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Culpa in vigilando: la denuncia non basta

L’ordinanza 488/2024 della Corte di Cassazione chiarisce la responsabilità del contribuente per l’omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali, anche quando l’incarico è affidato a un professionista. I giudici hanno stabilito che la semplice denuncia penale nei confronti del consulente infedele non è sufficiente a escludere le sanzioni. Il contribuente deve dimostrare di aver esercitato un’adeguata attività di controllo e vigilanza sull’operato del professionista (culpa in vigilando), non potendo limitarsi a un mero affidamento passivo dell’incarico. La Corte ha cassato la sentenza di secondo grado, che aveva erroneamente escluso la responsabilità del contribuente, rinviando la causa per un nuovo esame basato su questo principio.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Culpa in Vigilando: La Denuncia al Commercialista Non Salva dalle Sanzioni Fiscali

Affidare gli adempimenti fiscali a un professionista è una prassi comune per imprenditori e contribuenti, ma cosa succede se il consulente si rivela inadempiente? Molti credono che la responsabilità ricada interamente sul professionista, specialmente se viene sporta denuncia. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la delega non esonera il contribuente dai suoi obblighi di controllo, concetto noto come culpa in vigilando.

Il Caso: Dichiarazioni Omesse e la Difesa del Contribuente

Un imprenditore individuale si è visto irrogare sanzioni dall’Amministrazione Finanziaria per l’omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi per diverse annualità. A sua difesa, il contribuente ha sostenuto di aver affidato la gestione contabile e fiscale a un consulente e di averlo successivamente denunciato all’autorità giudiziaria una volta scoperta l’inadempienza.

I giudici tributari di primo e secondo grado avevano accolto la tesi difensiva, ritenendo che la denuncia fosse una prova sufficiente per applicare la causa di non punibilità prevista dalla legge, escludendo così la responsabilità del contribuente. L’Agenzia delle Entrate, non condividendo questa interpretazione, ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione: Analisi della Culpa in Vigilando

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza precedente e affermando un principio di diritto cruciale. Secondo gli Ermellini, la causa di non punibilità per fatto imputabile a un terzo non scatta automaticamente con la semplice presentazione di una denuncia. È necessario un elemento ulteriore: il contribuente deve dimostrare di non aver tenuto una condotta colpevole, neanche a titolo di culpa in vigilando.

In altre parole, delegare non significa disinteressarsi. Il contribuente mantiene un obbligo di vigilanza sul puntuale e corretto adempimento del mandato conferito all’intermediario.

Cosa Significa ‘Vigilare’ sull’Operato del Professionista?

La Corte ha specificato che il contribuente ha l’onere di provare di aver messo in atto un’attività di controllo e sorveglianza. Questo non significa sostituirsi al professionista, ma compiere atti concreti per verificare che l’incarico venga eseguito correttamente. Ad esempio:

– Chiedere periodicamente aggiornamenti sullo stato degli adempimenti.
– Sollecitare la consegna delle ricevute di presentazione delle dichiarazioni.
– Verificare l’avvenuto pagamento delle imposte tramite modelli F24 quietanzati.

L’assenza di tali cautele configura una negligenza che impedisce di invocare l’esimente.

Quando la Responsabilità è Esclusa? Il Caso della Frode

La responsabilità del contribuente può essere esclusa solo in circostanze eccezionali. La prova della culpa in vigilando può essere superata soltanto di fronte a un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento. Si pensi alla falsificazione di modelli F24 o all’utilizzo di altri artifici difficilmente riconoscibili da parte del mandante. In questi casi, e solo in questi, la colpa del contribuente può essere considerata assente.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte si fonda sul principio generale secondo cui la responsabilità per l’illecito amministrativo tributario grava sul contribuente. L’affidamento a un terzo è una scelta organizzativa del contribuente, che però non trasferisce la titolarità dell’obbligo tributario. La Corte ha chiarito che l’assenza di colpa, secondo le regole generali, deve essere provata da chi la invoca, ovvero dal contribuente. Ritenere sufficiente la sola denuncia significherebbe svuotare di significato l’obbligo di diligenza e permetterebbe al contribuente di liberarsi troppo facilmente da una responsabilità che la legge pone primariamente a suo carico. La decisione si allinea a un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, che mira a responsabilizzare il contribuente nella scelta e nel monitoraggio dei propri consulenti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Imprenditori e Contribuenti

Questa ordinanza è un monito importante per tutti i contribuenti. La scelta di un professionista qualificato è solo il primo passo. Per tutelarsi da sanzioni fiscali derivanti da inadempienze altrui, è indispensabile adottare un approccio proattivo e diligente. È fondamentale mantenere un dialogo costante con il proprio consulente, richiedere documentazione che attesti l’avvenuto adempimento degli obblighi e non esitare a chiedere chiarimenti. La delega non è mai un assegno in bianco: la vigilanza è un dovere che, se omesso, può costare caro.

Se affido le mie dichiarazioni fiscali a un commercialista e lui non le presenta, sono comunque responsabile?
Sì, in linea di principio la responsabilità rimane del contribuente. Per essere esonerato dalle sanzioni, non è sufficiente dimostrare di aver dato l’incarico, ma bisogna anche provare di aver vigilato con diligenza sull’operato del professionista.

Denunciare il commercialista infedele è sufficiente per evitare le sanzioni fiscali?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la denuncia è una condizione necessaria ma non sufficiente. Il contribuente deve anche dimostrare l’assenza di ‘culpa in vigilando’, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per controllare che il professionista svolgesse correttamente il suo incarico.

Come posso dimostrare di aver vigilato sull’operato del mio commercialista?
Si può dimostrare conservando prove di aver compiuto atti concreti di controllo, come richieste scritte di aggiornamenti, solleciti per la consegna delle ricevute di trasmissione delle dichiarazioni e la richiesta di copie dei modelli di pagamento delle imposte (F24) con attestazione di avvenuto pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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