Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24822 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24822 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30888/2018 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: )
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia sez. staccata di Siracusa n. 1426/04/18 depositata in data 28/03/2018;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 10/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Oggetto: recupero credito inesistente
Rilevato che:
–RAGIONE_SOCIALE impugnava l’atto di recupero notificatole con riferimento ai periodi d’imposta 2004 – 2005 con il quale a seguito di processo verbale di constatazione erano sottoposti a controllo gli investimenti agevolati riferiti agli anni dal 2001 al 2006 e rideterminate le percentuali di utilizzo del credito d’imposta per i singoli anni tenendo conto della dotazione finanziaria e della necessaria la copertura delle singole compensazioni;
-l’Ufficio contestava, in particolare, crediti utilizzati in eccesso non suscettibili di formare oggetto di compensazione in sede di presentazione del mod. F24;
-la Commissione tributaria provinciale di Siracusa accoglieva il ricorso;
-appellava l’Agenzia delle entrate e con la sentenza gravata di fronte a questa Corte il giudice dell’impugnazione ha rigettato l’appello;
-ricorre a questa Corte l’Amministrazione finanziaria con atto affidato a un solo motivo di doglianza;
-la società contribuente non ha svolto attività difensiva in questa sede di legittimità;
Considerato che:
-l’unica censura dedotta lamenta la violazione e/ falsa applicazione dell’art. 27 c. 16 del d.L. n. 185 del 2008, conv. in L. n. 2 del 2009; dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 , in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. , per avere il giudice regionale erroneamente ritenuto che i crediti portati in compensazione dalla contribuente non erano da considerarsi inesistenti ma solo non validamente utilizzati, quindi non spettanti, con conseguente altrettanto erronea applicazione del
più breve termine decadenziale per il loro accertamento – di quattro anni -in luogo del più ampio termine di otto anni;
-il motivo è fondato;
-il giudice dell’appello è effettivamente incorso nell’errore di diritto denunciato da parte ricorrente;
-si legge infatti nella sentenza impugnata (pag. 2) una analitica ricostruzione della genesi del credito riferita ai singoli anni dal 2001 al 2006, dalla quale si evince per ciascun periodo di imposta l’importo dell’investimento netto agevolabile, il conseguente credito d’imposta pari alla metà dell’investimento, la successiva altrettanto analitica ricostruzione della dichiarazione o contabilizzazione del credito d’imposta e l’altrettanto puntuale infine indicazione dell’importo utilizzato;
-dopo avere quindi correttamente ricostruito la genesi del credito e dopo aver accertato che a fronte della dichiarazione o contabilizzazione di un importo ne è stato utilizzato sempre un importo assai maggiore, la sentenza di appello non ha tratto da tale ricostruzione fattuale, del tutto chiara e incontrastata, le giuste conclusioni;
-essa infatti ha dimostrato di avere ben chiara la distinzione tra credito inesistente ‘che è quello che risulta tale sin dall’origine, perché artificiosamente rappresentato in sede contabile dichiarativa’, e credito non spettante ‘che è quello che esiste effettivamente ma per varie ragioni non può essere fruito in compensazione nel momento in cui è fatto valere’ (v., sul tema, Cass. sez. un. n. 34419 del 2023), ma nel concreto ha concluso ritenendo, erroneamente, che ‘… i crediti portati in compensazione per gli anni 2004 e 2005 … non erano né inesistenti né frutto di un artificio ma solo non erano ancora validamente utilizzabili..’;
-tale conclusione risulta erronea alla semplice luce della ricostruzione alla quale si è fatto cenno, dalla quale si evince una sistematica dichiarazione a contabilizzazione di un credito (reale) ben diversa nel suo ammontare rispetto al maggior credito utilizzato in compensazione; ciò è spiegabile solo con l’artificioso aumento del credito effettivo, artificioso aumento che costituisce utilizzo di credito nei fatti inesistente, poiché manifestamente maggiore di quello risultante dalle scritture contabili;
-essa risulta poi erronea anche poiché la CTR fonda la propria erronea decisione sulla mancata proposizione da parte dell’Ufficio della denuncia penale ai sensi dell’art. 331 c.p.p. e sulla mancata contestazione da parte dell’Ufficio stesso della commissione di uno dei reati previsti dal d. Lgs. n. 74 del 2000 (ultima pag. sentenza impugnata, primo capoverso), circostanze che di per sé risultano, sotto il profilo in esame, non dirimenti;
-conseguentemente, in accoglimento del ricorso la pronuncia impugnata va cassata con rinvio al giudice dell’appello che rivedrà il fatto alla luce dei superiori principi e provvederà alla liquidazione delle spese di lite dell’intero giudizio;
p.q.m.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia in diversa composizione alla quale demanda di provvedere anche in ordine alle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2025.