Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 786 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 786 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10572/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa unitamente all’avv. NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-resistente- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL VENETO n. 1608/1/15 depositata il 26 ottobre 2015
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 27 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Treviso dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE un avviso di recupero
del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo da questa indebitamente utilizzato in compensazione nell’anno 2009.
Con lo stesso atto l’Ufficio irrogava alla contribuente le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla legge.
La società impugnava il predetto avviso di recupero dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, la quale, in parziale accoglimento del suo ricorso, annullava le sanzioni comminate dall’Ufficio.
La sentenza veniva impugnata dinanzi alla Commissione Tributaria del Veneto, con due distinti atti d’appello, dalla RAGIONE_SOCIALE e dall’Agenzia delle Entrate.
La Commissione adìta, riuniti i procedimenti, definiva il giudizio con sentenza n. 1608/1/15 del 26 ottobre 2015, con la quale dichiarava in parte inammissibile e in parte infondato il gravame della contribuente, mentre accoglieva l’impugnazione spiegata dall’Amministrazione Finanziaria, concernente le sanzioni.
A sostegno della decisione adottata il collegio regionale osservava che: – doveva ritenersi nuova, e come tale inammissibile ai sensi dell’art. 57, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la domanda, per la prima volta avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE soltanto con l’atto di appello, mirante ad ottenere il riconoscimento dell’utilizzabilità dell’intero credito d’imposta indicato nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2009, pari a 25.939 euro; – risultava priva di fondamento l’originaria domanda della società, riproposta in via subordinata nel giudizio di secondo grado, intesa a sentir affermare l’utilizzabilità del detto credito nella misura del 47,53%, ai sensi dell’art. 1, comma 3, del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 4 marzo 2011: ciò in quanto essa non aveva provveduto a inoltrare per via telematica all’Agenzia delle Entrate, entro il termine all’uopo stabilito a pena di decadenza, il formulario previsto dall’art. 29, comma 2, lettera a), del D.L. n. 185 del 2008,
convertito in L. n. 2 del 2009, valevole come prenotazione dell’accesso alla fruizione del credito d’imposta; – a causa di tale inadempimento, l’Amministrazione Finanziaria non aveva comunicato alla società il nulla-osta richiesto dal comma 3 del medesimo articolo ai fini della copertura finanziaria, in assenza del quale la fruizione del credito d’imposta non poteva essere ammessa; – il mancato rispetto della procedura disciplinata dal menzionato decretolegge giustificava l’irrogazione delle sanzioni a carico della contribuente.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate si è limitata a depositare un mero , ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la violazione o falsa applicazione dell’art. 1, commi da 280 a 283, della L. n. 296 del 2006, dell’art. 29, commi 2 e 3, del D.L. n. 185 del 2008, convertito in L. n. 2 del 2009, dell’art. 2, comma 236, della L. n. 191 del 2009 e dell’art. 1 del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del .
1.1 Si censura l’impugnata sentenza per non aver considerato che, avendo la RAGIONE_SOCIALE intrapreso l’attività di ricerca anteriormente al 29 novembre 2008, data di entrata in vigore del D.L. n. 185 del 2008, la fruizione del credito d’imposta in discorso risultava in base alla disciplina recata dall’art. 1, commi da 280 a 283, della L. n. 296 del 2006, mentre la mancata
comunicazione alla contribuente del nullaosta dell’Agenzia delle Entrate, richiesto dall’art. 29, comma 2, lettera a), del sopravvenuto decretolegge, avrebbe tutt’al più potuto incidere sull’utilizzabilità del detto credito, da ritenersi ormai definitivamente maturato e .
1.2 Si contesta, inoltre, alla CTR veneta di aver erroneamente affermato che il formulario previsto dalla norma per ultima citata non era stato inoltrato per via telematica dalla società all’Agenzia delle Entrate, laddove, invece, era pacifico in causa che il disconoscimento del credito d’imposta fosse dipeso unicamente dalla mancata comunicazione del nullaosta da parte dell’Ufficio, non essendo mai stata messa in dubbio la tempestiva trasmissione del suddetto formulario.
