Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18215 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18215 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore , con sede nel Regno Unito, rappresentata e difesa per procura in atti dagli Avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali hanno tutti indicato indirizzo p.e.c.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata;
-controricorrente-
avverso la sentenza n.257/2018 della Commissione tributaria regionale del l’Abruzzo -sezione staccata di Pescara, depositata il 15 marzo 2018;
Rimborso credito imposta dividendiConvenzione ItaliaRegno Unito
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME alla pubblica udienza del 3 giugno 2025;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, dichiarato inammissibile il solo terzo motivo;
udito per la ricorrente l’Avv. NOME COGNOME.
Fatti di causa
La controversia trae origine dall’impugnazione da parte della RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) del silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria al l’istanza di rimborso della metà del credito di imposta relativo ai dividendi distribuiti in suo favore, negli anni 2002 e 2003, dalla controllata italiana RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art.10 della Convenzione Italia -Regno Unito contro le doppie imposizioni, ratificata con la legge n.329 del 1990.
L ‘adita RAGIONE_SOCIALE accolse il ricorso con decisione che venne confermata dalla Commissione tributaria di appello con sentenza n.154/2009.
Proposto avverso questa sentenza ricorso per cassazione dall’Agenzia delle entrate e ricorso incidentale da parte della Società, questa Corte, con la sentenza n.10792/2016, depositata il 25 maggio 2018, accolse il primo e quarto motivo del ricorso principale (relativi, rispettivamente, alla qualità di beneficiario effettivo dei dividendi e alla corretta applicazione dell’art. 10 della Convenzione) e rigettato il ricorso incidentale, cassò la sentenza impugnata rinviando al giudice di merito.
Riassunto il giudizio, la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo (d’ora in poi per brevità C.T.R.) , con la sentenza indicata in epigrafe, accolse l’appello proposto dall’Ufficio respingendo l’istanza di rimborso.
In particolare, il giudice del rinvio accertava che nessun elemento valido era stato addotto in giudizio che potesse fondare il sospetto che la Società non fosse il beneficiario effettivo dei dividendi. Riteneva, invece, che la certificazione rilasciata dall’Autorità inglese attestasse solo l’ astratto assoggettamento ad imposta ma nulla dicesse sul fatto che un’imposta sui dividendi fosse stata effettivamente pagata, per cui non poteva dirsi raggiunta la prova di una duplicazione di imposta.
Avverso la sentenza la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso su sei motivi, successivamente illustrato con il deposito di memorie, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Ragioni della decisione
1.C on il primo motivo, articolato ai sensi dell’art.360, primo comma, n.3 c.p.c., la ricorrente denunzia di nullità la sentenza impugnata per non essersi la C.T.R. uniformata al principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione nella sentenza di rinvio, così sintetizzato: ‘ ai sensi dell’art.10 della Convenzione non è sufficiente una generica attestazione di soggezione della società alle imposte sui redditi ma è necessario verificare che la stessa sia soggetta a imposta sui dividendi percepiti dalla società controllata italiana o ancora che i dividendi abbiano avuto uno specifico rilievo impositivo ‘ .
2.Con il secondo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art.10, par.4 , lett.b) della Convenzione, dell’art.14 del d.P.R. n. 917 del 1986 (nella versione applicabile ratione temporis ) e degli artt. 49 e 63 del Trattato TFUE laddove la C.T.R. aveva ritenuto che, ai fini del rimborso, fosse necessario che un’imposta fosse stata effettivamente pagata. In sintesi, secondo la prospettazione difensiva, era evidente l’errore in iudicando commesso dal Giudice di appello in quanto affermare che i dividendi e i crediti di imposta devono essere ‘soggetti all’imposta del Regno Unito’ non significa che, all’esito del
processo di determinazione dell’obbligazione tributaria, un’imposta sia stata necessariamente pagata, essendo necessario e sufficiente che i dividendi e i crediti concorrano alla formazione della base imponibile e, quindi, al calcolo dell’imposta dovuta.
3.Con il terzo motivo la ricorrente denunzia la sentenza di nullità, per difetto del requisito essenziale della motivazione, avendo la C.T.R. esplicitato un percorso logico-giuridico implausibile e contraddittorio laddove, dopo la premessa secondo cui ‘ il certificato attesta che RAGIONE_SOCIALE è soggetta ad imposta nel Regno Unito sui dividendi e sul credito di imposta’ fa conseguire, incongruamente e contraddittoriamente ‘il certificato non attesta che la legislazione inglese preveda, anche solo in astratto, l’ assoggettamento ad imposta dei dividendi’.
4.Con il quarto motivo di ricorso si deduce , ai sensi dell’art.360, primo comma, n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art.113 c.p.c., dell’art.14 della legge n.218 del 1995 e di altre disposizioni di legge per avere la C.T.R. ritenuto che non fosse suo onere accertare d’ufficio il contenuto della legislazione inglese e che , in ogni caso, que ll’ordinamento non prevederebbe l’assoggettamento ad imposta dei dividendi.
La nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art.115 c.p.c. viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num.4 c.p.c., con il quinto motivo, evidenziandosi che la C.T.R. non aveva posto a fondamento della decisione prove decisive, costituite dalle dichiarazioni e dai prospetti di calcolo dell’imposta, nonché dalla pertinente normativa inglese.
Infine, con il sesto motivo, la ricorrente deduce, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 5 c.p.c., l’omesso esame da parte del giudice del rinvio di fatti decisivi per il giudizio costituiti dall’inclusione dei dividendi e dei crediti di imposta imponibili dichiarati dalla Società
e dal prevedere la legislazione inglese, quale metodo per l’eliminazione della doppia imposizione economica, il meccanismo del credito di imposta.
Preliminarmente va accolta l’eccezione svolta , nella memoria, dalla ricorrente di tardività del controricorso, in quanto notificato oltre i termini di legge. Il controricorso, infatti, risulta essere stato spedito per la notifica a mezzo posta in data 7.12.2018, laddove l’avverso ricorso è stato ricevuto dall’Amministrazione finanziaria in data 18.10.2018.
I primi due motivi di ricorso possono, siccome strettamente connessi, trattarsi congiuntamente e sono fondati.
8.1 In materia, nella giurisprudenza di questa Corte si è andato consolidando il principio secondo cui « In tema di imposte sui dividendi azionari corrisposti da una societ à̀ figlia residente in Italia ad una societ à̀ madre residente in Gran Bretagna, il credito d’imposta previsto dall’art. 10, par. 4, lett. b, della Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e la Gran Bretagna, stipulata il 21 ottobre 1988 (ratificata con l. n. 329 del 1990), non è escluso dal riconoscimento dei benefici (nella specie esenzione da ritenuta) della Direttiva madre-figlia n. 453 del 1990 (attuata con il d.lgs. n. 136 del 1993), atteso che detto riconoscimento, secondo l’interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia (causa C-389/18, del 19 dicembre 2019, Brussels Securities), non elimina, necessariamente, il rischio della doppia imposizione economica n é della violazione del principio di neutralità fiscale. Sicch é́ , deve verificarsi in concreto se il meccanismo di tassazione previsto dallo Stato membro elimini effettivamente detto rischio, dovendosi evitare non soltanto la tassazione diretta dei dividendi in capo alla societ à madre, ma anche quella indiretta intesa come conseguenza dell’applicazione di meccanismi che, sebbene accompagnati da deduzioni o esenzioni, possono causare alla societ à̀ madre un
trattamento deteriore rispetto a quello che spetterebbe qualora le due societ à̀ fossero dello stesso Stato, dovendo la percezione dei dividendi essere fiscalmente neutra per la societ à madre, con riguardo all’assoggettamento ad imposta, senza possibilit à di opzione e senza esenzione ai sensi dell’art. 2, a.iii) della Direttiva 2011/96/UE del 30 novembre 2011» (cfr. Cass . n. 2313 del 2020 ; Cass. n. 20646 del 2021, di recente, richiamate in continuità da Cass. 25 maggio 2023 n.14624 ).
E’ stato ulteriormente precisato (seppur con riferimento alla Convenzione Italia/Francia ma con principi applicabili al caso in esame) che «In tema di imposte sui dividendi azionari corrisposti da una societ à figlia residente in Italia ad una societ à madre residente in Francia, il credito d’imposta previsto dall’art. 10 comma 4, lett. b), della Convenzione contro le doppie imposizioni, firmata tra Italia e Francia il 5.10.1989 e ratificata dalla Repubblica Italiana con l. n. 20 del 1992, non è escluso dal riconoscimento dell’esenzione dalla ritenuta prevista dalla Direttiva madre-figlia n. 453 del 1990 (attuata con il d.lgs. n. 136 del 1993), atteso che secondo l’interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia (causa C- 389/18, del 19 dicembre 2019, Brussels Securities), questo secondo beneficio non elimina necessariamente il rischio di doppia imposizione economica n é di violazione del principio di neutralit à̀ fiscale. Peraltro, ai fini del corretto coordinamento dei due meccanismi di tutela dagli effetti distorsivi della doppia imposizione (esenzione e credito d’imposta), la necessaria verifica in concreto della eliminazione effettiva di detto rischio in danno della societ à madre francese – a tutela da trattamenti fiscali deteriori rispetto alla disciplina applicabile ad una societ à̀ madre sedente in Italia -deve essere compiuta mediante l’accertamento che il dividendo distribuito dalla societ à̀ figlia italiana sia compreso, una volta assegnato alla societ à madre francese, nel coacervo dei redditi imponibili in quello Stato,
senza che rilevi se nel concreto quel reddito sia ivi assoggettabile ad aliquota pari, inferiore o superiore a quella altrimenti applicabile in Italia, riconducendosi la disciplina nel principio di neutralit à ed efficienza fiscale internazionale» (così Cass. n. 13845 del 2021).
Tali conclusioni, come compendiate da Cass.n.14624/2023 cit., trovano ulteriore e definitivo riscontro nella motivazione della sentenza n. 20646 del 20/07/2021, che sorregge il seguente principio di diritto: <>.
Pi ù in dettaglio, si afferma che la correlata condizione ‘subject to tax” deve essere intesa nel senso di potenziale assoggettamento ad imposizione in modo illimitato nello Stato di residenza (“full liability to tax’), indipendentemente dall’effettivo prelievo fiscale subito, essendo
lo scopo delle fonti multilaterali e delle convenzioni bilaterali quello di eliminare la sovrapposizione dei sistemi fiscali nazionali ed agevolare l’attivit à economica internazionale, come affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 19 novembre 2009, n. 540 (Cass. n. 10706 del 2019; nn. 1967 del 2020, paragrafo 3.8; seguono nello stesso senso decisioni conformi sino ad epoca recente e recentissima, es. Cass. n.26307 del 2020 e n.11035 del 2021, nonch é nn. 6248, 16834, 7108, 5145, 5152 e 25196 del 2022).
8.2 Alla luce di tali, ormai consolidati, principi la sentenza impugnata non solo non si è uniformata, discostandosene, al principio di diritto enunciato da questa Corte nella sentenza che ha disposto il rinvio ma si pone, in parte qua, in contrasto con il diritto vivente espresso in materia da questa Corte (ex plurimis conf. Regno Unito, Cass. n.20646 del 2021, n. 6248 e n. 16834 del 2022; v. Germania, n. 22278 del 2022, v. Francia, n. 25196 del 2022, e Olanda Cass.n.29580/2023), e con il diritto dell’Unio ne secondo l’interpretazione finale offerta dalla Corte di giustizia con decisione (causa C-389/18 del 19/12/2019, Brussels Securities), che compendia, consolida e conclude l’accidentato percorso della giurisprudenza europea (v. sent. 01/10/2009, Gaz de France -Berliner RAGIONE_SOCIALE, C-247/08, punto 27; 8 marzo 2017, Wereldhave Belgium, C-448/15, punto 25; 03/04/2008, Banque F è d è rative du Cr è dit Mutuel, C-27/07, punti 24, 25 e 27; 12/02/2009, Cobelfret, C138/07, punti 29, 30, 41 e 45), con esito patrocinato dalla stessa Commissione dell’UE (v. Observations é crites d é pos é es par la Commission Europ é enne dans l’affaire C- 448/15, Wereldhave).
9. L’accoglimento del primo e del secondo motivo, con cassazione sul punto della sentenza impugnata, comporta l’assorbimento dei restanti. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto -essendo coperta da giudicato interno la qualità in capo alla Società di
beneficiaria effettiva ed essendo sufficiente, per i principi sopra esposti, la prodotta certificazione dell’Amministrazione finanziaria anglosassone- la controversia può essere, altresì, decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso propost o dalla Società.
La peculiarit à̀ delle questioni trattate comporta la compensazione delle spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimit à̀ .
La Corte
P.Q.M.
dichiara inammissibile il controricorso;
accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti;
cassa la sentenza impugnata, nei limiti dei motivi accolti, e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso proposto dalla Società ricorrente;
compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione