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Credito IVA: come rinunciare al rimborso e usarlo

Una società aveva richiesto il rimborso di un cospicuo credito IVA ma, non potendo fornire la garanzia richiesta, ha formalmente rinunciato alla domanda. Successivamente, ha utilizzato tale credito in compensazione nella dichiarazione dell’anno seguente. L’Agenzia delle Entrate ha contestato l’operazione, sostenendo che la rinuncia non fosse valida. La Corte di Cassazione ha dato ragione alla società, stabilendo che la rinuncia alla richiesta di rimborso non estingue il diritto al credito, che può quindi essere legittimamente utilizzato in detrazione o compensazione, purché ciò avvenga nel rispetto dei termini di legge.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Credito IVA: Rinunciare al Rimborso è Possibile. Ecco Come

La gestione di un credito IVA rappresenta un momento cruciale per la liquidità di un’impresa. La scelta tra richiederne il rimborso o utilizzarlo in compensazione per futuri debiti fiscali è strategica. Ma cosa succede se, dopo aver chiesto il rimborso, si cambia idea o le circostanze mutano? Con l’ordinanza n. 33373 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: la rinuncia alla domanda di rimborso è un’opzione valida e non comporta la perdita del credito stesso.

I Fatti del Caso: un Credito IVA conteso

Una società si trovava titolare di un significativo credito IVA, maturato nell’anno 2013, per un valore di 500.000 euro. Inizialmente, l’azienda aveva optato per la richiesta di rimborso di tale somma. Tuttavia, la procedura si era arenata a causa dell’impossibilità per la società di prestare la garanzia fideiussoria richiesta dall’Agenzia delle Entrate per l’erogazione.

Di fronte a questo stallo, la società ha deciso di cambiare strategia. Con una comunicazione formale via PEC nel marzo 2019, ha rinunciato alla richiesta di rimborso precedentemente avanzata. Successivamente, nella dichiarazione fiscale per l’anno 2014, ha riportato quel medesimo credito per utilizzarlo in detrazione/compensazione.

L’Agenzia delle Entrate, tramite un controllo automatizzato, ha emesso una cartella di pagamento, contestando l’utilizzo del credito. Secondo l’Amministrazione, la procedura di rimborso era ancora formalmente attiva e la rinuncia via PEC non era una modalità idonea a modificarla. Per l’Agenzia, sarebbe stata necessaria una dichiarazione integrativa da presentare entro il 31 dicembre 2018.

La Decisione della Corte di Cassazione e il principio sul credito IVA

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione della Commissione tributaria regionale e dando piena ragione alla società.

I giudici hanno stabilito un principio di diritto cruciale: la libera scelta del contribuente sull’utilizzo del credito d’imposta si manifesta nella dichiarazione dei redditi. Questa manifestazione di volontà, come la richiesta di rimborso, può essere revocata. È importante distinguere tra la rinuncia al diritto di credito e la rinuncia alla richiesta di rimborso. Nel caso in esame, la società ha rinunciato solo alla seconda, non perdendo affatto la titolarità del credito.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha chiarito che la rinuncia alla richiesta di rimborso non equivale a una rinuncia al credito stesso. Il credito, se esistente e legittimo, rimane nella piena disponibilità del contribuente. Una volta formalizzata la rinuncia alla procedura di rimborso, il contribuente è libero di utilizzare tale credito in altre modalità previste dalla legge, come la compensazione, nel rispetto dei termini di decadenza.

La tesi dell’Agenzia, che insisteva sulla necessità di una dichiarazione integrativa entro un termine specifico per modificare la scelta originaria, è stata ritenuta non pertinente al caso di specie. La Corte ha distinto l’ipotesi della modifica della scelta (da rimborso a compensazione), soggetta a termini più stringenti, dalla semplice rinuncia alla domanda di rimborso, che sblocca il credito e ne consente un nuovo utilizzo.

In sostanza, la rinuncia all’istanza di rimborso ha reso il credito nuovamente disponibile per la compensazione, e il suo inserimento nella dichiarazione successiva è stato ritenuto un comportamento legittimo e corretto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante guida pratica per le imprese. Conferma che un contribuente non è prigioniero di una scelta (il rimborso) che si rivela impraticabile. La rinuncia formale alla domanda di rimborso è un atto efficace che non fa perdere il diritto al credito IVA. Quest’ultimo può essere legittimamente riportato nelle dichiarazioni successive per essere utilizzato in compensazione, a condizione che il diritto non sia prescritto. La decisione rafforza la posizione del contribuente, garantendo flessibilità nella gestione dei crediti fiscali di fronte a ostacoli procedurali.

È possibile rinunciare a una richiesta di rimborso di un credito IVA già presentata?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che un contribuente può formalmente rinunciare a una richiesta di rimborso precedentemente avanzata.

Se rinuncio al rimborso, perdo il mio credito IVA?
No. La sentenza chiarisce che la rinuncia alla richiesta di rimborso non comporta la perdita del diritto di credito. Il credito rimane nella disponibilità del contribuente, che può utilizzarlo in altri modi, come la compensazione.

Quale formalità è necessaria per rinunciare al rimborso e utilizzare il credito in compensazione?
Nel caso esaminato, una comunicazione formale (nella fattispecie, una PEC) è stata ritenuta sufficiente per manifestare la rinuncia. La Corte ha respinto la tesi dell’Agenzia delle Entrate secondo cui fosse obbligatoria una dichiarazione integrativa entro termini specifici per questo tipo di atto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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