Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8127 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8127 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22178/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO SICILIA n. 3439/2023 depositata il 12/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Dal ricorso per cassazione – stante il sostanziale silenzio della sentenza in epigrafe con riguardo alla fase amministrativa ed al giudizio di primo grado – si apprende quanto segue:
Con avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE/2019 l’Ufficio accertava a norma dell’art. 41 -bis del DPR n. 600 del1973, per omessa contabilizzazione da parte della società, ricavi/corrispettivi conseguiti per complessivi euro 223.970,09 ai fini delle imposte dirette ed IRAP ed una maggiore imposta dovuta ai fini IVA di euro 9.197,01. L’atto opposto scaturiva da una verifica della Guardia di Finanza di Paternò per gli anni dal 2014 al 2016. In particolare, i militari rilevavano che la società non aveva presentato la dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2014 .
La parte presentava ricorso eccependo:
-la nullità dell’impugnato avviso di accertamento per falsa applicazione dell’art. 30 d.p.r. 633/72ell’art. 54 del d.p.r. 633/72 e della circolare n. 34/E del 06/08/2012 .
1.1. Si costituiva l’Ufficio, il quale,
in particolare, riguardo l’eccezione formulata da controparte sul mancato riconoscimento del credito IVA riportato nella dichiarazione anno 2013 regolarmente presentata, evidenziava che l’analisi della spettanza del credito esulava dal presente giudizio. E che, se il contribuente avesse voluto presentare istanza dì rimborso, sarebbe stato cura dell’Ufficio competente riscontrare l’effettività del credito. Si faceva, altresì, presente che la circolare 34/E del 06/08/2012, citata dal ricorrente, riguardava delle fattispecie differenti dalla presente, ovvero quelle di cartelle di pagamento derivanti da liquidazioni automatizzate ex art. 54 -bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
1.2. La CTP di Catania, giusta sentenza n. 6750/2021 pubblicata il 13/08/2021, accoglieva il ricorso, osservando (a termini della testuale riproduzione effettuata nel ricorso per cassazione), che, sebbene la contribuente avesse omesso la dichiarazione del 2014, mentre aveva regolarmente presentato
quella del 2013, ‘il giudice tributario dovrà riconoscere il credito Iva se il contribuente dimostra che sostanzialmente ha diritto alla detrazione. L’omesso invio della dichiarazione Iva da cui emerge un credito, poi riportato nel modello dell’anno successivo, non comporta, quindi, la decadenza dal diritto di far valere tale credito purché lo stesso emerga dalle scritture contabili . Nella specie la ricorrente ha documentato la sussistenza del credito Iva, mentre l’Agenzia delle entrate si è limitata ad affermare la necessità della richiesta di rimborso ‘.
L’Ufficio proponeva appello, sostenendo – alla stregua di quanto riportato nella sentenza in epigrafe – ‘che il contribuente non aveva in realtà dimostrato che il credito IVA dell’anno 2013 trovava conferma nei registri IVA e nelle liquidazioni IVA in essi riportate e che, a differenza di quanto presupposto dai giudici di prime cure, lo stesso credito non era stato riportato nella dichiarazione degli anni successivi in quanto la società, già per il periodo d’imposta del 2014, non aveva presentato alcuna dichiarazione dei redditi’.
2.1. La CGT II della Sicilia, con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello, sulla base della seguente motivazione:
Ed invero, correttamente il primo giudice ha recepito, con una motivazione ampia ed esaustiva, il consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione -di cui alle sentenze dell’8 settembre 2016, n. 17757 e 17758 -in base al quale ciò che conta ai fini della detraibilità dell’Iva è solo il carattere sostanziale ed effettivo del credito da portare in detrazione, dovendosi dare maggior rilevanza, per poter garantire il meccanismo di neutralità del tributo, all’effettiva esistenza del credito piuttosto che ad inadempimenti di natura meramente formale, quali il mancato invio del modello annuale ai fini dell’applicazione dell’Iva.
