Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3740 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3740 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26641/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che li rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA n. 323/2020 depositata il 13/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale della Campania ( hinc: CTR), con sentenza n. 323/2020 depositata in data 13/01/2020, ha accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza n. 13831/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli e, per l’effetto, ha annullato la cartella di pagam ento e i sottostanti ruoli impugnati.
Il contenzioso trae origine da un controllo automatizzato ex artt. 36 bis d.P.R. 29/09/1973, n. 600 e 54 d.P.R. 26/10/1972, n. 633 relativo al modello 2012 e diretto a recuperare l’IVA compensata nel periodo di imposta 2011, risultante da un’eccedenza formatasi in un’annualità precedente. In particolare, risulta che il credito IVA si fosse formato in relazione all’annualità 2007 (e riportato nella dichiarazione sub modello 2008), per essere, poi, usato, in parte, negli anni successivi. Non risultavano, tuttavia, presentate le dichiarazioni annuali fino al 2011, quando era stata eseguita l’ulteriore compensazione e dichiarata un’eccedenza a credito, nel modello 2012, interessato dai controlli automatizzati dai quali era scaturito l’atto impositivo.
2.1. Limitando il richiamo dei contenuti della sentenza impugnata alle questioni rilevanti ai fini della decisione del presente giudizio, occorre rilevare che la CTR -in esito alle operazioni di verificazione ex art. 7, comma 2, d.lgs. 31/12/1992, n. 546 – ha evidenziato come la questione controversa nel giudizio d’appello riguardasse un profilo di diritto: se fosse ammissibile la compensazione di un credito IVA esistente e indicato nella dichiarazione relativa all’annualità di insorgenza, utilizzato, in parte, nelle annualità successive, pur senza dichiarazione, e usato, poi, in altra parte e dichiarato in eccedenza
nelle annualità di dichiarazione, oggetto della liquidazione automatica.
2.2. La CTR ha ritenuto che, in caso di compensazione verticale continua, occorre dare applicazione -anche per i periodi intermedi connotati dalla mancata presentazione delle dichiarazioni da parte del contribuente -al principio eurocomunitario della neutralità dell’IVA, considerato che non si tratta di uno spostamento arbitrario del credito nel tempo, ma di una mera omissione della dichiarazione, in presenza, tuttavia, di un’utilizzazione continua del credito maturato e dichiarato nella dichiarazione di pertinenza. Nel caso in esame, proprio la continuità di utilizzazione del credito dichiarato (ed esistente) caratterizzava la fattispecie, in modo che non poteva porsi una questione di termine di decadenza (entro la seconda dichiarazione utile), perché la dichiarazione era già avvenuta (modello 2008 per il 2007, anno di insorgenza del credito) e si trattava solo di compensazione verticale, ammissibile anche oltre il biennio. Di conseguenza, non veniva in rilievo l’onere della dichiarazione entro il termine per la seconda dichiarazione successiva, dato che era stato assolto proprio e correttamente nella pertinente dichiarazione di insorgenza, sicché non era applicabile la decadenza invocata dall’Agenzia.
2.3. La CTR si è, inoltre, soffermata sulla questione -che rileva essere stata introdotta dall’Agenzia delle Entrate per la prima volta in sede di appello, in data 28/02/2019 relativa all’aliquota IVA da applicare (20% o 10%) al complesso immobiliare, non ultimato al momento della cessione, con la conseguente correttezza dell’aliquota del 20% applicata sui beni strumentali. La CTR ha ritenuto che la questione introdotta dall’Agenzia – che dubita dell’infondatezza dell’aliquota applicata sulle operazioni passive generanti il credito -fosse infondata, dal momento che dalla stessa
verificazione risultava (anche in ragione di accertamento giudiziario passato in giudicato) che gli immobili non fossero ultimati al momento delle operazioni, con la conseguente correttezza dell’aliquota applicata sulle operazioni passive.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con quattro motivi.
La società contribuente ha resistito con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione dell’art. 30, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
1.1. La ricorrente -richiamando la decisione della CTR, v. supra, sub 2.2. -rileva che, secondo la giurisprudenza maggioritaria, la mancata esposizione del credito IVA nella dichiarazione annuale non comporta la decadenza dal diritto di farlo valere, purché emerga dalle scritture contabili. In tale ipotesi, tuttavia, il mezzo di soddisfazione del credito cambia e può essere solo il rimborso (in conformità ai principi unionali espressi da CGUE 11/07/2002, C-62 Liberexim BV; Cass., n. 268 del 2012; Cass., n. 12041 del 2009; Cass., n. 16257 del 2007 e Cass., n. 17067 del 2006), con istanza da proporre entro i termini di decadenza di cui all’art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 o con un’eventuale azione contro il silenzio da promuovere entro il termine di prescrizione. Non può essere, invece, esercitata alcuna detrazione da parte del contribuente, senza alcun previo controllo e non si applicano neppure le forme di rimborso previste dall’art. 30 d.P.R. n. 633 del 1972. Il secondo comma di tale norma prevede, infatti che: « Se dalla dichiarazione annuale risulta che l’ammontare detraibili di cui al n. 3) dell’articolo 28, aumentato delle somme versate mensilmente, è superiore a quello dell’imposta relativa alle operazioni imponibili di cui al n. 1) dello stesso articolo,
il contribuente ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo. ». Per ogni anno in cui vi sia un’eccedenza detraibile è, pertanto, richiesta una dichiarazione che la riporti, con il conseguente diritto alla detrazione che matura per l’anno successivo, postulando, in tal modo, la contiguità tra l’anno di maturazione e l a dichiarazione del diritto e l’anno in cui è esercitabile.
L’anteriorità dell’insorgenza del credito rispetto agli an ni in cui la dichiarazione è stata omessa non consente, comunque, al contribuente, di riportare detto credito « per saltum », dal momento che il sistema normativo delineato nel d.P.R. n. 633 del 1972 è fondato sul principio della continuità dei dati contabili esposti nelle dichiarazioni. In applicazione di tale principio, il credito di imposta non esposto in una dichiarazione tardiva (assente nel caso di specie, dove il contribuente non ha depositato dichiarazioni dal 2008 al 2011) non poteva essere riportato nel 2011, ancorché regolarmente formatosi nel 2007. Non può neppure ritenersi che il principio di continuità dei dati contabili esposti nelle dichiarazioni possa essere superato dalla « continuità dell’utilizzo » del credito negli anni di omessa dichiarazione -che resta del tutto illegittimo, proprio perché manca la dichiarazione -né che valga il principio di neutralità dell’imposta, il quale comporta la possibilità di rimborso (generico) dell’ecced enza di imposta, pure in difetto di dichiarazione annuale.
Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione dell’art. 19, primo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
2.1. La ricorrente, richiamato il contenuto dell’art. 19, primo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, rileva che non solo il diritto alla detrazione non è scindibile dalla presentazione della dichiarazione, ma anche che non può essere esercitato oltre il secondo anno
successivo alla sua maturazione. È pertanto illegittima la pretesa della contribuente di esercitare la detrazione, al di fuori del limite temporale per il suo esercizio, superato il quale l’eccedenza è recuperabile solo mediante rimborso.
Il primo e il secondo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati. Nel caso di specie è pacifico che il diritto di credito sia sorto nell’anno d’imposta 2007 e sia stato correttamente indicato nel Modello Unico 2008. È altresì pacifico che fino alla presentazione del Modello 2012 in relazione all’anno d’imposta 2011 oggetto del controllo automatizzato ex art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972 -il contribuente non abbia presentato ulteriori dichiarazioni annuali. L’esistenza e la consistenza del credito IVA parzialmente utilizzato dalla stessa contribuente nel periodo d’imposta compreso tra il 2008 e il 2011 -è stata oggetto di un’attività di verificazione espletata dal giudice di seconde cure ai sensi dell’ar t. 7 d.lgs. n. 546 del 1992. In sostanza, come riscontrabile anche da quanto affermato a pag. 7 del controricorso, il contribuente avrebbe eseguito le liquidazioni periodiche (usando parzialmente il credito IVA maturato nel 2007), senza presentare, tuttavia, le dichiarazioni annuali per un lasso di tempo compreso tra il 2007 (per il quale è stato presentato il Modello 2008) e il 2011 (per il quale è stato presentato il Modello 2012).