Peraltro, la circostanza che non fosse stato comunicato il nulla-osta dell’Amministrazione Finanziaria non poteva far venir meno l’esistenza del credito d’imposta, costituente oggetto di un vero e proprio diritto quesito, come evincibile anche dal tenore letterale della disposizione introdotta dall’art. 1 del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del ( recte : del 4 marzo 2011 n.d.r.), emanato in attuazione dell’art. 2, comma 236, della L. n. 191 del 2009, il quale stabiliva l’assegnazione degli stanziamenti ivi previsti per gli anni 2010 e 2011 (pari, rispettivamente, a 150 e a 200 milioni di euro) in favore dei soggetti che non avessero ricevuto il nulla-osta alla fruizione del credito d’imposta per esaurimento delle risorse disponibili.
1.3 Viene, infine, evidenziato che il collegio d’appello non avrebbe tenuto in debito conto che l’atto di recupero impugnato, relativo all’anno 2009, difettava del requisito della competenza temporale, in quanto il credito d’imposta disconosciuto dall’Ufficio era sorto nell’anno 2008.
Con il secondo motivo sono lamentati: (a)a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., la nullità della gravata sentenza per
motivazione apparente; (b)ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti; (c)a mente dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c..
2.1 Si sostiene che la CTR sarebbe incorsa in un palese errore nell’aver ritenuto indimostrato l’inoltro da parte della RAGIONE_SOCIALE del formulario previsto dall’art. 29, comma 2, lettera a), del D.L. n. 185 del 2008, atteso che tale circostanza doveva ritenersi incontroversa e come tale non abbisognevole di prova.
Con il terzo mezzo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è prospettata la violazione o falsa applicazione degli artt. 5, 7, 16 e 17 del D. Lgs. n. 472 del 1997.
3.1 Viene criticata la sentenza d’appello per aver ritenuto legittima l’irrogazione delle sanzioni inflitte alla contribuente, sebbene nessun addebito di colpevolezza potesse essere ravvisato nel comportamento da questa tenuto.
3.2 Occorreva, infatti, considerare che il D.L. n. 185 del 2008, , il quale, .
3.3 Doveva, altresì, tenersi presente che l’Ufficio, ai sensi dell’art. 27, comma 18, del predetto decreto-legge, aveva comminato la sanzione dal 100% al 200% dell’importo dei crediti inesistenti utilizzati in compensazione, nonostante che nel caso di specie si fosse in presenza di un credito effettivamente esistente, in quanto già maturato.
I primi due motivi, da esaminare insieme per la loro intima connessione, sono infondati.
4.1 Per una migliore intelligenza delle questioni che essi pongono appare utile una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
4.2 La L. n. 296 del 2006 (Finanziaria 2007), all’art. 1, commi da 280 a 283 abrogati in virtù del combinato disposto dell’art. 23, comma 7, del D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, e del numero 42 del relativo Allegato 1, ma applicabili «ratione temporis» alla fattispecie in esame-, aveva attribuito alle imprese, «a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006 e fino alla chiusura del periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2009», un credito d’imposta, fruibile in compensazione nel modello F24, pari al dieci per cento dei costi sostenuti per attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo.
La menzionata legge non fissava alcun tetto globale all’erogazione dei crediti d’imposta, né prevedeva limiti di copertura del minor gettito fiscale derivante dalla relativa fruizione; conseguentemente, il singolo contribuente non era tenuto alla presentazione di alcuna istanza preventiva di ammissione al beneficio e poteva fruire del credito con la mera indicazione dello stesso nella dichiarazione dei redditi.
