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Credito d’imposta estero: prevale la convenzione

La Corte di Cassazione stabilisce che, per il riconoscimento del credito d’imposta estero, le convenzioni contro la doppia imposizione prevalgono sulla legge nazionale. Annullata la pretesa del Fisco che richiedeva la prova del pagamento definitivo dell’imposta versata in Brasile, in applicazione della Convenzione Italia-Brasile. La contribuente aveva diritto al credito anche in assenza di tale prova formale.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Credito d’imposta estero: la parola della Cassazione sulla prevalenza dei trattati internazionali

Quando un contribuente produce reddito all’estero, si scontra con una delle problematiche più complesse del diritto tributario: la doppia imposizione. Per risolvere questo problema, l’Italia ha stipulato numerose convenzioni internazionali. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: per ottenere il credito d’imposta estero, le norme di questi trattati prevalgono sulla legge nazionale, semplificando gli oneri per il contribuente. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una contribuente realizzava una plusvalenza dalla vendita di una partecipazione in una società brasiliana e pagava le relative imposte in Brasile. Successivamente, in Italia, chiedeva di poter usufruire del credito d’imposta per le tasse già versate all’estero, al fine di evitare di pagare due volte sul medesimo reddito.

L’Agenzia delle Entrate contestava questa richiesta, emettendo una cartella di pagamento. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, la contribuente non aveva fornito la prova del pagamento a titolo definitivo delle imposte in Brasile, un requisito previsto dalla normativa fiscale italiana (art. 165 del TUIR). Dopo un percorso giudiziario altalenante nei primi due gradi di giudizio, la questione è giunta all’attenzione della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Credito d’imposta estero

La Corte Suprema ha accolto il ricorso della contribuente, annullando la sentenza d’appello e confermando il suo diritto al credito d’imposta. I giudici hanno stabilito che la Commissione Tributaria Regionale aveva errato nel ritenere applicabile la normativa interna (art. 165 TUIR) in modo rigido, senza considerare la prevalenza della Convenzione stipulata tra Italia e Brasile per evitare le doppie imposizioni.

Secondo la Cassazione, le norme contenute nei trattati internazionali non possono essere limitate da disposizioni formali della legge nazionale non previste nel trattato stesso. Pertanto, la richiesta di provare la “definitività” del pagamento, non essendo contemplata dalla Convenzione, non poteva essere opposta alla contribuente per negarle il diritto al credito.

Le Motivazioni: La Prevalenza della Convenzione sulla Norma Interna

Il cuore della decisione risiede nel principio della gerarchia delle fonti del diritto. La Corte ha ribadito che le norme pattizie, ovvero quelle derivanti da trattati internazionali, sono destinate a prevalere sulla legislazione nazionale per il loro carattere di specialità. Questo principio è rafforzato dall’articolo 117 della Costituzione, che impone al legislatore di rispettare i vincoli derivanti dagli obblighi internazionali.

Lo scopo primario della Convenzione Italia-Brasile è proprio quello di eliminare la doppia imposizione. La Corte ha specificato che questo obbligo internazionale assunto dall’Italia non può essere svuotato o limitato da oneri formali interni. Imporre al contribuente di adempiere a requisiti non previsti dal trattato (come la prova della definitività del versamento) equivarrebbe a violare il trattato stesso, esponendo lo Stato italiano a una violazione del diritto internazionale pattizio.

La Corte ha inoltre chiarito che il termine “deduzione” utilizzato nella Convenzione deve essere inteso in senso atecnico come una “detrazione” dall’imposta italiana (cioè un credito d’imposta), e non come una deduzione dalla base imponibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Contribuenti

Questa ordinanza ha importanti conseguenze pratiche per tutti i contribuenti, persone fisiche e società, che percepiscono redditi dall’estero e si trovano in Paesi con cui l’Italia ha siglato una convenzione contro la doppia imposizione.

1. Le Convenzioni sono uno scudo protettivo: I contribuenti possono fare diretto affidamento sulle disposizioni dei trattati internazionali, che prevalgono sulla normativa interna più restrittiva.
2. Minori oneri probatori: Se la Convenzione garantisce il credito d’imposta senza richiedere specifici adempimenti formali, l’Agenzia delle Entrate non può negarlo basandosi esclusivamente sulla mancanza di tali adempimenti previsti dalla legge italiana.
3. Importanza della consulenza specializzata: È fondamentale analizzare attentamente il testo della specifica convenzione applicabile al proprio caso, poiché le regole possono variare da Paese a Paese. Un’analisi accurata permette di far valere i propri diritti e di evitare contenziosi con il Fisco.

Una convenzione internazionale contro la doppia imposizione prevale sempre sulla legge fiscale italiana?
Sì, la Corte di Cassazione ha affermato che le norme pattizie, come le convenzioni contro la doppia imposizione, sono destinate a prevalere sulla normativa interna per il loro carattere di specialità e in virtù degli obblighi internazionali dello Stato sanciti dall’art. 117 della Costituzione.

Per ottenere un credito d’imposta estero è necessario dimostrare il pagamento ‘definitivo’ delle imposte all’estero?
Secondo questa ordinanza, no, se la convenzione internazionale applicabile non lo richiede espressamente. La Corte ha stabilito che non si possono opporre al contribuente oneri formali previsti solo dalla legge nazionale (come la prova della definitività del versamento) se questi non sono contemplati nel trattato.

Cosa significa che il Fisco non può opporre l’inadempimento degli oneri formali dell’art. 165 TUIR?
Significa che l’Agenzia delle Entrate non può negare il credito d’imposta basandosi unicamente sulla mancanza di adempimenti formali previsti dalla legge italiana (TUIR), quando una convenzione internazionale garantisce quel diritto senza imporre gli stessi oneri. Farlo esporrebbe lo Stato italiano a una violazione del diritto internazionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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