Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26865 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26865 Anno 2025
Presidente: LA COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2234/2024 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e COGNOME NOME in proprio rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL)
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’RAGIONE_SOCIALE (PEC: EMAIL)
-resistente – per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia di secondo grado della Calabria n. 32/02/23 depositata in data 04/01/2023;
Oggetto: accertamento
–
compensazione
credito – prova
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 10/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME e riconvocato il Collegio in data 25/09/2025;
Rilevato che:
-secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata e dagli atti di parte, la società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE impugnavano dinnanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Vibo Valentia, tra l’altro, diniego del rimborso di credito IVA per euro 87.500 e avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per l’anno 2014 del 10.01.2018 dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Vibo Valentia che ingiungeva il pagamento di € 112.577 a titolo di recupero IVA anno 2014 ( € 105.887 per operazioni inesistenti ed € 6.690 per omessa registrazione di corrispettivi, con riduzione del credito IVA vantato dalla società, dal dichiarato di € 232.951 all’accertato di € 120.374) , oltre € 15.717,60 a titolo di interessi, € 95.298 per sanzione lVA ( art. 6 co. 6 D.Lgs n. 471/1997), € 7.827,30 per sanzione IVA (art. 6 co. 1, 4 e 5 stesso D. Lgs, n.471/1997), € 131.715,09 per sanzione I VA (art 5 co. 4 D. Lgs n. 471/1997) per un totale di € 236.140,69;
-la CTP accoglieva il ricorso parzialmente, con riferimento al calcolo RAGIONE_SOCIALE sanzioni, da rielaborarsi «alla stregua del d.lgs. n. 472 del 1997 come novellato dal d.lgs. n. 158 del 2015»;
-appellava l’Ufficio mentre i contribuenti proponevano appello incidentale;
-con la sentenza qui gravata, il giudice dell’appello ha accolto l’impugnazione dell’Ufficio ;
-ricorrono a questa Corte i contribuenti con atto affidato a quattro motivi; l’RAGIONE_SOCIALE ha depositato atto di
costituzione in vista della pubblica udienza e successivamente ha depositato memoria;
-i ricorrenti con la propria memoria ex art. 378 c.p.c. hanno eccepito l’inammissibilità di tale memoria;
Considerato che:
-va in primo luogo dichiarata inammissibile la memoria depositata dall’RAGIONE_SOCIALE Finanziaria in data 29 marzo 2024; invero, essa RAGIONE_SOCIALE non ha depositato nei termini proprio controricorso -non potendo qualificarsi in tal senso il mero atto di costituzione depositato in data 12 marzo 2024 -e pertanto ha perduto la facoltà di depositare memorie;
-nel giudizio di cassazione è infatti irricevibile la memoria difensiva presentata in prossimità dell’udienza con la quale la parte che non ha depositato il controricorso spiega, per la prima volta, le ragioni di resistenza al ricorso, perché, in assenza di controricorso, la parte intimata non può presentare memorie (v. Cass., 15/11/2017, n. 27140 citata in motivazione da Cass. n. 5798/2019);
-venendo ora all’esame RAGIONE_SOCIALE censure dedotte in ricorso, osserva la Corte che il primo motivo si incentra sulla violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 12 disp. legge in generale., in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c. per giudicato esterno; secondo i ricorrenti la sentenza n. 1131/2017 R.G., passata in cosa giudicata, ha riconosciuto il diritto al rimborso del credito IVA anno 2014 di € 87.500. Il giudicato sul diritto al rimborso di € 87.500 IVA anno 2014, comporta che i provvedimenti di sospensione e di diniego RAGIONE_SOCIALE stesso rimborso sono elusivi di tale giudicato, come lo è l’avviso di accertamento che recupera lo stesso credito IVA anno 2014 nella misura di € 112.577 in
violazione del giudicato che ha statuito per l’anno 2014 il diritto al rimborso IVA nella misura di 87.500 e non un debito di € 112.577 di quest’ultimo in favore dell’RAGIONE_SOCIALE Finanziaria;
-in sintesi, ci si duole dell’errore del giudice di merito che avrebbe ritenuto che la questione dei presupposti del rimborso I.V.A. anno 2014 non fosse neppure incidentalmente trattata dalla sentenza n. 1131/17 passata in giudicato; inoltre, secondo la sentenza impugnata, non sarebbe ipotizzabile che in un giudizio per la sospensione del rimborso, avente natura cautelare, si possa formare il giudicato sul rapporto;
-il motivo è infondato;
-come parte ricorrente precisa a pag. 41 del ricorso per cassazione, ai fini dell’accertamento del diritto al rimborso di € 87.500 IVA anno 2014 si invoca il giudicato riguardante il giudizio n. 451/2016 R.G., definito con la sentenza n. 1131/2017;
-in tale giudizio, però, «si verteva sulla legittimità del provvedimento di sospensione di detto rimborso che trovava il suo titolo non già nell’avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO bensì su avviso bonario di irregolarità ex art. 36 bis DPR 600/73 successivamente sgravato, con conseguente venir meno del fattore ostativo al rimborso dato, in relazione a quel giudizio, da asseriti debiti per irregolarità pregresse» (pag. 38 ricorso);
-orbene, come scrive la sentenza di primo grado «alcun giudicato si è formato sulla questione afferente al credito di € 87.500 contestato dall’RAGIONE_SOCIALE con l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO del 10 gennaio 2019 (giudizio 402/19) posto che il giudizio n. 1131/2017 verteva sulla legittimità del
provvedimento di sospensione di detto rimborso che trovava il suo titolo non già nell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO bensì su avviso bonario di irregolarità ex art. 36 bis DPR 600/73 successivamente sgravato, con conseguente venir meno del fattore ostativo al rimborso dato, in relazione a quel giudizio, da asseriti debiti per irregolarità pregresse. La questione afferente ai presupposti legittimanti l’Iva annualità 2014 non risulta, quindi, risolta quale antecedente di fatto del provvedimento di sospensione impugnato con il ricorso a cui è seguito il giudizio conclusosi con la sentenza n. 1131/17; al contrario, è l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, una volta ritualmente impugnato, che. sarà oggetto di esame essendo pregiudiziale la statuizione di merito sulla questione di fatto e di diritto circa la spettanza del credito rispetto ai procedimenti di sospensione dei quali costituisce la premessa logica indispensabile e non il contrario non essendo ipotizzabile, all’interno di un procedimento sostanzialmente cautelare, il formarsi di un giudicato sul rapporto»;
-alla luce di ciò, secondo la CGT di 2 grado è chiaro che «la questione già decisa, con provvedimento passato in giudicato, attenga a una diversa problematica, sicché quella afferente ai presupposti legittimanti l’IVA, annualità 2014, non risulta decisa quale antecedente logico della sentenza ormai definitiva»; tale affermazione risulta invero corretta;
-il giudicato invocato riguardava in effetti altro, vale a dire la legittimità del provvedimento di sospensione del rimborso iva che è stato annullato dalla sentenza n. 1131/17 perché «la società ricorrente ha documentato lo sgravio successivo all’emissione del provvedimento di sospensione dell’avviso n.
TD4102122321434310000001/D ed il pagamento RAGIONE_SOCIALE somme indicate nelle altre comunicazioni (già oggetto di rateizzazione) e l’RAGIONE_SOCIALE non ha contestato tale circostanza»; sono quindi intervenute circostanze successive che hanno eliminato i fattori ostativi al rimborso richiesto con conseguente annullamento del provvedimento di sospensione;
-il secondo motivo lamenta la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112 c.p.c. e 57 d. Lgs. 546/1992, 36 e 61 D. Lgs. n. 546/1992 e 132 comma 1 n. 4 c.p.c.; art. 118 disp. att. c.p.c., 111 comma 6 e 24 Cost., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.; secondo i contribuenti, l’impugnata sentenza, redatta con la tecnica della motivazione “per relationem”, è viziata da motivazione apparente e da “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, non contiene gli elementi previsti dagli artt. 36 e 61 d. Lgs. n. 546/1992, non riportando e non valutando gli atti processuali e le censure formulate nei motivi di appello incidentale;
-il motivo è inammissibile, sotto un primo profilo;
-esso invero presenta una per mescolanza di censure incompatibili, quale il vizio motivazionale assoluto e l’omessa pronuncia sull’appello incidentale;
-sotto un secondo profilo il motivo è, comunque, del tutto infondato; da un lato, la motivazione attinge il cd. ‘minimo costituzionale’ (Cass. sez. un. n. 8053 del 2014), non ricorrendo né motivazione apparente né contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, vizi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, devono emergere dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v. anche
Cass. n. 7090 del 2022); d’altro lato, non risulta alcuna omessa pronuncia in ordine all’appello incidentale avendo sul punto la sentenza gravata espresso la propria valutazione;
-invero, con l’appello principale l’Ufficio aveva chiesto la conferma RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate, deducendo che il credito IVA per il 2014 era stato utilizzato in più occasioni, sicuramente per un importo di euro 58.583,25, a far data dal 18.3.2015 al 18.1.2026; con le controdeduzioni in appello i contribuenti avevano dedotto l’irrilevanza dell’utilizzo per euro 58.583,25, in quanto inferiore al credito IVA della RAGIONE_SOCIALE, e con l’appello incidentale avevano aggredito la sentenza di primo grado laddove aveva ritenuto legittimo il recupero di euro 112.577 (v. pag. 80 del ricorso);
-la CGT accoglie l’appello principale osservando che l’Ufficio appellante «ha dimostrato che il credito IVA 2014 è stato utilizzato in diverse occasioni dal 18/03/2015 al 18/01/2016, per come risulta dai modelli F24 che sono stati prodotti in appello. Secondo quanto ritenuto da prevalente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ. sez. V, n. 17231/2019), la dimostrazione dell’avvenuto utilizzo del credito non rappresenta nuovo petitum, potendo essere fatta valere in sede di gravame, poiché strettamente riferita alla pretesa avanzata nel provvedimento tributario opposto, il cui giudizio di natura impugnatoria investe sia il petitum che la causa petendi», concludendo che «la misura RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate appare legittimamente determinata»;
-anche l’appello incidentale è stato affrontato e deciso dalla CGT, che afferma, testualmente, di condividere l’impianto argomentativo della sentenza di primo grado, che aveva
ritenuto la debenza dell’importo di euro 112.577, rigettando quindi il gravame;
-il terzo motivo denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112 c.p.c. e 57 d. Lgs. 546 del 1992, in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.; secondo i ricorrenti il giudice a quo , in violazione dell’art. 57 del d. Lgs. 546 del 1992, erroneamente ha mancato di dichiarare, anche d’ufficio, come avrebbe dovuto, inammissibili le domande nuove proposte nel ricorso in appello dall’RAGIONE_SOCIALE la quale, dopo avere richiesto nel giudizio di primo grado il parziale accoglimento del ricorso, ha proposto appello chiedendo la conferma integrale della pretesa impositiva;
-il motivo è infondato;
-dalla lettura del ricorso per cassazione, che trascrive le conclusioni in appello dell’RAGIONE_SOCIALE Finanziaria , si evince che essa, che in primo grado aveva riconosciuto la spettanza del rimborso per euro 87.500, ha concluso chiedendo «nel merito, in riforma della sentenza impugnata, limitatamente alla parte relativa alla misura RAGIONE_SOCIALE sanzioni, accogliere l’appello dell’Ufficio e dichiarare legittimo l’avviso di accertamento anche in relazione alla misura RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate» (pag. 29);
-in sostanza, l’Ufficio ha soltanto chiesto il riconoscimento, negato in primo grado, della legittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate nei confronti del contribuente;
-poiché la debenza e la misura RAGIONE_SOCIALE sanzioni ha formato oggetto sia del giudizio di primo grado, sia del giudizio di appello e poiché il profilo relativo alla somma di euro 87.500 è stato dall’Ufficio escluso dalle proprie pretese sin dal deposito RAGIONE_SOCIALE controdeduzioni in primo grado senza ripensamenti o modifiche
della domanda nel grado successivo, deve del tutto escludersi che sussistano nella vicenda processuale domande nuove nei termini in cui suggeriscono i ricorrenti;
-infatti, come chiaramente illustrato da questa Corte (per tutte, si veda Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 15730 del 23/07/2020) si ha domanda nuova -inammissibile in appello -per modificazione della “causa petendi” quando il diverso titolo giuridico della pretesa, dedotto innanzi al giudice di secondo grado, essendo impostato su presupposti di fatto e su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, comporti il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato e, introducendo nel processo un nuovo tema di indagine e di decisione, alteri l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio;
-nulla di tutto ciò si è verificato in questo caso avendo sin dal primo grado l’Ufficio ridimensionato la propria pretesa, senza aver chiesto nulla di contrastante con tale ridimensionamento in grado di appello;
-ne discende l’infondatezza della proposta censura;
-il quarto motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.; secondo la prospettazione dei ricorrenti, il giudice a quo , dal fatto ammesso dall’Ufficio circa l’uso del credito nella misura soltanto di € 58.583,25, ha accertato il fatto decisivo (insussistente) dell’utilizzo dell’intero credito IVA .
-il motivo è fondato;
-orbene, secondo la sentenza impugnata «l’ufficio appellante ha dimostrato che il credito Iva 2014 è stato utilizzato in diverse occasioni dal 18/03/2015 al 18/01/2016, per come risulta dai modelli F24 che sono stati prodotti in appello», ma l’atto di appello del 7 maggio 2020 (pag. 146-151 all. E/10 del c.d. ‘fascicoletto’ dei contribuenti prodotto a questa Corte, come viene trascritto a pag. 30 del ricorso per cassazione) riporta che «il credito IVA 2014 risulta ampiamente utilizzato in più occasioni a far data dal 18/03/2015 e fino al 18/01/2016, per compensazioni di vario tipo, sicuramente (come risulta dagli F24 allegati al presente atto) per un importo di € 58.583,25 » (sottolineatura aggiunta);
-a fronte di tale risultanza la sentenza impugnata si limita invero ad affermare l’utilizzo del credito, senza specificarne la misura; si tratta di un accertamento quantomeno incompleto e pertanto inidoneo a dar conto della fondatezza o meno della questione in fatto sottoposta al giudice del merito;
-si rende quindi necessario il suo rinnovamento, nella forma questa volta completa, ad opera del giudice del rinvio;
-in conclusione, va accolto il solo quarto motivo di ricorso; nel resto l’impugnazione è rigettata;
-la controversia va quindi rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per l’ulteriore corso;
p.q.m.
dichiara inammissibile la memoria depositata dall’RAGIONE_SOCIALE in data 29 marzo 2024; accoglie il quarto motivo di ricorso; rigetta il ricorso nel resto; cassa la sentenza impugnata limitatamente
al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria in diversa composizione alla quale demanda di provvedere anche in ordine alle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2025 e riconvocato il Collegio il 25 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME