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Credito d’imposta: quando avviare l’investimento?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33252/2024, ha stabilito due principi fondamentali sul credito d’imposta per investimenti. Primo: un contratto preliminare può costituire l’avvio dell’investimento, ma deve avere data certa per essere opponibile al Fisco. Secondo: modifiche secondarie al progetto iniziale, come il cambio di ubicazione dell’immobile nella stessa città, non comportano la perdita del beneficio se non alterano gli elementi essenziali dell’investimento. Il caso riguardava una società a cui era stato revocato il credito perché l’atto definitivo di acquisto era successivo al termine di sei mesi e l’immobile era diverso da quello indicato nell’istanza.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Credito d’imposta per investimenti: i chiarimenti della Cassazione su avvio e modifiche

Il credito d’imposta per investimenti in aree svantaggiate è uno strumento cruciale per le imprese, ma le sue regole di accesso possono essere complesse. Con l’ordinanza n. 33252 del 2024, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti essenziali su due aspetti chiave: cosa si intende per “avvio dell’investimento” e quali modifiche al progetto originario sono ammesse senza perdere l’agevolazione. Questa decisione offre una guida preziosa per le aziende che intendono usufruire di questi incentivi.

I fatti del caso

Una società aveva richiesto un credito d’imposta per l’acquisto di un immobile commerciale. Dopo una prima istanza non accolta per mancanza di fondi, la società ne presentava una seconda. Successivamente, a causa del recesso del venditore, la società stipulava un contratto preliminare per un altro immobile, situato in una via diversa ma nello stesso Comune. L’atto di acquisto definitivo veniva siglato diversi mesi dopo.

L’Amministrazione Finanziaria, dopo un primo via libera, recuperava il credito sostenendo due violazioni:
1. L’investimento era stato avviato oltre il termine di sei mesi dalla domanda, poiché solo l’atto definitivo di compravendita, e non il preliminare, poteva considerarsi come “avvio”.
2. L’immobile acquistato era diverso da quello indicato nell’istanza.

Le commissioni tributarie di primo e secondo grado davano ragione alla società, ma il Fisco ricorreva in Cassazione.

Credito d’imposta: cosa significa “avviare l’investimento”?

Il primo motivo di ricorso del Fisco si concentrava sulla natura del contratto preliminare. Secondo l’Amministrazione, avendo solo effetti obbligatori e non trasferendo la proprietà, non poteva costituire l'”avvio dell’investimento” richiesto dalla legge (art. 8, L. 388/2000). Inoltre, il documento mancava di “data certa”, un requisito per renderlo opponibile a terzi.

La Corte di Cassazione ha stabilito un principio di diritto fondamentale: per “avvio dell’investimento” si intende qualsiasi atto giuridicamente rilevante diretto in modo non equivoco a realizzarlo, opponibile all’Amministrazione. Di conseguenza, anche un contratto preliminare può essere sufficiente, in quanto manifesta un impegno giuridico concreto e non revocabile unilateralmente alla realizzazione dell’operazione.

Tuttavia, la Corte ha accolto parzialmente la censura del Fisco su un punto cruciale: l’opponibilità. Il giudice di merito aveva omesso di verificare se il contratto preliminare avesse data certa ai sensi dell’art. 2704 c.c. Senza questo requisito, l’atto non può essere fatto valere nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria. La sentenza è stata quindi cassata su questo punto con rinvio per una nuova valutazione.

Sono ammesse modifiche al progetto di investimento?

Il secondo e il terzo motivo di ricorso riguardavano la modifica dell’oggetto dell’investimento. Il Fisco sosteneva che l’acquisto di un immobile diverso da quello indicato nell’istanza originaria precludesse l’accesso al beneficio.

Anche su questo punto, la Cassazione ha fornito un’interpretazione chiara, rigettando le censure dell’Amministrazione. La Corte ha affermato che la modifica dell’investimento programmato non determina la perdita del beneficio se riguarda elementi secondari, che non alterano le caratteristiche essenziali del progetto e non compromettono la capacità di monitoraggio da parte del Fisco.

Nel caso specifico, il cambio della via dell’immobile, all’interno dello stesso Comune, è stato considerato una modifica secondaria e quindi irrilevante ai fini della perdita dell’agevolazione, anche perché era stata una conseguenza del recesso del venditore e non di una scelta arbitraria del contribuente.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha bilanciato l’esigenza di certezza per l’Amministrazione Finanziaria con la necessità di non penalizzare le imprese per formalismi eccessivi o per eventi non dipendenti dalla loro volontà. Sul primo punto, ha chiarito che l’avvio dell’investimento non coincide necessariamente con il trasferimento di proprietà, ma con l’assunzione di un impegno giuridico serio e verificabile, purché dotato di data certa. Sul secondo punto, ha applicato un principio di ragionevolezza e proporzionalità, distinguendo tra modifiche sostanziali, che snaturano il progetto, e modifiche secondarie, che non ne pregiudicano la finalità e la controllabilità. L’ordinanza ha quindi cassato la sentenza impugnata solo per la mancata verifica della data certa del preliminare, rinviando la causa al giudice del merito per questo specifico accertamento.

Conclusioni

L’ordinanza n. 33252/2024 rappresenta un punto di riferimento importante per le imprese che beneficiano del credito d’imposta. Se da un lato conferma che il percorso per ottenere l’agevolazione può iniziare anche con un contratto preliminare, dall’altro sottolinea l’importanza imprescindibile di formalizzare tali atti in modo che acquisiscano data certa (ad esempio tramite registrazione). Inoltre, offre maggiore flessibilità alle aziende, ammettendo che i progetti di investimento possano subire modifiche non sostanziali senza che ciò comporti la revoca del beneficio fiscale.

Un contratto preliminare è sufficiente per considerare “avviato” un investimento ai fini del credito d’imposta?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, un contratto preliminare può essere considerato un atto di “avvio dell’investimento”, poiché rappresenta un impegno giuridico concreto e diretto a realizzare l’operazione. Non è necessario attendere il contratto definitivo con effetti traslativi della proprietà.

Quali condizioni deve avere il contratto preliminare per essere valido come “avvio dell’investimento” di fronte all’Amministrazione Finanziaria?
Il contratto preliminare deve essere un atto giuridicamente rilevante, diretto in modo non equivoco a realizzare l’investimento, e, soprattutto, deve avere una “data certa” (ai sensi dell’art. 2704 c.c.) per poter essere legalmente opponibile all’Amministrazione Finanziaria. La semplice data riportata sul documento non è sufficiente.

È possibile modificare il progetto di investimento (ad esempio, cambiare l’immobile) dopo aver presentato la domanda per il credito d’imposta senza perdere il beneficio?
Sì, è possibile a condizione che la modifica riguardi elementi secondari che non alterino le caratteristiche essenziali del progetto e non compromettano la capacità di monitoraggio del Fisco. Un esempio fornito dalla Corte è la collocazione dell’immobile in una strada diversa all’interno dello stesso Comune, che è stata considerata una modifica ammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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