Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9693 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9693 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
CARTELLA PAGAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12319/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio di quest’ultimo ,
-ricorrente -Contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in RomaINDIRIZZO, presso l’Avv ocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. VENETO, n. 1175/2016, depositata il 07/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE ricorre nei confronti d ell’RAGIONE_SOCIALE , che resiste con controricorso, avverso la sentenza indicata in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha accol to l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della C.t.p. di Venezia che aveva accolto il ricorso avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di procedura automatizzata ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Con detta ultima l’Ufficio, per l’anno di imposta 2010, recuperava maggiori imposte muovendo due rilievi. Con il primo contestava la compensazione di un credito di imposta di importo superiore a quello spettante; con il secondo rilevava che l’esposizione di un credito di imposta per incentivi al cinema, non era stato esposto nella sezione XIX della dichiarazione.
La C.t.p., innanzi alla quale la contribuente impugnava la cartella limitatamente al secondo rilievo, accoglieva il ricorso rilevando che in giudizio era stata dimostrata la spettanza del credito di imposta ed annullava l’intera cartella.
La C.t.r., in accoglimento dell’appello dell’Ufficio , rilevava in primo luogo che la C.t.p . aveva annullato l’intera cartella ultrapetita in quanto la contribuente aveva contestato il solo recupero di cui al secondo rilievo. Quanto a detto ultimo, rilevava che la contribuente non aveva rispettato il disposto di cui all’art. 1, comma 327, lett. c) n. 1) legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria del 2008) il quale imponeva, al fine di poter godere del credito di imposta, che quest’ultimo fosse indicato, a pena di decadenza, sia nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di riconoscimento del contributo sia in quella relativa al periodo in cui il credito era utilizzato. Aggiungeva che l’errore commesso di omessa indicazione del credito
nel quadro RU -avrebbe potuto essere sanato con la rettifica della dichiarazione dei redditi entro il termine per la presentazione di quella successiva ai sensi dell’art. 2, comma 8 -bis , d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322; che, invece, la contribuente aveva presentato la dichiarazione integrativa il 31 dicembre 2013, decorsi tre anni, dopo aver ricevuto la comunicazione di irregolarità ed a ruolo già formato ed esecutivo.
Considerato che:
Con il primo motivo la società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la mancata applicazione del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193 nella parte in cui ha modificato ed integrato l’art. 2, comma 8 -bis d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che fosse irrilevante l’eventuale spettanza del credito di imposta , stante l’espressa previsione normativa secondo la quale, per beneficiarne il credito andava indicato, a pena di decadenza nella dichiarazione e nella parte in cui, ha ritenuto legittima la declaratoria di decadenza dal beneficio. E videnzia che l’art. 2, comma 8 -bis , cit. come modificato in data anteriore alla pronuncia di appello, prevede la facoltà per il contribuente di far valere anche in sede di accertamento o di giudizio eventuali errori, di fatto o di diritto, incidenti sull’obbligazione tributaria; deduce, per l’effetto, che la RAGIONE_SOCIALE ben avrebbe potuto accertare l’esistenza del credito e l’illegittimità della ripresa fiscale.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e/o mancata applicazione del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193 nella parte in cui ha modificato ed integrato l’art. 2, comma 8 -bis d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.
La ricorrente ripropone la medesima denuncia declinando il motivo, non come violazione di norma procedurale, ma come violazione di norma sostanziale.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. l ‘omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, e consistente nell’ insussistenza della decadenza.
Censura la sentenza impugnata evidenziando che la RAGIONE_SOCIALE ha errato nel ritenere che fosse decaduta dal beneficio e che l’Ufficio avesse comunicato detta decadenza. Ribadisce che l’Ufficio non ha comunicato alcuna decadenza e che nemmeno avrebbe potuto farlo stante il disposto di cui all’art. 2, commi 8 e 8 -bis, d.P.R. n. 322 del 1998; che, infatti la dichiarazione integrativa era stata presentata prima del 31 dicembre 2013, dunque ad un anno e mezzo di distanza dal termine per presentare la dichiarazione per l’anno di imposta 2010 –
Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 2, comma 8 -bis d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.
La contribuente ribadisce la dichiarazione integrativa era stata presentata prima del 31 dicembre 2013, a distanza di un anno e mezzo dal termine per la dichi arazione relativa all’anno 2010; che, pertanto, non vi era decadenza.
I motivi, primo, secondo e quarto, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi sono infondati.
5.1. Il credito di imposta oggetto di giudizio è previsto dall’art. 1, comma 327, lett. c) n. 1, legge 24 dicembre 2007 n. 244 (legge finanziaria 2008) in misura pari al 30 per cento RAGIONE_SOCIALE spese sostenute per specifici investimenti nel settore cinematografico.
L’art. 4, comma 3, d.m. 21 gennaio 2010, attuativo del menzionato art. 1, comma 327, lett. c), n. 1, cit. così recita: «I crediti d’imposta spettanti sono indicati, a pena di decadenza, sia nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di riconoscimento del credito, sia nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui i crediti
sono utilizzati, evidenziando distintamente l’importo maturato da quello utilizzato».
La disposizione, pertanto, prevede espressamente la comminatoria della sanzione di decadenza dall’incentivo fiscale in caso di mancata indicazione del credito di imposta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo nel corso del quale il beneficio è concesso. La ratio sottesa a disposizioni di tal fatta va ravvisata dall’esigenza di definire, entro un tempo determinato, l’onere finanziario derivante dal riconoscimento dei crediti di imposta, altrimenti suscettibile di rimanere sospeso a tempo indefinito (cfr. Cass. 12/10/2021, n. 27660).
5.2. Il ricorso allo specifico istituto della decadenza implica la perentorietà del termine presidiato da tale sanzione, con conseguente estinzione del diritto sulla base del dato oggettivo del mancato esercizio del diritto stesso entro il lasso temporale stabilito, indipendentemente da ogni considerazione (Cass. n. 27660 del 2021 cit.)
5.3. Va evidenziato che nella fattispecie in esame la decadenza è connaturata alla struttura dell’istituto, in quanto è coerente con la scelta di accordare il beneficio in relazione all’esercizio fiscale nel corso del quale si siano sostenuti i relativi costi. La mancata indicazione del credito, nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta nel corso del quale è concesso, ne impedisce il riconoscimento in diminuzione dell’imposta altrimenti dovuta (Cass. 06/10/2022, n. 29126, Cass. 30/11/2018, n. 31052).
Il credito in questione non deriva dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo, ma da un beneficio appositamente accordato a fronte di precise scelte politiche, finalizzate a incentivare il settore cinematografico. La mancata indicazione del credito nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta nel corso del quale esso è concesso, dunque, non determina una decadenza formale. Una tale qualificazione, riferita alla decadenza, può riguardare le dichiarazioni di
scienza; sicché non può essere riferita a quella in esame (Cass. n. 29126 del 2022, Cass. n. 27660 del 2021 cit., Cass. n. 31052 del 2018 cit.;).
5.4. L’indicazione nel quadro RU della dichiarazione annuale del credito di imposta in questione è, difatti, atto negoziale e non di scienza, in quanto è volta a mutare (con rettifica in aumento) la base imponibile, e contestualmente ad inserirvi il credito di imposta. Il contribuente al quale sia stato concesso il beneficio può decidere di usufruirne o no; ma, per farlo, deve esprimere la propria volontà all’interno della dichiarazione dei redditi mediante la compilazione del quadro appositamente predisposto dall’Amministrazione (nello stesso senso Cass. 13/12/2021, n. 39681).
Le manifestazioni di volontà aventi valore negoziale sono irretrattabili anche in caso di errore, salvo che il contribuente non ne dimostri, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli art. 1427 e ss. cod. civ., l’essenzialità ed obiettiva riconoscibilità da parte dell’amministrazione finanziaria.
Questa Corte, con consolidato orientamento, ha affermato che, sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di scienza, e possano quindi essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti, nondimeno, quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall’erario, la dichiarazione assume per questa parte il valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile, anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione (tra le più recenti, Cass. 06/10/2022, n. 29126, Cass. 16/07/2020, n. 15241;
Cass. 29/11/2019, n. 31237; Cass. 22/10/2019, n. 26992; Cass. 21/02/2019, n. 5105; Cass. 12/10/2018, n. 25596; Cass. 21/01/2018, n. 610).
5.5. La tesi sostenuta non è in contrasto con l’arresto RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite secondo cui «in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8-bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria (Cass., Sez. U, n. 13378 del 2016 cit.). Le Sezioni Unite, infatti, hanno ribadito che «il principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze».
5.6. In ragione della citata pronuncia a Sezioni Unite, deve ritenersi definitivamente superato il diverso indirizzo secondo cui il credito, ove non contestato, potrebbe essere opposto all’Amministrazione finanziaria, ancorché non indicato nella dichiarazione del periodo di imposta in oggetto. Va ribadito, infatti, che costituisce superiore principio quello secondo cui la generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze (Cass. 15/02/2022, n. 4807, Cass. n. 27660 del 2021 cit).
