Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21619 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21619 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21293/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
IDEA
DECALCOMANIA
RAGIONE_SOCIALE
-intimato-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA n. 19/2018 depositata il 11/01/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Toscana ( hinc: CTR), con la sentenza n. 19/2018 depositata in data 11/01/2018, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 1345/2014 con cui la Commissione tributaria provinciale di Firenze aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente contro l’atto di recupero del credito d’imposta 2009, ritenuto illegittimo per violazione di legge e travisamento del fatto.
La CTR ha ritenuto non corretta l’interpretazione dell’art. 29, commi da 2 a 5, d.l. n. 185 del 2008 sostenuta dall’Agenzia delle Entrate: nel caso di specie non può trovare applicazione la disposizione di cui alla lettera a) del secondo periodo del secondo comma, da cui l’appellante fa derivare la decadenza del contribuente dalla fruizione del credito d’imposta per omessa presentazione del formulario FRS. Si tratta, infatti, di attività di ricerca conclusa nel 2007 e il relativo credito d’imposta inseri to nella dichiarazione dei redditi Mod. Unico 2008, risulta giuridicamente fruito entro il 31/12/2008, stante l’effetto retroattivo del ravvedimento operoso di cui all’art. 13, lett. b), d.lgs. n. 471 del 1997, concretamente perfezionato dalla contribuente nel 2009. In tale contesto non era, quindi, necessaria la presentazione del modello FRS.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con un motivo.
La parte intimata non si è costituita.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e l’erronea applicazione degli artt. 29 d.l. n. 186 del 2008 , e i commi 280283, legge n. 296 del 2006 e dell’art. 81 Cost.
1.1. La ricorrente, richiamata la pronuncia C. cost. n. 149 del 2017, rileva come, in base ai principi affermati da tale sentenza, non sia condivisibile la conclusione della CTR che ha ritenuto fruibile il credito di imposta -come diritto quesito -alla condizione che i costi per le attività di ricerca fossero stati sostenuti anteriormente alla data di entrata in vigore del d.l. n. 185 del 2008. In particolare, l’art. 1, commi da 280 a 283, legge n. 296 del 2006 (applicabile ratione temporis al caso di specie, sebbene successivamente abrogato dall’art. 23, comma 7, d.l. n. 83 del 2012 convertito dalla legge n. 134 del 2012) aveva riconosciuto alle imprese, a decorrere dal periodo di imposta successivo al 31/12/2006, un credito di imposta fruibile in compensazione nel modello F24, pari al 10% dei costi sostenuti per attività di ricerca e sviluppo. La legge, inizialmente, non fissava alcun tetto globale all’erogazione dei crediti, né prevedeva limiti di copertura del minor gettito fiscale derivante dalla fruizione da parte dei contribuenti. Questi ultimi non erano, pertanto, pertanto tenuti a presentare alcuna istanza preventiva di ammissione al beneficio. Successivamente, tuttavia, il legislatore, con l’art. 29 d.l. 29/11/2008, n. 185 convertito nella legge n. 2 del 2009 ha esteso ai crediti di imposta in esame la disciplina del monitoraggio dei crediti d’imposta dettata dall’art. 5, commi 1 e 3, d.l. 08/07/2002, n. 138, prevedendo, al secondo comma, un tetto massimo al credito d’imposta fruibile, con la definizione dei relativi stanziamenti nel bilancio dello Stato. La predeterminazione del tetto massimo del credito di imposta riconoscibile presupponeva, quindi, una procedura di selezione delle imprese, in modo da individuare quelle effettivamente destinate alla fruizione del beneficio. A tal fine i soggetti interessati erano, quindi, tenuti a inoltrare, a pena di decadenza, un apposito formulario (modello FRS), che valeva come prenotazione dell’accesso alla fruizione del credito d’imposta. In
particolare, l’art. 29, comma 1, d.l. n. 185 del 2008 stabiliva che: « Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, dell’articolo 5, del decreto legge n. 138 del 2002, sul monitoraggio dei crediti di imposta si applicano anche con riferimento a tutti i crediti di imposta vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto tenendo conto degli oneri finanziari previsti in relazione alle disposizioni medesime. »
Il comma 2 della medesima norma prevede che la fruizione del credito d’imposta per la ricerca fosse agevolata, a decorrere dal 2009, secondo la procedura di prenotazione e assegnazione delle risorse indicata alle lettere a) e b) del comma 2 e ai successivi commi 3 e 4 dell’art. 29 cit.
