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Credito d’imposta: quando la dichiarazione è valida

La Corte di Cassazione ha stabilito che un credito d’imposta è valido se dichiarato nell’anno in cui sorge, anche se non indicato nella dichiarazione dell’anno di utilizzo. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato un credito per ricerca e sviluppo utilizzato in compensazione da una società, ritenendolo inesistente per tale omissione. La Corte ha qualificato l’omissione come mera irregolarità formale, rigettando il ricorso dell’Agenzia e confermando che il presupposto per l’esistenza del credito è la sua dichiarazione nell’anno di formazione.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Credito d’Imposta: Obbligo di Dichiarazione e Termini di Decadenza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale per le imprese che beneficiano di agevolazioni fiscali: la corretta gestione e dichiarazione del credito d’imposta. La questione centrale riguarda il momento in cui tale credito debba essere indicato nella dichiarazione dei redditi per essere considerato legittimamente esistente e utilizzabile. La pronuncia stabilisce che la mancata indicazione del credito nell’anno del suo utilizzo in compensazione non ne determina l’inesistenza, a patto che sia stato correttamente dichiarato nell’anno della sua formazione.

I Fatti del Caso

Una società aveva maturato un credito d’imposta per costi di ricerca e sviluppo nell’anno 2008. Tale credito era stato regolarmente indicato nella dichiarazione dei redditi relativa a quell’anno (modello Unico 2009). Tuttavia, a causa della mancanza di autorizzazione da parte dell’amministrazione finanziaria per insufficienza di risorse, la società non aveva potuto utilizzare il credito nell’immediato. Successivamente, nel 2011, l’azienda ha utilizzato il credito maturato per compensare i versamenti dovuti tramite modello F24. L’Agenzia delle Entrate, con un avviso di accertamento notificato nel 2018, ha contestato l’operazione, recuperando l’importo e sostenendo che il credito fosse da considerarsi “inesistente” perché non indicato nella dichiarazione dei redditi dell’anno di utilizzo (2011).

La Controversia Legale sul Credito d’Imposta

La disputa verteva sulla corretta interpretazione delle norme che regolano la fruizione dei crediti d’imposta. Secondo l’Agenzia delle Entrate, l’omessa indicazione nel quadro RU della dichiarazione relativa all’anno di compensazione comportava la decadenza dal diritto di utilizzare il credito. La società contribuente, invece, sosteneva che il presupposto costitutivo del credito fosse la sua corretta indicazione nella dichiarazione dell’anno di formazione (2008), requisito che era stato pienamente soddisfatto. L’omissione successiva, secondo la difesa, costituiva al massimo un’irregolarità formale, non idonea a rendere il credito inesistente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, fornendo un’interpretazione chiara e di grande rilevanza pratica. I giudici hanno operato una distinzione cruciale tra credito “inesistente” e credito “non spettante”. Un credito è inesistente quando mancano i presupposti costitutivi stessi dell’agevolazione (ad esempio, l’attività di ricerca e sviluppo non è mai stata svolta). Un credito è, invece, non spettante quando, pur essendo sorto legittimamente, viene utilizzato in violazione di requisiti formali o procedurali.

Nel caso specifico, la Corte ha affermato che il presupposto costitutivo del diritto era stato assolto con la dichiarazione del credito nell’anno della sua genesi (2008). L’obbligo di indicare il credito nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta “nel corso del quale il beneficio è concesso” si riferisce all’anno di formazione del credito, non a quello del suo successivo utilizzo. L’omessa indicazione del credito nel modello dichiarativo del 2011 è stata quindi qualificata come un mero inadempimento formale. Questo inadempimento non è sufficiente a trasformare un credito legittimamente sorto in un credito inesistente. Di conseguenza, non potendosi configurare un’ipotesi di credito inesistente, l’azione di recupero dell’Amministrazione finanziaria era soggetta al termine ordinario di decadenza. L’avviso di accertamento, notificato nel 2018 per un utilizzo avvenuto nel 2011, è stato ritenuto tardivo, in quanto il termine per l’accertamento era già scaduto alla fine del 2016.

Le Conclusioni e il Principio di Diritto

La Corte ha concluso rigettando il ricorso dell’Agenzia e condannandola al pagamento delle spese legali. È stato enunciato il seguente principio di diritto: “ai fini della compensazione del credito d’imposta per costi sostenuti per attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo, […] il predetto credito deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui tali costi sono stati sostenuti, e non necessariamente nella dichiarazione dell’anno in cui viene richiesta la compensazione”. Questa ordinanza offre un’importante garanzia per le imprese, stabilendo che il diritto a un credito d’imposta, una volta consolidato e dichiarato correttamente all’origine, non può essere vanificato da successive omissioni di natura puramente formale, proteggendo così la certezza dei rapporti giuridici tributari.

In quale dichiarazione dei redditi va indicato un credito d’imposta per essere valido?
Secondo la Corte, il credito d’imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui sono stati sostenuti i costi che lo hanno generato (l’anno di formazione), e non obbligatoriamente nella dichiarazione dell’anno in cui viene utilizzato in compensazione.

La mancata indicazione del credito d’imposta nell’anno di utilizzo lo rende inesistente?
No. Se il credito è stato correttamente dichiarato nell’anno della sua formazione, la successiva omissione nella dichiarazione dell’anno di utilizzo è considerata un’irregolarità formale che non ne causa l’inesistenza.

Quali sono le conseguenze se un credito d’imposta è considerato “esistente” ma utilizzato con un’irregolarità formale?
Se il credito è “esistente” ma utilizzato in modo formalmente irregolare, l’azione di recupero da parte dell’amministrazione finanziaria è soggetta ai termini ordinari di decadenza. L’irregolarità formale non fa scattare i termini più lunghi previsti per i crediti inesistenti, quindi l’azione di recupero può essere dichiarata illegittima se intrapresa oltre il termine previsto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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