Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9886 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9886 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
CARTELLA PAGAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4233/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio di quest’ultimo,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. VENETO, n. 513/2019, depositata il 19/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE ricorre nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della C.t.p. di Venezia che aveva accolto il ricorso spiegato avverso la cartella di pagamento, emessa a seguito di procedura automatizzata ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Con detta ultima l’Ufficio, per l’anno di imposta 201 2, aveva recuperato maggiori imposte rilevando che la contribuente aveva esposto un credito per incentivi al cinema che non era stato indicato nel quadro RU della dichiarazione 2013.
La RAGIONE_SOCIALE.t.p. accoglieva il ricorso rilevando che l’omissione costituiva un mero errore formale emendabile in sede contenziosa.
La RAGIONE_SOCIALEtRAGIONE_SOCIALE confermava la sentenza.
Considerato che:
Con l’unico motivo l ‘RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione del l’art. 2, commi 8 e 8bis, d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 e dall’art. 1, comma 327, lett. c) n. 1, legge 24 dicembre 2007 n. 244 .
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che l’omessa indicazione del credito di imposta fosse mero errore formale emendabile in sede contenziosa. Precisa che, a tutto voler concedere, l’omessa indicazione nel quadro RU poteva essere sanata con la rettifica entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo ai sensi dell’art. 2, comma 8 -bis, d.P.R. 22 luglio 1988, n. 322; che, in ogni caso, la norma era stata falsamente applicata, in quanto la dichiarazione in rettifica era avvenuta solo il 16 giugno 2015.
2. Il motivo è fondato.
2.1. Il credito di imposta oggetto di giudizio è previsto dall’art. 1, comma 327, lett. c) n. 1, legge 24 dicembre 2007 n. 244 (legge finanziaria 2008) in misura pari al 30 per cento RAGIONE_SOCIALE spese sostenute per specifici investimenti nel settore cinematografico.
L’art. 4, comma 3, d.m. 21 gennaio 2010, attuativo del menzionato art. 1, comma 327, lett. c), n. 1, cit. così recita: «I crediti d’imposta spettanti sono indicati, a pena di decadenza, sia nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di riconoscimento del credito, sia nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui i crediti sono utilizzati, evidenziando distintamente l’importo maturato da quello utilizzato».
La disposizione, pertanto, prevede espressamente la comminatoria della sanzione di decadenza dall’incentivo fiscale in caso di mancata indicazione del credito di imposta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo nel corso del quale il beneficio è concesso. La ratio sottesa a disposizioni di tal fatta va ravvisata dall’esigenza di definire, entro un tempo determinato, l’onere finanziario derivante dal riconoscimento dei crediti di imposta, altrimenti suscettibile di rimanere sospeso a tempo indefinito (cfr. Cass. 12/10/2021, n. 27660).
2.2. Il ricorso allo specifico istituto della decadenza implica la perentorietà del termine presidiato da tale sanzione, con conseguente estinzione del diritto sulla base del dato oggettivo del mancato esercizio del diritto stesso entro il lasso temporale stabilito, indipendentemente da ogni considerazione (Cass. n. 27660 del 2021 cit.)
2.3. Va evidenziato che nella fattispecie in esame la decadenza è connaturata alla struttura dell’istituto, in quanto è coerente con la scelta di accordare il beneficio in relazione all’esercizio fiscale nel corso del quale si siano sostenuti i relativi costi. La mancata indicazione del credito, nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta nel corso del
quale è concesso, ne impedisce il riconoscimento in diminuzione dell’imposta altrimenti dovuta (Cass. 06/10/2022, n. 29126, Cass. 30/11/2018, n. 31052).
Il credito in questione non deriva dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo, ma da un beneficio appositamente accordato a fronte di precise scelte politiche, finalizzate a incentivare il settore cinematografico. La mancata indicazione del credito nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta nel corso del quale esso è concesso, dunque, non determina una decadenza formale. Una tale qualificazione, riferita alla decadenza, può riguardare le dichiarazioni di scienza; sicché non può essere riferita a quella in esame (Cass. n. 29126 del 2022, Cass. n. 27660 del 2021 cit., Cass. n. 31052 del 2018 cit.;).
2.4. L’indicazione nel quadro RU della dichiarazione annuale del credito di imposta in questione è, difatti, atto negoziale e non di scienza, in quanto è volta a mutare (con rettifica in aumento) la base imponibile, e contestualmente ad inserirvi il credito di imposta. Il contribuente al quale sia stato concesso il beneficio può decidere di usufruirne o no; ma, per farlo, deve esprimere la propria volontà all’interno della dichiarazione dei redditi mediante la compilazione del quadro appositamente predisposto dall’Amministrazione (nello stesso senso Cass. 13/12/2021, n. 39681).
Le manifestazioni di volontà aventi valore negoziale sono irretrattabili anche in caso di errore, salvo che il contribuente non ne dimostri, secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli art. 1427 e ss. cod. civ., l’essenzialità ed obiettiva riconoscibilità da parte dell’amministrazione finanziaria.
Questa Corte, con consolidato orientamento, ha affermato che, sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di scienza, e possano quindi essere modificate ed
emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti, nondimeno, quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall’erario, la dichiarazione assume per questa parte il valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile, anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione (tra le più recenti, Cass. 06/10/2022, n. 29126, Cass. 16/07/2020, n. 15241; Cass. 29/11/2019, n. 31237; Cass. 22/10/2019, n. 26992; Cass. 21/02/2019, n. 5105; Cass. 12/10/2018, n. 25596; Cass. 21/01/2018, n. 610).
2.5. La tesi qui sostenuta non si pone in contrasto con l’arresto RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite secondo cui «in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8-bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria (Cass., Sez. U, n. 13378 del 2016 cit.). Le stesse Sezioni Unite, infatti, con la pronuncia indicata, hanno ribadito che «il principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite RAGIONE_SOCIALE
dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze».
2.6. In ragione della citata pronuncia a Sezioni Unite, deve ritenersi definitivamente superato il diverso indirizzo secondo cui il credito, ove non contestato, potrebbe essere opposto all’Amministrazione finanziaria, ancorché non indicato nella dichiarazione del periodo di imposta in oggetto. Va ribadito, infatti, che costituisce superiore principio quello secondo cui la generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze (Cass. 15/02/2022, n. 4807, Cass. n. 27660 del 2021 cit).
2.7. A diversa conclusione non può condurre l’introduzione del d.l. 30 dicembre 2016, n. 244 convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, che ha modificato l’art. 2, commi 8 e 8bis , d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.
In primo luogo, tale disposizione prevede la possibilità per il contribuente di far valere in sede di giudizio tributario eventuali errori commessi nella dichiarazione, ma non supera il principio affermato dalle sezioni unite di questa Corte, che limita tale facoltà solo in caso di emenda di dichiarazioni di scienza e non di volontà. In tal senso di è precisato che pur essendo possibile, quanto alle mere dichiarazioni di scienza, depositare una dichiarazione integrativa, nei limiti di cui al citato art. 2, commi 8 e 8bis d.P.R. n. 322 del 1998, tuttavia per le manifestazioni di volontà non è in alcun modo consentito modificare la dichiarazione, che è irretrattabile, salvi i limiti di cui all’art. 1428 cod. civ. Resta fermo, poi, il principio che, non possono essere superate in alcun modo le decadenze previste dalla normativa speciale. (Cass. 15/11/2021, n. 34266).
In secondo luogo tale nuova normativa, in particolare, ha unificato il termine per le dichiarazioni integrative, -sia quelle a favore, sia
quelle a sfavore del contribuente -e previsto l’applicazione del termine generale di accertamento di cui all’art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ovvero nel quarto anno successivo alla dichiarazione. In quanto innovativa, perché introdotta a seguito della richiamata pronuncia RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite, essa opera solo per il futuro (Cass. n. 27660 del 2021 cit., Cass. n. 31052 del 2018 cit.).
2.8. La RAGIONE_SOCIALE.t.r. non si è attenuta a questi principi in quanto, non avendo la società contribuente indicato il credito d’imposta nella dichiarazione, la stessa doveva ritenersi senz’altro decaduta (nello stesso, con riferimento a credito di imposta di identica natura cfr. Cass. 16/01/2023, n. 996).
Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e la sentenza impugnata va cassata; tenuto conto che non vi sono accertamenti di fatto da demandare al Giudice regionale, il giudizio può essere deciso nel merito, ex art. 384 cod. proc. civ. rigettando il ricorso introduttivo della contribuente.
Le spese RAGIONE_SOCIALE fasi di merito restano compensate in ragione dell’andamento del giudizio .
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l ‘ originario ricorso della contribuente.
Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
Condanna la contro ricorrente a corrispondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.500,00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2024.