Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24824 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24824 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21722/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SARDEGNA n. 496/2018 depositata il 07/06/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/07/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2005, l’Agenzia delle Entrate effettuò un controllo fiscale nei confronti della contribuente, esercente attività di albergo e motel con ristorante. L’accertamento era finalizzato a verificare la sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 8 della L. n. 388/2000 per la fruizione delle agevolazioni relative agli investimenti effettuati nelle aree svantaggiate, nonché il rispetto del limite di cumulabilità di tali benefici con altri aiuti economici aventi ad oggetto i medesimi beni.
Gli esiti della verifica confluirono in un processo verbale di constatazione (PVC), notificato il 26 giugno 2005. Dal controllo emerse che la contribuente aveva erroneamente determinato il credito d’imposta, includendo tra i nuovi investimenti agevolabili beni che, in realtà, rappresentavano meri costi.
In data 25 dicembre 2005, l’Agenzia notificò alla contribuente un avviso di recupero del credito d’imposta, contestando le indebite compensazioni effettuate dalla società RAGIONE_SOCIALE con riferimento all’anno 2002.
La società impugnò l’avviso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Sassari, che accolse parzialmente il ricorso. L’Agenzia propose appello avverso la sentenza di primo grado, ma il gravame fu rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale della Sardegna.
Avverso tale decisione, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, articolando un unico motivo di censura.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della L. n. 388/2000, nonché degli artt. 67 e 68 del TUIR (nella versione ratione temporis applicabile, oggi artt. 103 e 104 del nuovo TUIR), ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la CTR valorizzato esclusivamente il carattere di novità e di strumentalità dei beni acquistati rispetto all’attività d’impresa,
omettendo di verificare se tali beni fossero fiscalmente ammortizzabili.
La censura è fondata.
L’art. 8 della L. n. 388/2000, nel prevedere un credito d’imposta per gli investimenti effettuati nelle aree svantaggiate, richiede il rispetto di specifici presupposti: i beni acquistati devono essere nuovi, strumentali all’attività d’impresa e, soprattutto, fiscalmente ammortizzabili, in quanto solo in tal modo si può garantire che l’incentivo fiscale raggiunga l’effetto di sostegno reale agli investimenti produttivi.
La CTR, nel motivare la propria decisione, ha esclusivamente valorizzato la novità dei beni e la loro strumentalità rispetto all’attività d’impresa, senza accertare se gli stessi fossero effettivamente iscrivibili tra le immobilizzazioni fiscali e dunque ammortizzabili. Tale omissione determina una violazione dei requisiti previsti dalla legge e rende la decisione contraria alla ratio dell’art. 8 L. n. 388/2000.
La Corte di Cassazione ha chiarito in modo costante che, ai fini del riconoscimento del credito d’imposta, costituisce requisito essenziale l’individuazione specifica dei beni fiscalmente ammortizzabili nel registro dei cespiti, destinati a una struttura produttiva e non trasferibili, a pena di decadenza, entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello in cui sono entrati in funzione, nonché la distinzione da altri beni posseduti dall’impresa (Cass. n. 15208/2021).
Analogamente, è consolidato l’orientamento secondo cui il credito d’imposta spetta esclusivamente per beni nuovi e fiscalmente ammortizzabili, materiali o immateriali, strumentali all’esercizio dell’impresa (Cass. n. 18994/2018). In particolare, le spese incrementative relative a un immobile rilevano ai fini del credito solo se si dimostra che i costi siano riconducibili alle ‘immobilizzazioni materiali’, ossia opere dotate di autonoma
funzionalità e individualità, rimovibili e riutilizzabili al termine della locazione; in mancanza, le stesse costituiscono ‘altre immobilizzazioni immateriali’, cioè costi deducibili senza diritto al credito (Cass. n. 28814/2017).
Alla luce di tali principi, la CTR ha omesso di effettuare un accertamento determinante per l’applicazione della normativa: non ha verificato l’effettiva ammortizzabilità fiscale dei beni né la loro corretta iscrizione nel registro dei cespiti, limitandosi a valutare solo la novità e la strumentalità dei beni rispetto all’attività d’impresa. Tale approccio, oltre a risultare incompleto, contrasta con la finalità della legge, che è quella di sostenere investimenti produttivi effettivi e tracciabili fiscalmente.
Pertanto, la decisione della CTR non può essere condivisa, poiché omette di considerare un requisito essenziale per il riconoscimento del credito d’imposta. L’accertamento della fiscalità dei beni, della loro strumentalità e della loro corretta classificazione contabile rappresenta un passaggio imprescindibile per garantire la conformità dell’atto alla legge, e la sua omissione determina una violazione diretta delle norme richiamate, incidendo sul diritto del contribuente al beneficio fiscale.
In conclusione, il motivo di ricorso dev’essere accolto, la sentenza per l’effetto cassata e la causa rinviata alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Sardegna, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di II Grado della Sardegna.
Così deciso in Roma, il 10/07/2025.