Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25572 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25572 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5641/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della PUGLIA-BARI n. 1802/2015 depositata il 02/09/2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/09/2024 dal Co: NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La contribuente RAGIONE_SOCIALE sociale denominata ‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE‘ era attinta da avvisi di accertamento basati su pvc redatto il 31 maggio 2005, dove venivano disconosciute le agevolazioni fiscali di cui all’articolo 8 della legge numero 388 del 2000 per gli investimenti nelle aree svantaggiate, acquisiti non con provvedimento di concessione, bensì esponendo un credito di imposta. Nello specifico era emerso che la RAGIONE_SOCIALE svolgeva attività prevalente in materia di facchinaggio, con attività accessoria in materia di trasporto. Senonché sulla base della decisione della Commissione europea numero 1706 del 2002, le imprese esercenti attività di trasporto erano state escluse da tale beneficio, pertanto il legislatore italiano, uniformandosi, con l’articolo 10 del decreto – legge numero 138 del 2002 ha modificato in questo senso l’articolo 8 della prefata legge numero 388 del 2000, estromettendo il settore dei trasporti da quelli agevolati. Sulla base di questo quadro normativo, il giudice di prossimità respingeva il ricorso della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE contribuente, che però trovava apprezzamento delle proprie ragioni in appello, ove il collegio di secondo grado riteneva comunque compatibile con la disciplina comunitaria il regime de minimis ammissibile anche per le imprese esercenti trasporti in applicazione del più generale regolamento n. 1998/2006/CE.
Questa sentenza veniva cassata con rinvio da questa Suprema Corte con sentenza numero 11453, depositata il 23 maggio 2014, rilevando essere stata posta a fondamento della motivazione una questione di diritto rilevata d’ufficio e non prospettata dalle parti, con profili anche inerenti al fatto. Il giudizio veniva riassunto dalla parte contribuente ed esitava nel rigetto delle sue ragioni, donde la medesima RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per Cassazione affidandosi a quattro motivi, cui replica con tempestivo controricorso il patrono erariale.
CONSIDERATO
Vengono proposti quattro motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione degli articoli 62, primo comma, del decreto legislativo numero 546 del 1992, nonché dell’articolo 384, secondo comma, c.p.c., in quanto il giudice di appello avrebbe deciso senza tener conto del fatto che trattavasi di giudizio di rinvio a carattere chiuso e vincolante per cui avrebbe dovuto uniformarsi al principio di diritto espressamente sancito dalla sentenza di questa Corte, senza ampliare il campo della decisione. Nello specifico, questa Corte, con la sentenza di annullamento con rinvio, avrebbe indicato di verificare circostanze di fatto in ordine alla quantità di aiuti de minimis percepiti dalla contribuente, mentre il collegio del rinvio avrebbe deciso escludendo in radice l’applicazione del prefato regime de minimis al caso concreto.
Il motivo non può essere accolto.
Ed infatti, nella citata sentenza di Cassazione con rinvio numero 11453 del 23 maggio 2014, questa Suprema Corte di legittimità ha riconosciuto fosse stata posta a base della decisione una circostanza non di puro diritto, non prospettata alle parti ed ha rinviato ad altra sezione del giudice d’appello per statuire previo
rituale contraddittorio delle parti. Così è stato ed il collegio del rinvio ha ritenuto inapplicabile al caso in esame il regime de minimis , sulla corretta circostanza che la presente controversia attiene alla agevolazione per gli investimenti nelle aree svantaggiate di cui all’articolo 8 della legge numero 388 del 2000, mentre il regime de minimis potrebbe eventualmente trovar luogo nelle ipotesi di cui all’articolo 7, decimo comma, della prefata legge in ordine agli incentivi per l’incremento dell’occupazione. Il credito d’imposta qui disconosciuto attiene proprio all’agevolazione per gli investimenti, per cui correttamente è stata esclusa in radice ogni ipotesi di applicazione del regime de minimis . Nello specifico, altresì, il collegio del rinvio ha precisato come il regolamento sugli aiuti de minimis alle imprese di trasporto riguarda un aiuto o un beneficio ricevuto con provvedimento formale, mentre nel caso in esame si è trattato di auto assegnazione di credito d’imposta (cfr. sentenza impugnata, pag. 2, terzo capoverso). Infine, la stessa sentenza premette che la parte contribuente non ha provato, come suo onere, di avere i requisiti per poter beneficiare della disciplina comunitaria, cioè di non aver superato €.100.000 vi aiuto nell’arco di tre esercizi finanziari (cfr. sentenza impugnata, pag. 1, ultimo capoverso, pagina 2, primo e secondo capoverso).
Il motivo non può quindi essere accolto.
