Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2130 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2130 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2025
1.1. Secondo un primo profilo evidenziato dalla ricorrente, il credito d’imposta oggetto del parziale diniego di rimborso è cd. revolving , ossia si rinnova di anno in anno, divenendo sempre un credito nuovo e diverso rispetto a quello dell’anno precedente per effetto dell’operazione di saldo debitorio o creditorio operata dall’Ufficio nella liquidazione delle imposte dovute, con l’effetto che, per i crediti d’imposta indicati in dichiarazione, il termine di decadenza biennale di cui all’art. 14, comma 2, RAGIONE_SOCIALE non può trovare applicazione.
1.2. Sotto un diverso profilo, la società deduce che l’applicazione al caso di specie dell’art. 14, comma 2, T.U.A. sarebbe comunque esclusa, contrariamente a quanto statuito dalla sentenza impugnata, in quanto il termine di decadenza biennale ivi indicato si applica alle sole ipotesi in cui « l’accisa risulta indebitamente pagata», e non al caso di specie, in cui l’accisa è stata debitamente pagata dalla Società in ottemperanza al sistema di versamento mediante acconti sopra descritto e imposto dalla legge stessa.
1.3. Inoltre, l’inapplicabilità del termine di cui all’art . 14, comma 2, T.U.A, è dovuta secondo la contribuente anche alla luce dell’esposizione del credito d’imposta nelle dichiarazioni di consumo (non rettificate dall’Ufficio), in relazione ai principi dell’indebito oggettivo e del divieto di arricchimento ingiustificato.
Il motivo è fondato, ed è decisivo il primo dei tre profili sopra richiamati.
2.1. È condivisibile il ragionamento espresso dalla Sezione, a partire dalla sentenza n. 9283 del 17/04/2013 che, in parte motiva, afferma: «Rileva la Corte che la censura formulata dalla società contribuente ipotizza un sistema di liquidazione dell’accisa relativa al consumo di gas metano che, in relazione alla peculiarità della fattispecie, non appare contrario al sistema normativo in vigore.
Ed invero, come disposto dall’art. 26, comma 8, del TUA 504/95, l’accertamento dell’accisa viene effettuato sulla base delle dichiarazioni
annuali, contenenti tutti gli elementi necessari per la determinazione del debito d’imposta. Il pagamento dell’accisa deve essere effettuato in rate mensili di acconto calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente, con eventuale conguaglio in fase di successiva dichiarazione di consumo.
Ora, l’ipotesi occorsa nel caso di specie è stata quella che la società contribuente è andata versando nel corso degli anni importi in acconto superiori a quelli determinati alla fine di ciascuna annualità, risultando impossibile la realizzazione del conguaglio fra somme versate per un’annualità e imposta effettivamente dovuta (…) secondo il ricordato art. 26, comma 8 TUA cit. ogni rapporto relativo all’imposta di consumo si conclude con la dichiarazione annuale e che con la dichiarazione annuale si realizza il fatto costitutivo rappresentato dal pagamento di indebito (con conseguente diritto azionabile al rimborso).
Sicché nell’eventualità di un credito a favore del contribuente, con conseguente diritto ad una corrispondente detrazione, ovvero al rimborso in unica soluzione del credito, tale diritto non può che essere esercitato, a pena di decadenza, entro il termine di due anni, come stabilito dall’art. 14 del TUA cit., decorrente dalla data di presentazione della dichiarazione annuale.».
2.2. Nello stesso senso è la successiva giurisprudenza della Sezione, ad es. Cass. n. 16263/2019, in cui si afferma: «E invero, tale ultimo orientamento, valorizza la peculiarità del sistema di liquidazione dell’accisa (…) per cui ai sensi dell’art. 26, comma 8, del TUA 504/95: l’accertamento dell’accisa viene effettuato sulla base delle dichiarazioni annuali, contenenti tutti gli elementi necessari per la determinazione del debito d’imposta. Il pagamento dell’accisa deve essere effettuato in rate mensili di acconto calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente, con eventuale conguaglio in fase di successiva dichiarazione di consumo (..)». Tale impostazione risulta condivisibile in quanto rispetta anche quello che è il meccanismo di compensazione prescritto
ai sensi dell’art. 56 comma 1 TUA, secondo cui «Le somme eventualmente versate in più del dovuto sono detratte dai successivi versamenti di acconto», operante fino all’esaurimento del rapporto tributario medesimo.
3 . Invero, l’accredito – in quanto detratto ex lege dai successivi versamenti di acconto – risulta una modalità di pagamento dell’accisa sui consumi di energia elettrica (come di gas metano), per cui in corso di rapporto tributario, non è configurabile come “pagamento indebito”, con conseguente inapplicabilità del termine di decadenza biennale ex art. 14, comma 2, TUA. Infatti, il versamento in più dell’accisa diventa indebito nel momento in cui – terminata la somministrazione – rimane a conguaglio una maggiore somma versata che il contribuente non è più obbligato ad utilizzare in compensazione. Dunque, solo alla fine del rapporto tributario, nel caso in cui emerga dall’ultima dichiarazione di consumo un conguaglio a credito, quest’ultimo darà luogo a un pagamento indebito, come evidenzia la stessa ricorrente nella memoria illustrativa. È così che il contribuente – similmente a quanto si verifica nel conto corrente ordinario ex art. 1823 cod. civ. – al momento della chiusura del conto potrà esigere il credito medesimo con decorrenza del termine biennale di decadenza ex art. 14, comma 2, TUA a far data dal pagamento in eccesso che coincide con il momento di presentazione dell’ultima dichiarazione annuale dalla quale sia risultato il credito di imposta.
4. In continuità con tale giurisprudenza, tra le tante, si segnala Cass. Sez. 5, 6 ottobre 2020, n. 2137 resa sull’accisa sull’energia elettrica, che recita: «Tale impostazione risulta condivisibile in quanto rispetta anche quello che è il meccanismo di compensazione prescritto ai sensi dell’art. 56, comma 1, T.U.A. -secondo cui ‘Le somme eventualmente versate in più del dovuto sono detratte dai successivi versamenti di acconto’ – operante fino all’esaurimento del rapporto tributario medesimo.
Invero, l’accredito, in quanto detratto ex lege dai successivi versamenti di acconto, risulta una modalità di pagamento dell’accisa sui consumi di energia elettrica (come di gas metano), per cui, in corso di rapporto tributario, non è configurabile come “pagamento indebito”, con conseguente inapplicabilità del termine di decadenza biennale ex art. 14, comma 2, T.U.A. Infatti, il versamento in più dell’accisa diventa indebito nel momento in cui, terminata la somministrazione, rimane a conguaglio una maggiore somma versata che il contribuente non è più obbligato ad utilizzare in compensazione.
Dunque, solo alla fine del rapporto tributario, nel caso in cui emerga dall’ultima dichiarazione di consumo, un conguaglio a credito, quest’ultimo darà luogo a un “pagamento indebito” e il contribuente – proprio come nel conto corrente ordinario ex art. 1823 cod. civ. al momento della chiusura del conto – potrà esigere il credito medesimo con decorrenza del termine biennale di decadenza ex art. 14, comma 2, dalla data del pagamento in eccesso che, in sostanza, coincide con il momento di presentazione dell’ultima dichiarazione annuale dalla quale sia risultato il credito di imposta.».
5. Del resto, da ultimo, la stessa Agenzia delle Dogane, con l’Informativa Prot. del 17.08.22, ha recepito l’orientamento giurisprudenziale teso a superare le conseguenze derivanti dalla rigidità del termine decadenziale biennale ai fini dell’utilizzo del credito maturato per eccedenze dei versamenti in acconto, della chiusura del rapporto tributario, con conseguente decorrenza del termine biennale di decadenza ex art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1995 (TUA) per il rimborso dell’eventuale credito di imposta dal momento della presentazione dell’ultima dichiarazione annuale di consumo, allorquando: il rapporto tributario sia in corso; il credito sia riportato nelle successive dichiarazioni regolarmente presentate; il credito medesimo sia detratto dai successivi versamenti di acconto.
6. In conclusione, anche con riferimento al credito oggetto di causa, è chiara la sua natura di credito cd. revolving , nel senso che il credito d’imposta emergente dalla dichiarazione di consumo annuale va a costituire, nelle dichiarazioni di consumo per gli anni successivi, la componente di un nuovo saldo creditorio emergente da tale ultima dichiarazione, con conseguente slittamento del dies a quo di decorrenza del termine decadenziale.
Per le ragioni sopra riportate, il Collegio condivide e dà ulteriore continuità al principio di diritto espresso da Cass. Sez. 5, ordinanza n. 25042 del 2023 secondo il quale «In tema di addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, di cui all’articolo 6, comma 1, lettera c), del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, soppressa dall’art.4, del decreto -legge 2 marzo 2012, n. 16, il saldo creditorio che matura al momento della presentazione della dichiarazione annuale permette al credito di imposta di emergere e di andare a costituire, nelle dichiarazioni di consumo per gli anni successivi la componente di un nuovo saldo creditorio emergente (cd. credito revolving ), con conseguente differimento della decorrenza del termine biennale di decadenza ex art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1995 (T.U.A.), per il rimborso del credito, dal momento della presentazione dell’ultima dichiarazione annuale di consumo.».
7. Alla luce di quanto precede, il giudice d’appello non ha correttamente fatto applicazione del principio di diritto applicabile nella fattispecie e la censura va accolta, con assorbimento del secondo motivo, che ripropone in relazione all’art. 360, comma 1, n, 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione, degli artt. 14, comma 2, e 26, d.lgs. n. 504/1995, nonché degli artt. 2946, 2033 e 2041 cod. civ., quanto alle somme versate.
8. In conclusione, la sentenza impugnata dev’essere cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione, in relazione al profilo accolto e per le spese.
P.Q.M.
la Corte:
accoglie il primo motivo ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione, anche per le spese.
Roma, così deciso in data 10 ottobre 2024