4.3 In sèguito, con l’art. 29 del D.L. n. 185 del 2008, convertito in L. n. 2 del 2009 (cd. , adottato nell’intento, enunciato nell’epigrafe, di «fronteggiare l’eccezionale situazione di crisi internazionale», fra l’altro mediante il potenziamento delle «misure fiscali e finanziarie occorrenti per garantire il rispetto degli obiettivi fissati dal programma di stabilità e crescita approvato in sede Europea»), il legislatore estese anche a quello di cui si discetta la disciplina sul monitoraggio dei crediti d’imposta dettata dall’art. 5, commi 1 e 2, del D.L. n. 138 del 2002, convertito in L.
n. 178 del 2002, introducendo un tetto massimo al credito fruibile da parte delle imprese e definendo i relativi stanziamenti nel bilancio dello Stato.
La procedura di selezione dei crediti, resasi necessaria per effetto di tale sopravvenienza normativa, era prevista nella seconda parte del comma 2 e nel comma 3 dello stesso art. 29.
Con tali disposizioni si prevedeva che: a decorrere dall’anno 2009, le imprese avrebbero dovuto inoltrare per via telematica all’Agenzia delle Entrate, entro trenta giorni dalla data di attivazione della procedura di cui al comma 4 e a pena di decadenza dal beneficio, un apposito formulario valevole come «prenotazione dell’accesso alla fruizione del credito d’imposta»; – i formulari sarebbero stati poi acquisiti ed evasi dall’Agenzia delle Entrate, rispettandone rigorosamente l’ordine cronologico di arrivo; – la medesima Agenzia avrebbe provveduto, in via telematica e con procedura automatizzata, a rispondere alle imprese che avevano presentato il formulario, comunicando loro: (a)in caso di attività già avviate prima del 29 novembre 2008, «esclusivamente un nullaosta, ai soli fini della copertura finanziaria»; (b)in caso di attività avviate a partire da quella data, la certificazione dell’avvenuta presentazione del formulario, l’accoglimento della relativa prenotazione nonché, «nei successivi novanta giorni, l’eventuale diniego, in ragione della capienza».
4.4 Con provvedimento del 21 aprile 2009, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate stabilì che i formulari per i progetti d’investimento in attività di ricerca e sviluppo già avviati alla data del 28 novembre 2008 (il cui modello era stato approvato con precedente decreto dello stesso Direttore del 24 marzo 2009) dovessero essere presentati, a pena di decadenza dal contributo, dalle ore 10:00 del 6 maggio 2009 (cd. ) alle ore 24:00 del 5 giugno 2009. 4.5 La validità del delineato assetto normativo è stata confermata dalla Corte Costituzionale, che con sentenza n. 149/2017 ha
ritenuto:
(A)non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 1, del D.L. n. 185 del 2008, in riferimento all’art. 3 della Carta fondamentale, per violazione del principio di affidamento del cittadino nella certezza delle situazioni giuridiche, nella parte in cui, nell’introdurre un tetto massimo di stanziamento e una procedura per la selezione dei crediti d’imposta in discussione, non fa salvi i diritti e le aspettative sorti in relazione ad attività di ricerca e sviluppo avviate prima del 29 novembre 2008 (data di entrata in vigore del citato D.L.); e ciò in base ai seguenti rilievi:
●la disposizione censurata è inserita nel primo intervento legislativo diretto a fronteggiare la crisi economica internazionale iniziata nel 2008, e -alla luce delle sue finalità e del contesto economico che ne ha visto la genesi- ha una causa normativa adeguata, perché trova giustificazione nei princìpi, diritti e beni di rilievo costituzionale tutelati dagli artt. 2, 3 e 81 Cost.;
●essa, inoltre, non viola i princìpi di ragionevolezza e proporzionalità, poichè la retroattiva ablazione dei crediti non ammessi nella selezione si è ridotta di circa la metà per effetto dei successivi interventi normativi che hanno destinato ulteriori stanziamenti a questi soli crediti, con la conseguenza che la posizione dei loro titolari (cd. ‘perdenti’) è stata incisa non già in maniera assoluta, ma in una misura (pari al 5 o al 20 per cento dei costi sostenuti) non decisiva per il complessivo andamento economico delle imprese; d’altronde, il diritto di cui trattasi non costituisce espressione di una pretesa fondata su un rapporto convenzionale, ma ha ad oggetto il riconoscimento di un beneficio, per di più di natura fiscale, e quindi maturato in un àmbito in cui il tasso di politicità delle scelte legislative è massimo, come riconosciuto dalla stessa giurisprudenza della Corte EDU;
(B)inammissibile la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 della Carta fondamentale, dell’art. 29, comma
2, lettera a), e comma 3, nella parte in cui, anche per i crediti d’imposta relativi a costi sostenuti dalle imprese per attività di ricerca avviate prima del 29 novembre 2008, prevede una procedura (selettiva) di ammissione al beneficio fiscale basata sul criterio cronologico di ricezione delle domande telematiche dei contribuenti; e tanto perchè l’eventuale accoglimento della questione determinerebbe un assetto normativo caratterizzato da iniquità e irragionevolezza.
4.6 Successivamente all’intervento del giudice delle leggi, questa Corte ha quindi affermato che, in tema di credito d’imposta, la procedura di assegnazione contemplata dall’art. 29 del D.L. n. 185 del 2008, relativa alle spese per attività di ricerca e sviluppo di cui all’art. 1, commi da 280 a 283, della L. n. 296 del 2006, nella parte in cui si applica anche ai crediti maturati e non fruiti prima dell’entrata in vigore dello stesso D.L., non viola il legittimo affidamento del contribuente, in quanto, come evidenziato dalla Consulta, la retroattività di tale normativa non è irrazionale e costituisce una misura proporzionata e giustificata dall’esigenza di salvaguardare le finanze statali (cfr. Cass. n. 4579/2018, Cass. n. 4848/2020).
4.7 Brevemente ripercorsa l’evoluzione normativa avutasi «in subiecta materia» , va osservato che, nel caso di specie, la CTR veneta ha escluso l’utilizzabilità del credito d’imposta fatto valere in compensazione dalla RAGIONE_SOCIALE s.p.a. nell’anno 2009, sul rilievo che la stessa non si fosse premurata di inoltrare per via telematica all’Agenzia delle Entrate il più volte richiamato formulario, in tal modo precludendosi la possibilità di conseguire il rilascio del nullaosta necessario ai fini della sua fruizione.
4.8 Ora, ammesso pure che la decisione assunta dal collegio regionale sia errata nella parte in cui ha ritenuto indimostrato un fatto l’avvenuto inoltro del formulario entro il termine fissato dalla legge- che era invece da considerare incontroverso e come tale non
abbisognevole di prova, resta pur sempre insuperabile il dato obiettivo che la RAGIONE_SOCIALE non aveva ottenuto il nulla-osta dell’Agenzia delle Entrate, in mancanza del quale non poteva in ogni caso utilizzare in compensazione il credito d’imposta nell’anno 2009, ostandovi l’inequivoco disposto del comma 2, lettera a), e del comma 3 dell’art. 29 del D.L. n. 185 del 2008.
4.9 D’altro canto, se è vero che l’art. 1 del successivo D.M. 4 marzo 2011, emanato in attuazione dell’art. 2, comma 236, della L. n. 191 del 2009, ha riconosciuto, al comma 3, la possibilità di utilizzare il credito d’imposta richiesto, nella misura massima complessiva del 47,53 per cento, ai soggetti che non avessero ricevuto il nulla-osta in parola per esaurimento delle risorse disponibili, è nondimeno vero che tale possibilità è stata prevista soltanto a partire dall’anno 2011.
4.10 Sulla scorta delle esposte considerazioni, deve escludersi che l’impugnata pronuncia sia affetta da alcuno dei vizi denunciati con i due mezzi di gravame in disamina, dal momento che: (1)la motivazione posta a base del «decisum» non può ritenersi solo apparente, essendo agevolmente intelligibile il percorso argomentativo seguìto dai giudici di seconde cure; (2)risulta correttamente applicata alla fattispecie concreta la disciplina normativa in tema di utilizzabilità dei crediti d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo; (3)il fatto di cui si lamenta l’omesso esame da parte della CTR -ovvero il tempestivo inoltro del formulario in questionenon può essere ritenuto decisivo, giacchè ai fini della fruizione del credito d’imposta nell’anno 2009 assumeva rilievo il rilascio del nulla -osta da parte dell’Agenzia delle Entrate, pacificamente non avvenuto.
