Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10642 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10642 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
Cart. Pag. IRPEF 2014
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12690/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrenti –
Contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO
-resistente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 4326/2019, depositata in data 4 novembre 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate – direzione provinciale di Milano procedeva al controllo automatizzato, ex art. 36 bis d.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, della dichiarazione Unico 2015 presentata dal Sig. COGNOME per l’anno d’imposta 2014; il controllo evidenziava l’indicazione in dichiarazione di un credito per imposte pagate all’estero calcolato in violazione della decadenza di cui all’art. 165 TUIR. Con la cartella di pagamento n. NUMERO_DOCUMENTO, l’Ufficio intimava il pagamento della somma di € 84.190,00 a titolo di IRPEF, oltre sanzioni e interessi, il tutto per complessivi € 117.824,00.
Avverso la cartella il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Milano; si costituiva anche l’Ufficio, che chiedeva la conferma del proprio operato.
La C.t.p. di Milano, con sentenza n. 5915/10/2018, rigettava integralmente il ricorso del contribuente confermando la legittimità della cartella di pagamento.
Contro tale sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. della Lombardia; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
Con sentenza n. 4326/15/2019, depositata in data 4 novembre 2019, la C.t.r. adita accoglieva il gravame del contribuente.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo. Il contribuente non ha resistito con controricorso ma ha depositato mera nota di costituzione per la partecipazione all’udienza pubblica. La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 21 febbraio 2025 per la quale il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 165, commi 4, 7 e 8, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) e dell’art. 2946 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto sussistente il diritto del contribuente al rimborso delle
imposte pagate a titolo definitivo su redditi prodotti all’estero negli anni di imposta dal 2009 al 2011 e 2013 nonostante la mancata indicazione del credito nella relativa dichiarazione dei redditi, affermando anche che l’indicazione del credito può intervenire nel termine decennale.
2. In primo luogo, va dichiarata inammissibile la «memoria di costituzione» dell’intimata e quindi non esaminabile il suo contenuto (neppure ivi prospettandosi questioni altrimenti rilevabili di ufficio diverse da quelle di cui appresso) secondo quanto autorevolmente sostenuto (Cass. 20/10/2017, n. 24835): nel giudizio di Cassazione il contraddittorio si instaura – ed al contempo si tutela – mercé la notifica alla controparte di un controricorso (tra le altre: Cass. 03/04/1987, n. 3218; Cass. ord. 30/09/2015, n. 19570), per di più entro il termine rigorosamente stabilito dall’art. 370 cod. proc. civ.; pertanto, sarebbe stato suo onere dapprima notificare il controricorso, quand’anche tardivamente, per potere poi ancora interloquire in vista dell’adunanza camerale non partecipata con la memoria prevista dall’art. 380-bis cod. proc. civ. 3. Di poi, occorre premettere che il nostro sistema tributario, così come le Convenzioni internazionali, prevedono una serie di disposizioni volte ad evitare la doppia imposizione dei redditi percepiti all’estero. Tra i correttivi promossi da parte dei singoli Stati a favore dei propri residenti, vi è l’applicazione del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero. Il riconoscimento di questo credito, in Italia, è legato alla possibilità di soddisfare i requisiti indicati all’interno dell’art. 165 del TUIR. L’attribuzione di un credito d’imposta per le imposte pagate all’estero in relazione a redditi tassati anche in Italia opera sia ai fini della determinazione dell’IRES, sia ai fini dell’IRPEF.
3.1. Ai sensi del comma 1 dell’articolo 165 TUIR, il credito d’imposta è riconosciuto quando ricorrono congiuntamente le tre condizioni di seguito indicate: – conseguimento di un reddito
prodotto all’estero; -concorso del reddito prodotto all’estero alla formazione del reddito complessivo; – pagamento di imposte estere, aventi natura di imposte sul reddito, a titolo definitivo. Il comma 4 del suindicato articolo, poi, stabilisce la regola generale secondo cui la detrazione deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo in cui appartiene il reddito prodotto all’estero al quale si riferisce l’imposta, a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione.
3.2. Nell’ipotesi in cui il pagamento si verifichi successivamente alla presentazione della dichiarazione relativa al periodo in cui il reddito estero ha concorso alla formazione dell’imponibile in Italia, si procede, ex comma 7 dell’art. 165 TUIR, ad una nuova liquidazione dell’imposta dovuta per tale periodo. In tal caso, il credito spettante dovrà essere richiesto in detrazione nella prima dichiarazione utile rispetto al momento in cui si renderà definitiva l’imposizione all’estero, fermo restando che la quota d’imposta italiana e l’imposta netta dovuta, rilevanti ai fini del computo della detrazione, saranno quelle relative al periodo d’imposta in cui il reddito estero ha concorso alla formazione del reddito complessivo.
3.3. Il comma 8 dell’art. 165 TUIR nega il diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero solo in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero. Pertanto, in base a tale disposizione, il contribuente non può fruire del credito di cui all’art. 165 TUIR qualora la dichiarazione relativa all’annualità oggetto di controllo sia omessa o il reddito estero non sia stato dichiarato. Il contribuente «’deve’ dichiarare il reddito percepito all’estero e se pur non fosse obbligato alla dichiarazione (come nel caso del contribuente percettore di soli redditi da lavoro dipendente), nel momento in cui l’imposta versata è definitiva, è comunque tenuto alla sua presentazione quale condizione per la fruizione della detrazione» (Cass. n. 23193/2023).
3.4. Soccorre, all’uopo, giurisprudenza di questa Corte (Cass. 08/11/2024, n. 28801) che ha recentemente inaugurato un orientamento nomofilattico in base al quale, in presenza di un obbligo internazionale incondizionato, assunto dallo Stato italiano nei confronti di un altro Stato, di riconoscere ai contribuenti suoi residenti fiscali la detrazione per le imposte assolte all’estero, l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o l’omessa indicazione del reddito estero nella dichiarazione dei redditi presentata in Italia non opera come causa di decadenza dalla fruizione della detrazione d’imposta (Cass. 19/06/2024, n. 24205). Pertanto, il divieto di doppia imposizione, fondato su obblighi internazionali assunti dallo Stato italiano, comporta il riconoscimento di un credito di imposta ai contribuenti, residenti fiscali in altro Stato, per le imposte già assolte all’estero e l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o l’omessa indicazione del reddito estero nella dichiarazione dei redditi, presentata in Italia, non opera come causa di decadenza da detto beneficio fiscale.
3.5. Nel caso di specie ciò che risulta oggetto di controversia è l’esistenza di una decadenza dalla possibilità di usufruire del credito d’imposta per redditi prodotti all’estero nel caso in cui non si sia proceduto all’espressa indicazione di questo credito nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui il credito è maturato.
Ebbene, dalla disciplina e i principi summenzionati, non si rinviene di certo un termine di decadenza entro il quale il credito d’imposta va indicato per l’utilizzo, facendosi invece riferimento al diverso adempimento della presentazione della dichiarazione afferente all’anno d’imposta in oggetto ed all’espresso inserimento in essa dei redditi prodotti all’estero.
3.6. L’art. 165 TUIR, invero, non dispone un obbligo di indicazione del credito d’imposta, ma, nel rispetto dei principi di competenza,
autonomia e separazione dei periodi d’imposta, richiede più semplicemente che il credito spettante sia “calcolato” con riferimento alle risultanze reddituali dell’anno stesso in cui è sorto. E ciò differentemente dal previgente art. 15 TUIR, che invece disponeva un’espressa decadenza: «La detrazione deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo».
Siffatta previsione di decadenza, tuttavia, è stata volutamente e specificatamente abrogata con il passaggio dal vecchio al nuovo TUIR, laddove il citato art. 15 è stato trasfuso nell’art. 165 TUIR.
Pertanto, la mancanza di una specifica previsione di decadenza per esporre (e quindi usufruire) della detrazione del credito che origina dalle imposte versate all’estero sul medesimo reddito conferma come lo stesso possa essere recuperato nell’ordinario termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 2946 del codice civile.
3.7. Deve, dunque, condividersi la decisone della C.t.r. qui impugnata laddove ha riconosciuto corretta l’esposizione del credito solo nella dichiarazione relativa all’anno d’imposta 2014 (Mod. Unico 2015), essendo il credito stato calcolato secondo le risultanze reddituali degli anni in cui è sorto e mancando uno specifico termine di decadenza per usufruire della detrazione.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale, non si applica l’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 5.600,00 oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15 % oltre ad IVA e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma il 21 febbraio 2025.