Di conseguenza, i crediti maturati negli anni 2007 e 2008, usati in compensazione (con Modello F24) entro il 31/12/2008 restavano fermi, mentre i crediti d’imposta maturati negli anni 2007, 2008 e 2009 che non erano stati usati alla data del 31/12/2008 necessitavano del previo inoltro per via telematica del formulario previsto dalla legge e del successivo rilascio del nulla osta da parte dell’Agenzia delle Entrate. In questa seconda ipotesi, la verifica di compatibilità della copertura finanziaria assumeva valore di vero e proprio elemento costitutivo del credito d’imposta. Il caso in esame ricade proprio nell’ipotesi da ultimo esaminata: la società contribuente ha, infatti, usato in compensazione nel 2009 (a mezzo di F24 DEL 16/09/2009) un credito d’imposta maturato nel 2007, senza presentare il relativo formulario. L’assolvimento di tale incombente avrebbe, quindi, consentito alla società di prenotare l’accesso alla fruizione del credito d’imposta e solo qualora vi fosse stata la copertura finanziaria, sarebbe stato possibile il rilascio del nulla osta per l’uso del credito. Affermare (come fa la CTR) che l’unico requisito necessario consiste nella conclusione dell’attività di
ricerca nell’anno 2007, esponendo il credito nel Mod. Unico 2008, equivale a un travisamento delle disposizioni in rubrica, perché significherebbe ammettere alla fruizione del credito tutte le imprese che abbiano sostenuto i relativi costi, indipendentemente dalla copertura finanziaria.
Il motivo è fondato. Questa Corte ha precisato che i n tema di crediti di imposta relativi a spese sostenute per attività di ricerca e sviluppo è inammissibile la questione di legittimità costituzionale, prospettata in relazione all’art. 3 Cost, dell’art. 29, comma 2, lett. a), d.l. n. 185 del 2008, conv. in l. n. 2 del 2009 -il quale ha previsto l’applicazione retroattiva della procedura di ammissione al beneficio fiscale basata sul criterio della priorità temporale -potendo il legislatore modificare in senso sfavorevole la disciplina dei rapporti giuridici a condizione che, come statuito dalla Corte cost., per identica questione, con sentenza n. 149 del 2017, ciò trovi giustificazione in principi, diritti e beni di rilievo costituzionale e rispetti il principio di ragionevolezza e proporzionalità, nella specie non violato, non essendo stata pregiudicata in senso assoluto l’aspettativa del credito (Cass., n. 4848 del 2020).
2.1. È stato poi precisato (Cass., n. 18699 del 2018) che sia questa Corte nell’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, sia quest’ultima, hanno ritenuto che la normativa del 2008 non abbia semplicemente inciso sulle modalità di fruizione del diritto, ma sul diritto stesso. La Corte Costituzionale, nel paragrafo 9 del “considerato” della sentenza 149 del 2017, ha affermato che « il valore del legittimo affidamento non esclude che il legislatore possa assumere disposizioni che modifichino in senso sfavorevole agli interessati la disciplina di rapporti giuridici anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti, ma esige che ciò avvenga alla condizione che tali disposizioni non trasmodino in un
regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica (sentenze n. 56 del 2015, n. 302 del 2010, n. 236 e n. 206 del 2009). Solo in presenza di posizioni giuridiche non adeguatamente consolidate, dunque, ovvero in seguito alla sopravvenienza di interessi pubblici che esigano interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente su di esse, ma sempre nei limiti della proporzionalità dell’incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti, è consentito alla legge di intervenire in senso sfavorevole su assetti regolatori precedentemente definiti (ex plurimis, sentenza n. 56 del 2015)» (sentenza n. 216 del 2015; si vedano anche, tra le tante, le sentenze n. 160 e n. 103 del 2013, n. 416 del 1999).
L’intervento retroattivo del legislatore, dunque, può incidere sull’affidamento dei cittadini a condizione che: 1) trovi giustificazione in «principi, diritti e beni di rilievo costituzionale” (ex multis, sentenza n. 308 del 2013), e dunque abbia una “causa normativa adeguata» (sentenze n. 203 del 2016, n. 34 del 2015 e n. 92 del 2013), quale un interesse pubblico sopravvenuto (sentenze n. 16 del 2017, n. 216 e n. 56 del 2015) o una «inderogabile esigenza» (sentenza n. 349 del 1985); 2) sia comunque rispettoso del principio di ragionevolezza (fra le tante, sentenza n. 16 del 2017) inteso, anche, come proporzionalità (sentenze n. 203 e n. 108 del 2016; n. 216 e n. 56 del 2015) ».
Nello stesso senso è stato precisato che, in materia di agevolazioni tributarie, non contrasta con il principio di legittimo affidamento, la previsione dell’art. 29, comma 1, del d.l. n. 185 del 2008 (cd. “decreto anticrisi”), conv., con modif., in l. n. 2 del 2009, nella parte in cui istituisce un tetto massimo al credito d’imposta fruibile per le spese di ricerca e di sviluppo, anche con riguardo ai crediti maturati
prima della sua entrata in vigore, perché, come affermato dalla Corte Cost. e dalla Corte di Giustizia UE, detto principio arretra quando l’intervento normativo è giustificato dalla salvaguardia di principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, tra i quali rientra la finalità di detto decreto di mantenere il bilancio dello Stato nel rispetto dei limiti approvati anche in sede europea (Cass., 09/03/2018, n. 5733; v. anche Cass., 28/02/2018, n. 4579).
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è fondato e deve essere accolto. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
accoglie il ricorso; Così deciso in Roma, il 10/04/2025.