5.7. A diversa conclusione non può condurre l’introduzione del d.l. 30 dicembre 2016, n. 244 convertito con modificazioni dalla legge 27
febbraio 2017, n. 19, che ha modificato l’art. 2, commi 8 e 8bis , d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.
In primo luogo, tale disposizione prevede la possibilità per il contribuente di far valere in sede di giudizio tributario eventuali errori commessi nella dichiarazione, ma non supera il principio affermato dalle sezioni unite di questa Corte, che limita tale facoltà solo in caso di emenda di dichiarazioni di scienza e non di volontà. In tal senso di è precisato che pur essendo possibile, quanto alle mere dichiarazioni di scienza, depositare una dichiarazione integrativa, nei limiti di cui al citato art. 2, commi 8 e 8bis d.P.R. n. 322 del 1998, tuttavia per le manifestazioni di volontà non è in alcun modo consentito modificare la dichiarazione, che è irretrattabile, salvi i limiti di cui all’art. 1428 cod. civ. Resta fermo, poi, il principio che, non possono essere superate in alcun modo le decadenze previste dalla normativa speciale. (Cass. 15/11/2021, n. 34266).
In secondo luogo tale nuova normativa, in particolare, ha unificato il termine per le dichiarazioni integrative, -sia quelle a favore, sia quelle a sfavore del contribuente -e previsto l’applicazione del termine generale di accertamento di cui all’art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ovvero nel quarto anno successivo alla dichiarazione. In quanto innovativa, perché introdotta a seguito della richiamata pronuncia RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite, essa opera solo per il futuro (Cass. n. 27660 del 2021 cit., Cass. n. 31052 del 2018 cit.).
5.7. Pure irrilevante, nella fattispecie in esame, è il chiarimento reso dall’Amministrazione con la circolare 17 aprile 2009 n. 17/E secondo cui l’omessa indicazione del credito di imposta nel quadro RU poteva essere sanata con la rettifica della dichiarazione dei redditi entro il termine per la presentazione di quella successiva ai sensi dell’art. 2, comma 8 -bis d.P.R. n. 322 del 1998. La C.t.r., infatti, ha
evidenziato che la dichiarazione integrativa era sopraggiunta in 17 dicembre 2013.
5.8. La RAGIONE_SOCIALE si è attenuta a questi principi in quanto, non avendo la società contribuente indicato il credito nella dichiarazione, doveva ritenersi senz’altro decaduta (nello stesso senso, con riferimento a credito di imposta di identica natura cfr. Cass. 16/01/2023, n. 996).
Il terzo motivo è inammissibile.
6.1. La contribuente assume che la RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE. ha erroneamente ritenuto che fosse decaduta dal bene ficio e che l’Ufficio avesse dichiarato il contribuente decaduto. Osserva che l’Ufficio non aveva comunicato alcuna decadenza e che la dichiarazione integrativa era stata presentata prima del 31 dicembre 2013 e, dunque ad un anno e mezzo di distanza dalla dichiarazione per l’anno di imposta 2010. Deduce, per l’effetto, che la RAGIONE_SOCIALEt.RAGIONE_SOCIALE. ha dichiarato una decadenza mai intervenuta.
6.2. La Corte, a sezioni unite, (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053), ha chiarito che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., così come riformulato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività (tra le tante, Cass. 13/06/2022 n. 19049).
6.2. Il motivo in primo luogo non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata. La C.t.r., infatti, nel ritenere il contribuente
decaduto dalla facoltà di rettifica, non ha mai affermato che detta decadenza fosse stata comunicata dall’Ufficio. Quanto alla data della dichiarazione in rettifica, a fronte dell’affermazione contenuta in sentenza, secondo la quale quest’ultima era stata presentata il 31 dicembre 2013, e dunque oltre il termine di decadenza coincidente con il termine per la presentazione della dichiarazione successiva, il contribuente si limita a dedurre, con affermazione generica e inidonea ad escludere la decadenza, che la dichiarazione in rettifica era stata presentata «prima del 31.12.2013, dunque ad un anno e mezzo di distanza dal termine per la presentazione della dichiarazione per l’anno di imposta 2010» . Nel complesso, infine, la contribuente si duole, piuttosto, della valutazione in diritto fatta dalla C.t.r. la quale ha ritenuto maturata la decadenza in ragione della non emendabilità dell’errore e, comunque, della tardiva rettifica.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a corrispondere all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di legittimità , che liquida in euro 5.500,00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2024.