Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15534 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15534 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
Oggetto: Tributi
Cartella di pagamento
2014
Art. 36bis del
d.P.R. n. 600/73
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 12389 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica del difensore EMAIL;
– ricorrente principale –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente e ricorrente incidentale-
per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 5233/01/2020, depositata in data 6 novembre 2020, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 aprile 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore propone ricorso affidato a quattro motivi per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva accolto parzialmente l’appello proposto nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 2019/21/2019 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli con la quale era stato rigettato il ricorso della suddetta società avverso cartella di pagamento con la quale l’Ufficio, in seguito a controllo automatizzato, ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600/73, del Modello Unico 2015 , per l’anno di imposta 201 4, aveva recuperato il credito di imposta per investimenti nel Mezzogiorno di euro 50.000,00 (di cui euro 40.500,00 utilizzati in compensazione ed euro 9.500,00 riportati nell’anno successivo) che non trovava riscontro nella dichiarazione per il 2013 nonché l’ulteriore importo indebitamente compensato di euro 5.185,00.
In punto di diritto, per quanto di interesse la CTR ha affermato che, in base alle risultanze della disposta CTU, era emerso che RAGIONE_SOCIALE, per il 2013, aveva dichiarato di avere un credito d’imposta di euro 28.340,00, utilizzandone effettivamente euro
23.155,00 e che, a seguito della comunicazione di irregolarità tuttavia la detta società aveva pagato l’importo di euro 72.018,27 (comprendente non solo euro 23.155,00 effettivamente compensati ma anche euro 28.340,00 dichiarati ma non utilizzati) con la conseguenza che si era venuto a creare un credito per indebito di euro 28.340,00; viceversa, per il 2014, RAGIONE_SOCIALE, aveva compensato illegittimamente crediti di imposta per euro 70.413,34 dai quali andava detratto il credito di euro 28.340,00 sicché il legittimo recupero da parte dell’Ufficio andava quantificato in euro 42.073,34 sul quale andavano calcolati interessi e sanzioni. Trattandosi di compensazioni con crediti inesistenti, il calcolo andava fatto di conseguenza e il mancato invio di avviso bonario risultava irrilevante.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE spiegando ricorso incidentale articolato in un motivo.
La società contribuente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si denuncia, la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame da parte della CTR del l’ecce zione concernente l’ omessa notifica dell’avviso di comunicazione prima dell’emissione della cartella esattoriale nonché RAGIONE_SOCIALE altre censure sollevate sin dal ricorso introduttivo relative al l’avvenuto pagamento dell’Iva di euro 1.393,00, erroneamente riportato a debito anziché a credito e al credito Ires per euro 2.569,00 (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.);
1.1. Premessa l’autosufficienza del motivo, avendo la società contribuente allegato al ricorso l’atto di appello dal quale si evince la proposizione in sede di gravame RAGIONE_SOCIALE censure in relazione alle quali viene dedotto il vizio di omessa pronuncia, lo stesso, con riguardo alle sub censure proposte, è infondato.
1.2. Va ribadito che costituisce violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, e configura il vizio di cui all’art. 112 cod. proc. civ., l’omesso esame di specifiche richieste o eccezioni fatte valere dalla parte e rilevanti ai fini della definizione del giudizio, che va fatto valere ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. (Cass. n. 22759 del 2014; n. 6835 del 2017 Cass. 28580-2021); in particolare, il vizio di omessa pronuncia ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su un capo della domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta RAGIONE_SOCIALE parti che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass. n. 27566 del 2018; n. 28308 del 2017; n. 7653 del 2012); nella specie, 1) quanto all’eccezione di omessa notifica dell’avviso di comunicazione prima dell’emissione della cartella esattoriale la CTR ha espressamente affermato che ‘ essendosi in presenza di compensazioni con crediti inesistenti, il calcolo fatto di conseguenza e il mancato invio di avviso bonario risultava irrilevante ‘ ; ciò , peraltro, in conformità all’orientamento di questa Corte secondo cui ‘ La notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non preceduta dalla comunicazione del c.d. “avviso bonario” ex art. 36 bis, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, nel caso in cui non vengano riscontrate irregolarità nella dichiarazione; nè il contraddittorio endoprocedimentale è invariabilmente imposto dall’art. 6, comma 5, l. n. 212 del 2000, il quale lo prevede soltanto quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti al citato art. 36 bis, che implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativ o
( Sez. 5, Ord. n. 33344 del 17/12/2019;Sez. 5, Ord. n. 18405 del 3 0/06/2021); 2) quanto agli eccepiti crediti Iva (indicato
erroneamente in dichiarazione come debito) e Ires, non è configurabile una omessa pronuncia, trattandosi di questioni rimaste sostanzialmente ‘assorbite’ dall’avvenuto conferimento al CTU del l’incarico di determinare quale fosse l’eventuale ammontare del credito di imposta spettante alla RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2014, e dalla conseguente quantificazione – in adesione alla relazione del CTU del legittimo recupero da parte dell’RAGIONE_SOCIALE n ell’importo di euro 42.073,34 (dovendo dall’importo complessivo dei crediti illegittimamente compensati pari a euro 70.413,34 essere detratto solo il credito di euro 28.340,00, erroneamente dichiarato ma non utilizzato per il 2013);
Con il secondo motivo si denuncia ‘ l’illogicità e irragionevolezza della motivazione della sentenza emessa in ordine alla sola detrazione dell’agevolazione del credito d’imposta per l’anno 2014 per euro 28.340,00 e non anche dell’agevolazione del credito d’imposta, anno 2013, per euro 23.155,00 (entrambi pagati provvisoriamente con il ravvedimento operoso dati gli errori nelle dichiarazioni 2013 e 2014) oltreché del credito Iva e del credito Ires e dell’eliminazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni e RAGIONE_SOCIALE penali, fatto d ecisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti ‘ (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.);
2.1. Il motivo è inammissibile;
2.2. L a censura formulata, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. in termini di ‘ illogicità e irragionevolezza della motivazione ‘ è in ogni caso inammissibile in quanto trattasi di vizio non più censurabile in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 n.5 cpc, come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis; invero, anche a volere ricondurre la censura al vizio specifico denunciabile per cassazione in base alla nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., lo stesso concerne
l’omesso esame di un fatto storico , principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto RAGIONE_SOCIALE previsioni dell’art. 366 , comma 1, n. 6, c.p.c. e dell’ art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c. il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass. n. 14324 del 2015); peraltro, l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p. c., nell’attuale testo modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 40 del 2006, riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’ omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass. n.n. 12481 del 2022; 2268/2022); nella specie, la ricorrente non ha indicato specificamente alcun fatto storico, avente le caratteristiche sopra indicate, del quale sia stato omesso l’esame da parte del giudice di merito .
Con il terzo motivo si denuncia ‘ la violazione e/o falsa applicazione del principio di autotutela (art. 2-quater del d.l. n. 564/1994) in relazione al ravvedimento operoso operato per l’anno 2013 e 2014 e al pagamento provvisorio dell’intero importo per l’anno 2013 (euro
23.155) e per l’anno 2014 (euro 28.340) dei due utilizzi dei crediti d’imposta a seguito di errore nella dichiarazione che comportava il pagamento e poi il riaccredito nella somma complessiva di euro 51.495,00 (NUMERO_TELEFONO) nel 2015 in applicazione della normativa di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 472/1997 e dove invece la CTR riconosceva solo la compensazione per euro 28.340 e non anche per euro 23.155,00′ ;
Con il quarto motivo si denuncia ‘ la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 -quater del d.l. n. 564/1994 in relazione al principio di autosufficienza e di presunzione di cui all’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi circa la compensazione da operare dei crediti di imposta valutando come rilevanti i dati in compensazione forniti, con il dovere dell’AE di bilanciare gli elementi presuntivi favorevoli e quelli contrari e di conseguenza la CTR doveva in sede di ricorso tributario tenere in considerazione le presunzioni indicate dal ricorrente circa i crediti d’imposta di detti anni, anche in considerazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni degli anni precedenti dove il credito d’imposta alla RAGIONE_SOCIALE era acclarato e conclamato’ (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.);
