Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21529 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21529 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/07/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 14225/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME in forza di procura speciale a margine del ricorso per cassazione (PEC: EMAIL
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle Entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 6134/02/2020, depositata il 9.11.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Messina rigettava il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso un avviso di
Oggetto:
Tributi
accertamento relativo ad Ires, Irap, Iva ed altro, per l’anno d’imposta 2008;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Sicilia rigettava l’appello proposto dalla società contribuente, osservando, per quanto qui rileva, che:
-l’accertamento era stato effettuato con metodo induttivo, non avendo la contribuente presentato, per l’anno 2008, il Modello Unico 2009;
-l’avviso di accertamento era stato sottoscritto dal Capo Area Imprese, dott. NOME COGNOME al quale era stata conferita la delega alla sottoscrizione dal Direttore Provinciale, già allegata nel giudizio di primo grado;
-l’eccezione relativa alla mancata allegazione dello studio di settore non poteva essere presa in considerazione, in quanto l’accertamento non era stato effettuato sulla base degli studi di settore, ma con il metodo cd. induttivo puro; a fronte dell’omessa dichiarazione annuale, infatti, l’Ufficio era abilitato a determinare il reddito complessivo del contribuente facendo ricorso a presunzioni c.d. ‘supersemplici’ , comportanti l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente che, nella specie, non aveva provato l’illegittimità dell’accertamento ;
-l’Ufficio non era obbligato ad instaurare il contraddittorio preventivo;
-non potevano trovare accoglimento le domande dell’appellante circa la richiesta di riconoscimento della perdita dell’anno precedente e del credito IVA, in quanto la società aveva omesso di presentare la dichiarazione per l’anno accertato ;
-era corretta l’applicazione dell’aliquota I VA ordinaria, in quanto la società, oltre alla costruzione di edifici residenziali, svolgeva anche l’attività di costruzione di edifici non residenziali e ad uso
commerciale; pertanto, non potevano essere applicate le aliquote IVA del 4% o del 10%, relative alla costruzione e vendita di immobili ad uso abitativo, essendo le stesse applicabili solo in presenza di specifiche condizioni previste dalla Tabella A, parte II e parte III, allegata al d.P.R. 633/1972;
la contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a sette motivi;
l ‘Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa interpretazione dell’art. 42 , commi 1 e 3, d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per non avere la CTR accolto la domanda pregiudiziale sul difetto di delega in relazione alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento impugnato , posto che l’atto allegato al fascicolo di causa non dimostrava la qualifica attribuita al funzionario delegato e non indicava una valida motivazione per la quale era stata conferita la delega;
il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 -bis cod. proc. civ., essendo la decisione impugnata conforme al principio ripetutamente espresso da questa Corte, secondo il quale ‘ La delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita, ai sensi dell’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, dal dirigente a un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente, avendo natura di delega di firma e non di funzioni, è un atto organizzativo interno all’ufficio, sicché, se lo stesso apparato da cui promana non ne disconosce gli effetti, deve presumersi la sussistenza, in capo al funzionario sottoscrittore, dei requisiti soggettivi dell’appartenenza ai ruoli della carriera direttiva’ ( ex plurimis, Cass. n. 689 del 2025);
con il secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 42 d.P.R. n. 600/1973 e 56 d.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto validamente motivato l’avviso di accertamento , nonostante la mancata allegazione dello studio di settore;
il motivo è infondato;
-l’accertamento effettuato nei confronti della contribuente non si fondava sull’applicazione degli studi di settore, ma era stat o condotto con il metodo induttivo puro, stante la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno oggetto di accertamento; lo studio di settore, come emerge chiaramente dalla sentenza impugnata, è stato utilizzato, quindi, solo come parametro per ricostruire il reddito della contribuente, in mancanza di altri dati dalla stessa forniti e in applicazione, peraltro, del valore minimo di reddittività, come desumibile dai predetti studi di settore presentati da aziende operanti nel territorio della medesima provincia;
con il terzo motivo, deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR dichiarato che l’ Ufficio non aveva alcun obbligo di instaurare il contraddittorio preventivo;
il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile;
occorre innanzitutto ribadire che nei casi -come nella specie – in cui non vi è stato accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale esclusivamente per i tributi “armonizzati”, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto impositivo, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (Cass. Sez. U, n. 24823 del 9.12.2015);
d al perimetro dell’obbligo del contraddittorio restano dunque fuori le imposte non armonizzate, salvo una espressa prescrizione legislativa e, quanto alle imposte armonizzate, come l’IVA, le fattispecie in cui il contribuente non superi la prova di resistenza, ossia quando sia evidente che le ragioni che il contribuente lamenta di non aver fatto valere in occasione di un contraddittorio endoprocedimentale -qualora attuato -non avrebbero comunque determinato l’annullamento dell’atto adottato al termine del procedimento amministrativo, rivelandosi pertanto meramente dilatorie; ciò non significa che alle parti del procedimento amministrativo (Amministrazione e contribuente) debba richiedersi nella fase endoprocedimentale capacità di critica e valutazione delle complessive allegazioni documentali, pari a quelle demandate all’organo giudiziario in sede processuale, ma che la serietà e pertinenza delle allegazioni del contribuente, qualora vagliate dall’Amministrazione finanziaria all’esito della verifica e prima della notificazione dell’atto impositivo, avrebbero potuto incidere sul se e sul contenuto di questo, se celebrato il contraddittorio;
secondo la giurisprudenza unionale, infatti, il positivo superamento della prova di resistenza avviene, quando il contribuente illustra come e in che termini, il procedimento amministrativo, nel caso in cui il diritto di difesa fosse stato rispettato, sarebbe potuto giungere a un risultato diverso (CGUE, 3 luglio 2014, Kamino, C-129/13 e C130/13, punti 78 e 79; CGUE, SC C.F. cit., punto 35);
-sul punto è utile evidenziare che, se il contraddittorio endoprocedimentale è obbligatorio per le imposte armonizzate, ciò non implica, tuttavia, l’insorgenza di un obbligo dell’Agenzia delle entrate di ‘audizione’ del contribuente, ossia un obbligo di convocazione, soprattutto se mancano del tutto i presupposti da cui
l’organo accertatore possa evincere l’intenzione del contribuente di contraddire sugli esiti della verifica;
ciò posto, nel caso in esame non vi sono stati accessi, ispezioni o verifiche presso i locali della società, ma l’accertamento di era svolto presso gli uffici dell’Agenzia, essendo la pretesa scaturita da dati in possesso dell’Agenzia (cfr. p. 3 del ricorso per cassazione);
-il giudice di appello ha poi ritenuto correttamente che non sussistessero i presupposti per attivare il contraddittorio preventivo, sottintendendo che la contribuente non aveva articolato la cd. prova di resistenza;
la ricorrente, peraltro, non ha riportato nel testo del ricorso per cassazione le difese esperite sul punto nei gradi di merito, sicché non può affermarsi che abbia dedotto una valida prova di resistenza, limitandosi ad affermare genericamente che ‘la documentazione allegata al fascicolo di causa avrebbe costituito valido sostegno per evitare la notifica dell’avviso di accertamento od, almeno, ridurre considerevolmente gli effetti della verifica già in sede di contraddittorio’ ;
con il quarto motivo, denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 84 d.P.R. n. 917/1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per non avere la CTR ritenuto fondata l’eccezione riguardante la richiesta di compensare le perdite relative all’anno 2007, regolarmente dichiarate e non rettificate;
il motivo è infondato;
-come ha più volte affermato questa Corte, ‘ In tema di imposta sul reddito delle persone giuridiche, l’esercizio della facoltà di opzione, riservata al contribuente dall’art. 84 TUIR (vigente “ratione temporis”), di utilizzare le perdite di esercizio verificatesi negli anni pregressi portandole in diminuzione del reddito prodotto nell’anno oggetto della dichiarazione, ovvero di non utilizzare dette perdite
riportandole in diminuzione dal reddito nei periodi di imposta successivi, costituisce manifestazione di volontà negoziale e non mera dichiarazione di scienza, con la conseguenza che essa deve essere esercitata mediante una chiara indicazione nella dichiarazione non potendosi a tal fine l’Amministrazione sostituirsi al contribuente’ (Cass. n. 25566 del 2017 e n. 16977 del 2019);
avendo la contribuente omesso di presentare la dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2008, non era stata espressa alcuna dichiarazione in tal senso;
con il quinto motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 39 d.P.R. n. 600/1973 e 109, comma 2, n. d.P.R. 917/1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. , per non avere la CTR analizzato le prove documentali (ispezioni ipotecarie) depositate dal contribuente, dando valore incondizionato alle conclusioni dell’Agenzia delle entrate;
il motivo è inammissibile, in quanto mira alla rivalutazione dei fatti prospettando un nuovo apprezzamento delle prove, rimesso alla esclusiva valutazione del giudice di merito ( ex multis , Cass. n. 3340 del 5/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017);
con il sesto motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 d.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per non avere la CTR accolto la doglianza della contribuente, con la quale era stato chiesto che almeno il credito IVA, maturato e divenuto definitivo nell’anno 2007, fosse compensato con l’imposta a debito, accertata per l’anno 2008 ;
il motivo è fondato nei termini di seguito indicati;
come hanno affermato le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un. 8 settembre 2016, n. 17757), “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di
dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili” ;
le Sezioni Unite hanno osservato che «nel complesso normativo e nel formante giurisprudenziale dell’UE emerge (..) che il fatto costitutivo del rapporto tributario col fisco nazionale è ravvisato dalla effettività e liceità dell’operazione, mentre obblighi di registrazione, dichiarazione e consimili hanno una diversa funzione meramente illustrativa e riepilogativa dei dati contabili, finalizzata ad agevolare i controlli dell’Amministrazione finanziaria per l’esatta riscossione dell’imposta. L’esercizio del diritto di detrazione dell’eccedenza IVA, che deve essere tutelato in modo sostanziale ed effettivo, va dunque riconosciuto a fronte di una reale operazione sottostante, la cui prova certa può essere acquisita dai dati risultanti dalle fatture o da altro documento equivalente, come, ad esempio, la documentazione contabile, essendo, invece, a tal fine poco rilevante l’osservanza degli obblighi dichiarativi »;
-l’Amministrazione finanziaria non può, quindi, pretendere la restituzione dell’IVA per ragioni meramente formali, se non risultano mancanti anche i requisiti sostanziali del diritto alla detrazione, come
viene richiesto anche dalla giurisprudenza unionale (causa C-590/13 RAGIONE_SOCIALE ), secondo la quale «i requisiti sostanziali del diritto a detrazione sono quelli che stabiliscono il fondamento stesso e l’estensione di tale diritto, quali previsti all’art. 17 della sesta direttiva» (punto 41), mentre «i requisiti formali del diritto a detrazione disciplinano le modalità e il controllo dell’esercizio del diritto medesimo nonché il corretto funzionamento del sistema dell’IVA, quali gli obblighi di contabilità, di fatturazione e di dichiarazione. Tali requisiti sono contenuti negli artt. 18 e 22 della sesta direttiva» (punto 42). Pertanto, «per quanto riguarda gli acquisti intracomunitari di beni imponibili, i requisiti sostanziali esigono, come emerge dall’art. 17, paragrafo 2, lettera d) della sesta direttiva, che tali acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, che quest’ultimo sia parimenti debitore dell’IVA attinente a tali acquisti e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili» (punto 43);
– il principio sopra richiamato è stato ulteriormente precisato nel senso che il diritto alla detrazione deve essere riconosciuto anche nel caso di violazione di requisiti formali di cui agli artt. 18 e 22 della direttiva n. 77/388/CEE (cd. sesta direttiva) – quali la mancata redazione delle dichiarazioni periodiche o di quella annuale, ovvero l’omessa tenuta del registro IVA acquisti – qualora il contribuente dimostri, mediante fatture o altra idonea documentazione contabile, il rispetto dei requisiti sostanziali di cui all’art. 17 della citata direttiva, purché detto diritto venga esercitato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello nel quale è sorto ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 322 del 1998 (Cass. 27 luglio 2018, n. 19938);
la regola della prevalenza dei requisiti sostanziali su quelli formali trova un limite solo in due casi: il primo ricorre quando l’inosservanza
di alcuni requisiti formali abbia prodotto l’effetto di impedire l’acquisizione della prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali, mentre il secondo si configura quando il soggetto passivo abbia partecipato intenzionalmente ad una frode fiscale (Corte Giust., 17 ottobre 2019, C-653/18, Unitel sp. z.o.o. ; Corte Giust., 28 luglio 2016, C-332/15, NOME COGNOME ; Cass. n. 143 del 5/01/2022);
la questione investe, dunque, il piano probatorio, nel senso che occorre verificare se, nonostante il mancato rispetto dei requisiti formali (omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA, omessa tenuta della regolare contabilità, omessa presentazione delle dichiarazioni IVA periodiche), il contribuente, in quanto acquirente, sia in grado di provare di avere diritto di recuperare l’imposta pagata a titolo di rivalsa, dimostrando in concreto che gli acquisti sono stati fatti da un soggetto passivo d’imposta in possesso di fattura, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili (Cass. n. 17757/2016 cit.);
a tale proposito occorre ribadire che, in tema di IVA, ove la sua eccedenza risulti dalle liquidazioni periodiche, ma sia stata omessa la dichiarazione annuale, il contribuente, per portarla in detrazione, deve provarne, anche esibendo i registri IVA e le relative liquidazioni, le fatture ed ogni altra documentazione ritenuta utile, i requisiti sostanziali, ossia che gli acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, parimenti debitore dell’IVA agli stessi attinente, e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili, (Cass. n. 6921 del 17/03/2017; n. 5129 del 27/02/2025);
-il diritto alla detrazione dell’eccedenza IVA, in caso di mancata redazione delle dichiarazioni periodiche o di quella annuale, inoltre, è consentito, ma non senza limiti temporali, dovendo il contribuente dimostrare di averlo esercitato entro il termine di decadenza previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno
successivo a quello nel quale è sorto ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 322/1998, ratione temporis vigente (Cass. 27 luglio 2018, n. 19938; Cass. 3 aprile 2018, n. 8131);
tale limite temporale è conforme al diritto unionale, avendo la Corte di Giustizia UE chiarito che il diritto alla detrazione può essere esercitato anche oltre il periodo di imposta, purché ciò avvenga nel rispetto delle normative di diritto interno, non potendo il diritto di detrazione essere esercitato senza limiti di tempo (Corte di Giustizia UE, C-332/15 cit., punti 32 e 33), per cui non osta al diritto dell’Unione una norma di diritto interno che preveda che il diritto di detrazione sia sottoposto a decadenza, purché sia rispettato il principio di equivalenza (Corte di Giustizia UE, 14 ottobre 2021, C45/20 e C-46/20, punti 59 -62);
al riguardo occorre precisare che, trattandosi di decadenza stabilita dalle leggi fiscali in favore dell’Amministrazione finanziaria, la stessa è pacificamente rilevabile d’ufficio, persino in sede di legittimità in quanto attinente a situazioni indisponibili determinate dall’esigenza di assicurare la stabilità delle entrate tributarie entro un periodo di tempo definito (Cass. n. 20617 del 29/09/2020; n. 16432 del 12/06/2024);
nella specie, il giudice di appello si è limitato ad escludere il diritto della contribuente a detrarre il credito IVA maturato nell’anno 2007, in considerazione dell’omessa presentazione della dichiarazione per l’anno 2008, senza verificare se i requisiti sostanziali del diritto alla detrazione fossero stati dimostrati dal contribuente e se l’esercizio di tale diritto fosse comunque tempestivo, sicché su tale punto il giudice del rinvio dovrà procedere ad un nuovo esame;
con il settimo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui alla tariffa, «Tabella A», parte I e II, allegata al d.P.R. 633/1972 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc.
civ., per non avere la CTR ritenuto errata l ‘aliquota IVA, pari al 20% , applicata dall’Ufficio su tutto il volume d’affari accertato, sebbene oltre la metà delle unità immobiliari costruite a suo tempo dalla contribuente fossero costituite da case per abitazione;
il motivo è inammissibile per difetto di specificità, non avendo la contribuente riportato nel testo del ricorso per cassazione alcun riferimento documentale dal quale si possa evincere che le unità immobiliari fossero destinate ad un effettivo uso abitativo, non essendo sufficiente, ai fini del riconoscimento della citata agevolazione fiscale, la mera formale destinazione urbanistica (Cass. n. 28578 del 2021);
in conclusione, va accolto il sesto motivo nei termini di cui in motivazione, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione, e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata, con riguardo al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 29 aprile 2025