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Credito IVA: come provarlo senza dichiarazione

Una società omette la dichiarazione IVA ma pretende di utilizzare un credito dell’anno precedente. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 8127/2025, chiarisce che per dimostrare l’esistenza del credito IVA non sono sufficienti le sole risultanze contabili come bilancio e libro giornale. È onere del contribuente fornire prove analitiche, quali fatture e registri IVA, che dimostrino l’effettiva formazione del credito. La Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribadendo il principio secondo cui la prova del diritto alla detrazione deve essere rigorosa e non può basarsi su documenti di sintesi.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Credito IVA e Omessa Dichiarazione: La Contabilità da Sola Non Basta

Può un’azienda far valere un credito IVA maturato in un anno precedente se ha omesso di presentare la dichiarazione fiscale per l’anno successivo? La questione, di grande rilevanza per imprese e professionisti, è stata affrontata dalla Corte di Cassazione. Con una recente ordinanza, i giudici hanno stabilito un principio fondamentale sull’onere della prova: per il riconoscimento di un credito IVA, le sole scritture contabili di sintesi, come il bilancio, non sono sufficienti.

I Fatti del Caso

Una società di costruzioni riceveva un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate per aver omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi e IVA per l’anno 2014. L’accertamento, di tipo induttivo, ricostruiva i ricavi e l’imposta dovuta. La società si opponeva, sostenendo di avere diritto a utilizzare un cospicuo credito IVA risultante dalla dichiarazione dell’anno precedente (2013), regolarmente presentata. A suo dire, questo credito avrebbe dovuto abbattere la pretesa del Fisco. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale davano ragione al contribuente, ritenendo che la prova del credito, fornita attraverso il bilancio e il libro giornale, fosse adeguata e che il diritto sostanziale alla detrazione prevalesse sull’inadempimento formale dell’omessa dichiarazione.

La Decisione della Cassazione sul Credito IVA

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione di secondo grado davanti alla Corte di Cassazione, lamentando un’errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza e rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per un nuovo esame. Il punto cruciale della decisione è la natura e la qualità della prova richiesta per dimostrare l’esistenza di un credito IVA.

Le Motivazioni: L’Onere della Prova del Credito IVA

La Corte ha chiarito che l’onere di provare i fatti costitutivi del proprio diritto ricade interamente sul contribuente che invoca il riconoscimento di un credito d’imposta. Questo principio è ancora più stringente quando, a causa dell’omissione della dichiarazione, l’Amministrazione Finanziaria è costretta a procedere con un accertamento induttivo.

I giudici hanno specificato che il credito IVA non nasce da una mera annotazione contabile, ma dal “meccanismo fisiologico di applicazione del tributo”. Ciò significa che la sua esistenza deve essere dimostrata attraverso la documentazione analitica che ne traccia l’origine. Le risultanze del bilancio e del libro giornale sono state ritenute insufficienti perché rappresentano dati di sintesi, non idonei a comprovare le singole operazioni che compongono il credito (acquisti, vendite, e le relative imposte).

Per fornire una prova adeguata, il contribuente avrebbe dovuto produrre:

* I registri IVA delle vendite e degli acquisti.
* Le fatture (emesse e ricevute).
* Le liquidazioni periodiche dell’imposta.
* Ogni altra documentazione utile a dimostrare l’effettività delle operazioni e del conseguente diritto alla detrazione.

La Cassazione ha sottolineato che, sebbene il diritto sostanziale alla detrazione sia preminente, la sua dimostrazione non può prescindere da un supporto probatorio concreto e analitico, soprattutto in un contesto di inadempienza dichiarativa.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante monito per tutte le imprese. La corretta tenuta della contabilità è essenziale, ma non è sufficiente a garantire la tutela dei propri diritti in sede di contenzioso tributario. La decisione evidenzia tre implicazioni pratiche fondamentali:

1. La diligenza formale è cruciale: Omettere la presentazione della dichiarazione espone il contribuente a un accertamento induttivo e inverte, di fatto, l’onere probatorio, rendendolo molto più gravoso.
2. La prova deve essere analitica: Per difendere un credito IVA, non basta affermare che esista sulla carta. È indispensabile conservare e, se necessario, esibire tutta la documentazione primaria (fatture, registri) che ne attesti la legittima formazione.
3. Il bilancio non è una prova autosufficiente: Sebbene sia un documento fondamentale, il bilancio ha una funzione di sintesi. In un contenzioso fiscale sulla spettanza di un credito, non può sostituire le prove analitiche richieste dalla normativa IVA.

È possibile utilizzare un credito IVA di un anno precedente se non si è presentata la dichiarazione dell’anno successivo?
Sì, ma a condizione che il contribuente fornisca una prova rigorosa, analitica e completa della sua esistenza, che vada oltre la semplice indicazione in bilancio o nel libro giornale.

Quali documenti sono necessari per provare l’esistenza di un credito IVA in un contenzioso?
Secondo la Cassazione, non bastano il bilancio e il libro giornale. Sono necessarie prove analitiche come i registri IVA, le fatture di acquisto e di vendita, e le liquidazioni periodiche dell’imposta.

Su chi ricade l’onere della prova in caso di richiesta di riconoscimento di un credito IVA?
L’onere della prova ricade sempre sul contribuente che invoca il credito. È sua responsabilità dimostrare i fatti costitutivi del proprio diritto, specialmente in caso di inadempimenti formali come l’omessa dichiarazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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