovraccosto. In altri termini, sull’importo del sovraccosto andrebbe calcolata l’imposta risparmiata e verificato se essa superi o meno il 20% del costo dell’investimento totale.
4.2. Tale prospettiva sconta l’errore di fondo di riferire il limite del cumulo all’imposta risparmiata, anziché al costo dell’investimento.
Soccorre il senso letterale del d.m. 19 febbraio 2007 (II Conto energia), laddove all’art. 9 stabilisce che: ‘Le tariffe incentivanti di cui all’art. 6 e il premio di cui all’art. 7 non sono applicabili all’elettricità prodotta da impianti fotovoltaici per la cui realizzazione siano o siano stati concessi incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto capitale e/o in conto interessi con capitalizzazione anticipata, eccedenti il 20% del costo dell’investimento.’ Il riferimento al 20% dell’investimento non può ridursi al 20% della variazione in diminuzione, ma deve riguardare la detassazione con cui si sostanzia l’aiuto di Stato.
In questo senso soccorre anche l’art. 19 del d.m. 5 luglio 2012, laddove specifica che ‘il limite di cumulabilità del 20% si applica
anche all’agevolazione prevista dall’art. 6, commi 13 -19, della l. n. 388/2000′. In tal modo, il legislatore, in sede di interpretazione autentica del precedente d.m. 2007, relativo al II Conto energia, ha chiarito la cumulabilità con l’agevolazione di cui alla l. n. 388/2000, ma ne ha agganciato il limite al 20% della detassazione, non alla variazione in riduzione, poiché aveva ben chiara la natura di aiuto di Stato dell’agevolazione in parole.
4.3. Il ragionamento opposto si pone in contrasto con i canoni esegetici che presiedono l’interpretazione di queste norme, che seguono la disciplina di cui all’art 14 RAGIONE_SOCIALE disp. prel. al codice civile e non i canoni di cui agli articoli 1362 e seguenti del codice civile, invocati dalla parte contribuente (pag. 18 del ricorso) che si richiama al precedente S.U. n. 32116/2019, ma eccentrico alla fattispecie in esame, laddove riguarda gli atti amministrativi in generale e non, come nel caso in esame, le disposizioni (regolamentari, che pure atti amministrativi sono) squisitamente tributarie che accedono alla categoria RAGIONE_SOCIALE norme eccezionali, di stretta interpretazione.
4.4. Peraltro, la tesi della contribuente finisce per porsi in contrasto con la disciplina del regolamento comunitario CE n. 800/2008 che, all’art. 4, primo e secondo comma, fissa l’individuazione dell’aiuto di Stato sempre inteso al lordo, cioè nella misura maggiore consentita. Detto altrimenti, fra più opzioni ermeneutiche possibili, è conforma alla disciplina eurounitaria quella che prevede la maggior misura dell’aiuto di Stato che non deve essere artatamente ridotto con opzioni ermeneutiche, pur ammissi bili, ma che favoriscono l’ampliamento di aiuti di Stato. Il cumulo, quindi, deve intendersi entro il limite del 20% del detassato, circostanza che è meno favorevole per il contribuente -certo- ma che è più coerente con la tutela della concorrenza e del mercato, che è pilastro unionale.
Può quindi essere espresso il seguente principio di diritto:
In coerenza con il diritto dell’Unione Europea che dà prevalenza alla concorrenza ed al mercato, imponendo un’interpretazione restrittiva nella concessione di aiuti di Stato, la cumulabilità della disciplina della tariffa incentivante di cui all’art. 9 d.m . MISE 19 febbraio 2007, come interpretato dall’art. 19 d.m. MISE 5 luglio 2012, con l’agevolazione di cui all’art. 6, commi 13 -19, l. n. 388/2000, deve intendersi limitata al 20% della detassazione sul costo dell’investimento e non sulla diminuzione di im posta.
Pertanto, anche il secondo motivo non può essere accolto.
Deve ora esser esaminato l’unico motivo di ricorso incidentale.
6.1. In tema di cumulabilità o meno dei benefici di cui alla disciplina c.d. Tremonti Ambiente che qui occupa, questa Suprema Corte di legittimità ha già rilevato che la complessità della normativa giustifica la remissione in termini.
Ed in fatti, in tema di dichiarazione dei redditi, in caso di mancata fruizione di beneficio fiscale da parte del contribuente, l’errore di fatto o di diritto è emendabile, mediante dichiarazione integrativa, qualora sia imputabile all’obiettiva incertezza interpretativa sulla norma agevolativa (nella specie, relativa alla cumulabilità RAGIONE_SOCIALE agevolazioni consistenti nella tariffa incentivante prevista dal “conto energia” e nella detassazione, “ora per allora”, degli investimenti ambientali ai sensi della cd. “Tremonti ambientale”) (cfr. Cass. VI-5, n. 40862/2021).
6.2. A maggior ragione sussiste la complessità applicativa richiesta per l’affrancamento dalle sanzioni tributarie.
In tema di sanzioni amministrative, occorre dare ulteriore continuità a Cass. 6 agosto 2024, n. 22244, secondo cui l’esimente dall’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni tributarie per obiettiva incertezza normativa richiede una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, accertabile esclusivamente dal giudice. Non è sufficiente la mera erronea interpretazione della norma da parte del contribuente. In altri
termini, «per costante orientamento di questa Corte, infatti, “in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, alla stregua del D.Lgs. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita non già ad un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, né all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere – dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (così, da ultimo Cass. n. 10662 del 04/05/2018: Cass. n. 23845 del 23/11/2016; conf. Cass. n. 4522 del 22/02/2013; Cass. n. 3245 del 11/02/2013; Cass. n. 18434 del 26/10/2012)” (cfr. Cass. 1° febbraio 2019, n. 3108).
Può quindi esprimersi il seguente principio di diritto:
In tema di sanzioni amministrative, sussiste l’oggettiva incertezza normativa, causa di esenzione di responsabilità del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, con riguardo alla detassazione ambientale di cui all’art. 6, commi 13 -19, della l. n. 388/2000 (c.d. Tremonti Ambiente), anche in rapporto alla sua cumulabilità con gli incentivi di cui alla tariffa agevolante ai sensi del d.m.- MISE 19 febbraio 2007 (c.d. II conto energia).
Pertanto, il ricorso incidentale non può essere accolto.
7. In definitiva, tanto il ricorso principale che il ricorso incidentale debbono essere rigettati e, in considerazione della reciproca soccombenza, le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate.
Rilevato che, quanto al ricorso incidentale, risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale
dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale nei termini di cui in motivazione, compensa fra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 08/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME