Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33104 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33104 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2226/2021 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOMECODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELL’EMILIA ROMAGNA n. 742/2020 depositata il 12/06/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME in qualità di ex socio della RAGIONE_SOCIALE, chiedeva con ricorso la condanna dell’Agenzia delle Entrate al pagamento della somma di euro 140.019,00, in ottemperanza agli obblighi derivanti dalla sentenza n. 234/04/2019, emessa dalla CTR dell’Emilia Romagna il 16 novembre 2017. Con detta sentenza era stato riconosciuto il diritto al rimborso Iva, in capo alla società cessata, per euro 220.000,00. In virtù della cessazione della società l’ammontare ricadeva nella comunione indivisa instauratasi tra gli ex soci dell’ente estinto. Ottenuto il rimborso della propria quota di partecipazione e di quella di altro socio, il COGNOME insisteva per ottenere quello di altri due ex soci, RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME. Nel costituirsi in giudizio l’Agenzia deduceva l’inammissibilità del ricorso per l’ottemperanza. La CTR dell’Emilia Romagna ha rigettato il ricorso con sentenza n. 742 del 12 giugno 2020, escludendo che il COGNOME fosse legittimato a richiederlo, non avendo provato la circostanza di avere diritto all’intero importo in ragione della mancata previsione dello stesso nel bilancio finale di liquidazione. Invero, se detto credito fosse stato previsto in tale bilancio, ciascun socio appariva legittimato a richiedere solo la propria quota, mentre solo nella diversa ipotesi della mancata previsione ciascun socio era abilitato ad agire per l’intero.
Il COGNOME affida il proprio ricorso per cassazione a due motivi, illustrati da memoria. Resiste l’Agenzia con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 69, co. 5, e 70, co. 7, D.Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. e all’art. 111 Cost., per avere la CTR disatteso il ‘comando’ contenuto nella sentenza della quale si invocava l’ottemperanza, posto che il diritto al rimborso dell’intero credito Iva era azionabile da parte di qualsiasi socio, venendo in apice, in virtù della cessazione dell’ente, una comunione indivisa fra tutti i soci. La CTR sarebbe andata oltre il proprio mandato di giudice dell’ottemperanza, affrontando questioni (la sussistenza di un bilancio finale di liquidazione) che il giudice del merito non ha affrontato.
Con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 2495, 110, 2697 c.c. e dell’art. 110 c.p.c. 69, co. 5, e 70, co. 7, D.Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., e all’art. 111 Cost., per avere la CTR travisato i principi enunciati dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 6070 del 12 marzo 2013. Nella prospettazione della parte ricorrente, i soci della società, essendo in regime di contitolarità o comunione indivisa, possono agire ciascuno per l’intero credito vantato dalla società, indipendentemente dalla previsione di detto credito nel bilancio finale di liquidazione.
Va anteposta, in virtù del principio della ragione più liquida, la disamina del secondo motivo.
In applicazione dell’evocato ‘ principio processuale della “ragione più liquida”, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello
dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c. ‘ (Cass. n. 363 del 2019; Cass. n. 11458 del 2018).
Il secondo motivo è fondato e va accolto, con assorbimento del primo mezzo.
Mette in conto, infatti, evidenziare -nel solco di un sedimentato indirizzo nomofilattico -che il socio può agire per il rimborso di un credito della società (Cass. n. 17492 del 2018; Cass. n. 15637 del 2019), senza che rilevi, diversamente da quanto opinato dalla CTR, l’inserimento del credito al bilancio di liquidazione.
