Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9601 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9601 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4634/2022 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME come da procura speciale in calce al controricorso
(PEC: EMAIL
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 2173/04/2021, depositata il 7.07.2021.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 30 gennaio 2025.
RILEVATO CHE
Con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Puglia rigettava l’appello proposto da ll’Agenzia delle entrate contro la sentenza della CTP di Bari che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla
Oggetto:
Tributi
RAGIONE_SOCIALE avverso la cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato del modello unico 2013, per il recupero dell’IRES e dell’IVA, in relazione all’anno d’imposta 2012;
dalla sentenza impugnata si evince, per quanto ancora qui rileva e in sintesi, che:
il primo giudice aveva correttamente ritenuto che il credito IVA potesse essere portato dalla contribuente in compensazione dell’imposta dovuta per l’anno 2012, sebbene ne fosse stato già chiesto il rimborso nel quadro VX4 della dichiarazione relativa all’anno 2011, e ciò in base al principio del ‘comportamento concludente’ tenuto in concreto dalla contribuente e della mancanza di danno per l’Erario, dato che la richiesta di rimborso non era stata ancora liquidata e, quindi, poteva essere equiparata ad un riporto del credito IVA nell’anno successivo;
In tema di IVA, il diritto alla detrazione deve essere riconosciuto anche nel caso di violazione di requisiti formali di cui agli artt. 18 e 22 della direttiva n. 77/388/CEE (c.d. sesta direttiva), qualora il contribuente dimostri, mediante fatture o idonea documentazione contabile, il rispetto dei requisiti sostanziali di cui all’art. 17 della citata direttiva;
secondo l’appellante, poiché nel caso in esame si era in presenza di false fatturazioni, mancavano i presupposti per il rimborso: l’eccedenza utilizzata per la compensazione, infatti, scaturiva da beni acquistati dalla contribuente da una società (la RAGIONE_SOCIALE avente la stessa sede della ricorrente, che aveva presentato dichiarazioni in perdita e non aveva assolto ai propri debiti fiscali;
tale circostanza, tuttavia, rappresentava un mero sospetto, ma non costituiva idonea prova della frode fiscale , che era a carico dell’Agenzia appellante, e non potevano essere utilizzate le risultanze di altri giudizi,
in quanto non versate in atti; l’identità delle sedi delle due società , peraltro, era giustificata dall’esistenza di un contratto di sublocazione parziale e non dimostrava alcun accordo finalizzato all’evasione dell’IVA, tenuto conto anche del fatto che gli stessi verificatori avevano accertato la reale esistenza delle transazioni intercorse fra dette società;
-l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
la società contribuente resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, l ‘Agenzia ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione de ll’ art. 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR fondato il riconoscimento del diritto alla detrazione del credito IVA sulla sussistenza dei presupposti di natura sostanziale di tale credito, senza considerare che in sede di controllo automatizzato -il cui ambito è riservato a verifiche non implicanti valutazioni giuridiche -era emerso che da lla dichiarazione relativa all’anno 2012 detta eccedenza non risultava, perché era stata chiesta a rimborso nell’anno 2011 e a tale richiesta la contribuente non aveva rinunciato prima di riportare lo stesso credito in compensazione;
con il secondo motivo, deduce , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. , la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omessa pronuncia e vizio di ultrapetizione, sostenendo che la CTR, da un lato, non si è pronunciata sul primo motivo di appello, relativo alla violazione dell’art. 54 -bis del d.P.R. n. 633 del 1972 (in merito alla questione dell’erronea indicazione in dichiarazione del credito IVA, derivante dalla dichiarazione dell’anno precedente, che non poteva essere oggetto di riporto all’anno successivo, essen do stato chiesto a rimborso), e, dall’altro lato, ha travalicato il thema decidendum incentrando la
motivazione della decisione sulla spettanza del diritto alla detrazione, che non era oggetto del presente procedimento, ma di altro procedimento in cui era stato impugnato l’avviso di accertamento n. TVF030603095/2016 per l’anno 2011, riguardante i presupposti sostanziali di detto credito, in relazione al quale, peraltro, era stata rigettata la richiesta di riunione dei g iudizi, avanzata dall’Ufficio ;
-entrambi i motivi, che per connessione vanno esaminati unitariamente, sono infondati;
occorre premettere che, in tema di detrazione IVA, non è la presentazione della dichiarazione IVA che regge, in quanto tale, la spettanza della detrazione, ma la sussistenza dei presupposti sostanziali per la sua fruizione. Il credito vantato dal contribuente nasce dalla legge e non dalla dichiarazione e, quindi, una volta dimostrata l’effettiva esistenza del credito risultante dai registri IVA e i documenti già prodotti all’Ufficio, l’Amministrazione finanziaria non può negare la compensazione, pur in mancanza della dichiarazione, in quanto in tale modo la P.A. verrebbe posta nella medesima condizione in cui si sarebbe trovata qualora il contribuente avesse presentato la dichiarazione (Cass. n. 3066 del 2023, in motivazione);
-l’esercizio del diritto alla detrazione è, pertanto, consentito in caso di mancata redazione delle dichiarazioni periodiche o di quella annuale, ove il contribuente dimostri che tale diritto sia stato esercitato entro il termine di decadenza previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello nel quale è sorto ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 322 del 1998 (Cass. n. 19938 del 2018; n. 8131 del 2018);
secondo la costante giurisprudenza unionale, infatti, per il principio di neutralità dell’IVA, la detrazione o il rimborso dell’IVA a monte va concesso anche se taluni requisiti formali siano stati omessi dai soggetti passivi, purché vengano comunque soddisfatti i requisiti
sostanziali (Corte di Giustizia UE, 8 dicembre 2022, RAGIONE_SOCIALE, C-247/21, punto 59; Corte di Giustizia UE, 21 ottobre 2021, NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, C-80/20, punto 76; Corte di Giustizia UE, 19 aprile 2018, Firma NOME COGNOME, C-580/16, punti 50 e 51; Corte di Giustizia UE, 27 settembre 2007, Collée, C-146/05, punto 31); il diritto alla detrazione può essere esercitato anche oltre il periodo di imposta, purché ciò avvenga nel rispetto delle normative di diritto interno, non potendo il diritto di detrazione essere esercitato senza limiti di tempo (Corte di Giustizia UE, 28 luglio 2016, Astone, C-332/15, punti 32, 33), per cui non osta al diritto dell’Unione una norma di diritto interno che preveda che il diritto di detrazione sia sottoposto a decadenza, purché sia rispettato il principio di equivalenza (Corte di Giustizia UE, 14 ottobre 2021, C-45/20 e C-46/20, punti 59 -62; Cass. n. 3066 del 2023, in motivazione);
va poi evidenziato che fra il diritto alla detrazione e quello al rimborso di un credito IVA esiste, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, un meccanismo di alternatività che impedisce al contribuente di sperimentare entrambi i rimedi;
con riguardo alla possibilità di revoca della scelta compiuta dal contribuente di chiedere il rimborso del credito IVA, questa Corte aveva inizialmente precisato, richiamando la circolare n. 25/E del 19 giugno 2012, che ‘… il contribuente può rettificare la richiesta di rimborso del credito eccedente presentando – entro il termine di cui all’art. 2, comma 8-bis, del d.P.R. n. 322 del 1998, ossia entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo – una dichiarazione integrativa, al fine di indicare il medesimo credito (o parte di esso) come eccedenza da utilizzare in detrazione o compensazione (variazione del Quadro VX)’ (Cass., 2 luglio 2014, n. 15180, in motivazione);
è stato così affermato il principio, secondo il quale, ‘In tema di IVA, il contribuente può modificare l’originaria richiesta di rimborso, optando per la compensazione del credito, solamente, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, entro l’anno successivo alla maturazione del credito medesimo, in quanto il principio di alternatività tra rimborso e detrazione esclude l’illimitata possibilità di revoca della scelta del rimborso, originariamente effettuata ‘ (Cass. 24/01/2022, n. 1946; Cass. 3/03/2017, n. 5387; Cass. n. 2/07/2014, n. 15180);
-l’utilizzazione o meno del credito d’imposta, quindi, è lasciata alla libera scelta del contribuente ed implica una manifestazione di volontà che viene espressa nella dichiarazione dei redditi, manifestazione di volontà necessaria per formulare la richiesta di rimborso del credito Iva, che può essere revocata, con rinuncia alla stessa (cfr. Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 217 del 2023);
da ciò si evince che, se il contribuente vuole modificare l’originaria richiesta di rimborso, chiedendo il credito in compensazione, lo può fare, purchè ciò avvenga entro l’anno successivo alla maturazione del credito medesimo, in quanto il principio di alternatività tra rimborso e detrazione esclude l’illimitata possibilità di revoca della scelta del rimborso, originariamente effettuata;
-a differenza della domanda di rimborso del credito d’imposta, che deve essere presentata formalmente, anche mediante la compilazione del corrispondente quadro della dichiarazione annuale, in quanto configura esercizio del diritto e manifestazione di volontà di ottenere il rimborso, la detrazione IVA va riconosciuta, anche in mancanza di dichiarazione annuale, non essendo la dichiarazione IVA che regge, in quanto tale, la spettanza della detrazione, ma la sussistenza dei presupposti sostanziali per la sua fruizione; il contribuente può, quindi, revocare la scelta di chiedere il rimborso del credito IVA, optando per la compensazione del credito, senza che sia necessaria la
presentazione di una dichiarazione integrativa (che opera nell’ambito dell’accertamento del debito tributario) , purchè ciò avvenga nell’anno successivo a quello in cui il credito è maturato, in forza del principio di alternatività tra rimborso e detrazione, che esclude l’illimitata possibilità di revoca della scelta del rimborso, originariamente effettuata (Cass. n. 22241 del 2024, in motivazione);
la sentenza impugnata si è attenuta ai principi sopra richiamati, avendo ritenuto ammissibile la compensazione del credito IVA – di cui ha accertato la sussistenza dei requisiti sostanziali -effettuata dalla contribuente nell’anno d’imposta successivo a quello in cui tale credito si era formato, nonostante l’indicazione, nella dichiarazione precedente, della richiesta di rimborso per una parte del medesimo credito, che, tuttavia, non era stata evasa;
in conclusione, il ricorso va rigettato e l’Agenzia ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali, in favore della società controricorrente, liquidata come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5.800,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 30 gennaio 2025.