In disparte una non marginale approssimazione e confusione espositiva, che impedisce di leggere compiutamente la ratio censuratoria (v. Cass. Cass., sez. 2, n. 121 del 2019), i motivi terzo e quarto – da trattarsi congiuntamente per connessione- si profilano inammissibili per le ragioni di seguito indicate;
5.1. In primo luogo, trattasi, di censure inammissibili per novità RAGIONE_SOCIALE questioni dedotte e per violazione del principio di autosufficienza, evidenziandosi, sotto il primo profilo, che dal contenuto della sentenza impugnata non emerge la proposizione della sp ecifica eccezione di violazione del principio dell’autotutela di cui all’art. 2 quater del d.l. n. 564/1994 in relazione al ravvedimento operoso per gli anni 2013-2014, e, sotto il secondo profilo, che è
onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione di quelle questioni innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare- riproducendone il contenuto nelle parti rilevanti – in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. n. 11934 del 2021; n. 17831 del 2016, n. 23766 e n. 1435 del 2013, n. 17253 del 2009);
5.2. Inoltre, i motivi, da un lato, non sono attinenti al decisum atteso che nella ricostruzione complessiva del quantum dovuto effettuata dalla CTR, sulla base RAGIONE_SOCIALE risultanze della CTU, la somma di euro 23.155,00 è stata considerata dovuta in quanto utilizzata in compensazione sebbene il credito d’imposta fosse inesistente ( ‘ la società RAGIONE_SOCIALE per l’anno d’imposta 2013 ha dichiarato di avere un credito d’imposta di euro 28.340,00 utilizzandone effettivamente euro 23.155,00; a seguito della comunicazione di irregolarità.. tuttavia la detta società ha pagato l’intero importo di euro 72.018,27 comprendente non solo euro 23.155,00 effettivamente compensati ma anche euro 28.340,00 dichiarati ma non utilizzati con la conseguenza che si è venuto a creare un credito di euro 28.340,00 ‘ ) e dall’altro, pur prospettando una violazione di legge, in realtà tendono inammissibilmente ad una nuova interpretazione di questioni di merito, avendo la CTR ritenuto, con una valutazione in fatto non sindacabile dinanzi al giudice di legittimità, che ‘ per il 2014 la RAGIONE_SOCIALE a tutto il 30.10.2015 compensato illegittimamente crediti d’imposta per euro 70.413,34 dai quali tuttavia detratto il credito di euro 28.340,00 sicchè il recupero da parte dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE quantificato in euro 42.073,34 sul quale calcolati interessi e sanzioni ‘. Va, al riguardo, ribadito l’orientamento di questa Corte secondo cui ‘ È inammissibile il ricorso per cassazione
con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito ‘ (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017; Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 18721 del 13/07/2018; Cass., sez. 5, 26 novembre 2020, n. 26961);
6 . Con l’unico motivo del ricorso incidentale, l’RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600/73 per non avere la CTR, facendo proprio il ragionamento del CTU, affrontato la questione relativa alla spettanza in favore dell’Ufficio dell’importo di euro 55.185,00 oggetto della cartella di pagamento in questione, definendo le indebite compensazioni poste in essere dalla contribuente con riguardo ad una diversa annualità (2015), costituendo il recupero di tali importi, come determinati dal CTU, in realtà, oggetto di altra cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato del Modello Unico/2016, per il 2015;
6.1. La censura -con la quale si denunciano sostanzialmente errori di valutazione e di ricostruzione della vicenda commessi dal c.t.u., alle cui conclusioni il giudice di merito avrebbe interamente aderitonon supera la soglia dell’ammissibilità in quanto deve registrarsi il difetto di autosufficienza, derivante dal mancato rispetto del principio di specificità di cui al n. 6 dell’art. 366, cod. proc. civ., in quanto se, per un verso, il giudice del merito che dia mostra di aver conosciuto e apprezzato le conclusioni del consulente, non è tenuto a fornire alcuna ulteriore motivazione, per altro verso, è altrettanto evidente che l’RAGIONE_SOCIALE, quale ricorrente incidentale, non può limitarsi a dissentire dalle predette conclusioni in sede di legittimità, ricadendo su di essa l’onere di puntualmente controdedurre, riportando i singoli passaggi della relazione e le specifiche ragioni poste a suo tempo in contrapposizione , di talché risulta necessario
che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice “a quo”, e che ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità (Cass., sez. 2, n. 121 del 2019);
In conclusione, va rigettato il ricorso principale, dichiarato inammissibile quello incidentale.
In considerazione della reciproca soccombenza, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile quello incidentale; compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 12 aprile 2024