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Credito d’imposta esteri: la Cassazione chiarisce

Una società si è vista negare il credito d’imposta per tasse pagate in Kazakistan su canoni per il noleggio di attrezzature. L’Amministrazione Finanziaria sosteneva che, in assenza di stabile organizzazione, la società avrebbe dovuto chiedere il rimborso allo Stato estero. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la Convenzione Italia-Kazakistan permette la tassazione alla fonte dei canoni. Di conseguenza, per evitare la doppia imposizione, l’Italia deve riconoscere il credito d’imposta per redditi esteri, come richiesto dalla società.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Credito d’Imposta per Redditi Esteri: Sì Anche Senza Stabile Organizzazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11173 del 26 aprile 2024, ha fornito un’importante chiarificazione sul credito d’imposta per redditi esteri. La Suprema Corte ha stabilito che un’impresa italiana ha diritto a detrarre le imposte pagate all’estero su canoni (royalties), anche in assenza di una stabile organizzazione in quel Paese, se la Convenzione contro le doppie imposizioni lo consente. Questa decisione rafforza la certezza del diritto per le aziende che operano a livello internazionale.

I Fatti del Caso

Una società italiana specializzata nel noleggio di attrezzature industriali aveva concesso in uso i propri beni a un’azienda cliente con sede in Kazakistan. Sui canoni percepiti, la società italiana aveva subito una ritenuta alla fonte, ovvero un prelievo fiscale operato direttamente dallo Stato kazako.

In sede di dichiarazione dei redditi in Italia, la società aveva chiesto di poter detrarre tale imposta attraverso il meccanismo del credito d’imposta, al fine di evitare la doppia imposizione. L’Amministrazione Finanziaria, tuttavia, ha negato il credito, sostenendo una tesi restrittiva: poiché la società italiana non possedeva una ‘stabile organizzazione’ in Kazakistan, lo Stato estero non avrebbe avuto il diritto di tassare quei redditi. Di conseguenza, secondo il Fisco, l’imposta era stata pagata indebitamente e l’unica via per la società era chiederne il rimborso diretto alle autorità kazake, non detrarla in Italia.

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione all’Amministrazione Finanziaria, ma la società ha impugnato la decisione ricorrendo in Cassazione.

L’Analisi della Corte e il diritto al Credito d’Imposta per Redditi Esteri

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la decisione di appello, accogliendo il ricorso della società. I giudici hanno chiarito che l’interpretazione corretta non può prescindere dal testo della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Kazakistan.

Il punto cruciale risiede nell’analisi combinata degli articoli 12 e 23 del trattato:

* Art. 12 (Canoni): Questa norma stabilisce che i canoni provenienti da uno Stato (Kazakistan) e pagati a un residente dell’altro Stato (Italia) sono imponibili in Italia. Tuttavia, lo stesso articolo concede anche allo Stato della fonte (Kazakistan) il diritto di tassarli, seppur con un’aliquota massima del 10% del loro ammontare lordo.
* Art. 23 (Eliminazione della doppia imposizione): Questa clausola obbliga lo Stato di residenza (Italia) a concedere una detrazione (credito d’imposta) per le imposte pagate nello Stato della fonte sui redditi che, secondo la Convenzione, sono imponibili in quest’ultimo.

La Cassazione ha evidenziato come la lettura della Commissione Tributaria Regionale fosse errata, poiché ignorava la specifica previsione dell’art. 12, che permette esplicitamente la tassazione dei canoni nello Stato della fonte a prescindere dall’esistenza di una stabile organizzazione.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un principio cardine del diritto tributario internazionale: la supremazia delle Convenzioni bilaterali sulla normativa interna, in virtù del principio di specialità. La Corte ha affermato che la pretesa dell’Amministrazione Finanziaria di negare il credito d’imposta avrebbe vanificato lo scopo stesso del trattato, che è quello di eliminare la doppia imposizione e non di costringere il contribuente a intentare complesse procedure di rimborso in uno Stato estero.

L’assenza di una stabile organizzazione non è rilevante nel caso dei canoni, poiché la Convenzione prevede una regola specifica per questa tipologia di reddito. La doppia imposizione, in questo caso, è generata legittimamente dalle norme del trattato, e lo strumento per neutralizzarla è proprio il credito d’imposta, come correttamente richiesto dalla società. La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per una nuova valutazione basata sui principi enunciati.

Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un punto fermo per tutte le imprese italiane che percepiscono redditi dall’estero sotto forma di canoni. Viene confermato che il diritto al credito d’imposta per redditi esteri non è subordinato alla presenza di una stabile organizzazione, se la Convenzione bilaterale applicabile prevede una specifica potestà impositiva per lo Stato della fonte. Le aziende possono quindi fare legittimo affidamento sul testo dei trattati internazionali per pianificare le proprie attività e tutelarsi dal rischio della doppia imposizione, senza dover intraprendere onerose procedure di rimborso all’estero.

Un’azienda italiana ha diritto al credito d’imposta in Italia per le tasse pagate all’estero su dei canoni (royalties) anche se non ha una stabile organizzazione in quel paese?
Sì, ha diritto al credito d’imposta se la Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato estero consente a quest’ultimo di tassare tali canoni alla fonte, anche in assenza di una stabile organizzazione. La Convenzione prevale sulla normativa interna.

Come si risolve il conflitto tra la normativa nazionale e una Convenzione internazionale contro la doppia imposizione?
In base ai principi di specialità e di primazia delle fonti internazionali (art. 117 Cost.), la Convenzione internazionale prevale sulla normativa interna. Pertanto, i criteri di tassazione e gli strumenti per eliminare la doppia imposizione, come il credito d’imposta, devono essere applicati secondo quanto stabilito dal trattato.

Cosa prevede la Convenzione tra Italia e Kazakistan riguardo alla tassazione dei canoni?
La Convenzione prevede una tassazione concorrente: i canoni sono imponibili nello Stato di residenza del percettore (Italia), ma possono essere tassati anche nello Stato da cui provengono (Kazakistan), con un’aliquota massima del 10%. Di conseguenza, l’Italia è tenuta a concedere un credito per l’imposta pagata in Kazakistan per evitare la doppia imposizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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