Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2771 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2771 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13993/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. MESSINA n. 2045/2016 depositata il 24/05/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La ditta individuale La Cava Bartolomeo, in persona del titolare, La C COGNOME Maurizio, fruiva per l’anno 2002 di credito d’imposta ai sensi
dell’articolo 8 della legge numero 388 del 2000 per la realizzazione di nuovi impianti nella stazione di rifornimento di carburante marittimo, sita nel porto di Messina.
All’esito di indagine documentale, l’Ufficio riteneva l’indebita percezione di tale credito perché relativo ad impianti insistenti sul terreno altrui, nella fattispecie su area demaniale data in concessione.
Avverso l’avviso di recupero proponeva ricorso la parte contribuente, trovando apprezzamento delle proprie ragioni avanti il giudice di prossimità.
Spiccava appello all’Agenzia delle entrate, affermando non potersi ritenere impianto quanto realizzato, sia perché su area altrui, sia perché inscindibile dall’area e dall’impianto più grande a cui accede, quindi non dotato di vita autonoma.
Il collegio d’appello rigettava l’impugnazione di parte pubblica, prescindendo dall’eccezione di novità del motivo attinente alla separabilità o meno dell’impianto, argomentando piuttosto sull’autonomia funzionale dell’impianto, ritenuto riguardare dei nuovi serbatoi che, in base allo stesso atto di concessione, avrebbero dovuto essere rimossi allo spirare del termine concessorio, quindi costruibili su area altrui (perché da rimuoversi a fine concessione), separabili e dotati di vita autonoma.
Avverso questa sentenza propone ricorso il Patrono erariale affidandosi ad unico mezzo cassatorio, cui replica la parte contribuente con tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Viene proposto unico motivo di ricorso.
Con l’unico motivo di ricorso si propone censura ai sensi dell’articolo 360 n. 3 del codice di procedura civile, per violazione o falsa applicazione dell’articolo 8 della legge numero 388 del 2000, nonché dell’articolo 108 del DPR numero 917 del 1986, all’epoca dei fatti rubricato come articolo 74, terzo comma.
Nello specifico, si contesta la natura di impianto di quanto realizzato, donde se ne afferma la natura di mero costo sull’incremento del valore, insuscettibile di integrare i presupposti per la concessione del credito di cui alla speciale disciplina più volte citata.
La parte pubblica argomenta altresì dalla fattura della ditta che ha realizzato le opere, contenente una dicitura completamente diversa ed incompatibile con l’accertata natura di nuovi serbatoi che dovrebbero costituire il nuovo impianto per cui è stato chiesto ed ottenuto il credito d’imposta.
2. Il motivo è inammissibile poiché tende ad una rivalutazione del merito con risultato opposto a quello a cui è pervenuta la commissione di secondo grado, argomentando dalla fattura dei lavori che sono stati fatti, dalla separabilità delle opere rispetto all’area altrui in cui insistono, dalla stessa proprietà altrui dell’area, argomento solo sul quale risulta essersi basato l’atto di recupero, liddove la CTR propone con chiarezza i propri argomenti e spiega per quali ragioni i serbatoti dovessero considerarsi amovibili, e la ricorrente non dimostra in quale errore sia incorso il giudice dell’appello .
Sotto la specie di violazione di legge, si chiede a questa Suprema Corte di legittimità un accertamento in fatto in ordine alla natura e consistenza dell’impianto, in comparazione con i profili documentali che ne attestano la realizzazione.
È appena il caso di rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in
sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610).
Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357).
Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale
che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
Pertanto, il ricorso è inammissibile e tale va dichiarato. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la parte ricorrente ala rifusione delle spese in favore della parte controricorrente che liquida in €. cinquemilaseicento/00, oltre ad €. 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma, il 26/11/2024.