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Credito d’imposta: no se la domanda è tardiva

La richiesta di una società per un credito d’imposta è stata respinta a causa della presentazione tardiva di una dichiarazione obbligatoria. Nonostante i tribunali di grado inferiore avessero dato ragione all’azienda, adducendo la complessità delle norme e difficoltà operative, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione. La Suprema Corte ha affermato che il termine per la presentazione era perentorio e non poteva essere né prorogato né scusato, rendendo legittimo il diniego del credito d’imposta da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Credito d’imposta: la Cassazione conferma che le scadenze sono invalicabili

Ottenere un credito d’imposta può rappresentare una boccata d’ossigeno per le aziende, ma il percorso per accedervi è lastricato di obblighi e scadenze precise. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 24179/2024) ribadisce un principio fondamentale: i termini perentori stabiliti dalla legge per la presentazione delle domande non ammettono deroghe, nemmeno di fronte a presunte difficoltà operative o complessità normative. Vediamo nel dettaglio cosa ha stabilito la Suprema Corte.

I fatti del caso

Una società per azioni si vedeva negare dall’Agenzia delle Entrate la fruizione di un importante credito d’imposta previsto per l’acquisto di beni strumentali nuovi. Il motivo del diniego era la mancata presentazione, entro il termine di legge, di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Con questo documento, l’azienda avrebbe dovuto attestare di non aver ricevuto aiuti di Stato dichiarati illegali dalla Commissione Europea.

L’azienda aveva impugnato il provvedimento, ottenendo ragione sia in primo grado (CTP) che in appello (CTR). I giudici di merito avevano considerato scusabile il ritardo, motivandolo con la “non agevole conoscenza delle disposizioni” e con le “difficoltà operative aziendali in un periodo feriale”. Inoltre, la dichiarazione era stata comunque inviata, seppur tardivamente. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo errata la decisione, ha proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione sul credito d’imposta

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando l’esito dei precedenti gradi di giudizio. Ha cassato la sentenza d’appello e, decidendo direttamente nel merito, ha respinto il ricorso originario dell’azienda. La Corte ha stabilito che il diniego del credito d’imposta era legittimo perché basato sul mancato rispetto di un termine perentorio, fissato a pena di decadenza.

Le motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda su argomentazioni giuridiche precise e rigorose, che chiariscono la natura dei termini in materia di agevolazioni fiscali.

Il carattere perentorio del termine

Il punto centrale della sentenza è la natura del termine per la presentazione della documentazione. La normativa istitutiva del credito d’imposta prevedeva esplicitamente che la domanda, completa di tutte le dichiarazioni richieste, dovesse essere presentata entro una data specifica, “a pena di decadenza”.

La Corte ha sottolineato che un termine definito “perentorio” o “di decadenza” non lascia spazio a discrezionalità. Il suo mancato rispetto comporta automaticamente la perdita del diritto, senza che il giudice possa valutare le ragioni del ritardo. La successiva presentazione della documentazione mancante è, pertanto, irrilevante. La legge non ammette sanatorie per adempimenti omessi oltre la scadenza.

L’irrilevanza dell’errore scusabile e della proroga amministrativa

I giudici di legittimità hanno smontato le motivazioni della corte d’appello. Hanno affermato che la presunta complessità delle norme o le difficoltà operative non costituiscono una causa di giustificazione valida per il mancato rispetto di un termine di decadenza. Spetta al contribuente, specialmente se si tratta di un’impresa strutturata, l’onere di informarsi e adempiere correttamente e tempestivamente agli obblighi di legge.

Inoltre, la Corte ha chiarito che neppure l’Amministrazione Finanziaria ha il potere di derogare a un termine di decadenza fissato da una norma primaria. Qualsiasi eventuale proroga concessa dall’ufficio per regolarizzare la domanda sarebbe illegittima, poiché un atto amministrativo non può modificare o disapplicare una disposizione di legge.

Le conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un monito importante per tutte le imprese che intendono beneficiare di agevolazioni fiscali. Le conclusioni che se ne possono trarre sono chiare:

1. Massima diligenza: È fondamentale prestare la massima attenzione alle scadenze e agli adempimenti formali richiesti dalla legge.
2. Natura dei termini: I termini definiti “a pena di decadenza” sono invalicabili. Non è possibile sanare un ritardo né invocare l’errore scusabile.
3. Limiti del potere amministrativo: L’Amministrazione Finanziaria è vincolata al rispetto della legge e non può concedere proroghe o sanatorie non previste normativamente.

In definitiva, per accedere a un credito d’imposta o a qualsiasi altra agevolazione, la tempestività e la completezza della domanda non sono dettagli formali, ma requisiti sostanziali la cui assenza determina inesorabilmente la perdita del beneficio.

È possibile ottenere un credito d’imposta se la documentazione richiesta viene presentata dopo la scadenza del termine?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che se il termine è previsto “a pena di decadenza”, è perentorio. La presentazione tardiva della documentazione comporta la perdita del diritto al beneficio, anche se il ritardo è minimo.

La complessità delle norme o le difficoltà operative dell’azienda possono giustificare un ritardo nella presentazione della domanda?
No. Secondo la sentenza, tali motivazioni non sono sufficienti a superare un termine di decadenza. L’onere di adempiere tempestivamente ricade sul contribuente, e un eventuale errore non è considerato “scusabile” di fronte a un termine perentorio.

L’Amministrazione Finanziaria può concedere una proroga per regolarizzare una domanda presentata in modo incompleto o tardivo?
No. La Corte ha chiarito che l’Amministrazione non ha il potere di prorogare un termine di decadenza stabilito dalla legge. Un’eventuale dilazione concessa è illegittima e non può sanare il mancato rispetto del termine originario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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