Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 792 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 792 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
Oggetto:
Tributi – Credito IVA
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 2204/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio RAGIONE_SOCIALE giusta procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
E nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE -agente della riscossione per la Provincia di Milano
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3533/44/2016, depositata il 13.06.2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Milano accoglieva il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di accertamento automatizzato ex art. 36 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973, non ravvisando alcun danno erariale nella mera indicazione in dichiarazione di un credito IVA, non spettante, pari ad € 791.703,00, non utilizzato;
la CTR della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello proposto dal l ‘Agenzia delle entrate, rigettando il ricorso introduttivo della contribuente e osservando che:
le conclusioni della sentenza di primo grado si ponevano in contrasto con le sue premesse, sotto il profilo della non spettanza del credito IVA e del dovere di rettifica e di recupero di quanto indebitamente utilizzato dalla contribuente;
la contribuente non aveva impugnato il diniego al rimborso del credito IVA sopra indicato, emesso dall’Ufficio in data 11.03.2009, che ha reso definitivamente non spettante detto credito, a prescindere dalla decorrenza del termine di prescrizione dello stesso;
-era illegittimo, quindi, il riporto continuo nelle successive dichiarazioni, a partire da quella per l’anno 2010, di un credito ormai non più esigibile, anche perché incrementava in modo artificioso il credito IVA complessivo, per poi effettuare compensazioni anche negli anni successivi al 2010, con l’evidente volontà di includervi anche il credito non esigibile;
il controllo automatizzato era stato legittimamente espletato ed era irrilevante l’erronea indicazione della disposizione di cui all’art. 36 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973, in luogo di quella, corretta, di cui all’art. 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, trattandosi di una mera irregolarità
formale, non idonea ad inficiare il recupero fiscale, stante la specularità delle predette disposizioni, tanto che l’art. 2 del d.lgs. n. 462 del 1997, nel disciplinare l’obbligo di procedere all’iscrizione nei ruoli a titolo definitivo delle somme che devono essere recuperate a seguito dei controlli automatici, le richiama entrambe;
la società contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi;
-l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso, mentre Equitalia rimaneva intimata.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1072, 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 e 2 del d.lgs. n. 462 del 1997, in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR rilevato che l’iscrizione a ruolo e il recupero mediante la procedura automatizzata riguarda solo i crediti utilizzati dal contribuente e non quelli indicati in dichiarazione, ma non utilizzati, atteso che questi ultimi non possono determinare la liquidazione di una maggiore imposta e non possono giustificare l’irrogazione della sanzione per (un inesistente) omesso o tardivo versamento dell’imposta ;
con il secondo motivo, deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1072, 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., non avendo la CTR rilevato che il disconoscimento di un credito per intervenuta prescrizione del diritto al rimborso non poteva essere oggetto di accertamento automatizzato;
con il terzo motivo, denuncia la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per manifesta contraddittorietà della motivazione, avendo la CTR ritenuto
legittima l’iscrizione a ruolo sulla base della disposizione di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 462 del 1997, sebbene tale norma richieda l’avvenuto utilizzo del credito contestato, che nella specie è stato espressamente escluso;
con il quarto motivo, deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, non avendo la CTR considerato che, per effetto della mera indicazione di un credito in dichiarazione, non utilizzato in compensazione e non oggetto di rimborso, non si determina alcun danno per l’erario e non sussistono i presupposti per irrogare la sanzione per omesso versamento;
con il quinto motivo, invoca per quanto riguarda l’irrogazione della sanzione , ai sensi dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 471 del 1997, l’applicazione della disposizione più favorevole di cui all’art. 15, comma 1, lett. o) del d.lgs. n. 158 del 2015, che ha modificato l’art. 13 del d.lgs. n. 472 del 1997, il cui nuovo comma 4 prevede che la sanzione è applicabile nei soli casi in cui il credito sia stato utilizzato, e non anche se lo stessi risulti dalla dichiarazione;
il primo e il secondo motivo, che vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi, sono fondati;
occorre premettere che l’art. 36-bis, comma 2, lett. e), d.P.R. n. 600/1973, prevede, in generale, che il controllo automatizzato sulle dichiarazioni presentate dal contribuente può riguardare anche la riduzione dei crediti di imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni;
l’Ufficio è, dunque, legittimato a controllare la correttezza della suddetta indicazione, anche facendo riferimento alle dichiarazioni presentate dal contribuente negli anni precedenti, senza che tale verifica comporti un accertamento sostanziale che presuppone
valutazioni giuridiche o esame di atti non consentiti dalla procedura (Cass. n. 29582 del 16/11/2018);
-come ha condivisibilmente affermato questa Corte, tuttavia, l’emissione della cartella di pagamento è legittima solo laddove, a seguito della verifica compiuta in sede di controllo automatizzato, l’Amministrazione accerti che, a causa di errori materiali o di calcolo, il contribuente ha illegittimamente utilizzato un credito di imposta, sicchè tale illegittimo utilizzo si traduce in un debito del contribuente nei confronti dell’amministrazione finanziaria che legittima la pretesa al recupero dell’importo mediante la notifica della cartella di pagamento; diversamente, nel caso di mancato utilizzo del credito di imposta, ove si sia accertato che lo stesso non era stato correttamente esposto, l’amministrazione finanziaria può solo procedere alla rettifica dell’errore materiale o di calcolo, ma non può emettere una cartella di pagamento ai fini del recupero di un credito di imposta che, in quanto non utilizzato, non si è tradotto in un debito del contribuente nei confronti dell’amministrazione finanziaria (Cass. n. 20643 del 20/07/2021);
-nel caso di disconoscimento di un credito esposto nella dichiarazione, infatti, ‘appare illegittima l’automatica trasformazione di una voce di credito in una voce di debito, dovendo in tal caso l’ufficio disconoscere il diritto a fruire del credito residuo senza poter procedere alla richiesta di pagamento anticipato dell’imposta nell’eventualità che questa potesse essere utilizzata in futuro” (Cass. n. 4539 del 22/02/2013);
dalla sentenza impugnata sembra che il credito IVA, ritenuto non spettante, sia stato esposto in dichiarazione, per diversi anni consecutivi, ma non (o non ancora) utilizzato in compensazione, in quanto veniva ‘riportato a nuovo’ aggiungendosi al credito d’imposta complessivo della società contribuente;
-l’accoglimento dei primi due motivi rende superfluo l’esame dei restanti motivi che, pertanto, restano assorbiti;
in conclusione, vanno accolti i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia per nuovo esame e per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 9 novembre 2023