In tema di legittimazione degli ex soci di società estinta ad agire in relazione a questioni ancora pendenti dopo la cancellazione dell’ente dal registro delle imprese, le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 6072 del 2013, hanno distinto l’ipotesi che l’ex socio agisca per debito o per un credito della società. Qualora si tratti di un debito della società estinta, la successione interessa tutti i soci esistenti al momento della cancellazione della società dal registro delle imprese, posto che, per effetto dell’estinzione dell’ente senza che il debito sia stato definito in sede di liquidazione, essi sono tutti destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società. Ne consegue che sussiste un litisconsorzio di natura processuale che si delinea al momento in cui uno solo dei soci agisca per ovvero sia convenuto in luogo della società estinta. E ciò senza che rilevi la circostanza che l’ex socio di società di capitali risponde solo entro i limiti della propria partecipazione. Invero il litisconsorzio sussiste proprio perché l’obbligazione di pagamento dei debiti sociali non è solidale, altrimenti non avrebbe ragion d’essere. Invece tutti soci debbono essere chiamati nel giudizio affinché possano interloquire, ciascuno quale successore della società estinta e ciascuno nei limiti della propria quota di partecipazione. Ove invece si tratti, come nel caso di specie, di un credito sociale, le citate Sezioni Unite hanno rilevato che, pur rimanendo immutato il meccanismo successorio, il
fatto che sia mancata la liquidazione di quei beni o di quei diritti, il cui valore economico sarebbe stato altrimenti ripartito tra i soci, comporta soltanto che, estinta la società, si instauri tra i soci medesimi, ai quali quei diritti o quei beni pertengono, un regime di contitolarità o di comunione indivisa, onde anche la relativa gestione seguirà il regime proprio della contitolarità o della comunione, tra cui l’esclusione di ipotesi di litisconsorzio per l’eventualità di azione individuale di uno dei comunisti (cfr. in tema di comunione Cass. n. 15894 del 2014). In tale ipotesi, infatti, è ragionevole ritenere che l’iniziativa singola dell’ex socio per riscuotere un credito dell’estinta società, quand’anche travalichi in punto di valore la misura della propria partecipazione, giovi automaticamente anche agli altri ex soci, di talché – intervenuto il pagamento da parte del debitore della cancellata società – si determini solo l’obbligo del socio che ha agito di ripartire tra gli ex soci il dovuto in proporzione alle quote di partecipazione. Detta ripartizione va, peraltro, regolata in separata sede. Resta salva l’ipotesi di chiamata o di intervento volontario in giudizio e non si ravvisa, perciò, in tale ipotesi alcuna necessità di un litisconsorzio processuale.
Venendo ad applicare i citati principi al caso di specie, deve rilevarsi che il COGNOME ha agito individualmente quale ex socio della RAGIONE_SOCIALE per l’esecuzione della sentenza n. 234/04/2019, emessa dalla CTR dell’Emilia Romagna il 16 novembre 2017. Il provvedimento giudiziale, come è pacifico tra le parti, conteneva il comando a rimborsare in capo alla società cessata la somma di euro 220.000,00, a titolo di credito Iva. Detto comando non era in alcun modo condizionato all’esistenza o alle risultanze del bilancio di liquidazione. Ne deriva che, avendo il COGNOME agito formalmente per l’esecuzione di un credito della estinta società, il comando giudiziale debba eseguirsi senz’altro nei suoi confronti, quale ex socio, succeduto nella comunione indivisa
dei rapporti già ascritti all’ente. In buona sostanza, è la qualità, peraltro incontroversa, di ex socio ad implicare il fenomeno successorio legittimante il COGNOME, nel caso di specie, a richiedere il residuo ancora dovuto del credito Iva già appartenente all’ente cessato. Da parte dell’ex socio non è, viceversa, normativamente previsto l’onere di allegare che quella reclamata sia una posizione attiva a lui personalmente attribuita in base al bilancio finale di liquidazione. In particolare, l’ex socio che intenda proseguire un giudizio nel corso della cui pendenza la società si è estinta ed è stata cancellata dal registro delle imprese, non è tenuto ad allegare e dimostrare che, sulla base del bilancio finale di liquidazione della società, la pretesa creditoria sia stata a lui assegnata in luogo di altri.
Il ricorso va, in definitiva, accolto in relazione al secondo motivo, assorbito il primo. La sentenza della CTR va cassata e la causa va rimessa per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado dell’Emilia Romagna, in diversa composizione. Così deciso in Roma, il 12/09/2024.