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Credito d’imposta: quando l’investimento è inerente

Una società si è vista negare un credito d’imposta per l’acquisto di un’imbarcazione. L’Agenzia delle Entrate ha contestato la mancanza di inerenza del bene all’attività d’impresa al momento dell’investimento. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 783/2025, ha confermato la decisione sul merito, chiarendo i requisiti di strumentalità, ma ha annullato la sentenza di secondo grado per motivazione carente riguardo le sanzioni, rinviando la causa per un nuovo esame su questo specifico punto.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Credito d’imposta: quando l’investimento è inerente all’attività d’impresa

L’accesso ai benefici fiscali, come il credito d’imposta, rappresenta un’opportunità fondamentale per le imprese che intendono investire e crescere. Tuttavia, la normativa fiscale pone paletti precisi per evitare abusi. Un investimento, per essere agevolabile, deve essere strettamente connesso all’attività aziendale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre spunti cruciali su questo tema, analizzando il caso di una società che si è vista negare il beneficio per l’acquisto di un’imbarcazione destinata a un’attività non ancora formalmente avviata.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore lattiero-caseario decideva di diversificare la propria attività, entrando nel mercato del charter nautico. A tal fine, acquistava un’imbarcazione da diporto e utilizzava in compensazione un cospicuo credito d’imposta previsto dalla legge per i nuovi investimenti. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, notificava un avviso di recupero del credito, ritenendo l’agevolazione non spettante. Secondo l’Ufficio, l’investimento non era inerente né strumentale all’attività principale della società al momento dell’acquisto. La società impugnava l’atto, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale confermavano la legittimità del recupero fiscale.

La Decisione della Commissione Tributaria Regionale

I giudici di secondo grado avevano rigettato l’appello della società basando la loro decisione su tre distinte ed autonome ragioni (rationes decidendi):
1. L’acquisto dell’imbarcazione era avvenuto prima che l’assemblea societaria avesse deliberato l’ampliamento dell’oggetto sociale all’attività di charter nautico, facendo supporre un acquisto a titolo personale dell’amministratore.
2. Anche a voler considerare come data di acquisto quella della stipula del contratto di leasing, questa sarebbe comunque successiva alla scadenza del termine per usufruire dell’agevolazione.
3. In ogni caso, mancava il requisito dell’inerenza e della strumentalità, dato che l’imbarcazione aveva prodotto ricavi quasi nulli nei primi due anni, a fronte di un’attività di charter che avrebbe dovuto essere già avviata.

L’analisi della Corte di Cassazione e il credito d’imposta

La società ricorreva in Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza, tra cui la motivazione omessa o apparente, specialmente riguardo le sanzioni. La Suprema Corte ha esaminato i motivi di ricorso, giungendo a una decisione articolata.

Inammissibilità del ricorso sul merito

La Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla violazione delle norme sul credito d’imposta. I giudici hanno sottolineato che, quando una decisione si fonda su più ragioni autonome, ciascuna sufficiente a sorreggerla, l’appellante ha l’onere di contestarle tutte efficacemente. Nel caso specifico, la società aveva concentrato le sue critiche solo sulla terza ratio decidendi (mancanza di inerenza), tralasciando le altre due. Questa omissione ha reso superfluo l’esame della censura, portando a una declaratoria di inammissibilità sul punto.

L’accoglimento del vizio di motivazione sulle sanzioni

Il ricorso ha però trovato accoglimento su un altro fronte. La Cassazione ha ritenuto fondata la doglianza relativa alla motivazione apparente con cui la Commissione Regionale aveva liquidato la questione delle sanzioni. L’affermazione «sanzioni di conseguenza come specificato dalla norma di legge» è stata giudicata una formula tautologica e lapidaria, incapace di esplicitare l’iter logico-giuridico seguito dai giudici. Tale vizio, qualificabile come “minimo costituzionale” della motivazione, comporta la nullità della sentenza su quello specifico punto.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito principi consolidati in materia processuale e tributaria. In primo luogo, ha ricordato che il sindacato sulla motivazione in sede di legittimità è limitato a verificare il rispetto del “minimo costituzionale”. Una motivazione è “apparente” quando, pur esistendo materialmente, non rende percepibili le ragioni della decisione, impedendo un effettivo controllo sulla sua logicità. Questo si è verificato per le sanzioni, dove i giudici di merito non hanno fornito alcuna spiegazione concreta.
In secondo luogo, è stato riaffermato il principio fondamentale delle rationes decidendi multiple: per ottenere la cassazione di una sentenza che si regge su più pilastri argomentativi autonomi, è indispensabile demolirli tutti. L’attacco a uno solo di essi non è sufficiente a far crollare l’intera struttura della decisione.
Infine, sul tema del credito d’imposta, la Corte ha implicitamente confermato che il beneficio è strettamente legato alla dimostrazione dell’esclusiva strumentalità e inerenza del bene all’esercizio dell’attività d’impresa, una prova che spetta al contribuente fornire.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. Per le imprese, emerge la necessità di pianificare attentamente gli investimenti per cui si intende chiedere un’agevolazione fiscale. È fondamentale che l’acquisto di un bene sia temporalmente e logicamente coerente con l’oggetto sociale e l’attività effettivamente svolta, e che tale coerenza sia documentabile. Per i professionisti legali, la sentenza ribadisce l’importanza strategica di un ricorso ben strutturato. Quando si impugna una decisione fondata su più argomenti, è cruciale affrontarli e contestarli tutti in modo specifico, per non rischiare l’inammissibilità del gravame. La vittoria parziale ottenuta dalla società, con l’annullamento della sentenza limitatamente alle sanzioni, dimostra che anche un vizio procedurale, come una motivazione carente, può avere conseguenze concrete e determinare la necessità di un nuovo giudizio.

Quando un investimento dà diritto a un credito d’imposta?
Secondo i principi richiamati dalla sentenza, un investimento dà diritto a un credito d’imposta solo se il contribuente dimostra l’esclusiva strumentalità e l’inerenza del bene acquistato all’esercizio dell’attività d’impresa. Il bene deve essere concretamente inserito nel processo produttivo.

Cosa si intende per “motivazione apparente” e quali sono le conseguenze?
Una motivazione è “apparente” quando, pur essendo presente nel testo della sentenza, è talmente generica, tautologica o contraddittoria da non rendere comprensibile il ragionamento del giudice. La conseguenza è la nullità della sentenza per violazione del requisito minimo di motivazione.

Cosa succede se una sentenza di merito si basa su più ragioni e il ricorrente ne contesta solo una?
Se una sentenza si fonda su una pluralità di ragioni distinte e autonome, ciascuna da sola sufficiente a giustificare la decisione, il ricorso che ne contesta solo una è inammissibile. Il ricorrente ha l’onere di censurare con successo tutte le ragioni per ottenere la riforma della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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