Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 785 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 785 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13031/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA n. 2755/11/2015 depositata il 17 dicembre 2015
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 27 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Barletta -Andria -Trani dell’Agenzia delle Entrate notificava alla RAGIONE_SOCIALE un avviso di recupero
del credito d’imposta per investimenti nelle aree svantaggiate ex art. 8 della L. n. 388 del 2000 da questa utilizzato in compensazione, in modo asseritamente indebito, negli anni 2005, 2006 e 2007.
Con lo stesso atto l’Ufficio irrogava alla prefata società le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla legge.
La contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, la quale, con sentenza n. 2755/11/2015 del 17 dicembre 2015, rigettava l’appello della parte privata.
A fondamento della pronuncia resa, per quanto in questa sede ancora interessa, il collegio regionale osservava che:
-l’atto di recupero era stato legittimamente emesso entro il termine fissato dall’art. 27, comma 16, del D.L. n. 185 del 2008, convertito in L. n. 2 del 2009 (ovvero entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito d’imposta), trattandosi, nel caso di specie, di credito insistente utilizzato in compensazione; invero, il programmato investimento, finalizzato alla costruzione di un capannone industriale, era stato realizzato solo in minima parte nel prescritto termine del 31 dicembre 2006 e tanto aveva determinato la decadenza dal contributo;
-non poteva trovare applicazione la causa di non punibilità contemplata dall’art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 472 del 1997, «non avendo chiarito l’appellante in cosa (fosse) individuabile, nella fattispecie, ‘l’obiettiva condizione di incertezza sulla portata e l’àmbito di applicazione delle disposizioni’» : essa, in particolare, «viepiù in un caso di omessa realizzazione dell’investimento nel termine perentorio previsto (id est 31 -12 -2006), avrebbe dovuto
farsi carico di chiarire quali fossero i margini di possibile incertezza che l’avevano indotta a non tenere conto delle condizioni, presupposti e scadenze dell’investimento medesimo» e «avrebbe dovuto precisare quali erano le ragioni (o giustificazioni) che l’avevano indotta in errore sulle cause di decadenza dal diritto al beneficio del credito di imposta per l’investimento in aree svantaggiate» .
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va anzitutto osservato che dalla documentazione depositata dalla ricorrente RAGIONE_SOCIALE in allegato alla memoria illustrativa ex art. 380 -bis .1, comma 1, terzo periodo, c.p.c. si evince unicamente che la predetta società ebbe a presentare in data 19 aprile 2017 dichiarazione di adesione alla definizione agevolata dei carichi pendenti, ai sensi dell’art. 6, comma 2, del D.L. n. 193 del 2016, convertito in L. n. 225 del 2016.
1.1 Non essendo stata, però, depositata la comunicazione dell’agente della riscossione prevista dal comma 3 dello stesso articolo e non risultando formulata un’espressa rinuncia al ricorso, ai sensi dell’art. 390 c.p.c., non può dichiararsi l’estinzione del presente giudizio (cfr. Cass. n. 19164/2024, Cass. n. 16955/2024, Cass. n. 16923/2024, Cass. n. 16690/2024).
1.2 Peraltro, i provvedimenti di sgravio prodotti dalla ricorrente non hanno alcuna attinenza con la procedura di rottamazione di cui trattasi, essendo stati emessi in date (30 novembre 2012 e 4
dicembre 2013) notevolmente anteriori al 19 aprile 2017, oltre a riferirsi a ruoli diversi da quello che qui viene in rilievo.
1.3 Tanto premesso, con il primo motivo di ricorso, formulato in base al combinato disposto degli artt. 360, comma 1, n. 4) c.p.c. e 62, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992, viene denunciata la nullità dell’impugnata sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rimproverandosi alla CTR di aver omesso di pronunciare in ordine alle sollevate dalla contribuente, la quale aveva chiesto di valutare, agli effetti dell’art. 6, comma 1, del D. Lgs. n. 472 del 1997, la propria condizione soggettiva di buona fede.
Con il secondo motivo, introdotto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 43 e seguenti del D.P .R. n. 600 del 1973, dell’art. 27, comma 16, del D.L. n. 185 del 2008, convertito in L. n. 2 del 2009, dell’art. 62 della L. n. 289 del 2002, dell’art 8 della L. n. 388 del 2000, dell’art. 10, comma 3, della L. n. 212 del 2000, dell’art. 8 del D. Lgs. n. 546 del 1992, nonchè dell’art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 472 del 1997.
2.1 Si rimprovera alla CTR di aver respinto la sollevata eccezione di decadenza dell’Ufficio dall’esercizio della potestà accertativa, sull’erroneo presupposto che l’emissione dell’atto di recupero per cui è causa fosse soggetta all’osservanza del termine di otto anni previsto dalla disposizione eccezionale recata dall’art. 27, comma 16, del D.L. n. 185 del 2008 per i crediti d’imposta , anziché del termine ordinario quadriennale stabilito per i crediti .
2.2 Con un ulteriore profilo di doglianza si critica la pronuncia d’appello per aver ritenuto legittime le sanzioni irrogate alla società, pur in assenza di una sua condotta cosciente e volontaria o censurabile a titolo di dolo o di colpa.