3.1. L’art. 19, primo comma, secondo periodo, d.P.R. n. 633 del 1972 (nella versione applicabile, ratione temporis, al caso in esame e anteriore alle modifiche apportate dall’art. 2 d.l. 24/04/2017, n. 50 convertito con modificazioni dalla legge 21/06/2017, n. 96) prevede che: « Il diritto alla detrazione dell’imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il
diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo. »
L’art. 30 d.P.R. n. 633 del 1972 sta bilisce che: « Se dalla dichiarazione annuale risulta che l’ammontare detraibile di cui al n. 3) dell’articolo 28, aumentato delle somme versate mensilmente, è superiore a quello dell’imposta relativa alle operazioni imponibili di cui al n. 1) dello stesso articolo, il contribuente ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività.»
Mentre l’art. 19 cit. regola le modalità e i tempi entro i quali deve essere esercitato il diritto alla detrazione (al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto alla detrazione), l’art. 30 cit. regola le modalità attraverso il contribuente può recuperare l’eccedenza di imposta versata, stabilendo un’alternativa tra la detrazione da esercitare nell’anno successivo o la richiesta di rimborso.
3.2. La presentazione della dichiarazione annuale riveste, quindi, un ruolo cruciale, come evidenziato anche dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo le quali l’art. 8 del D.P.R. n. 322 del 1998 che disciplina termini e modi per la presentazione (comma 1) e per la rettifica (comma 6 in rei. art. 2 commi 8 e 8-bis) della dichiarazione annuale in materia di IVA – al comma 3 prescrive che « le detrazioni sono esercitate entro il termine stabilito dall’art. 19, comma 1, secondo periodo » del D.P.R. n. 633 del 1972, cioè entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto. È stato quindi sottolineato che: « Il che lascia intendere la non irrilevanza, nel diritto interno, della dichiarazione annuale per la corretta emersione del diritto di detrazione, in disparte il peculiare regime
sanzionatorio per le omissioni dichiarative.» (Cass., Sez. U, 08/09/2016, n. 17757).
3.3. Questa Corte ha precisato che, in tema di IVA, con riferimento alla disciplina della detrazione o del rimborso della eccedenza d’imposta prevista dall’art. 30, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, in caso di tardiva presentazione della dichiarazione da parte del contribuente (che equivale, ” a tutti gli effetti “, all’omessa presentazione ai sensi art. 37, ultimo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 nel testo modificato dall’art. 1 del d.P.R. n. 24 del 1979), il credito di imposta eventualmente esposto nella suddetta dichiarazione, anche se formatosi anteriormente e derivante da precedenti dichiarazioni ritualmente presentate, non può essere riportato nella dichiarazione annuale IVA relativa all’anno successivo, ostando all’utilizzo di detto credito in detrazione il principio di contiguità temporale dei periodi di imposta cui è subordinata la operatività della compensazione tra il credito ed il debito tributario (Cass., 31/07/2019, n. 20573).
In sostanza, l’omessa presentazione della dichiarazione annuale comporta la perdita del diritto alla detrazione dell’eccedenza, senza determinare alcuna criticità con il principio di neutralità dell’IVA, non solo in ragione dei termini ragionevoli entro i quali il contribuente deve esercitare il diritto alla detrazione, ma anche in ragione del possibile esercizio, in via alternativa, del diritto al rimborso. Sul punto la CGUE (28/07/2016, causa C-332/15, Astone, §§ 32, 33 e 34) ha precisato che: « … un soggetto passivo può essere autorizzato ad operare la detrazione anche se non ha esercitato il proprio diritto nel periodo in cui questo è sorto, fatto salvo però il rispetto delle condizioni e delle modalità fissate dalle normative nazionali (sentenza del 12 luglio 2012, RAGIONE_SOCIALE, C-284/11, EU:C:2012:458, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, la
possibilità di esercitare il diritto a detrazione senza alcuna limitazione temporale contrasterebbe col principio della certezza del diritto, il quale esige che la situazione fiscale del soggetto passivo, con riferimento ai diritti e agli obblighi dello stesso nei confronti dell’amministrazione finanziaria, non possa essere indefinitamente rimessa in discussione (sentenze dell’8 maggio 2008, Ecotrade, C -95/07 e C-96/07, EU:C:2008:267, punto 44, e del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11, EU:C:2012:458, punto 48). La Corte ha così già dichiarato, con riferimento all’applicazione del meccanismo di autoliquidazione, che un termine di decadenza, la cui scadenza porti a sanzionare il contribuente non sufficientemente diligente, che abbia omesso di ric hiedere la detrazione dell’IVA pagata a monte, privandolo del diritto a detrazione, non può essere considerato incompatibile con il regime instaurato dalla direttiva IVA, purché, da un lato, tale termine si applichi allo stesso modo ai diritti analoghi in materia fiscale fondati sul diritto interno e a quelli fondati sul diritto dell’Unione (principio di equivalenza) e, dall’altro, esso non renda in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione (principio di effettività ) (sentenze dell’8 maggio 2008, Ecotrade, C-95/07 e C-96/07, EU:C:2008:267, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata, e del 12 luglio 2012, RAGIONE_SOCIALE, C-284/11, EU:C:2012:458, punto 49). »
Con il terzo motivo di ricorso è stata contestata la violazione dell’art. 7, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, nonché degli artt. 61, 62, 68 e 115 c.p.c. e dell’art. 36 , comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
4.1. Ad avviso della ricorrente la CTR, con la verificazione ex art. 7, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, ha delegato, illegittimamente, alla Guardia di Finanza il compito di documentare e stabilire la presenza, la misura , la dichiarazione e l’uso del credito di imposta
nei vari anni dal 2007 al 2011 e di decidere sulla correttezza dell’aliquota applicata e sull’ultimazione degli immobili trasferiti. Si trattava, infatti, di compiti che spettavano, prima di tutto, alla parte che non poteva sottrarsi all’onere di provare t utti gli elementi costitutivi del diritto rivendicato, compresi quelli illegittimamente addotti dalla Guardia di Finanza (che svolge un ruolo ausiliario e fornisce, come il consulente tecnico, mezzi istruttori a supporto delle prove, ma non le prove stesse). Nella misura in cui la CTR ha recepito le asserzioni della Guardia di Finanza, le ha affidato, di fatto, un ruolo decisorio in ordine alle questioni oggetto di giudizio.
4.2. Il motivo è da considerare assorbito, per effetto dell’accoglimento dei primi due motivi di ricorso.
Con il quarto motivo è stata denunciata la violazione dell’art. 112 c.p.c., per ultrapetizione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
5.1. La ricorrente censura l’affermazione del giudice di seconde cure, laddove si è pronunciato sulla « questione sulla corretta aliquota IVA da applicare (se al 20% o al 10%), introdotta dalla Agenzia per la prima volta in data 28 febbraio 2019 in sede di contenzioso già in grado di appello». Viene rilevato che tale questione non era parte della domanda originaria, né quale mero argomento difensivo introdotto dall’Ufficio in appello poteva avere l’effetto di ampliare il « thema decidendum », posto che il processo tributario ha carattere impugnatorio ed è, quindi, soggetto a ineludibili preclusioni, con la conseguenza che ciò che non è affermato nell’atto impugnato e non è dedotto in primo grado non può essere oggetto di decisione da parte della CTR. Quest’ulti ma ha, invece, affermato che, gli immobili non fossero ultimati al momento delle operazioni, con la conseguenza che è corretta l’aliquota applicata sulle operazioni passive che hanno generato il credito e,
ritenuto provato il credito compensato e la relativa misura, ha concluso che la pretesa dell’Agenzia incorporata nei ruoli di cui alla cartella gravata fosse infondata.
5.2. Il motivo è inammissibile, sotto plurimi profili. In primo luogo, trattandosi di questione tardivamente proposta nel giudizio di appello dalla stessa parte ricorrente , quest’ultima non è legittimata a sollevare la questione relativa al vizio di ultrapetizione (che integra un’ipotesi di nullità relativa, v. Cass., 14/01/2016, n. 465) ai sensi dell’art. 157, comma 3, c.p.c. In secondo luogo, il motivo è privo del requisito di specificità non essendo proposta alcuna puntualizzazione in relazione al giudicato cui viene fatto riferimento in ordine all’ultimazione dei lavori sugli immobili.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato devono essere accolti i primi due motivi di ricorso, mentre deve essere dichiarato assorbito il terzo motivo e dichiarato inammissibile il quarto motivo.
La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie i primi due motivi di ricorso, con assorbimento del terzo motivo e dichiara inammissibile il quarto motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 17/01/2025.