Nella specie la società ricorrente aveva documentato la sussistenza del credito Iva -come risultante dal bilancio della società al 31/12/2013 e dalla chiusura dei conti del libro giornale depositati in atti -mentre l’Agenzia delle entrate si era limitata ad affermare la necessità della richiesta di rimborso e la necessità di passare attraverso la mediazione e la conciliazione giudiziale,
senza sostanzialmente contestare il credito nel corso del giudizio di primo grado.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo. La contribuente resta intimato.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 55 del d.p.r. 633/72 e 2967 cc, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5, c.p.c. Errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto a fondamento dell’atto impugnato’.
1.1. ‘L’avviso di accertamento impugnato risulta emesso ai sensi dell’art. 39, comma 2, del D.P.R. n. 600/1973 e dall’art. 55 del D.P.R. n. 633/1972, poiché nel caso di specie veniva constatata l’omessa presentazione della dichiarazione’. ‘Per quanto riguarda i costi, dal processo verbale di constatazione notificato è emerso che i militari verificatori, tenuto conto del principio di correlazione tra costi e ricavi, secondo cui è impossibile conseguire ricavi senza sostenere dei costi inerenti all’attività , riconoscevano in detrazione costi ed altre spese per complessivi € 304.103,04, che dal controllo effettuato, sono risultati possedere i requisiti dell’inerenza, competenza e determinabilità, previsti dall’art. 109 del TUIR’. ‘La parte non effettua alcuna contestazione sulla ricostruzione degli imponibili ai fini dell’imposizione diretta e dell’IVA, peraltro derivanti dalle registrazioni contabili effettuate dalla stessa società e concentra, in toto, la propria difesa sul recupero effettuato ai fini IVA, contestando il mancato riconoscimento, in sede di accertamento, del credito IVA della società indicato nella dichiarazione IVA relativa alla annualità precedente’. ‘l contribuente non ha dimostrato che il credito IVA dell’anno 2013 trova conferma nei registri IVA e nelle liquidazioni IVA in essi riportate. Non sono stati prodotti in giudizio i registri IVA, né tantomeno le fatture emesse e ricevute negli anni di formazione del paventato credito IVA. La parte, quindi, non ha
prodotto alcuna documentazione idonea a dimostrare la formazione del credito IVA, riportato nelle dichiarazioni delle annualità precedenti a quella omessa. Erra. quindi il giudice quando statuisce che la parte ha adeguatamente documentato mentre l’Ufficio non ha sostanzialmente contestato il credito. L’Agenzia delle Entrate non avrebbe potuto accertare l’esistenza del credito in sede giudiziale in quanto non sono state prodotte le scritture contabili previste dalla legge. Inoltre, nel caso che ci occupa, il credito IVA non è stato riportato in alcuna dichiarazione degli anni successivi. La società, nonostante risulti ancora nel normale svolgimento dell’attività, non ha presentato alcuna dichiarazione fiscale per gli anni successivi al 2014’. ‘Si insiste, altresì, sulla irrilevanza della sussistenza o meno del credito rispetto al thema decidendum in quanto ciò che rileva per il presente giudizio è la legittimità dell’accertamento posto in essere dell’Ufficio nel rispetto delle norme di riferimento. Su tale aspetto i giudici di entrambi i gradi hanno ritenuto di non doversi esprimere dando esclusivo rilievo alla sussistenza o meno del detto credito’.
1.2. Il motivo è fondato.
Costituisce un dato di fatto che, non avendo la contribuente presentato la dichiarazione del 2014, l’Ufficio ha legittimamente proceduto ad accertamento induttivo ai sensi dell’art. 39, comma 2, DPR n. 600 del 1973, tra l’altro riconoscendo i costi comunque appurati come inerenti.
La contribuente, onde vedersi riconosciuto il credito di IVA esposto nella dichiarazione 2013 regolarmente presentata, era onerata di allegarne e documentarne esistenza e consistenza.
Al riguardo, la CGT II afferma che essa ‘aveva documentato la sussistenza del credito Iva’ in quanto ‘risultante dal bilancio della società al 31/12/2013 e dalla chiusura dei conti del libro giornale depositati in atti’.
Nondimeno, ai fini della prova di un credito di IVA, le mere risultanze del bilancio e del libro giornale sono, in quanto tali, insufficienti, atteso che la prova della sussistenza dei presupposti sostanziali di tale credito, che incombe su chi pretende il rimborso, sebbene, in caso di incolpevole impossibilità di produrre le scritture contabili e di impossibilità di acquisire copia delle fatture dai fornitori, possa essere comunque fornita, anche attraverso presunzioni, deve però essere necessariamente analitica, in ragione delle singole voci che compongono la massa, nascendo il credito dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo .
Il principio testé esplicitato è immanente nella giurisprudenza di legittimità.
Valga il vero.
In ragione del fatto che il credito di IVA sorge dal ‘meccanismo fisiologico di applicazione del tributo’, la prova del credito si conforma allo ‘standard’ probatorio, di matrice anche unionale, relativo a tale ‘meccanismo’.
E dunque anzitutto, su un piano generale, questa Suprema Corte insegna che ‘incombe sul contribuente, il quale invochi il riconoscimento di un credito d’imposta, l’onere di provare i fatti costitutivi dell’esistenza del credito, e, a tal fine, non è sufficiente l’esposizione della pretesa nella dichiarazione, poiché il credito fiscale non nasce da questa, ma dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo’, ritiene corretto il disconoscimento di ‘crediti vantati a titolo di IVA ed IRPEG’ per non avere il contribuente fornito ‘la prova dell’esistenza degli stessi mediante esibizione del registro IVA delle vendite e del bilancio di esercizio’ (Cass. n. 18427 del 2012).
Più dettagliatamente, una recente pronuncia (Cass. n. 18642 del 2023), intervenuta in una fattispecie di ‘disconoscimento di un credito IVA (derivante dalla differenza fra l’IVA calcolata sulle vendite e quella assolta sugli acquisti), avendo la società contribuente omesso di presentare, , la dichiarazione IVA annuale e non avendo esibito le relative fatture’, premesso che
se non si attiene , spetta al fornire adeguata prova dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione, dimostrando che, in quanto destinatario di transazioni commerciali, è debitore dell’IVA e titolare del diritto di detrarre l’imposta (Cass. n. 7576 del 15/04/2015; Cass. n. 6921 del 17/03/2017) (par. 3.3, p. 5),
ribadisce che,
per quanto riguarda la prova del diritto alla detrazione, l’accertamento in fatto da parte del giudice di merito deve essere svolto con la latitudine suggerita dalla giurisprudenza unionale (C -85/95, Reisdorf), non essendo sufficienti le sole avvenute liquidazioni periodiche, ma occorrendo anche l’esibizione dei registri IVA e delle relative liquidazioni, delle fatture e di ogni altra documentazione utile (Cass. n. 6921/2017 cit.) (par. 4, ivi),
con l’unico seguente temperamento a termini del quale,
sebbene la detrazione sia subordinata, in caso di contestazione da parte dell’Ufficio, alla relativa prova, che deve essere fornita dal contribuente mediante la produzione delle fatture e del registro in cui vanno annotate, ‘ove lo stesso dimostri di trovarsi nell’incolpevole impossibilità di produrre tali documenti e di neppure essere in grado di acquisire copia delle fatture presso i fornitori dei beni o dei servizi, trova applicazione la regola generale prevista dall’art. 2724, n. 3, c.c., secondo cui la perdita incolpevole del documento occorrente alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole non costituisce motivo di esenzione dall’onere della prova, né trasferisce lo stesso a carico dell’Ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso alla prova per testimoni o per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti’ (Cass. n. 9611 del 13/04/2017) (par. 4.1, pp. 5 e 6).
1.3. La CGT ha inosservato i superiori insegnamenti.
Il ricorso per cassazione, che ne occupa, deve essere accolto, con conseguente cassazione con rinvio della sentenza impugnata, per nuovo esame e per le spese.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 13 marzo 2025.