Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7982 Anno 2025
Oggetto: Tributi
IVA 2014 Relatore: COGNOME NOME
operazioni oggettivamente e soggettivamente
inesistenti- compensazione di credito d’imposta inesistente
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7982 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 4228 del ruolo generale dell’anno 202 2, proposto
Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
Contro
La RAGIONE_SOCIALE in persona del liquidatore pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv.to NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso, elettivamente domiciliata presso la
dott.ssa NOME COGNOME in Roma alla INDIRIZZO (e domicilio elettronico presso l’indirizzo di p.e.c. f.EMAILpec.studioalaia.it);
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno n. 6353/04/2021, depositata in data 18 agosto 2021, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 marzo 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno aveva rigettato l’appello proposto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 559/04/2019 della Commissione Tributaria Provinciale di Avellino che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva recuperato il credito d’imposta (imposte dirette e Iva) utilizzato dalla contribuente nel 2014 e ritenuto inesistente. Nella prospettazione dell’Ufficio il credito d’imposta recuperato era stato creato dalla dante causa RAGIONE_SOCIALE attraverso una complessa serie di operazioni di investimento agevolato, soggettivamente e oggettivamente inesistenti, che vedevano soggetto fittiziamente interposto Co.Ge.Trust (dal 29 luglio 2009, RAGIONE_SOCIALE) cui la prima aveva conferito appalto e che, a sua volta, aveva conferito sub-appalto ad una RAGIONE_SOCIALE con la RAGIONE_SOCIALE) e poi fatturato direttamente all’Hotel Rocce Rosse, dante causa della società contribuente che aveva fruito del contestato credito di imposta trasferitogli in forza dell’atto di scissione del 6.12.2010. L’operazione era consistita nel rappresentare lavori inesistenti o, comunque, sproporzionati (rispetto ai costi effettivamente sostenuti) relativi ad un impianto di
condizionamento, nell’ambito della ristrutturazione del Condominio RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, al solo fine di ottenere un credito d’imposta inesistente, descritto solo cartolarmente. Il 45% dell’importo investito avrebbe costituito credito di imposta utilizzabile a partire dal 2014 per cui l’Ufficio disconosceva l’investimento dichiarato per un totale di euro 1.494.549,00 (somma degli investimenti dichiarati negli anni 2008-2011) sostenendo che ammontasse ad euro 763.442,85 e che il credito inesistente fosse pari alla differenza di euro 328.997,72 tra il credito dichiarato (di euro 672.547,00) e il credito effettivo (pari a euro 343.549,28) di cui veniva recuperato a tassazione solo l’importo di euro 301.242,00 utilizzato in compensazione dalla contribuente nell’anno di imposta 2014.
RAGIONE_SOCIALE in persona del liquidatore pro tempore NOME COGNOME resiste con controricorso illustrato da successiva memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e/o 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 111, comma 6, Cost., 132, comma 2, n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR, con motivazione apparente, confermato la sentenza di primo grado senza esplicitare le ragioni della decisione in relazione ai motivi di appello proposti.
1.1. I n disparte l’impropria indicazione in rubrica anche del n. 3 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c. essendo denunciato esclusivamente un error in procedendo , motivo è infondato.
1.2. La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche
congetture (Cass., 5 luglio 2022, n. 21302; Cass., 1 marzo 2022, n. 6758, Sez. 5, Ordinanza n. 6044 del 2024).
1.3. La sentenza impugnata, lungi dal contenere una motivazione meramente per relationem alla decisione di primo grado, consente di ricostruire il percorso logico-giuridico seguito dal giudice di appello e rende possibile il controllo sull’esattezza del ragionamento decisorio che ha condotto, in relazione ai motivi di appello proposti dall’Ufficio (v. stralcio dell’atto di gravame riprodotto a pagg.6-9 del ricorso), al rigetto dell’impugnazione. In particolare, in punto di diritto, la CTR ha ritenuto sostanzialmente non fondata su elementi presuntivi sufficienti la contestazione dell’Ufficio della indebita compensazione da parte della contribuente, per il 2014, di un credito di imposta inesistente. Tale contestazione si basava sul presupposto che la dante causa RAGIONE_SOCIALE (appaltatore) e la RAGIONE_SOCIALE fossero riconducibili ad un unico centro di interessi e che la seconda fosse stata costituita ad hoc per ricevere l’ appalto dalla prima dei lavori condizionamento (poi anche subappaltati) del complesso immobiliare ed emettere fatture inesistenti nei confronti della appaltante al fine di fare sorgere un illegittimo credito d’imposta (poi utilizzato in compensazione dalla contribuente per il 2014 nella misura di euro 301.000,00). Al riguardo, ad avviso della CTR, diversamente da quanto prospettato dall’Amministrazione, le fatture in questione vennero emesse ‘ nell’ambito di un rapporto contrattuale chiaro nel suo esplicarsi e nella sua struttura (appalto e subappalto) e nell’ambito di una contabilità che non presentava profili di elusione ed evasione fiscale ‘. In merito, il giudice di appello ha aggiunto ‘ a parte il fatto evidenziato dall’Agenzia secondo cui il professionista di riferimento della RAGIONE_SOCIALE (delegato al ritiro del capitale sociale, certificatore di bilanci e note integrative) era l’amministratore della RAGIONE_SOCIALE, non vi erano elementi sufficienti a fare ritenere che la RAGIONE_SOCIALE fosse una società sostanzialmente inesistente e riconducibile alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE “; in particolare, il giudice di appello ha escluso l’inesistenza soggettiva e oggettiva delle fatture dalle quali era originato il credito di imposta compensato atteso che ‘ il complesso probatorio a disposizione dimostrava che i lavori di climatizzazione del compendio immobiliare di
riferimento furono effettivamente effettuati e ..soprattutto, per quel che concerneva i rapporti intercorsi tra la Hotel Rocce Rosse e la RAGIONE_SOCIALE, le fatture incriminate furono oggetto di pagamento e l’Iva fu versata all’Erario ‘. La motivazione è pertanto conforme al ‘minimo costituzionale’ di cui all’art. 111, sesto comma, Cost. (cfr. Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053, nonché, ex multis : Cass., 07/04/2021, n. 9288; Cass., 30/06/2020, n. 13248).
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 115, comma 2, c.p.c., 2697 c.c. e 2729 c.c. per avere la CTR rigettato l’appello dell’Ufficio senza considerare i fatti noti e allegati dall’Ufficio posti a fondamento dell’atto impositivo e riprodotti nell’atto di appello, ritenendo provata l’esistenza oggettiva e sog gettiva delle contestate fatture inerenti i lavori di climatizzazione commissionati dall’Hotel Rocce Rosse (dante causa della contribuente) sulla base di elementi inidonei (pagamenti e riversamento dell’Iva).
2.1.Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso sollevata dalla società sul presupposto che l’impugnazione si risolverebbe in una richiesta di riesame del merito della vicenda – non ammissibile in questa sede – venendo, invece, prospettata la non corretta applicazione della legge.
2.2.Il motivo è fondato.
2.3.Dalla sentenza impugnata e dagli atti difensivi (ricorso e controricorso) si evince che il recupero del credito di imposta utilizzato in compensazione per il 2014 dalla contribuente -alla quale era stato trasferito dall’RAGIONE_SOCIALE in forza dell’atto di scissione del 6.12.2010 -era fondato sulla contestata emissione di fatture afferenti a lavori di climatizzazione inesistenti o, comunque, sproporzionati (rispetto ai costi effettivamente sostenuti) da parte del soggetto fittiziamente interposto RAGIONE_SOCIALE (quale appaltatore) – creato ad hoc dall’RAGIONE_SOCIALE (quale appaltante) e che poi aveva, a sua volta, subappaltato i lavori medesimi ad una ATI – al solo scopo di fare lievitare, in capo all’RAGIONE_SOCIALE (dante causa della contribuente) i costi di
investimento ed ottenere un credito d’imposta di fatto inesistente , in violazione dell ‘art. 1, commi 271 -279 della legge n. 296 del 2006. In questo sistema fraudolento, RAGIONE_SOCIALETrust (soggettivamente inesistente) coincideva, di fatto, con RAGIONE_SOCIALE essendo riconducibili ad un unico centro di interessi e la creazione dei crediti di imposta inesistenti avveniva tramite l’utilizzo di fatture , afferenti ad operazioni (lavori di condizionamento) oggettivamente inesistenti, anche parzialmente tali (tramite sovraffatturazione), finalizzate a fare lievitare i costi di investimento.
2.4.Questa Corte ha precisato che, a fronte della non contestata regolarità formale delle fatture e delle scritture contabili della contribuente, incombe sull’Amministrazione, che ne contesti (ai fini del recupero dell’I.V.A. indebitamente detratta) l’inesistenza oggettiva totale o parziale, l’onere di provare il carattere fittizio delle operazioni ovvero l’eccessività dei costi sostenuti (arg. da Cass., sez. 5, 6.3.2015, n. 4570); 2) ciò può avvenire anche in forma indiziaria o presuntiva (arg. da Cass., Sez. 6-5, 14.9.2016, n. 18118, Rv. 641109-01); 3) spetta sempre al giudice di merito, tuttavia, di valutare l’opportunità di fare ricorso a presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (Cass., Sez. 6-5, 8.1.2015, n. 101, Rv. 634118-01; Cass. sez. 5, 26 settembre 2018, n. 22953); 4)a fronte della prova anche in forma indiziaria o presuntiva offerta dall’Amministrazione finanziaria del carattere (anche parzialmente) fittizio delle operazioni fatturate, ‘è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibile, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili’ (Cass., sent. 19352 d el 2018; n. 29002 del 2017; n. 428 del 2015; n. 17977 del 2013; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 16754 del 2021). Quanto alla prova di cui è onerata l’Amministrazione, e che già dal principio appena riportato si desume possa avere anche solo natura indiziaria, la Corte ha affermato che, ai fini dell’accertamento tributario relativo sia all’imposizione
diretta che all’IVA, la legge – rispettivamente art. 39, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973 (richiamato dal successivo art. 40 per quanto riguarda la rettifica delle dichiarazioni di soggetti diversi dalle persone fisiche) ed art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 -dispone che l ‘ inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove ” certe “. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma esclusivamente per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, ove ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss. e 2697, comma 2,c.c. (Cass., ord. n. 14237 del 2017; Cass n. 11624 del 2020).
2.5. Nella sentenza impugnata, il giudice di appello non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi in quanto si è limitato ad affermare che ‘le fatture incriminate furono emesse nell’ambito di un rapporto contrattuale chiaro nel suo esplicarsi e nella sua struttura (appalto e subappalto) e nell’ambito di una contabilità che non presentava profili di elusione ed evasione fiscale ‘ e che ‘ a parte il fatto evidenziato dall’Agenzia secondo cui il professionista di riferimento della RAGIONE_SOCIALE (delegato al ritiro del capitale sociale, certificatore di bilanci e note integrative) era l’amministratore della RAGIONE_SOCIALE, non vi erano elementi sufficienti a fare ritenere che la RAGIONE_SOCIALE fosse una società sostanzialmente inesistente e riconducibile alla RAGIONE_SOCIALE “; ciò senza valutare singolarmente e complessivamente gli elementi indiziari addotti dall’Ufficio in ordine alla contestata inesistenza soggettiva e oggettiva della fatturazione (per il 2008, dai SAL relativi a lavori effettuati dalla società RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE si era rilevata l’assenza dei
lavori di installazione dell’impianto di condizionamento così come quantificati nelle fatture; per il 2009, l’ emissione da parte di RAGIONE_SOCIALE di fattura di vendita nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in data 28.1.2009, concernente la realizzazione dell’impianto di condizionamento sebbene RAGIONE_SOCIALE avesse emesso la prima fattura in data 29.5.2009; per il 2010 emissione di fatture da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE registrate con la specifica causale ‘impianto di condizionamento’ e restituzione da parte di RAGIONE_SOCIALE di parte di quanto ricevuto come corrispettivo per le fatture emesse alla Hotel Rocce Rosse, etc. v. stralcio avviso riprodotto in ricorso pagg. 11 e segg.). Pertanto, in violazione dei criteri distributivi dell’onere della prova e di formazione della prova presuntiva, il giudice di appello ha, da un lato, escluso la sussistenza di elementi (presuntivi) sufficienti a fare ritenere RAGIONE_SOCIALE una società sostanzialmente inesistente e riconducibile alla RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro, ha ritenuto sostanzialmente assolto l’onere probatorio a contrario a carico della società contribuente atteso che ‘ il complesso probatorio a disposizione dimostrava che i lavori di climatizzazione del compendio immobiliare di riferimento erano stati effettivamente effettuati ‘, laddove la contestazione era in termini di una lievitazione del costo di investimento per ottenere un credito di imposta di fatto inesistente, e considerato che ‘ soprattutto, per quel che concerneva i rapporti intercorsi tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, le fatture incriminate furono oggetto di pagamento e l’Iva fu versata all’Erario ‘ ; così dando rilievo a circostanze (pagamenti e riversamento dell’Iva) irrilevanti sotto questo profilo alla luce della giurisprudenza di legittimità sopra richiamata.
3.In conclusione, va accolto il secondo motivo, rigettato il primo, con cassazione della sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto- e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione;
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto- e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 13 marzo 2015