Il terzo mezzo è parzialmente fondato e va, pertanto, accolto nei limiti che seguono.
5.1 Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell’irrogazione di sanzioni amministrative per violazioni di norme
tributarie è sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, giusta il disposto dell’art. 5, comma 1, del D. Lgs. n. 472 del 1997, non occorrendo la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che spetta al contribuente fornire (cfr. Cass. n. 27934/2024, Cass. n. 17948/2024, Cass. n. 15784/2024, Cass. n. 9942/2022, Cass. n. 2139/2020).
5.2 Nel caso di specie, la CTR ha implicitamente escluso che un siffatto onere sia stato assolto dalla RAGIONE_SOCIALE, la quale, peraltro, anche in questa sede, pur sostenendo di aver tempestivamente inoltrato per via telematica all’Agenzia delle Entrate il formulario previsto dall’art. 29, comma 2, lettera a), del D.L. n. 185 del 2008, non giustifica l’inosservanza del disposto del comma 3, lettera a), del medesimo articolo, che subordinava la fruizione del credito d’imposta risultante dal detto formulario alla comunicazione del nullaosta da parte dell’Amministrazione.
5.3 Merita, invece, di essere accolto il profilo di doglianza incentrato sulla distinzione, a fini sanzionatori, fra crediti d’imposta inesistenti e crediti d’imposta non spettanti, argomento ripreso dalla ricorrente nella memoria illustrativa ex art. 380bis .1, comma 1, terzo periodo, c.p.c..
5.4 Va, al riguardo, osservato che l’abrogato art. 27, comma 18, del D.L. n. 185 del 2008, applicabile «ratione temporis» , sanziona l’utilizzo in compensazione di «crediti inesistenti» per il pagamento delle somme dovute.
5.5 Con le sentenze gemelle nn. 34419/2023 e 34452/2023, risolutive di un contrasto interno di giurisprudenza, le Sezioni Unite hanno affermato che il credito d’imposta va ritenuto inesistente, anche alla stregua della definizione contenuta nell’ art. 13, comma 5, terzo periodo, del D. Lgs. n. 471 del 1997, come modificato dall’art. 15, comma 1, lettera o), del D. Lgs. n. 158 del 2015, allorché ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti: (a)il credito
è, in tutto o in parte, il risultato di un’artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; (b)l’inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36bis e 36ter del D.P.R. n. 600 del 1973 e all’ art. 54bis del D.P.R. n. 633 del 1972; con la precisazione che, ove sussista il primo requisito ma l’inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti.
5.6 Tanto premesso, si osserva che la CTR veneta, nel confermare le sanzioni amministrative comminate dall’Ufficio alla contribuente, ha del tutto omesso di valutare se il credito d’imposta da questa utilizzato in compensazione dovesse essere ritenuto inesistente, nei termini appena chiariti, o invece non spettante.
5.7 Sotto questo aspetto, dunque, la censura in disamina si appalesa fondata, avendo i giudici regionali mancato di compiere gli accertamenti di merito necessari per una corretta sussunzione della fattispecie concreta nella pertinente previsione normativa.
Conclusivamente, devono essere respinti i primi due motivi di ricorso, mentre va accolto, per quanto di ragione, il terzo mezzo; ne consegue la cassazione parziale della pronuncia gravata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della sola questione attinente al trattamento sanzionatorio (artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992).
6.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità (artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit.).
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei termini di cui in motivazione, il terzo mezzo di ricorso, respinti i restanti; cassa la sentenza impugnata, nei
limiti della censura accolta, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione