Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23766 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23766 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17610/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA-MILANO n. 3040/2020 depositata il 21/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
COGNOME NOME era attinto dalla cartella di pagamento n. 135 2010 0013628788000, notificata in data 6 ottobre 2010, scaturente da controllo automatizzato ex artt. 36 -bis DPR n. 600 del 1973 e 54 -bis DPR 633 del 1972, sul Mod. Unico 2007, presentato per l’a.i. 2006.
Il controllo traeva origine dal fatto che la dichiarazione relativa all’.i. 2005 risultava omessa in quanto presentata ‘ultratardivamente’ (ossia oltre i 90 giorni dalla scadenza del termine previsto).
L’RAGIONE_SOCIALE territoriale di Codogno iscriveva a ruolo le somme dovute per l’a.i. 2006, ‘in conseguenza’ – come da sentenza in epigrafe – ‘di imposte non versate e crediti derivanti da precedente dichiarazione non confermati. Nello specifico, il contribuente dichiarava nel quadro RX – rigo RX 12 – un credito IVA derivante dalla dichiarazione precedente, omessa, per euro 19.711,00’.
La Commissione Tributaria Provinciale di Lodi, con sentenza n. 180/02/2011, accoglieva il ricorso del contribuente.
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che, con sentenza n. 61/31/2913, riteneva fondata l’eccezione di inammissibilità avanzata dall’RAGIONE_SOCIALE in relazione ai motivi di ricorso proposti in primo grado, ravvisando un mutamento RAGIONE_SOCIALE deduzioni difensive introdotto con memoria illustrativa ex art. 32 D.Lgs. n. 1992 e, quindi, l’inserimento di inammissibili nuovi temi di indagine.
Il contribuente proponeva ricorso per cassazione, accolto dalla Sezione 5 di questa Suprema Corte, con l’ordinanza n. 1161 del 2019, sulla base della seguente motivazione:
2.1. Emerge dalla piana lettura della sentenza impugnata che la Commissione Tributaria Regionale, in accoglimento dell’appello dell’RAGIONE_SOCIALE, ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso proposto in primo grado dal contribuente, perché illustrato con memoria successiva. Nella specie, i giudici di appello hanno dedotto la novità della censura ritenendola proposta dal contribuente per la prima volta con le memorie illustrative ex art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, rilevando che solo con la comparsa di nuovo procuratore si era avanzata la censura della illegittimità della cartella, e si era eccepito che trattavasi di credito mai compensato e mai utilizzato. Parte ricorrente deduce che non si trattava di una nuova domanda, ma solo di una specificazione di quella già proposta con l’atto introduttivo, con cui era stato chiesto l’annullamento della cartella impugnata relativamente al disconoscimento del credito IVA esposto nella dichiarazione dei redditi relativi all’anno di imposta 2006 e presentata dal contribuente oltre il termine di novanta giorni.
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2.3. Nella fattispecie in esame non si ravvisa un indebito ampliamento del “thema decidendum” nel processo, atteso che la domanda di annullamento della cartella per illegittimità della pretesa impositiva, stante l’esistenza di un credito non dichiarato, ricomprende il tema della non ripetibilità di tale credito, in quanto mai utilizzato, non essendo fondata su nuove questioni di diritto . Non è stato introdotto un diverso tema di indagine e di decisione, né è stato alterato l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, essendosi il contribuente limitato ad una diversa prospettazione giuridica del medesimo ‘petitum’, avendo chiarito che il credito di imposta (IVA) indicato nel
modello UNICO, relativo all’anno di imposta 2006, era un credito che l’Amministrazione poteva, al più, disconoscergli di poter utilizzare, non un debito, come qualificato con l’impugnata cartella esattoriale.
Il contribuente riassumeva la causa nanti la CTR della Lombardia in sede di rinvio, la quale, nella resistenza dell’RAGIONE_SOCIALE, così decideva:
Dichiara spettante il credito IVA di euro 19.711,00 relativo all’anno 2005. Condanna parte soccombente alle spese di lite .
