Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34194 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34194 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
Credito di imposta
Art. 4 l. n. 449/1997
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24463/2016 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dagli Avv. NOME COGNOME e
COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresenta e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato
-controricorrente –
avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. SICILIA, SEZIONE STACCATA MESSINA n. 19/2016, depositata il 08/01/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13
novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate notificava ad NOME COGNOME titolare dell’omonima ditta individuale , provvedimento di revoca del credito di imposta di lire 34.000.000,00 concesso, relativamente agli anni 2000 e 2001, ai sensi de ll’art. 4 legge 27 dicembre 1997, n. 449 a favore delle piccole e medie imprese che avessero provveduto a nuove assunzioni. A fondamento della revoca l’ Ufficio contestava che i neo assunti operavano nel Comune di Spadafora il quale, tuttavia, non era inserito tra quelli per i quali era stata concessa l’agevolazione.
Il contribuente impugnava l’atto di revoca .
La C.t.p. di Messina accoglieva il ricorso con sentenza riformata in appello dalla C.t.r. con la sentenza di cui all’epigrafe.
Avverso detta ultima ricorre per cassazione il contribuente e l’Agenzia delle entrate resiste a mezzo controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione e/o falsa e/o errata applicazione dell’art. 33 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 e dell’art. 112 cod. proc. civ.
Il contribuente muove plurime censure.
1.1. Con la prima (§1.1) muove dal presupposto che la C.t.r. – dopo aver affermato che la richiesta di trattazione in pubblica udienza non era stata notificata all’appellante in violazione dell’artt. 33 d.lgs. n. 536 del 1992 – avrebbe ritenuto per ciò solo l’appello fondato ; per l’effetto, assume che tale statuizione è errata. Osserva che la C.t.r. non ha considerato, così incorrendo in errore, che la richiesta era contenuta « nell’atto di appello» depositato presso la segreteria e che, pertanto, doveva, per ciò solo, ritenersi ritualmente comunicata, non essendo necessaria la notifica. Deduce, per l’effetto che la mancata discussione
in pubblica udienza è lesiva del diritto di difesa ed è causa di nullità del procedimento.
1.2. Con la seconda censura (§ 1.2.) critica le conclusioni cui è giunta la C.t.r. in quanto ritenute semplicistiche, preconcette e non argomentate.
1.3. Con la terza censura (§ 1.3.) critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che il contribuente aveva frainteso l’oggetto del giudizio omettendo, tuttavia, di disporre rinvio, all’esito del quale le conclusioni avrebbero potuto essere diverse.
1.4. Con una quarta censura (§.1.4) assume che la sentenza è incorsa in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato per non essersi pronunciata sulla richiesta di riunione ad altro giudizio connesso soggettivamente ed oggettivamente.
Il motivo è complessivamente infondato.
2.1. Quanto alla prima censura, in primo luogo il contribuente propone una lettura solo parziale della sentenza. La C.t.r., infatti, non ha rigettato l’appello in ragione dell’irritualità dell’istanza di trattazione in pubblica udienza; dalla motivazione si evince chiaramente che il rilievo dell’omessa notifica dell’istanza è in correlazione con la trattazione della causa in camera di consiglio; le ragioni di rigetto nel merito sono oggetto di successiva esposizione.
2.2.Va pure escluso che la C.t.r. sia incorsa in errore nel decidere la causa in camera di Consiglio.
Va premesso che dalla sentenza impugnata risulta che l’istanza di pubblica udienza veniva avanzata dal contribuente in sede di costituzione in appello. La costituzione, secondo il disposto di cui all’art. 54 d.lgs. n. 546 del 1992 ch e richiama l’art. 23 d.lgs. cit. , avviene mediante il deposito di atto di controdeduzioni che, pertanto, non viene notificate alla controparte.
L’art. 33, comma 1, d.lgs. cit., prevede che il processo sia celebrato in pubblica udienza ove una delle parti lo abbia chiesto con apposita istanza da depositare nella segreteria e da notificare alle altre parti costituite entro il termine di cui all’art. 32, comma 2, d.lgs. cit. (dieci giorni liberi prima della data di trattazione).
L a Commissione tributaria ha il solo obbligo, di cui all’art. 31 d.lgs. cit., di comunicare la data di trattazione della causa, la quale avverrà in camera di consiglio o in pubblica udienza, a seconda che una delle parti abbia avanzato, o meno, l’istanza di cui all’art. 33 d.lgs. cit. Da detta comunicazione, pertanto, la parte non è messa nelle condizioni di sapere se la controparte abbia chiesto la trattazione in pubblica udienza, ove non abbia ricevuto la notifica.
Secondo un orientamento già espresso da questa Corte e pienamente condiviso dal Collegio, deve ritenersi che, per il principio della libertà delle forme processuali, l’istanza della parte che opti per la trattazione della controversia in pubblica udienza può essere formulata in un qualunque atto del processo (atto introduttivo, memoria o ricorso d’appello principale o incidentale); occorre, tuttavia, che il suddetto atto sia depositato presso la segreteria della Commissione e che venga notificato alla controparte (Cass. 16/12/2011, n. 27162, Cass. 30/06/2011, 14392, Cass. 11/05/2009, n. 10678).
Non convince l’opposto orientamento , noto al Collegio, che ritiene superflua la notifica nell’ipotesi in cui l’istanza non sia autonoma ma contenuta in atti qualificati come recettizi, depositati in Cancelleria, ma non notificati (in questo senso Cass. 16/07/2009, n. 16577).
Come detto, la Commissione tributaria ha il solo obbligo di cui all’art. 31 d.l gs. cit., di comunicare la data di trattazione della causa; anche ove una delle parti , nel termine di cui all’art. 32, comma 2, d.lgs. cit depositi l’istanza di trattazione in pubblica udienza , nessun’altra
comunicazione è di per sé dovuta, in quanto (salva l’ipotesi di differimento) pure in tal caso l’udienza si terrà nel giorno indicato nell’avviso previsto dall’art. 31 cit. (Cass. n. 27162 del 2011 cit.). Pertanto, solo attraverso la notifica la controparte è messa nelle condizioni di sapere che la causa verrà trattata, nella data di cui avrà comunicazione dalla Cancelleria, in pubblica udienza.
Va, pertanto, ribadito il seguente principio di diritto «In tema di contenzioso tributario, la richiesta di discussione in pubblica udienza di cui all’art. 33 d.lgs. n. 5 46 del 1992 – che la parte può avanzare nel termine di cui all’art. 32, comma 2, d.lgs. cit., nel ricorso introduttivo o nelle controdeduzioni come anche in ulteriori memorie -deve essere notificata a cura dell’istante alle parti costituite, non essendo sufficiente il mero deposito».
2.3. La seconda censura è inammissibile per violazione del precetto di cui all’art. 366, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.,
Il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata; ciò comporta l’esatta individuazione del capo di pronuncia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione.
La censura in esame, nel dolersi delle semplicistiche e preconcette conclusioni della C.t.r., non risponde a detti requisiti.
2.3 La terza censura è infondata.
La ricorrente si duole del mancato differimento dell’udienza di trattazione, al fine di consentirle una migliore illustrazione delle proprie ragioni; un tale rinvio, tuttavia, non trova fondamento nel rito del processo tributario che prevede, a tal fine, la sola possibilità per le parti
di chiedere – purché nei termini e nelle forme di cui all’art. 33 d.lgs. cit., – la discussione in pubblica udienza.
2.4. Pure infondata è la quarta censura.
Il provvedimento di riunione previsto dall’art. 274 cod. proc. civ., essendo strumentale e preparatorio rispetto alla futura definizione della controversia, è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità neanche attraverso l’impugnazione della sentenza che definisce il giudizio nel quale il provvedimento stesso è stato adottato e nemmeno ove abbia omesso di pronunciare sul punto (Cass. 30/09/2022, n. 28539 Cass. 18/11/2021, n. 35134).
Con il secondo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. , l’omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
3.1. Con una prima censura (§ 2.1.) critica la sentenza impugnata per aver escluso il diritto al rimborso in quanto i nuovi dipendenti assunti erano stati collocati in territori (nella specie il Comune di Spadafora) non inclusi nell’elenco di quelli che potevano beneficiare del credito. Assume che la conclusione si fonda su una lettura parziale della circolare n. 219/E del 18 settembre 1998 contenente le istruzioni per fruire del credito di imposta e che la C.t.r. ha omesso di riferire che la stessa dava rilievo, al fine di beneficiare del contributo, al fatto che l’impresa operasse nelle aree dei Comuni che avevano sottoscritto il patto territoriale, tra i quali vi era anche il Comune di Spadafora. Precisa, in proposito, che detto ultimo, «seppur non riportato nell’elenco dei Comuni agevolabili probabilmente per un errore o per incompletezza» era tra gli Enti sottoscrittori del Patto Territoriale.
3.2. Con una seconda censura (§ 2.2.) critica la sentenza per aver ritenuto che non fossero state offerte prove per confutare la tesi dell’U fficio, sebbene, sin dal primo grado di giudizio, avesse prodotto
l’ attestazione rilasciata del Sindaco del Comune capofila del patto territoriale Gallo-Niceto dalla quale si evinceva che il Comune di Spadafora aveva sottoscritto l’adesione.
Il motivo è inammissibile.
4.1. Nel rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente, al fine di censurare la sentenza per un vizio riconducibile all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività», (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori non integra, invece, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053 e tra le più recenti Cass. 20/06/2024, n. 17005)
4.2. Il ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver considerato sia il testo integrale della Circolare n. 219/E del 18 settembre 1998 -secondo la quale, a suo dire, la sottoscrizione del Patto Territoriale costitutiva il requisito per godere del beneficio -sia l’attestazione rilasciata dal Sindaco di Venetic o, Comune Capofila del Patto , dalla quale risultava l’adesione del Comune di Spadafora.
4.3. In primo luogo deve rilevarsi che né la circolare né l’attestazione di cui al motivo possono rientrare nel nozione di «fatto storico»: le circolari, anche qualora contengano direttive agli uffici
gerarchicamente subordinati, esprimono esclusivamente un parere non vincolante; l’attestato del Sindaco, invece, è solo un mezzo di prova.
In secondo luogo, il motivo – nella parte in cui censura la sentenza per aver negato il beneficio in quanto il Comune di Spadafora non rientrava nell’elenco dei «Comuni agevolabili» ignorando che quest’ultimo aveva aderito al P atto territoriale – non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.
La C.t.r., infatti, ha escluso il diritto al beneficio, non perché ha ignorato tale circostanza, ma perché l’ ha ritenuta irrilevante.
Nella parte espositiva del processo la C.t.r. ha correttamente riportato la tesi del contribuente secondo la quale andavano riconosciuti i benefici fiscali previsti dall’art. 4 legge n. 449 del 1997 in quanto il Comune di Spadafora, ancorché non inserito per mero errore nell’elenco dei Comu ni rilevanti, aveva aderito al Patto Territoriale.
Nella parte motiva la C.t.r., tuttavia, ha considerato dirimente il fatto che i neo-dipendenti fossero stati collocati in territori non inclusi nell’elenco di quelli agevolabili ed ha ritenuto privo di fondamento l’assu nto secondo il quale si trattasse di un mero errore.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.300,00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2024.