Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22044 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 22044 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 05/08/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16543/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE ) e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa
Oggetto: tributi -addizionali provinciali -rimborso -compensazione decadenza – decorrenza
(C.F. 97210890584), ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, Sezione Staccata di Brescia, n. 5018/23/18 depositata in data 19 novembre 2018
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME nella pubblica udienza del 28 maggio 2024;
udita la relazione del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO per il ricorrente;
udito l’AVV_NOTAIO dell’Avvocatura Generale dello Stato per il controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. La società contribuente RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di venditore grossista di energia elettrica immessa in consumo nella provincia di Brescia, ha impugnato un provvedimento di incameramento delle eccedenze a credito delle addizionali provinciali generatesi nei periodi di imposta dal 2007 al 2011, risultanti dalle relative dichiarazioni di consumo. Come risulta dalla sentenza impugnata, a seguito della soppressione delle addizionali provinciali disposta dall’art. 18 d. lgs. 6 maggio 2011, n. 68, la società contribuente aveva utilizzato le eccedenze di imposta in detrazione delle accise dovute a termini di quanto previsto dal d.m. 7 agosto 2012. Il suddetto decreto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale de effetto ll’8 novembre 2012, n. 261 – emanato successivamente al d.m. 30 dicembre 2011, che aveva in precedenza rideterminato le aliquote delle accise per dell’abrogazione delle addizionali provinciali disposta dall’art. 18 d. lgs. n. 68/2011, cit. – aveva previsto la detrazione delle eccedenze
di addizionali provinciali risultanti dalla dichiarazione di consumo 2011 dai versamenti delle rate di acconto delle accise, previa comunicazione all’Ufficio .
Risulta dalla sentenza impugnata che la società contribuente ha effettuato tale comunicazione in data 27 novembre 2012, riservandosi di inoltrare successivamente anche una domanda di rimborso delle eccedenze delle addizionali versate. L’Ufficio , a seguito di PVC, ha disconosciuto l’estinzione per compensazione dell’obbligazione per le accise, accise che la società contribuente ha poi proceduto a versare; successivamente, l’Ufficio ha emesso un provvedimento di incameramento delle originarie addizionali a credito risultanti dalle dichiarazioni di consumo sino al l’importo di € 125.892,41 , per avere la società contribuente (come risulta dalla sentenza impugnata) presentato la domanda di rimborso oltre i l termine di cui all’art. 14, comma 2, d. lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (TUA). Il provvedimento impugnato, come risulta dalla trascrizione dello stesso contenuta nel ricorso introduttivo, ha riguardato le addizionali provinciali non utilizzate, al netto di quelle relativamente alle quali era stato richiesto il rimborso.
La società contribuente ha dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato, trattandosi di credito da conguaglio soggetto alla prescrizione ordinaria, in quanto credito non assimilabile a un indebito oggettivo, nonché l’ inapplicabilità del termine di cui all’art. 14 d. lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (TUA) alla detrazione, richiamandosi al d.m. 7 agosto 2012.
La CTP di Brescia ha rigettato il ricorso.
La CTR della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, ha rigettato l’appello della società contribuente. Il giudice di appello, nel ritenere impugnabile l’atto di incameramento delle addizionali non conguagliate, ha ritenuto che la domanda di rimborso non è stata
presentata nel termine di cui all’art. 14, comma 2, TUA , indispensabile nel caso in cui non si sarebbe più potuta utilizzare la detrazione a conguaglio, per effetto dell’abrogazione delle addizionali ex art. 18 d. lgs. n. 68/2011. Ha, poi, ritenuto il giudice di appello che la società contribuente si è avvalsa in parte della facoltà di detrarre dalle eccedenze di imposta a titolo di addizionali gli importi dovuti per accise, chiedendo il rimborso della differenza pari ad € 88. 363,78 in data 16 marzo 2013, domanda che è stata dichiarata anch’essa tardiva.
Ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a due motivi, ulteriormente illustrato da memoria; resiste con controricorso l’Ufficio .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 56 e 14, comma 2, TUA e dell’art. 2946 cod. civ. Il ricorrente ritiene che alla domanda di rimborso delle addizionali non sia applicabile al caso di specie il termine decadenziale biennale, bensì la prescrizione ordinaria, in quanto il termine di decadenza si applicherebbe ai pagamenti indebiti dovuti a errori del contribuente, ma non ai pagamenti effettuati in conformità al meccanismo fisiologico di liquidazione del tributo, ove l’ eccedenza emerge in sede di conguaglio all’atto della presentazione della dichiarazione di consumo. Osserva il ricorrente come l’esposizione del credito in dichiarazione dovrebbe comportare l’applicazione del termine prescrizionale, non diversamente da quanto avviene in materia di IVA.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 14, 56 TUA, nonché degli artt. 1 d.m. 7 agosto 2012 e dell’art. 2946 cod. civ. dell’art. 18, comma 5, d. lgs. n. 68/2011, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto il termine decadenziale si
applichi alla compensazione del credito. Deduce parte ricorrente che la compensazione del credito non prevede la presentazione di alcuna istanza, essendo questa relativa solo alla richiesta di restituzione delle eccedenze a credito.
I due motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, attesi i profili coinvolti, sono fondati nei termini che seguono. Ciò in disparte l’estraneità al provvedimento impugnato dell’accertamento compiuto dalla sentenza impugnata sul diniego di rimborso, posto che -come il ricorrente deduce in ricorso (pag. 5, nota 3) -il provvedimento di incameramento impugnato, stante l’autotutela parziale conseguente alle osservazioni in data 9 luglio 2015, era al netto delle somme richieste a rimborso.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, alla domanda di rimborso delle accise è applicabile il termine di decadenza biennale e non il termine di prescrizione ordinario. Ciò che muta è la decorrenza del termine entro il quale il contribuente possa far valere la domanda di rimborso ex art. 14, comma 2, TUA. Se si tratta di pagamento di imposta indebitamente versata ab origine , il termine biennale decorre dal pagamento dell’imposta indebitamente versata all’Ufficio ; ove, invece, l’eccedenza si genera all’atto della dichiarazione di consumo, stanti gli acconti ab origine debitamente versati, il termine decorre dall’ultima dichiarazione di consumo , in quanto è dalla dichiarazione di consumo che l’eccedenza di imposta deve ritenersi non dovuta e, quindi, indebita.
Peraltro, deve osservarsi che l’ eccedenza di imposta risultante dalla dichiarazione di consumo non viene ordinariamente soddisfatta a mezzo di istanza di rimborso (cd. richiesta anticipata di rimborso), bensì utilizzando lo strumento della detrazione dal saldo dovuto per le maggiori imposte dovute, la quale comporta l’estinzione dell’obbligazione in termini non dissimili dall’applicazione di una
compensazione ex lege , quale estinzione satisfattiva dell’obbligazione . L’eccedenza, ab origine legittimamente versata e detraibile, integra natura di indebito oggettivo solo nel caso in cui non sia più possibile procedere all’utilizzo della detrazione (che è lo strumento ordinario di soddisfazione del credito del contribuente), divenendo in questo caso e da tale data indebito oggettivo (Cass., Sez. V, 18 giugno 2020, n. 11813; Cass., Sez. V, 3 marzo 2020, n. 5808; Cass., Sez. V, 27 novembre 2019, n. 30912).
6. La conclusione riposa sulla considerazione che il credito derivante dalle eccedenze dei versamenti rispetto al dovuto ha natura revolving (come anche riportato nella discussione orale dal Pubblico Ministero), ossia di credito che si rigenera continuamente per effetto del riporto a nuovo delle eccedenze di imposta non estinte per compensazione nei periodi di imposta via via successivi (per mancanza di maggiori imposte dovute a debito), scomputando da quanto dovuto a debito quanto risultante dalla dichiarazione di consumo precedente, sino a cessazione del rapporto di imposta (Cass., Sez. V, 24 agosto 2023, n. 25235; Cass., Sez. V, 22 agosto 2023, n. 25042; Cass., Sez. VI, 25 ottobre 2021, n. 29802; Cass., Sez. V, 22 settembre 2020, n. 19770; Cass., Sez. V, 31 ottobre 2019, n. 28063).
7. Il rimborso è consentito, pertanto, ove lo strumento del riporto a nuovo ( revolving) non sia più possibile, ossia quando cessa il rapporto di imposta, ovvero quando venga abrogata l’imposta dovuta. In quest’ultimo caso, al pari della cessazione del rapporto di imposta, non è possibile il riporto a nuovo, perché non ci saranno più imposte dello stesso tenore da addebitare ai consumatori finali sull’energia elettrica immessa in consumo. Il soggetto di imposta si trova, in questo caso, di fronte a un indebito oggettivo per le addizionali non detratte versate in eccesso (che indebite non erano al momento del pagamento), che può chiedere a rimborso nel termine di decadenza di cui all’art. 14,
comma 2, TUA decorrente appunto dal momento della presentazione dell’ultima dichiarazione annuale di consumo in cui ha potuto operare la detrazione (Cass., Sez. V, 22 agosto 2023, n. 25042).
Non possono, del resto, applicarsi estensivamente (né tanto meno analogicamente) le norme in materia di dichiarazione IVA, attesa la diversità della struttura dell’IVA rispetto alle accise (in particolare, sull’energia elettrica), attesa la struttura di tributo monofase dell’acc isa che -a differenza dell’IVA si applica una volta sola nella catena produttiva e prevede la rivalsa come meramente facoltativa (Cass., Sez. V, 23 agosto 2023, n. 25151; Cass., Sez. V, 9 agosto 2023, n. 24222). Consegue, da ciò l’accoglimento del primo motivo.
Nel caso di specie la domanda di rimborso è stata, tuttavia, formulata nei due anni dalla abrogazione delle addizionali. Risulta, difatti, che la domanda di rimborso è stata formulata in data 16 marzo 2013, termine decorrente dal l’ultima dichiarazione di consumo in cui poteva essere detratta l’imposta (31.03.2012), dichiarazione di consumo precedente l’abrogazione delle addizionali di cui all’art. 6 d.l. 28 novembre 1988, n. 511, abrogate dal 1° aprile 2012 ai sensi dell’art. 4, comma 10, d.l. 2 marzo 2012, n. 16. Il primo motivo, sia pure per ragioni diverse da quelle propugnate dal contribuente, deve quindi ritenersi fondato, essendo la domanda di rimborso tempestiva, avuto riguardo al momento dal quale decorreva il termine per presentare la domanda di rimborso.
Altrettanto fondato è il secondo motivo. Dispone l’art. 1 d.m. 7 agosto 2012 che « l e somme relative all’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica di cui all’articolo 6, comma 1, lettera c), del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511 (…) versate all’erario ai sensi del comma 4, secondo periodo, del medesimo articolo 6, in eccedenza di quanto dovuto, quali risultano dalla dichiarazione di consumo di cui all’articolo 53, comma 8, del decreto legislativo 26
ottobre 1995, n. 504, relativa all’anno 2011, possono essere detratte, previa apposita comunicazione, fino alla concorrenza della medesima eccedenza, dai versamenti delle rate di acconto dell’accisa sull’energia elettrica ai sensi dell’articolo 56, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 504 del 1995, a valere dalla rata avente scadenza successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto » . E’, quindi, consentita la detrazione dal versamento delle accise delle eccedenze delle addizionali prov inciali che risultino dall’ultima dichiarazione di consumo in cui tali addizionali potevano essere oggetto di detrazione, purché il contribuente ne abbia fatto comunicazione all’Ufficio.
Trattandosi di credito revolving -come osservato dalla stessa ricorrente in memoria – tale detrazione deve ritenersi consentita anche per le detrazioni ascrivibili a eccedenze di imposta relative ai periodi di imposta precedenti. Nel caso di specie, non si verte in tema di rimborso ma di esercizio della detrazione, che è quindi utilizzabile senza incorrere nel termine decadenziale di cui all’art. 14, comma 2, TUA (Cass., n. 11813/2020, cit.).
Nella specie, è accertato dalla sentenza impugnata che la società aveva fatto apposita comunicazione all’Ufficio dell’utilizzo delle addizionali ai fini della detrazione dalle accise dovute in data 27 novembre 2012, per cui spetta alla contribuente la detrazione delle addizionali a credito dalle maggiori accise dovute a debito. La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di tali principi e va cassata.
La causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, può essere decisa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ., accogliendosi l’originario ricorso. Le spese del doppio grado di merito sono soggette a compensazione tra le parti, attesa l’evoluzione della giurisprudenza
di legittimità, mentre le spese del giudizio di legittimità sono soggette a soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente; dichiara integralmente compensate le spese dei due gradi del giudizio di merito; condanna il controricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del ricorrente, che liquida in complessivi € 7.600,00 , oltre € 200,00 per anticipazioni, 15% di rimborso forfetario e accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 28 maggio 2024