5.1. Osservava in motivazione quanto segue:
Il credito IVA – relativo all’anno 2005 – è valido a tutti gli effetti essendo un credito venuto a maturare alla data del 31 dicembre 2005.
Occorre ricostruire i termini della vicenda
-a far tempo dal 31 dicembre 2005 NOME COGNOME cessava la propria attività ;
-pur non avendo presentato per l’anno 2005 la dichiarazione annuale IVA, il credito IVA maturato fino a quella data -pari a euro 19.711,00 -nel corso dell’anno 2006 veniva utilizzato solo nei limiti dell’importo di euro 3.495,00 portandolo in compensazione del pagamento di contributi RAGIONE_SOCIALE;
-il contribuente provvedeva alla presentazione del proprio Modello Unico Persone Fisiche relativo all’anno di imposta 2006 e andava ad indicare il credito IVA maturato nel precedente anno 2005 per l’importo di euro 19.711,00 (commettendo, peraltro, un influente errore – avendo nel corso dell’anno 2006 utilizzat detto
credito per il minor importo di euro 3.495,00 – il credito IVA indicato in compensazione nella dichiarazione avrebbe dovuto essere pari all’importo di euro 16.216,00).
L’RAGIONE_SOCIALE non può sostenere che il contribuente sia tenuto al pagamento di somme corrispondenti all’ammontare del credito. Ebbene il credito di imposta IVA, indicato dal contribuente nel proprio Modello Unico , relativo all’anno 2006, è per l’appunto un credito che l’Amministrazione avrebbe potuto riconoscergli di poter utilizzare, ma certamente non poteva trasformarlo in un debito, come ha fatto con l’emissione della cartella esattoriale . Quindi, se il credito IVA è stato trasformato in debito, detta cartella deve essere annullata. Il credito risultante dalla dichiarazione IVA omessa non va perso, ma deve essere utilizzato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno in cui il diritto alla detrazione è sorto. Non essendo stata contestata la spettanza del credito disconosciuto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il diritto all’utilizzo del credito, nel caso ‘de quo’, è stato correttamente esercitato nel termine . Ebbene, pur in presenza di omessa presentazione della dichiarazione annuale, il credito IVA per l’importo sopra citato, può essere utilizzato in compensazione perché non risulta che l’importo del credito stesso sia stato contestato dall’RAGIONE_SOCIALE, nel suo ‘quantum’. In tale ipotesi, il diritto di detrazione non può essere negato, neanche nel corso del giudizio di impugnazione della cartella emessa a seguito del controllo automatizzato.
In conclusione, questo Consesso riconosce la validità del credito IVA relativo all’anno 2005, dell’importo di euro 19.711,00.
Proponeva ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con un motivo. Il contribuente rimaneva intimato.
In data 28 novembre 2023, il Consigliere Delegato formulava proposta di definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. nei seguenti termini:
Con l’unico motivo di ricorso si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c.; in particolare, la ricorrente ritiene che la CTR abbia trascurato di esaminare la questione relativa all’asserita radicale inesistenza del credito che invece, secondo il contribuente, sarebbe maturato nell’anno di imposta 2005 (di cui è stata omessa la dichiarazione) e riportato nella dichiarazione dell’anno di imposta 2006;
il suddetto motivo è manifestamento infondato, in quanto la CTR ha ampiamente argomentato in ordine alla provenienza del credito IVA, ricostruendo i termini della vicenda e riconoscendo l’esistenza dello stesso, per poi ammetterne l’utilizzo in compensazione da parte del contribuente (pagina 4 della sentenza impugnata).
Con istanza dell’11 gennaio 2024, l’Avvocatura Generale dello Stato, nell’interesse dell’RAGIONE_SOCIALE, chiedeva fissarsi udienza per la decisione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
Considerato che:
Con l’unico motivo del ricorso per cassazione si denuncia omesso esame di fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. ‘con riferimento alla accertata inesistenza del credito asseritamente maturato nell’anno di imposta 2005 (in cui è stata omessa la dichiarazione) è riportato nella dichiarazione dell’anno di imposta 2006’.
Ad avviso della ricorrente RAGIONE_SOCIALE, quel che la RAGIONE_SOCIALE ha totalmente trascurato è proprio il fatto che, nella presente ipotesi, il contestato credito IVA era radicalmente inesistente, per avere l’Amministrazione finanziaria emesso apposito avviso di accertamento, in relazione all’annualità di imposta precedente a quella in esame (ossia il 2005), escludendo che in quel periodo di imposta potesse essere maturato alcun credito IVA. Avendo l’RAGIONE_SOCIALE dedotto la circostanza in appello ed ancora nel giudizio di rinvio, ‘la sussistenza del vizio denunciato emerge con palmare evidenza dall’inciso della CTR Lombardia secondo cui ‘non risulta che l’importo del credito stesso sia stato contestato dall’RAGIONE_SOCIALE, nel suo ‘quantum’; come si è detto, invece, la contestazione del credito è sempre stata pienamente sussistente, nell”an’ e nel ‘quantum’, ragion per cui il giudice del rinvio avrebbe dovuto accogliere l’originario appello dell’Amministrazione finanziaria, proprio in conseguenza dell’inesistenza di alcun credito IVA riportabile.
Nell’istanza di fissazione dell’udienza a seguito di proposto di definizione del ricorso, la difesa erariale osserva:
ratio decidendi non sembra possa indurre ad affermare che ‘la CTR ha ampiamente argomentato in ordine alla provenienza del credito IVA’, come ritenuto nella proposta da Codesta Ecc.ma Corte, proprio perché resta sullo sfondo il profilo dell’omesso esame del fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti: la non spettanza del credito IVA deriva proprio dalla circostanza, non esaminata dalla C.T.R. e oggetto di discussione tra le parti, che nell’anno 2005 (ossia nell’anno di imposta precedente) era stato emesso un avviso di accertamento nei confronti della controparte, che aveva accertato un maggior
reddito e azzerato qualsiasi eventuale credito d’imposta. Il contribuente, per la successiva annualità 2006, non avrebbe dunque potuto in alcun caso riportare in avanti un credito d’imposta, bensì soltanto un debito.
In tale situazione, la soluzione prospettata da Codesta Ecc.ma Corte non appare quindi condivisibile, anche tenuto conto del fatto che il parallelo giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso per l’annualità 2005, ossia l’atto impositivo a causa del quale giammai avrebbe potuto sussistere un credito IVA della controparte nella successiva annualità 2006, è stato definito, all’attualità, con sentenza n. 2006/21/2023 della C.G.T. di secondo grado della Lombardia (che si produce in allegato), depositata in data 22 giugno 2023, la quale, in sede di rinvio (a fronte dell’ordinanza n. 19886/2022 di Codesta Ecc.ma Corte) ha reputato del tutto legittima la pretesa erariale.
L’accertamento compiuto in ordine alla legittimità della pretesa erariale per l’annualità 2005 non può che corroborare la tesi sostenuta dall’RAGIONE_SOCIALE nel ricorso per cassazione di cui discute in questa sede, dimostrando che la C.T.R. ha omesso l’esame del fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, inerente all’intervenuta rettifica RAGIONE_SOCIALE risultanze contabili del contribuente per l’anno di imposta 2005, il che appare logicamente incompatibile con la ritenuta sussistenza di un credito IVA astrattamente riportabile nella dichiarazione della successiva annualità di imposta.
2. Il motivo è inammissibile.
Esso incorre in violazione del principio di precisione, perché non offre evidenza dell’affermato maggior credito per effetto del quale il credito oggetto del presente giudizio sarebbe posto nel nulla (tanto più che detto maggior credito -neppure quantificato, posto che la
somma di euro 1.128.519 di cui a p. 14 ric. riguarda i ricavi ripresi a tassazione -deriverebbe da un avviso di accertamento non ancora definitivo, non essendo allo stato passata in giudicato -stante la produzione effettuata con l’istanza di decisione della causa -la sentenza di secondo grado sulla relativa impugnazione: ciò che pertanto rende il controcredito tecnicamente non incontroverso).
Né, pur a tener conto della sopravvenienza dell’avviso di accertamento relativo al controcredito (recante la data del 30 maggio 2012) rispetto alla celebrazione del primo grado di giudizio (conclusosi nel 2011), il motivo -in disparte che ‘a monte’ non indica le ragioni (viepiù fondate sull’esistenza comunque di pretese erariali opponibili in compensazione) fatte valere dall’amministrazione per resistere alla domanda del contribuente (leggendosi, a p. 2 ric., del tutto genericamente, che l’RAGIONE_SOCIALE deduceva l’incertezza della ‘causa petendi’ del credito e, ‘nel merito, dopo aver ricostruito i fatti di causa , ribadiva la legittimità e fondatezza dell’iscrizione al ruolo’) deduce aver allegato dinanzi al giudice d’appello e di poi a quello di rinvio la contestazione giudiziale dell’avviso sul controcredito, con conseguente necessaria richiesta di un accertamento altresì di esistenza e consistenza di questo ai fini dell’azzeramento del credito del contribuente.
Fermo quanto innanzi, su altro piano di valutazione, il motivo neppure deduce un fatto propriamente storico di cui la CTR ha pretermesso l’esame: al più, invero, il denunciato omesso esame, per come in esso letteralmente articolato, impinge sulla mancata considerazione dell’argomentazione difensiva volta a rappresentare -nondimeno solo in conseguenza di un’operazione logica -matematica, che, come detto, non emerge essere stata sollecitata (già) nei gradi di merito – il fatto estintivo del credito oggetto del presente giudizio al cospetto dell’opposto maggior credito erariale.
Ed allora, il calendato paradigma censorio si palesa decentrato, giacché, a fronte, come da proposta del giudice delegato, di una di per se stessa non avversata ricostruzione del credito del contribuente siccome compiuta in fatto dal giudice di rinvio, ‘l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l”omesso esame’ come riferito ad ‘un fatto decisivo per il giudizio’ ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico -naturalistico, non assimilabile in alcun modo a ‘questioni’ o ‘argomentazioni’ che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità RAGIONE_SOCIALE censure irritualmente formulate’ (Sez. 6 -1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022, Rv. 663758 -01).
Sotto ulteriore profilo, inoltre, ‘l’omessa considerazione di fatti impeditivi, modificativi o estintivi, dedotti come eccezione, non configura un vizio di motivazione, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ma un ‘error in procedendo’, per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., con la conseguenza che la sua deduzione in sede di legittimità postula che la parte abbia formulato l’eccezione in modo autonomamente apprezzabile ed inequivoco e che la stessa sia stata puntualmente riportata nel ricorso per cassazione nei suoi esatti termini, con l’indicazione specifica dell’atto difensivo o del verbale di udienza in cui era stata proposta’ (Sez. 3, n. 16899 del 13/06/2023, Rv. 667848 -02).
Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato.
Nulla è a statuirsi sulle spese, stante la mancata costituzione del contribuente.
Nondimeno sussistono i presupposti per la condanna della ricorrente RAGIONE_SOCIALE al versamento di euro 1.000 alla Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende ex artt. 94, comma 4, e 380-bis, comma 3, cod. proc. civ.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna l’RAGIONE_SOCIALE al versamento di euro 1.000 alla Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso a Roma, lì 29 maggio 2024.