Con il secondo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di rito per violazione dell’articolo 5 del Regolamento n. 1998/2006/CE, nonché dell’articolo 115 del codice di procedura civile, unitamente all’articolo 62, primo comma, del decreto legislativo numero 546 del 1992. Nello specifico, la parte contribuente lamenta che il giudice del rinvio non abbia ritenuto apprezzabili le proprie ragioni, laddove gli aiuti di Stato percepiti fossero comunque inferiori alla soglia di rilevanza comunitaria in allora fissata in €.100.000,00. Pertanto, questo presupposto, l’unico da verificare, avrebbe dovuto
essere posto a fondamento della sentenza in forza dell’articolo 115 del codice di procedura civile che risulta così violato.
Il motivo non può essere accolto, per le stesse ragioni esposte nel motivo che precede, cui si aggiunge ulteriore profilo. Ed infatti la sentenza qui in scrutinio precisa che la RAGIONE_SOCIALE contribuente non abbia provato di essere rimasta sotto la soglia del de minimis nei tre esercizi finanziari, mancando la prova che incombeva a suo carico, trattandosi di credito d’imposta dove il contribuente è attore in senso sostanziale.
Il secondo motivo non può pertanto essere accolto.
Con il terzo motivo si prospetta ancora censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 8 della legge numero 388 del 2000 nonché per violazione dell’articolo 62, primo comma, del decreto legislativo numero 546 del 1992. Nello specifico si contesta che la sentenza di rinvio qui in scrutinio non abbia ritenuto applicabile la versione originaria dell’articolo 8 per la prefata legge, ove erano inserite altresì le imprese di trasporto, applicando invece il testo novellato in forza dell’articolo 10, terzo comma, del decreto – legge numero 138 del 2002. Ed infatti, il testo originario limitava l’esclusione dell’agevolazione in parola alle imprese la cui attività principale rientrasse nel settore dei trasporti, e da allora la RAGIONE_SOCIALE contribuente avrebbe potuto beneficiare pienamente, atteso che è incontestato essa svolgere l’attività di trasporto in percentuale minoritaria, avendo per attività principale quella del facchinaggio. La novellazione le è stata sfavorevole, prevedendo l’esclusione tout-court – a chi svolga (anche in misura non principale) attività di trasporto per conto terzi.
Neppure questo motivo può essere accolto.
Ed, infatti, correttamente la sentenza in scrutinio, a pagina due, penultimo capoverso, ha affrontato la questione, riconoscendo che la novellazione fosse applicabile al caso concreto poiché entrata in
vigore prima che il diritto all’agevolazione fiscale fosse definitivamente acquisito dal contribuente, né la parte ricorrente offre elementi per una diversa interpretazione, confrontandosi (pag. 31 e ss. del ricorso) con la prevalenza o meno dell’attività di trasporto, mentre la ratio decidendi attiene alla circostanza che il beneficio è credito di imposta, quindi definitivamente acquisito quanto non può più essere disconosciuto dall’Ufficio, ovverosia con la decadenza dal potere impositivo, ben successivo all’entrata in vigore del d.l. n. 138/2002, convertito con legge 178/2002, intervenuto proprio nel corso di uno dei due anni di imposta di cui è accertamento (il 2001 ed il 2002).
Pertanto, il motivo non può essere accolto.
Con il quarto motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 4 del codice di procedura civile per violazione falsa applicazione dell’articolo 132, secondo comma, numero 4 dello stesso codice di rito e per violazione dell’articolo 62, primo comma, del decreto legislativo numero 546 del 1992. Nello specifico, si contesta la motivazione apparente poiché il giudice di rinvio avrebbe omesso di rappresentare le ragioni per le quali i plurimi elementi fattuali offerti dalla parte contribuente in giudizio non siano stati ritenuti idonei a dimostrare che la RAGIONE_SOCIALE non svolgesse assolutamente l’attività di trasporto conto terzi, utilizzando i mezzi solo per la sua attività di facchinaggio e pulizia. Deve premettersi che a pagina due -quarto, quinto e sesto capoverso- la sentenza in scrutinio prende in esame gli elementi indicativi delle attività svolte e di quella da ritenersi prevalente, raggiungendo una conclusione sulla scorta dei documenti offerti in giudizio, delle risultanze del PVC e delle dichiarazioni di parte contribuente. Ciò detto il motivo si traduce in una inammissibile richiesta di revisione del merito per raggiungere un risultato opposto al convincimento espresso dal giudice di secondo grado. La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con
ricorso per cassazione conferisce infatti al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (v. Cass., IV, n. 8718/2005, n. 4842/2006, Cass. V, n. 5583/2011).
In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012 (Cass. III, n. 23940/2017).
Nemmeno il quarto motivo può essere accolto, sicché il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €.quattromilacento/00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 11/09/2024.