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Credito d’imposta investimenti: onere della prova

Una società si vede contestare un credito d’imposta investimenti a causa di un notevole aumento dei costi del progetto. La Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che il contribuente aveva assolto al proprio onere della prova dimostrando che l’aumento era previsto da clausole contrattuali e supportato da documentazione progettuale, senza che vi fosse un’inversione dell’onere probatorio.

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Pubblicato il 26 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Credito d’Imposta e Aumento dei Costi: la Cassazione Definisce l’Onere della Prova

L’accesso alle agevolazioni fiscali, come il credito d’imposta investimenti, rappresenta una leva fondamentale per la crescita delle imprese. Tuttavia, il percorso per ottenere e mantenere tali benefici può essere complesso, specialmente quando le circostanze del progetto di investimento cambiano nel tempo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: come gestire un significativo aumento dei costi senza perdere il diritto all’agevolazione e su chi ricade l’onere di dimostrare la legittimità di tale incremento.

I Fatti di Causa: l’Aumento dei Costi e la Contestazione del Fisco

Una società operante nel settore delle carni aveva avviato un importante progetto di investimento in un’area svantaggiata, beneficiando di un credito d’imposta ai sensi della L. 388/2000. Il progetto, avviato prima dell’8 luglio 2002, prevedeva inizialmente un certo ammontare di spesa, comunicato all’Amministrazione finanziaria tramite l’apposito modello CVS.

Successivamente, a causa di “sopravvenute esigenze tecniche, costruttive e progettuali”, l’importo dell’investimento è aumentato in modo considerevole, quasi triplicando. La società ha quindi presentato una seconda comunicazione per aggiornare l’importo. L’Agenzia delle Entrate, a distanza di anni, ha contestato la legittimità del credito d’imposta utilizzato dall’impresa, sostenendo che l’incremento dei costi non fosse giustificato.

I giudici di primo e secondo grado hanno dato ragione all’azienda, ritenendo che avesse adempiuto correttamente ai suoi obblighi di comunicazione e che l’aumento dei costi fosse plausibile.

L’onere della prova e il credito d’imposta investimenti

Il fulcro della controversia portata in Cassazione dall’Agenzia delle Entrate verteva su due punti principali. In primo luogo, l’Agenzia lamentava un vizio di motivazione da parte dei giudici d’appello, ritenendo la loro decisione illogica e contraddittoria per aver giustificato un aumento così rilevante dei costi. In secondo luogo, sosteneva che i giudici avessero erroneamente invertito l’onere della prova, addossandolo di fatto all’Ufficio anziché al contribuente, che è sempre tenuto a dimostrare di possedere i requisiti per accedere a un’agevolazione.

Secondo la tesi dell’Agenzia, non era sufficiente che l’azienda avesse presentato la documentazione; avrebbe dovuto provare in modo rigoroso la congruità dell’aumento dei costi. Il fatto che l’Ufficio non avesse sollevato obiezioni durante precedenti controlli non poteva, secondo l’Amministrazione, generare un legittimo affidamento nel contribuente.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza di appello e dando ragione alla società. I giudici supremi hanno chiarito in modo definitivo i confini della motivazione e la corretta applicazione del principio dell’onere della prova in materia di agevolazioni fiscali.

Le motivazioni

La Corte ha stabilito che la motivazione della sentenza d’appello non era né mancante né meramente apparente. I giudici di merito avevano fondato la loro decisione su elementi concreti e logici: l’aumento dei costi era stato giustificato non solo dalle esigenze progettuali, ma anche dal fatto che i contratti originali contenevano specifiche clausole di revisione dei prezzi a consuntivo. Questa previsione contrattuale rendeva plausibile e coerente l’incremento di spesa. Inoltre, la società aveva prodotto all’Erario tutta la documentazione progettuale a supporto, adempiendo così al proprio onere. La Corte ha ribadito che la valutazione di questi elementi costituisce un giudizio di merito, che non può essere riesaminato in sede di legittimità.

Sul secondo punto, la Cassazione ha escluso qualsiasi inversione dell’onere della prova. I giudici di merito non hanno spostato l’onere sull’Agenzia; al contrario, hanno esaminato le prove fornite dal contribuente e le hanno ritenute sufficienti a dimostrare il suo diritto a beneficiare del credito d’imposta investimenti. L’azienda, producendo i contratti e i documenti progettuali, ha assolto al proprio compito. Spettava all’Ufficio, a quel punto, contestare specificamente quegli elementi, cosa che non era avvenuta in modo efficace.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre importanti indicazioni pratiche per le imprese che beneficiano di agevolazioni fiscali. In primo luogo, sottolinea l’importanza di una solida documentazione contrattuale e progettuale, capace di giustificare ogni fase e variazione dell’investimento. La presenza di clausole di revisione dei prezzi può essere un elemento determinante per legittimare eventuali aumenti di costo. In secondo luogo, chiarisce che il contribuente assolve al suo onere probatorio fornendo gli elementi a sostegno del proprio diritto. Non si tratta di un’inversione dell’onere, ma di un corretto riparto: il contribuente prova i fatti costitutivi del suo diritto, e l’Amministrazione deve contestarli nel merito. La decisione rafforza la posizione delle imprese che agiscono in trasparenza, documentando attentamente i propri investimenti.

Un significativo aumento dei costi di un investimento può far perdere il diritto al credito d’imposta?
No, non necessariamente. Se l’aumento dei costi è giustificato da esigenze tecniche, costruttive o progettuali sopravvenute ed è supportato da adeguata documentazione (come clausole di revisione prezzi nei contratti originali), il diritto al credito d’imposta può essere mantenuto.

A chi spetta l’onere della prova per dimostrare il diritto a un’agevolazione fiscale come il credito d’imposta investimenti?
L’onere della prova spetta esclusivamente al contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare di possedere i requisiti per beneficiare dell’agevolazione, fornendo all’Amministrazione finanziaria tutta la documentazione necessaria a supporto del proprio diritto.

La mancata contestazione da parte dell’Ufficio durante precedenti verifiche crea un legittimo affidamento per il contribuente?
La sentenza non si pronuncia in via definitiva su questo punto, ma chiarisce che il legittimo affidamento può maturare solo in relazione a specifici controlli sulla spettanza del credito d’imposta. In questo caso, la Corte ha ritenuto che il contribuente avesse comunque fornito prove sufficienti, a prescindere da eventuali precedenti omissioni dell’Ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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