Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34374 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34374 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
Irpef – legislazione emergenziale – Credito d’imposta
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16798/2017 R.G. proposto da:
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato ,
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. ABRUZZO, n. 110/2017, depositata il 06/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti di NOME COGNOME che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. dell’Abruzzo ha accolto l’appello del contribuente avverso la sentenza della C.t.p. di L’Aquila che aveva rigettato il ricorso spiegato avverso cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973, notificata il 17 aprile 2015, ed impugnata limitatamente al recupero di un credito Irpef per euro 14.534,00 (a fronte di un importo complessivo di euro 36.308,81).
1.1. Il credito oggetto di recupero proveniva ad acconti Irpef, imputabili all’anno 2009, i quali, tuttavia, non erano stati versati dal contribuente; quest’ultimo, infatti, si era avvalso della sospensione dei versamenti, disposta, per il periodo dal 6 aprile 2009 al 30 giugno 2010, con ord. P.d.C.M. n. 3780 del 2009 a seguito degli eventi sismici del 2009. L’U fficio, in particolare – in ragione di quanto stabilito con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 42431 de 16 marzo 2010, delegato dalla legge n. 102 del 2009 relativamente alle riprese dei versamenti dei soggetti residenti nei Comuni ubicati fuori dal c.d. cratere sismico – riteneva che la sospensione riguardasse il pagamento degli acconti dovuti per il 2009, ma nei limiti dell’imposta dovuta a saldo; che, pertanto il beneficio poteva essere riconosciuto per gli acconti (pari nel totale ad euro 29.001,00) ma fino alla concorrenza dell’imposta dovuta a saldo che lo stesso contribuente aveva dichiarato essere pari alla minor somma di euro 14.467.00. Riteneva, infatti, che, in caso contrario, il contribuente avrebbe realizzato un indebito arricchimento.
1.2. Il contribuente impugnava la cartella evidenziando che l’Agenzia delle entrate aveva arbitrariamente applicato il provvedimento del Diretto re dell’Agenzia delle entrate che si riferiva ai soli residenti nei Comuni al di fuori del cratere e che non conteneva il medesimo principio per i residenti nei Comuni allocati all’interno , per i
quali gli acconti sospesi (pari nella fattispecie ad euro 29.001,00) a ndavano riconosciuti per intero. Per l’effetto, poiché l’Irpef a saldo era di importo inferiore rispetto agli acconti, assumeva che era residuato un credito di imposta di euro 14.534,00 correttamente esposto in dichiarazione.
1.3. La C.t.p. rigettava il ricorso.
1.4. La C.t.r. invece, accoglieva l’appello del contribuente. A fondamento della decisione rilevava che, ai sensi dell’art. 33, comma 28, legge n. 183 del 2011, l’ammontare dei tributi ogg etto di sospensione era ridotto al 40 per cento rispetto a quello originariamente dovuto e che alcuna distinzione era dovuta tra imposte dichiarate e accertate, o già versate; che, pertanto, le imposte dovute non dovevano essere pagate integralmente ma solo nella misura del 40 per cent. Aggiungeva che la norma riguardava tutti i tributi ed i contributi.
Considerato che:
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. ed omessa motivazione
Osserva che la C.t.r. aveva riconosciuto il diritto del rimborso anche dell’Iva, sebbene non oggetto di giudizio; che il ricorso era stato proposto solo con riferimento all’I rpef e che risultava totalmente ignorata la questione relativa alla legittimità del disconoscimento del recupero Irpef.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, d.m. 9 apri le 2009, dell’art. 1, comma 1, ord .P.d.C.M. n. 3780 del 2009, dell’art. 25, comma 2, d.l. 1° luglio 2009, n. 78 convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, dell’art. 39 d.l. 31 maggio 2010, n. 78 del 2010 convertito con modificazioni
dalla legge 31 maggio 2010 n. 122, dei Provv. Del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 42341 del 16 marzo 2010 e 151122 del 23 novembre 2010, dell’art. 22 t.u.i.r., dell’art. 14 preleggi, degli artt. 54 e 54bis d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Assume che la C.t.r. ha erroneamente ritenuto ammissibile «il riporto/rimborso/compensazione dell’eccedenza di imposta derivante da acconti ‘ non eseguiti ‘ dal contribuente e l’indebita dilatazione temporale dell ‘agevolazione . Assume che, in ragione delle disposizioni citate, «non ci si trova di fronte ad un doppio binario normativo rigidamente distinto in base ai confini del ‘cratere’, né ad una doppia matrice dell’agevolazione, bensì dinanzi allo stesso beneficio, pur se più marcato per taluni soggetti con riguardo a taluni aspetti (maggior termine di dilazione e minor importo da restituire)».
Il primo motivo è inammissibile.
3.1. Non è controverso tra le parti che la cartella di pagamento veniva impugnata solo con riferimento al recupero dell’importo di euro 14.534,00 indicato nella dichiarazione come credito Irpef e disconosciuto dall’Ufficio . La C.t.r., tuttavia, nella parte terminale della motivazione ha precisato che l’agevolazione riconosciuta dal legislatore non riguardava solo le imposte dirette, ma tutti i tributi e i contributi.
Detta affermazione, tuttavia, è valutabile alla stregua di obiter dictum che non ha inciso sul decisum. Infatti, la C.t.r non ha riconosciuto al contribuente il rimborso di ulteriori imposte rispetto a quanto oggetto di domanda né tanto meno dell’Iva, che non risulta menzionata in sentenza e che non era oggetto del contendere
Va ribadito, pertanto, che la C.t.r. ha accolto il ricorso del contribuente limitatamente a quanto oggetto di domanda, ovvero al recupero del solo credito Irpef di euro 14.534,00.
Il secondo motivo è infondato come già ritenuto da questa Corte in fattispecie analoghe (Cass. 26/04/2024, n. 11242 e Cass. 22/04/2022, n. 12858).
4.1. Dopo gli eventi sismici della primavera 2009, il d.m. Economia e Finanze del 9 aprile 2009 a sospeso i termini relativi ai versamenti tributari scadenti nel periodo fra il 6 aprile ed il 30 novembre 2009 per tutti i soggetti residenti nella provincia di L’Aquila. Successivamente, l’art. 1, comma 2, del d.l. 28 aprile 2009, n. 39, nell’adottare gli interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici, ha individuato il più ristretto ambito dei residenti all’interno del cratere sismico, interessato da eventi calamitosi di maggiore intensità; per questi ultimi, ha stabilito che le misure di agevolazione sarebbero state attuate con apposita ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri. E’ Intervenuta l’ord. P.d.C.M. 3780 del 6 giugno 2009, che per prima ha disposto la sospensione dei versamenti per i residenti all’interno del cratere fino al 30 novembre 2009. Successivamente, l’art. 25, comma 2, d.l. n. 78 del 2009 ha disposto la ripresa dei versamenti a partire da giugno 2010, aggiungendo che le modalità per la relativa effettuazione sarebbero state «stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate». Nel frattempo, il d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, all’art. 39, commi 3bis e 3ter , ha differito al gennaio 2011, per i Comuni interni al cratere, anche la ripresa degli importi non versati dal 6 aprile 2009 al 30 giugno 2010, sempre con centoventi rate mensili senza interessi. L’a rt. 33, comma 28, legge 12 novembre 2011, n. 183, ha disposto che la ripresa della riscossione avvenga a decorrere dal mese di gennaio 2012, anche qui con delega al direttore dell’Agenzia di disciplinare le modalità dei versamenti, e che «l’ammontare dovuto per ciascun tributo o contributo, ovvero per ciascun carico iscritto a ruolo, oggetto delle sospensioni, al netto dei versamenti già eseguiti, è ridotto al 40 per cento». Le concrete
modalità di ripresa dei versamenti da parte dei soggetti residenti all’interno del cratere sismico sono state così disciplinate dal provvedimento direttoriale n. 151122 del 23 novembre 2010, ove è stabilito che il versamento avvenga mediante un numero massimo di centoventi rate mensili di pari importo.
4.2. Così ricostruita la specifica disciplina inerente alla sospensione dei versamenti delle imposte da parte dei soggetti residenti all’interno del cratere, questa Corte ha già ritenuto che è legittimo il mancato versamento dell’acconto Irpef per il 2009 e che, viceversa, è illegittimo il recupero del credito Irpef a saldo ancorché non versato.
Si è chiarito, infatti, che il provvedimento direttoriale n. 42431 del 16.3.2010, il cui par. 3.2 stabiliva che l’importo degli acconti sospesi andasse riferito al limite dell’imposta dovuta a saldo, non si inserisce affatto nella sequenza normativa che ha riguardato la fattispecie qui in esame, essendo espressamente limitato alla disciplina della sospensione nei confronti dei soggetti residenti all’interno della provincia di L’Aquila, ma all’esterno del cratere sismico.
L’assunto della Amministrazione finanziaria, in base al quale la diversa disciplina riguardante i residenti interni al cratere consentirebbe ai contribuenti l’indebita detrazione di acconti non versati non può essere condiviso: non si tratta, infatti, di vantaggio indebito, ma di mero effetto di una legislazione di favore giustificata dallo specifico pregiudizio conseguito ai suoi destinatari dagli eventi sismici verificatisi.
Si è evidenziato che non sussistono nemmeno i presupposti per ravvisare gli estremi dell’abuso del diritto. Quest’ultima fattispecie, per consolidato orientamento si fonda sul principio, immanente all’ordinamento, secondo cui il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali dall’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei a ottenere un
risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio. Siffatto principio non contrasta col canone di riserva di legge, in quanto si traduce «nel disconoscimento degli effetti di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali»; questi ultimi restano inopponibili all’Amministrazione finanziaria «per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell’operazione», tanto da attribuire carattere elusivo ad ogni «operazione economica che abbia quale suo elemento (non necessariamente unico, ma comunque) predominante e assorbente lo scopo elusivo del fisco», carattere viceversa escluso quando tali operazioni possano (in modo non marginale) spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta» (così, fra le altre, Cass. n. 3938/2014).
Si è affermato, pertanto, che nelle fattispecie in esame, in disparte l’assoluta mancanza di operazioni negoziali con finalità elusiva, l’omesso versamento del tributo è determinato dalla diretta applicazione della disciplina di riferimento, ed è esclusivamente giustificato dalle finalità emergenziali di quest’ultima.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1quater , d.P.R., 30 maggio 2002, n. 115.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro 2050,00 a titolo di compenso, oltre al 15 er cento per rimborso forfetario spese generali, iva e cap come per legge.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024.