Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20817 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20817 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
Omesso versamento ritenute – IRAP – forza maggiore – crisi di liquidità – esclusione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2046/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 4203/2016, depositata in data 27 giugno 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALERiscossione di Latina notificava alla società RAGIONE_SOCIALE la cartella di pagamento n. 05720130009080986, dell’importo complessivo di Euro 303.381,37, per l’omesso versamento di ritenute per lavoratori,
addizionale regionale e comunale, IRAP, interessi e sanzioni. La cartella scaturiva da una liquidazione automatica ex art. 36 d.P.R. n. 600/1973.
La società contribuente proponeva impugnazione innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Latina chiedendo il riconoscimento della causa di forza maggiore, stante lo stato di difficoltà economica finanziaria (dovuto al ritardo nei pagamenti del proprio creditore, la Regione Lazio) che le aveva impedito il versamento di quanto dovuto.
L’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE si costituivano contestando l’avverso ricorso.
La CTP di Latina accoglieva il ricor so ritenendo l’assenza di colpevolezza in capo alla contribuente ex art. 5 d.lgs. n. 472/1997.
Interposto gravame dall ‘ RAGIONE_SOCIALE, la CTR capitolina confermava la decisione di primo grado sulla considerazione che la società aveva dimostrato l’effettivo stato di difficoltà economica finanziaria riconducibile all’articolo 6, comma 5, del d.lgs. n. 472/1997.
Per la cassazione della citata sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo. La società è rimasta intimata. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del l’11 /07/2024.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l ‘RAGIONE_SOCIALE lamenta «violazione – falsa applicazione degli artt. 5 e 6 co. 5 dlgs. 472/97, 2697 c.c., 115 c.p.c., 45 c.p. ex ART. 360 3) c.p.c.». Osserva, in particolare, che la decisione della CTR contrasterebbe con i principi espressi dalla Suprema Corte in materia; la situazione di crisi finanziaria, infatti, non integra una condizione riconducibile a quella contemplata dall’articolo 45 cod. pen. non costituendo una causa di forza maggiore.
Il motivo è fondato.
È opportuno ripercorrere, sinteticamente, gli arresti di questa Corte che hanno definito il concetto di forza maggiore.
3.1. La giurisprudenza più recente (Cass. 16/06/2021, n. 17027, Cass. 13/12/2021, n. 39548 e Cass. 03/04/2024, n. 8844) mutua la nozione di forza maggiore rilevante da quella elaborata dalla giurisprudenza unionale, che la definisce, nelle materie doganale e RAGIONE_SOCIALE accise, avendo riguardo sia all’elemento oggettivo, dato dall’esistenza di circostanze estranee all’operatore, anomale ed imprevedibili, sia a quello soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’eve nto anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi (Corte giust., causa C-314/06, RAGIONE_SOCIALE (SPMR); causa C-533/10, CIVAD, punto 28; cause C-659/13 e C-34/14, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, punto 192; causa C-154/16, «Latvijas Dzelzcefg» VAS, punto 61). E reputa che la situazione di illiquidità, anche se dovuta ad anormali ritardi nei pagamenti dei debitori, di solito pubbliche amministrazioni, non corrisponde alla nozione unionale di forza maggiore.
3.2. Si è, poi, affacciato un altro indirizzo (espresso da Cass. 03/06/2021, n. 15415), che affronta, invece, la rilevanza della forza maggiore nel quadro del diritto sanzionatorio ed applica in materia tributaria il principio sancito in generale dall’art. 3 della legge n. 689/1981, in base al quale, ai fini dell’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, sono sufficienti la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, rilevante, come esimente, solo se l’agente sia incorso in un errore inevitabile, per ignoranza incolpevole dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l ‘uso dell’ordinaria diligenza. D’altronde si è sottolineato -la presunzione di colpa non si pone in contrasto con gli artt. 6 CEDU e 27 Cost. anche nel caso in cui la sanzione abbia natura sostanzialmente penale in quanto afflittiva, a fronte
dell’onere, posto a carico dell’Amministrazione, di provare i fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria e, quindi, la sussistenza della condotta illecita (Cass. 22/01/2018, n. 1529).
3.3. Così inquadrata la rilevanza della questione, si fa applicazione del principio stabilito dalle sezioni unite penali di questa Corte (sent. n. 37424/2013), che hanno escluso il rilievo scriminante di impreviste difficoltà economiche in sé considerate (v., anche in riferimento al reato previsto dall’art. 10bis del d.lgs. n. 74/2000, Cass. Pen. nn. 10120/2010, 3647/2017 e 58442/2018; richiama l’applicabilità della giurisprudenza penale in tema di forza maggiore anche Cass. 29/03/2018, n. 7850).
3.4. Questo secondo approccio è maggiormente rispondente all’autonomia del diritto sanzionatorio, pure rispetto al diritto che regola il sottostante rapporto giuridico sostanziale. Anzitutto, il diritto unionale dedica alle sanzioni attenzione ben diversa da quella che riserva ai tributi afferenti alle materie di competenza dell’Unione. La sanzione rileva per il suo scopo di indurre i soggetti passivi a regolarizzare il più rapidamente possibile i casi di pagamento insufficiente dell’imposta e, pertanto, di raggiungere l’obiettivo di garantirne l’esatta riscossione (Corte giust., causa C -935/19, RAGIONE_SOCIALE.o., punto 31); di modo che il diritto unionale ha riguardo alla sanzione in relazione ai canoni di adeguatezza, ossia d’idoneità a evitare che lo Stato membro di imposizione sia privato della possibilità di controllare efficacemente le condizioni di applicazione dell’imposta (Corte giust., grande sezione, causa C -482/18, Google, punto 48) e di proporzionalità, con riferimento al rischio di perdita di gettito (tra varie, Corte giust., causa C-712/17, RAGIONE_SOCIALE).
3.5. In materia tributaria, poi, il legislatore ha dato sistemazione alla materia sanzionatoria con i decreti legislativi nn. 471, 472 e 473 del 1997, evidenziandone la natura punitiva (come sottolineato dall’art. 133, lett. q) della legge delega n. 662/96 ; da ultimo, fa applicazione dei principi penalistici in tema di successione
RAGIONE_SOCIALE leggi nel tempo, Cass. n. 19738/2021). Ed il diritto punitivo mal tollera ipotesi di responsabilità oggettiva, in base ai principi di matrice penalistica che lo presidiano: lo stabilisce chiaramente l’articolo 5 del d.lgs. n. 472/1997, secondo cui «nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa».
3.6. È dunque all’accezione penalistica della forza maggiore che bisogna avere riguardo.
Sicché, aderendo a quanto già statuito da questa Corte (da ultimo, Cass. n. 8844/2024 cit.), alla fattispecie in esame deve applicarsi il principio secondo cui in tema di sanzioni tributarie, posto che il diritto sanzionatorio ha natura punitiva, la forza maggiore va intesa secondo la sua accezione penalistica, e va quindi riferita ad un avvenimento imponderabile che annulla la signoria del soggetto sui propri comportamenti, elidendo il requisito della coscienza e volontarietà della condotta; ne consegue che non risponde a tale nozione la crisi di liquidità derivante dal reiterato, per quanto grave, inadempimento di pubbliche amministrazioni debitrici, peraltro prevedibile (da ultimo, Cass. 06/04/2022, n. 11111).
La sentenza impugnata va, per l’effetto, cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ., con il rigetto dell’originario ricorso della società contribuente. La controricorrente va condannata, in applicazione del principio della soccombenza, al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, nella misura indicata in dispositivo, mentre vanno compensate quelle dei gradi di merito in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dalla contribuente.
Condanna la controricorrente al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese prenotate a debito, compensando le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del l’11 luglio 2024.