Nell’ordine logico -giuridico si appalesa prioritario lo scrutinio del
primo profilo di censura articolato con il secondo motivo, il quale appare fondato.
3.1 La questione che esso pone è stata risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali, con le sentenze «gemelle» nn. 34419/2023 e 34452/2023, hanno affermato il seguente principio di diritto: «In tema di compensazione di crediti o eccedenze d’imposta da parte del contribuente, all’azione di accertamento dell’erario si applica il più lungo termine di otto anni, di cui all’art. 27, comma 16, d.l. n. 185 del 2008, quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza -alla luce anche dell’art. 13, comma 5, terzo periodo, d. lgs. n. 471 del 1997, come modificato dal d.lgs. n. 158 del 2015- allorché ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti: a)il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b)l’inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36 -bis e 36 -ter del D.P.R. n. 600 del 1973 e all’art. 54 -bis del D.P.R. n. 633 del 1972; ove sussista il primo requisito ma l’inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano i termini ordinari per l’attività di accertamento» .
3.2 Nella motivazione del citato arresto, viene chiarito che, al di là dell’ipotesi in cui la condotta sia palesemente connotata da fraudolenza, come tale mirata a fornire solo una fittizia rappresentazione dei presupposti di fatto e normativi del credito e/o dell’eccedenza, fra gli elementi strutturali idonei ad assumere natura costitutiva del credito assume una particolare rilevanza l’esistenza di un obbligo di «facere» o di «non facere» .
L’adempimento di un obbligo di tal genere, infatti, se, da un lato, condiziona l’esistenza e/o il mantenimento dell’agevolazione (e del diritto di credito), dall’altro si traduce nel compimento di una
attività da parte del contribuente che, più di altre, non necessariamente è suscettibile di rilevazione in sede di controllo formale.
3.3 Per quanto qui segnatamente interessa, le Sezioni Unite hanno osservato: «…ad esempio, in tema di agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate, il mantenimento del beneficio è condizionato dalla materiale adibizione del bene oggetto dell’investimento alla funzione produttiva sua propria entro due anni da quando lo stesso si è reso disponibile all’impresa, situazione la cui verificabilità si sottrae, di norma, ad un riscontro meramente formale. In tale ipotesi, peraltro, la condotta rilevante potrà riguardare l’uso in compensazione del credito successivo all’inutile scadenza del biennio e non anche l’utilizzo del credito per il periodo anteriore, quando, sia pure condizionato, era esistente» (paragrafo 21.2).
3.4 In sèguito all’intervento del massimo organo nomofilattico, il legislatore ha modificato con l’art. 1, comma 1, lettera a), del D. Lgs. n. 87 del 2024 il testo dell’art. 1 del D. Lgs. n. 74 del 2000 (recante la «nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205»), precisando la distinzione fra «crediti inesistenti» e «crediti non spettanti» già ricavabile dall’art. 13 del D. Lgs. n. 471 del 1997, nella versione applicabile a partire dal 1° gennaio 2016.
È stato così stabilito che si intendono:
-per «crediti inesistenti»:
«1)i crediti per i quali mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento;
2)i crediti per i quali i requisiti oggettivi e soggettivi di cui al numero 1) sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o
artifici» (lettera g -quater );
-per «crediti non spettanti»:
1)i crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento;
2)i crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito;
3)i crediti utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi espressamente previsti a pena di decadenza» (lettera g -quinquies ).
3.5 Con specifico riferimento alla materia delle agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate, deve, poi, tenersi presente che il comma 7, primo periodo, dell’art. 8 della L. n. 388 del 2000 (Finanziaria 2001) così recita: «Se i beni oggetto dell’agevolazione non entrano in funzione entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione, il credito d’imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni non entrati in funzione».
3.6 L’art. 62, comma 1, della L. n. 289 del 2002 (Finanziaria 2003) si pone il dichiarato obiettivo «di assicurare una corretta applicazione delle disposizioni in materia di agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate di cui all’articolo 8 della L. 23 dicembre 2000, n. 388 e successive modificazioni, nonchè di favorire la prevenzione di comportamenti elusivi, di acquisire all’amministrazione i dati necessari per adeguati monitoraggi e pianificazioni dei flussi di spesa, occorrenti per assicurare pieni utilizzi dei contributi, attribuiti nella forma di crediti di imposta».
A tal fine, viene stabilito che:
-«i soggetti che, presentata l’istanza ai sensi delle disposizioni di
cui alla lettera b), non ne hanno ottenuto l’accoglimento per esaurimento delle risorse finanziarie disponibili per l’anno 2002, e che comunque intendono conseguire il contributo di cui alla lettera c), a decorrere dalla data prevista nella medesima lettera, rinnovano l’istanza, esponendo un importo relativo all’investimento non superiore a quello indicato nell’istanza non accolta, nonché gli altri dati di cui alla medesima istanza, integrati con gli ulteriori elementi stabiliti con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate previsto dalla lettera a). Rispettate tali condizioni, i soggetti di cui al periodo precedente conservano l’ordine di priorità conseguito con la precedente istanza non accolta, ai sensi del comma 1 -ter del citato articolo 8 della legge n. 388 del 2000» (lettera d);
-«le istanze presentate per la prima volta dai soggetti che intendono effettuare investimenti a decorrere dal 1° gennaio 2003 contengono le indicazioni di cui al comma 1 -bis del citato articolo 8 della legge n. 388 del 2000, come modificato dall’articolo 10 del citato decreto -legge n. 138 del 2002, integrate con gli ulteriori elementi stabiliti con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate previsto dalla lettera a)» (lettera e);
-«le istanze rinnovate ovvero presentate per la prima volta ai sensi delle lettere d) ed e) espongono gli investimenti e gli utilizzi del contributo suddivisi, secondo la pianificazione scelta dai soggetti interessati, con riferimento all’anno nel quale l’istanza viene presentata e ai due immediatamente successivi. In ogni caso, l’utilizzo del contributo, in relazione al singolo investimento, è consentito esclusivamente entro il secondo anno successivo a quello nel quale è presentata l’istanza e, in ogni caso, nel rispetto di limiti di utilizzazione minimi e massimi pari, in progressione, al 20 e al 30 per cento, nell’anno di presentazione dell’istanza, e al 60 e al 70 per cento, nell’anno successivo» (lettera f);
-«qualora le utilizzazioni del contributo pianificate ed esposte nella
istanza, ai sensi della lettera f), non risultino effettuate nei limiti previsti, per ciascun anno, dalla medesima lettera, il soggetto interessato decade dal diritto al contributo e non può presentare una nuova istanza prima dei dodici mesi successivi a quello nel quale la decadenza si è verificata» (lettera g).
3.7 Ciò posto, la Commissione regionale pugliese ha affermato che il credito d’imposta utilizzato in compensazione dalla contribuente negli anni 2005, 2006 e 2007 andava ritenuto inesistente, in quanto, «ai sensi dell’art. 62, co. 1, lett. d) e g), l. n. 289/2002, la mancata realizzazione dell’investimento nei tempi prescritti implica la decadenza dal contributo, talchè la condotta della società non può certo dirsi immune da censure in relazione al mancato rispetto delle condizioni legittimanti le agevolazioni de quibus» .
3.8 Sennonchè, alla stregua della surriferita disciplina normativa, la società sarebbe incorsa nella cennata causa di decadenza soltanto se il capannone industriale per la cui realizzazione aveva chiesto di poter fruire delle agevolazioni previste dall’art. 8 della L. n. 388 del 2000 non fosse «entrato in funzione entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello della sua acquisizione o ultimazione» ( arg. ex art. 8, comma 7, della L. n. 388 del 2000).
3.9 Al riguardo, deve considerarsi che, in base a quanto allegato dalla stessa Agenzia delle Entrate (pag. 2 del controricorso), la costruzione del detto capannone fu completata nel 2007.
3.10 Va dunque preso atto di come la CTR, nel rilevare l’intervenuta decadenza della RAGIONE_SOCIALE dal contributo e la conseguente inesistenza del credito d’imposta ad essa attribuito, abbia erroneamente sovrapposto due prescrizioni applicative diverse, peraltro fra loro non confliggenti: -l’una (l’art. 62, comma 1, della L. n. 289 del 2002), disciplinante i tempi e le quote di utilizzo dei crediti d’imposta con riguardo all’anno di presentazione dell’istanza; -l’altra (l’art. 8, comma 7, della L. n. 388 del 2000), volta a subordinare il mantenimento
dell’agevolazione (secondo la «ratio legis» di tutelare i nuovi investimenti in quanto portati a compimento, e così effettivamente inseriti nel ciclo economico e produttivo delle aree svantaggiate) alla messa in funzione dei beni nel biennio d’imposta successivo alla loro «acquisizione o ultimazione».
3.11 La soluzione qui accolta non trova ostacolo nel fatto che la società avesse eventualmente assunto l’impegno di terminare i lavori entro il dicembre 2006: ciò in quanto la causa di decadenza trova tassativa individuazione nell’art. 8 citato, il quale non contempla la violazione di un siffatto impegno, bensì unicamente l’obbligo di materialmente adibire il bene oggetto dell’investimento alla funzione produttiva sua propria entro due anni da quando lo stesso si è reso disponibile all’impresa (cfr. Cass. n. 8086/2017, richiamata dalle menzionate sentenze delle Sezioni Unite).
3.12 In definitiva, l’impugnata decisione non ha offerto una corretta interpretazione delle norme in tema di agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate, con le conseguenti ricadute sul termine per l’emissione dell’atto di recupero del credito d’imposta utilizzato dalla contribuente.
Le ulteriori censure rimangono assorbite dall’accoglimento di quella appena scrutinata.
Per quanto precede, va disposta, ai sensi degli artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi e compiendo gli approfondimenti resi necessari dalla loro applicazione.
5.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei termini di cui in motivazione, il secondo mezzo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione