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Credito d’imposta trasporti: no aiuti de minimis

Una società cooperativa si è vista negare il credito d’imposta per investimenti in aree svantaggiate poiché svolgeva, seppur in via accessoria, attività di trasporto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, chiarendo che la normativa successiva ha escluso dal beneficio tutte le imprese del settore trasporti, a prescindere dalla prevalenza dell’attività. Inoltre, ha stabilito l’inapplicabilità del regime “de minimis” a questa specifica agevolazione e ha sottolineato che l’onere di provare il rispetto dei limiti di aiuto ricade sul contribuente, prova che in questo caso non è stata fornita.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Credito d’imposta trasporti: la Cassazione chiarisce i limiti

L’accesso alle agevolazioni fiscali è un tema cruciale per le imprese, ma le normative possono essere complesse e soggette a interpretazioni restrittive. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso del credito d’imposta trasporti, negando il beneficio a una società che svolgeva tale attività anche solo in via accessoria. Analizziamo questa importante decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I fatti del caso: una cooperativa tra facchinaggio e trasporti

Una società cooperativa sociale, la cui attività prevalente era il facchinaggio, aveva usufruito del credito d’imposta previsto dalla Legge 388/2000 per gli investimenti in aree svantaggiate. L’Amministrazione Finanziaria, tuttavia, contestava il beneficio, sostenendo che la società svolgeva anche attività di trasporto, un settore esplicitamente escluso da tale agevolazione a seguito di una modifica normativa.

La cooperativa si difendeva affermando che l’attività di trasporto era solo accessoria e, in ogni caso, l’aiuto ricevuto rientrava nel regime “de minimis”, ovvero al di sotto della soglia che richiede una specifica autorizzazione comunitaria. Dopo un complesso iter giudiziario, la questione è giunta all’esame della Corte di Cassazione.

L’evoluzione normativa sul credito d’imposta trasporti

Il punto centrale della controversia risiede nell’evoluzione della normativa. In origine, la Legge 388/2000 escludeva dal credito d’imposta le imprese la cui attività principale rientrasse in settori sensibili, come quello dei trasporti. Tuttavia, il Decreto Legge 138/2002 ha modificato la norma, introducendo un’esclusione tout-court per chiunque svolgesse attività di trasporto per conto terzi, indipendentemente dal fatto che fosse l’attività principale o meno.

La Corte ha ritenuto applicabile questa seconda versione, più restrittiva, poiché il diritto al credito d’imposta non si era ancora consolidato definitivamente prima della sua entrata in vigore. Di conseguenza, la distinzione tra attività principale e secondaria è diventata irrilevante ai fini dell’esclusione.

La questione del “de minimis” e l’onere della prova

L’altro argomento difensivo della società si basava sull’applicazione del regime di aiuti “de minimis”. Secondo la cooperativa, l’importo del credito d’imposta era inferiore alla soglia di €100.000,00 (vigente all’epoca dei fatti) calcolata su tre esercizi finanziari, e quindi non avrebbe dovuto essere contestato.

Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto al contribuente. In primo luogo, ha chiarito che il regime de minimis non era applicabile a questa specifica agevolazione per gli investimenti. In secondo luogo, e in ogni caso, ha ribadito un principio fondamentale: l’onere di provare la sussistenza dei requisiti per beneficiare di un’agevolazione fiscale spetta sempre al contribuente. La società non era riuscita a dimostrare di essere rimasta al di sotto della soglia prevista, mancando di fornire la prova necessaria a sostegno della sua tesi.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su quattro pilastri logico-giuridici chiari e inequivocabili. Primo, il regime di aiuti de minimis non si applica al credito d’imposta per investimenti previsto dall’art. 8 della L. 388/2000, che è cosa diversa dagli incentivi per l’incremento occupazionale. Secondo, la modifica normativa del 2002, che esclude il settore dei trasporti in modo assoluto, era pienamente applicabile al caso concreto, poiché il diritto al beneficio fiscale si consolida solo quando non può più essere contestato dall’ufficio, un momento successivo all’entrata in vigore della nuova legge. Terzo, la nuova normativa non fa distinzioni: l’esclusione opera per chiunque svolga attività di trasporto, anche se non è l’attività prevalente. Quarto, il contribuente che invoca un’agevolazione ha sempre l’onere di dimostrare di possederne tutti i requisiti. In questo caso, la prova del rispetto del tetto de minimis non è stata fornita.

Conclusioni: implicazioni per le imprese

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione per le imprese con attività miste. In primo luogo, evidenzia come le modifiche normative possano avere effetti retroattivi su diritti non ancora definitivamente acquisiti. In secondo luogo, ribadisce il principio che l’onere della prova in materia di agevolazioni fiscali è sempre a carico del contribuente. Non è sufficiente affermare di rientrare in un regime di favore come il de minimis, ma è necessario poterlo dimostrare con documentazione adeguata. Le aziende che operano in settori parzialmente esclusi da benefici fiscali devono quindi prestare la massima attenzione alla normativa applicabile e conservare scrupolosamente ogni prova necessaria a sostenere le proprie ragioni in caso di contenzioso.

Un’impresa che svolge attività di trasporto come attività secondaria può beneficiare del credito d’imposta per investimenti in aree svantaggiate?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, a seguito della modifica normativa del 2002, il settore dei trasporti è escluso dal beneficio tout-court, anche se l’attività di trasporto non è quella principale.

È possibile applicare il regime di aiuti “de minimis” al credito d’imposta previsto dall’art. 8 della legge 388/2000?
No, secondo la sentenza, il regime de minimis non è applicabile a questa specifica agevolazione per gli investimenti, che è diversa dagli incentivi per l’occupazione. Inoltre, la Corte ha specificato che il de minimis per i trasporti si applica a benefici ricevuti con provvedimento formale, non a un’auto-assegnazione di credito d’imposta.

Su chi ricade l’onere di provare i requisiti per beneficiare di un’agevolazione fiscale come il “de minimis”?
L’onere della prova ricade interamente sul contribuente. Nel caso specifico, l’impresa non è riuscita a dimostrare di essere rimasta sotto la soglia di aiuti consentita (€100.000 in tre esercizi finanziari), motivo per cui, anche se il regime fosse stato astrattamente applicabile, la sua richiesta sarebbe stata comunque respinta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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